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mercoledì 28 agosto 2019

Idee per un remake di Forbidden Planet.


Io l'avversione di molti per i remake non la capisco.
Da sempre l'industria del cinema coi remake ci ha campato alla stragrande, fin dagli anni cinquanta quando hanno cominciato a riprendere pellicole degli anni trenta – e così è stato anche in tutti i decenni successivi (vado a memoria: il Nosferatu di Werner Herzog, Per un pugno di dollari di Sergio Leone, i 10 comandamenti, Angeli con la pistola – Frank Capra l'ha rifatto due volte, facendo il paio con Hitchcock con L’Uomo Che Sapeva Troppo  Scarface, Distretto 13, The Ring, L’esercito delle 12 scimmie, La Cosa... e una serie infinita di grossi titoli che potete ricavarvi da soli con un minimo di ricerca).

Certo, spesso i remake non vengono fuori troppo bene (la palma del peggiore la assegno senza esitare a quella porcheria inguardabile di Rollerball, ma anche i più recenti Nightmare o Pet Sematary non scherzano) ma, pensateci: un brutto remake non inficia in alcun modo l'originale. Anzi, semmai lo esalta, lo ripropone alle nuove generazioni, ne perpetua la memoria.
Detto questo, credo sia arrivata l'ora, dopo sessant'anni (e passa) di un bel remake de Il Pianeta Proibito. E ho un solo nome in testa per scriverlo e dirigerlo: David Fincher.

Ho buttato giù una locandina teaser, tanto per crederci di più... e già che c'ero, una bozza di cast.
E di mezzi. E di concept scenografici. Insomma, lo sapete: quando mi fisso una roba, mi faccio dei veri e propri film (ops).


sabato 17 agosto 2019

Il Mac Pro che sarebbe potuto essere.


Da quello che leggo in giro, non sono l'unico rimasto scontento dal design del nuovo Mac Pro, e, andando per un attimo oltre la mera funzionalità (che comunque, in passato – ma anche nel presente Apple ha ripetutamente dimostrato di saper coniugare magnificamente con dei form factor dalla bellezza senza tempo), ho cercato di immaginare se si sarebbero potute percorrere altre strade e arrivare a soluzioni ingegneristiche più gradevoli di quella che ci è stata presentata lo scorso giugno a San Jose.
E ho trovato questo concept di Semin Jun, designer coreano che ha riproposto la recentissima workstation Apple blindata in una struttura metallica reticolata incapsulata in un case di policarbonato trasparente.
Jun ha previsto l'impiego del Touch ID per sbloccare il Mac, due porte Thunderbolt 3, supporto per Thunderbolt 3, slot per scheda SDXC e jack per cuffie da 3,5 mm. Nel suo concept, gli altoparlanti integrati ospitano una serie di sei tweeter e un woofer ad alta escursione con amplificatore personalizzato.
Ha progettato un sistema di scorrimento del case semplificato e ha calcolato che l'impiego del policarbonato in luogo del metallo farebbe scendere il peso del MacPro da 18 a 9,4 kg.

A differenza di altri esercizi stilistici, questo rientrerebbe perfettamente nell'estetica Apple... ma in questo universo le cose sono andate diversamente, e abbiamo avuto la grattugiona.
Peccato.

mercoledì 8 febbraio 2017

Tecnoretrorevival.

L'iPhone ha appena compiuto dieci anni, come vi avranno già ricordato tanti redazionali e articoli un po' inutili che magari si saranno soffermati su quanto fu dirompente l'impatto che la creatura del compianto Jobs ebbe sul mercato della telefonia cellulare (e della comunicazione mobile più in generale)... ma non è di questo di cui volevo parlarvi.
È che uno degli effetti collaterali dell’introduzione di iPhone (e del suo affermarsi come standard de facto), è stato un inevitabile allineamento dell’estetica di tutti gli smartphone, sostanzialmente dei grossi display neri con un po’ di plastica e di metallo intorno: da spenti e coi loghi rimossi, vi sfido a riconoscere, a colpo d’occhio, uno di questi:

Nei primi anni duemila, invece, era praticamente impossibile confondere una marca con un’altra: i designer di tutto il mondo lavorarono su una quantità incredibile di modelli, forme, dimensioni e finiture. Tastiere, schermi, pulsantini, mascherine, antenne, cerniere, sportellini, grigi, neri, metallizzati, bicolori, stondati, squadrati, a conchiglia, a saponetta, a mattonella, oblunghi, asimmetrici: anche rimuovendo qualsiasi logo, se guardate i quattro cellulari qua sotto sono sicuro che riuscite a distinguere se non il modello almeno la marca.


