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mercoledì 18 giugno 2025

Double M 6: Le Chamois Blanc

Fine della corsa: questo volume è del 1999 e ormai Felix Meynet è diventato quello che tutti conosciamo. Caricaturale (l’inchiostrazione molto modulata mi ha ricordato Angiolini) ma anche sintetico, espressivo e sexy: dopo la scarsa grazia degli esordi Mirabelle riluce in tutta la sua bellezza. La copia che mi sono procurato annuncia in quarta di copertina un ipotetico settimo volume che però non è mai uscito, peccato.

Arrivati a questo punto della serie Pascal Roman deve ricorrere a una specie di retcon per imbastire una nuova storia. Apprendiamo così che Mel è amico di tal Simon (mai citato prima) e frequentava sua sorella Marinette (mai citata prima) e che il loro rapporto è un riflesso di quello di odio-amore che intercorreva tra i rispettivi padri (mai citati prima), innamorati della stessa donna (mai citata prima). Il loro particolare rapporto si concretizza con l’annuale caccia al camoscio bianco, un esemplare albino che anni prima Mel aveva impedito a suo padre di uccidere temendo che abbatterlo portasse sfortuna. Nell’arco di pochi giorni c’è sia l’anniversario della morte del padre di Mel che il suo compleanno; guarda caso, Mirabelle giunge in zona proprio in questo periodo perché ovviamente deve scrivere un articolo, mica per consegnare il suo regalo a Mel. Dovrà però accontentarsi di guardarlo da lontano con un telescopio visto che i due rivali stanno nuovamente inscenando il rito della caccia al camoscio bianco: Simon lo vuole uccidere, Mel che è contrario alla caccia vuole impedirglielo. Non so se i camosci, bianchi o meno, possano vivere più di 13 anni, ma forse l’esemplare che Mel vide da bambino non è necessariamente lo stesso di adesso: ma alla fine ciò che conta è quello che rappresenta.

Tra flashback e rivelazioni, si scopre un torbido passato il cui custode (e parziale responsabile) è l’insospettabile Matafan. Fanfoué è ormai parte fissa del cast.

Anche se non mancano le situazioni umoristiche (in certi frangenti si ride di gusto) questa ultima storia è venata da una certa patina malinconica. La storia è molto lineare e non c’è quasi intrigo, ma dalla dedica di Meynet capiamo che lo scopo del volume era anche e soprattutto rendere omaggio a suo padre.

Ottimi i colori dati nuovamente dallo stesso Meynet.

lunedì 6 gennaio 2025

Double M 5: Faux Témoin

È il 1963 (Giovanni XXIII è appena morto) e a Losanna vengono esposte delle preziose reliquie celtiche. Tanto preziose che vengono rubati monili di bronzo e gioielli in oro di un principe dell’epoca. Mel viene incastrato, e in effetti da un po’ di tempo era solito sparire dall’albergo dell’Alta Savoia in cui vive e lavora senza dare spiegazioni. Dopo una rocambolesca fuga messa in atto anche grazie a Fanfoué des Pnottas, giunge a Parigi dove si rivolge a Mirabelle per chiederle aiuto a farsi scagionare. Scoperto che il probabile ladro è nientemeno che il produttore cinematografico Enzo Martini, già sospettato di rubare antichità e opere d’arte, Mirabelle architetta un piano diabolico in cui avvicina il produttore per sedurlo e sposarlo fingendo che Mel opportunamente travestito sia suo fratello.

Ma il malfattore e la sua guardia del corpo non ne hanno abbastanza: la notte prima del matrimonio correranno da Saint Tropez fino a Parigi dove ruberanno (travestiti da Blake e Mortimer!) i Girasoli di Van Gogh al Louvre, nientemeno! L’idea è che se Martini si sposa l’indomani nessuno sospetterà di lui.

Oltre ai consueti dialoghi brillanti di Pascal Roman e alle comparsate di Fanfoué des Pnottas, la parte umoristica poggia principalmente sulle spalle sicule dell’invadente madre di Martini.

In definitiva Faux Témoin è una commedia forse inverosimile ma molto divertente.

I disegni di Félix Meynet, che si è occupato anche dei colori, cominciano a far intravedere quello che l’autore realizzerà in seguito. I visi sono quelli del Meynet maturo, i corpi però non si sono ancora scrollati di dosso l’approccio caricaturale, forse anche perché all’epoca (il volume è del 1996) il disegnatore faceva un ricorso minore al tratteggio modulando di più il segno. Roba che a momenti mi ha ricordato Sandro Angiolini.

lunedì 19 agosto 2024

Double M 4 - Les Pions de Mr K.

Superato il giro di boa della serie, che conta sei volumi, si intravede la futura impronta più realistica e sexy che caratterizzerà Félix Meynet. Ma la si intravede appena, e questo quarto episodio è ancora marcatamente umoristico, fino al caricaturale laddove necessario.