Ora, veniamo alla trovata dei ragazzi di Curved.
I creativi del sito tedesco (che, tra le altre cose, presentarono uno dei concept basati su Macintosh più belli di sempre, e nessuno che fosse uno a Cupertino pensò di sganciare un centesimo per acquistarlo, produrlo in serie e farci qualche altro milione di dollari), hanno pensato: se Nokia ed Ericsson, che fino all'avvento dell'iPhone dominavano il mercato della telefonia mobile coi loro telefoni cellulari con tastiera fisica e display più o meno monocromatici per qualche bizzarro transfert temporale avessero potuto gettare uno sguardo agli attuali sistemi operativi (Android e Windows Phone) e sulle loro incredibili capacità (connessione veloce al web, un parco sterminato di applicazioni installabili a piacimento, GPS, fotocamere evolute e sensori di novimento)... cosa avrebbero inventato pur di infilarli dentro i loro modelli più venduti dell’epoca (l’immortale Nokia 3310 e l’Ericsson T28)?
La risposta sono stati questo smart Ericsson T28 con sistema operativo Android e un Nokia 3310 con Windows Phone OS (a scelta con un enorme display monocromatico o uno degli attuali OLED che equipaggiano i Lumia): e anche così, confonderli è impossibile.

Il Nokia 3310 smart è stato immaginato equipaggiato con la stessa fotocamera ad altissima risoluzione montata sul Lumia 1020, e, a giudicare dallo spessore della scocca (dai render, identica a quella del 3310 originale), direi che c'è ampiamente spazio per una batteria perfettamente in grado di fornire tutta l'energia necessaria al device anche per più giorni di seguito, specialmente nel caso del modello con display monocromatico (anche se sai che bellezza scattare fotografie da 41 megapixel con un display di quel tipo).

Per quanto riguarda l'Ericsson T28 smart, tutta la parte frontale è sparita ad ospitare uno schermo touch, con spazio a volontà per le applicazioni, i widget e la barra di navigazione Android, mantenendo la caratteristica dello sportellino – che quando è chiuso lo protegge parzialmente mantenendo visibili l'ora, la data e lo stato della batteria.
Naturalmente, la curvatura della scocca ha richiesto un display di vetro sagomato che ne segue lo scalino, e, giusto in alto a sinistra, è possibile notare l'obiettivo della fotocamera frontale per gli inevitabili selfie, ancora non entrati nel fare comune dei primi anni duemila.


Ora, prima di concludere che tutta l'operazione messa in atto da Curved sia poco più che un divertissement un po' fine a se stesso, pensate che lo stesso concetto, in realtà, nell'industria automobilistica, nella moda e nell'interior design è applicato da decenni... e, facendo leva sull'effetto nostalgia, funziona alla grande.
Certo... poi, pochi o nessuno, oggi, sarebbero disposti a rinunciare a uno schermo a colori ad alta risoluzione, fosse pure per godere di una prolungata durata della batteria, ma il concept prevede anche moderni schermi OLED, quindi, in un periodo storico come quello attuale, in cui design e prestazioni sembrano aver raggiunto un livellamento tale in cui è davvero difficile preferire un modello a un altro, un'operazione simile potrebbe funzionare.
Nokia, tanto gli stampi del 3310 ce li hai ancora, no?

venerdì 27 gennaio 2017

Idee per il prossimo MacOS.



C'era una volta System 7. 
Che, a riguardarselo oggi, potrà sembrare ai più una roba un po' primitiva e statica, ma conteneva numerose finezze di quelle che facevano la differenza con Windows e si facevano perdonare blocchi di sistema, zero multitasking, conflitti tra Estensioni e altre robe che generalmente noi Mac Users tacevamo quando si trattava di fare i confronti con i seguaci di Gates.
Una di quelle era il posizionamento automatico di cui si occupava il Finder quando si trascinava della roba (font, pannelli di controllo o estensioni) sull'icona della Cartella Sistema: secondo la vecchia filosofia di madri e nonne, ogni cosa al suo posto, era il Mac che metteva i file dove andavano messi, si faticava zero, non ci si poteva sbagliare ed erano tutti felici.
Ora, sarebbe bello che, in una delle prossime versioni di MacOS, qualcuno reintroducesse quella feature, e pazienza se il marketing Apple me la spaccerebbe come nuova di zecca: io farei finta di non ricordare e ringrazierei pure.
In particolare, gradirei parecchio che, collegando il mio iCoso al Mac (fosse un iPhone, un iPad o un iPod Touch), questo lo montasse sulla Scrivania come un qualsiasi altro supporto di memoria e mi consentisse di trasferirci sopra i miei file con quel drag & drop a cui mi ha abituato fin dal 1984, piuttosto che lanciare iTunes, selezionare separatamente filmati, foto, suonerie e musica e dirgli di sincronizzare.
Diciamolo: è una rottura, una serie di passaggi inutili, una complicazione alla Windows.
Drag & Drop: semplice, immediato e trasparente.
Stessa cosa, nell'altro senso: navigo il contenuto del mio dispositivo come fosse un disco del Finder, cancello, copio o condivido tutto quello che voglio.
E, sai che c'è, Apple?, voglio renderti le cose davvero facili, e ti pubblico questo screenshot (sono partito da QUESTO concept). Qui c'è tutto.
Ci conto, eh. Puoi farcela.
Grazie.