Gli ingredienti sono quelli consolidati cucinati con la consueta perizia da Pascal Roman: un mistero da risolvere, i due protagonisti che si trovano invischiati per caso, i battibecchi tra Mirabelle e Mel, la ricostruzione delle atmosfere anni ’60, battute sagaci e una sceneggiatura in cui tutto si incastra alla perfezione e dove anche le comparse hanno un ruolo importante e i gesti meno evidenti hanno un effetto risolutivo.

Stavolta ci troviamo nell’Alta Savoia tra Francia e Svizzera (cosa che permette una comparsata di un altro personaggio di Meynet, Fanfoué des Pnottas), dove due agenti sovietici stanno dando la caccia a un uomo e a suo figlio. Ma il “traditore” scappa lasciando in custodia a Mirabelle il piccolo Evguénie, che dal monello qual è ha già avuto modo di fare conoscenza con la giornalista. I due inseguitori sono ben più spietati ed efficienti di altri visti nella serie, d’altra parte sulle loro teste pende la spada di Damocle del temibile Tenente K. Un po’ per fortuna e un po’ grazie alla loro intraprendenza i nostri eroi risolvono la situazione scoprendo non chissà quale complotto da Guerra Fredda ma la “diserzione” di un bambino prodigio esibito dalla propaganda per le sue doti di campione di scacchi. E si scoprirà anche che il Tenente K. altri non è che una sexy agente donna.

Un altro episodio appassionante e divertente nel solco della serie. Buoni come in precedenza anche i colori realizzati da Joëlle Colon subentrata allo stesso Meynet dallo scorso numero.

giovedì 4 luglio 2024

Double M 3: Meurtre autour d'une Tasse de Thé

Episodio leggerino ma molto simpatico, con cui Pascal Roman rende omaggio ad alcuni classici del giallo.

La nonna di Mirabelle ha ricevuto una lettera anonima di minacce e così la M femminile della serie chiama quella maschile, Melchior, per farsi dare una mano a indagare. Nei fatti il prode savoiardo è ingaggiato più che altro per spacciarsi per il fidanzato di Mirabelle, cosa che dovrebbe tranquillizzare la nonnina – la quale come hobby ha la scrittura di romanzi gialli insieme alle tre amiche, in cui cercano di inventarsi metodi originali ma efficaci per uccidere le loro vittime. Nel mentre (ma ce ne accorgiamo appena) un killer sta ammazzando delle persone trafiggendole con una spada o una baionetta.

Bisogna accettare il gioco senza farsi troppe domande (per far montare la suspense ci sarebbero volute delle pagine in più) ma l’episodio è frizzante e spassoso, pur con un vago retroterra drammatico che però non tocca le vette delle tragedie sfiorate nei primi due episodi. Le situazioni e le battute inventate da Roman sono divertentissime e il volume rigurgita di citazioni: da Alfred Hitchcock postino che dà l’avvio alla vicenda fino a un sacco di altre strizzatine d’occhio come il giovane Doisnel che fa «I Quattrocento Colpi»…

Però siamo arrivati al terzo volume e Meynet non ha ancora mostrato la sua vera anima. Oltre che caricaturali (ma molto dettagliati) i suoi personaggi in alcune vignette sono disegnati in maniera veramente approssimativa, gli occhi in particolare a volte seguono logiche tutte loro. E poi, una volta caduta a terra, la protesi di un braccio destro diventa quella di un braccio sinistro! Per il tipo di storia questo stile può anche andare e, ripeto, il lavoro è molto curato e dettagliato. Ma la Mirabelle sexy non c’è ancora, se non proprio a volerla intravedere per forza in alcune delle ultime pagine.

Stavolta i colori (ottimi) sono opera di Joëlle Colon.

lunedì 6 maggio 2024

Double M 2: Una Valse pour Anaïs

Dopo il primo assaggio ci ho preso gusto. In questo secondo volume Mel viene chiamato a Parigi da Mirabelle con la scusa di offrirgli un lavoro come illustratore.

La storia si basa inizialmente sulle situazioni umoristiche del rozzo e ingenuo montanaro alle prese con la metropoli: per quanto io non sia un esperto, non ho dubbi che la Parigi degli anni ’60 sia stata ricostruita scrupolosamente negli ambienti, negli abiti e nei dettagli più disparati come le auto, i poster, le canzoni… Una goduria per i lettori meno giovani. Ma presto la trama si incanala in una vicenda gialla, con Mel (che scopriamo chiamarsi Melchior) impegnato ad aiutare l’Anaïs del titolo, imbucata a una festa di Mirabelle che sta cercando suo fratello per farlo riconciliare col padre. O così sembra: anche due individui poco raccomandabili, ma assai imbranati, sono sulle tracce del tizio. Il cuore della vicenda è un inseguimento scatenato a cui prende parte anche Mirabelle insieme a un suo patetico spasimante.