lunedì 19 gennaio 2015

Le cinque tecnologie del futuro che vorrei oggi.


JETPACK
Esistono già parecchi prototipi, militari e civili, di supporti individuali per spiccare il volo, liberi come l'aria. O quasi.
Sono ancora suscettibili di evoluzione, soprattutto per quanto riguarda i materiali e il carburante da impiegare (dev'essere poco e ad alto rendimento, per ridurre il peso e aumentare l'autonomia), ma sostanzialmente credo che il jetpack del prossimo futuro assomiglierà a questo, che utilizza un motore quattro cilindri a due tempi, leghe aeronautiche e fibra di carbonio per le due eliche che lo tengono in volo, comandi intuitivi e un GPS integrato nel casco.
Ha lo svantaggio di non poter imbarcare bagaglio, ma va considerato come un mezzo per godersi il panorama e girare dei filmati e non per il turismo, neppure a breve raggio.

Fattibilità: piena. Vanno risolti problemi legati all'autonomia e alla legislazione che ne dovrebbe regolare l'utilizzo.


REGISTRATORE DI SOGNI
Sono sicuro che ognuno di voi ci ha pensato almeno una volta.
I sogni sono l'unica dimensione in cui è possibile tutto. Tutto quanto.
E tutti abbiamo fatto dei sogni che ci piacerebbe, se non rivivere, osservare di nuovo come se guardassimo un film su uno schermo ad alta definizione.
Rivedere persone care che, per un motivo o per l'altro, sono usciti dalle nostre vite.
Potremmo sfruttare commercialmente le registrazioni dei nostri sogni, condividerle sui social network, o regalarle.
Potremmo persino riguardare i nostri incubi ed esorcizzarli davanti gli amici come davanti un film horror. Le possibilità sono infinite.
Tecnicamente, si è già al lavoro su scanner cerebrali dotati di livelli di risoluzione tali da poter monitorare in modo diffuso l'attività dei singoli neuroni e tradurli in suoni e immagini.
Ma il livello di dettaglio estremo necessario e la registrazione di dati relativi a concetti astratti (e non a semplici forme geometriche o a stimoli motor come nel caso di mani e braccia robotiche) è ancora irraggiungibile con la tecnologia attuale (questi QUI sostengono di vendere un registratore di sogni ma statene alla larga, sono dei cialtroni).
I più avanti in questo campo sembrano essere i giapponesi, ma dubito seriamente che vedremo un prototipo funzionante prima del 2045.

Fattibilità: da qui a trent'anni.

INTELLIGENZA ARTIFICIALE
Se ne parla da più di cinquant'anni, ma nessuno ci si è neanche lontanamente avvicinato, non importa le chiacchiere che potete aver sentito in giro.
Lo sviluppo dell'AI è un campo vastissimo che abbraccia le neuroscienze, la filosofia e il connessionismo. Lo studio delle dinamiche cognitive nelle rappresentazioni mentali, nel problem solving, nelle relazioni con il mondo fisico e sociale umano in cui dovrebbe operare una macchina intelligente è appena agli inizi, e ad ogni problema risolto se ne affaccia uno nuovo.
Ma qui sono più possibilista. La creazione di un'AI potrebbe avvenire nel giro di altri cinquanta o sessanta anni da oggi, anche se potrebbe sollevare più problemi di quanti non ne risolva.
Le macchine funzionano bene proprio in quanto macchine non pensanti. Nessuna macchina attuale si sognerebbe mai di discutere o di interpretare un ordine umano. Dategliene la possibilità e – prima o poi – lo farà. Quello potrebbe essere il Punto di Non Ritorno.
Detto questo, adorerei avere un'AI personale che risolva ogni difficoltà pratica al posto mio, prima ancora che questa si presenti, con una capacità di multitasking tale da poter contemporaneamente conversare con me amabilmente di qualsiasi argomento immaginabile.
Il tutto con la pacifica voce di HAL 9000, s'intende.
Fattibilità: da qui a cinquanta o sessant'anni.