La vicenda è però molto più seria di quel che sembra e affonda le radici nell’Algeria fresca di indipendenza. In un susseguirsi di flashback e piani temporali diversi e con un bel cast di personaggi pittoreschi in gioco, Una Valse pour Anaïs appassiona e diverte. E oltre a tirare fuori dal cilindro delle buone idee per risolvere le situazioni in cui mette i suoi eroi, Pascal Roman scrive dei dialoghi spassosi e spumeggianti.

I disegni, per quanto dettagliati, non lasciano invece ancora intravedere la futura maestria di Meynet. Il suo calcare la mano sulla caricatura mi ha addirittura infastidito in certi punti, per quanto sia espressivo e funzionale alla narrazione.

Di sicuro è un bel volume, ma si fa apprezzare di più per i testi che per i disegni.

martedì 2 aprile 2024

Double M 1: Le Trésor des Chartreux

Ho già spiegato quanto sia vantaggioso avere amici scienziati che periodicamente vanno in missione in giro per il mondo. Questo volume è un altro bonus, che mi ha lasciato stupito. Come quando si vedono i primi fumetti di Milo Manara. Eh, già: anche Felix Meynet ha dovuto fare un po’ di gavetta e agli esordi aveva uno stile ben diverso rispetto a quello con cui è conosciuto e apprezzato oggi.

La storia è ambientata nel 1969 ma prende le mosse durante la Resistenza francese, quando un maquisard fuggendo a un agguato rinvenne il favoleggiato tesoro del titolo che i monaci nascosero sulle montagne dell’Alta Savoia alla fine del XVIII secolo. Ma questo lo scopriremo solo a un terzo abbondante del volume: prima Roman e Meynet ci presentano i protagonisti della serie.

Mel Dalvoz è un escursionista e un istruttore di sci con un certo talento artistico, adesso che è bassa stagione viene ingaggiato come guida dalla bella Mirabelle, imbranata e vanesia (all’inizio pensava di affrontare le pendici con i tacchi alti) che però alla fine riserverà qualche sorpresa. Si trovano coinvolti nella ricerca del tesoro, ma non è una situazione semplice perché l’antico monastero venne inghiottito nel terreno da una delle periodiche frane della zona e leggenda vuole che ci sia pure un enorme lupo a custodirlo. E qualcuno quel lupo lo ha anche visto.

Come intuibile dalla copertina, la vicenda per quanto solida passa spesso in secondo piano rispetto ai battibecchi della coppia di protagonisti, lui sportivo un po’ orso e lei modaiola estroversa. Con ogni probabilità la destinazione originaria era la serializzazione su rivista: certi misteri vengono risolti nell’arco di una pagina (aspettare una settimana o un mese dopo un cliffhanger dava una tensione che qui è assente) e l’azione procede spedita pur tra ellissi. Alcuni passaggi possono sembrare un po’ inverosimili o forse Pascal Roman procedeva senza avere ancora in mente l’esatto sviluppo della storia, comunque alla fine tout se tient: anche troppo, purtroppo, perché il finale risulta affrettato e viene risolto con un deus ex machina. Ma da una parte i protagonisti non sono degli eroi classici e dall’altra nel 1991 i volumi inseriti nelle collane consolidate (in questo caso Génération Dargaud) dovevano essere di 46 tavole, salvo poche eccezioni di certo non riservate agli esordienti. Un discreto rammarico, ma niente di drammatico, è l’uso occasionale dell’argot della zona, che probabilmente mi ha fatto perdere certe sfumature dei dialoghi – dialoghi peraltro molto divertenti.

È impressionante vedere questo sgorbietto sproporzionato sapendo che poi sarebbe diventato la bellissima Mirabelle, l’archetipo delle stupende donne di Felix Meynet – ma già dopo metà volume le sue gambe si allungheranno provvidenzialmente! Lo stile del disegnatore savoiardo presentava all’epoca dei contorni ben marcati e una grande cura per i dettagli, alternando un tratto morbido a un altro più squadrato ma sempre con uno stampo caricaturale. Un po’ Sandro Angiolini e un po’ Martin Veyron, se rendo l’idea. Una certa attenzione, sempre spostata sul caricaturale, viene riservata agli animali che popolano le montagne.

Che bello tornare a leggere una bella storia investigativa/avventurosa come si usava una volta, anche se virata sull’umoristico. E anche se Meynet avrebbe spiccato il volo alla grande solo dopo un altro po’ di rodaggio, era già gradevole all’epoca.

Se non sbaglio recentemente è uscita una ristampa di Le Trésor des Chartreux con una nuova copertina. Chissà se hanno anche modificato la rappresentazione di un infermiere di colore all’inizio dell’albo, ben poco politically correct.