ANDROIDI SESSUALI
Ora non fate gli ipocriti.Il sesso è importante per tutti, ma – diciamolo: non è sempre tutto rose e fiori.
Intanto dovete trovare il partner giusto. Deve piacervi almeno quanto voi piacete a lui. Dovete avere voglia di fare sesso nello stesso momento. Devono piacervi più o meno le stesse cose. Dovete stare attenti a un mucchio di cose pratiche. Dovete, non ultimo, cercare di soddisfare il partner almeno quanto lui sta soddisfacendo voi. E, magari, vorreste anche che, a cose fatte, quello sparisse per incanto e invece magari dovete anche pagargli un taxi purché se ne vada.
Molti risolvono (o credono di farlo) tutti questi problemi ricorrendo al sesso a pagamento, ma – diciamo anche questo: è una soluzione squallida, degradante per voi quanto per l'altro e socialmente e moralmente ingiusta, per quanto la vogliate infiocchettare.
E alora, ecco gli androidi progettati per il sesso.
Esseri umani artificiali, replicanti quasi indistinguibili da una persona in carne e ossa, dotate di programmazione specifica e di attributi fisici su richiesta. Che fanno sesso quando volete voi, come lo volete voi, tutte le volte che volete voi. Da soli, in tre, in quattro, possono avere l'aspetto della vostra o del vostro ex, della vostra insegnante di inglese, del capufficio, di vostra sorella, insomma non fatemi dire altro. Tutto.
E a cose fatte (a loro non importa se siete durati cinque minuti o cinque ore, se le avete soddisfatte o meno, o se le avete ammanettate al letto tutta la notte), potete spegnerle e mettervi a dormire con la coscienza pulita perché – tecnicamente – non avrete neanche tradito vostra moglie o vostro marito. È più una sorta di masturbazione avanzata.
Credetemi, se mai venissero realizzati questi aggeggi, sarebbero il successo commerciale del secolo, altro che iPhone 6.
E ora veniamo alle cattive notizie.
Androidi somiglianti all'uomo esistono già, ma si tratta di bambole animate piene di servomeccanismi sotto una pelle in silicone (i cosidetti animatroni), e sono usati nell'industria cinematografica e nei parchi a tema. Pensare di farci del sesso sarebbe come pensare di mettersi a cavalcioni della lavatrice e provare a divertircisi un po'.
Ma il livello di simulazione è in costante aumento (QUESTI signori attualmente costruiscono le sexy dolls migliori in commercio), e la programmazione mirata potrebe renderne la realizzazione più facile che una vera Intelligenza Artificiale.
Non in questo secolo, ad ogni modo... a meno che non parliamo di un animatrone che non vi ingannerebbe neanche per mezzo secondo.

Fattibilità: da qui a cento anni, ammesso si risolvano tutti i problemi legati alla creazione di un corpo artificiale talmente avanzato da farci sesso con soddisfazione e con un livello sufficientemente avanzato d'interazione.

TELETRASPORTO
Un attimo fa sei seduto nel salotto di casa tua, e quello dopo sei nella hall di un albergo di Tokyo. Senza jetlag, senza dodici estenuanti ore di volo e senza bagagli smarriti.
E quando sei stufo di shopping tecnologico, sparisci in un altro bagliore di luce e riappari al Madison Square Garden a goderti la partita degli Yankees. O al Bolshoi in tempo per la Traviata. E se a fine serata preferisci dormire nel tuo letto, trasferisci i tuoi atomi alla velocità della luce nella tua camera da letto.
È il teletrasporto, ma sfortunatamente la tecnologia per realizzarlo esiste solo e soltanto a livello teorico.
Le difficoltà oggettive sono degli autentici incubi, a iniziare dalla quantità di energia necessaria a scomporre la materia in energia, per continuare con la quantità di dati necessari a memorizzare uno schema umano (e a richiamarla in tempo reale) e finire con le leggi della meccanica quantistica che dichiarano che, oggi come tra un miliardo di anni, è impossibile risolvere gli atomi e le loro configurazioni di energia con la precisione necessaria per ricreare esattamente uno schema umano (se vi interessa l'argomento, QUI vi dedicai un post apposito).
Facendo finta per cinque minuti che questi problemi non esistano, il teletrasporto cambierebbe completamente la faccia della terra, rendendo all'istante obsoleto qualsiasi mezzo di trasporto, anche se venisse limitato solo alle merci, sconvolgendo gli equilibri mondiali attualmente basati sui carburanti, ma sarebbe potenzialmente devastante anche sotto il piano della sicurezza.
Ci penso da solo pochi istanti e già mi sono venuti in mente cinque abusi completamente distruttivi.
Forse, dopotutto, il teletrasporto non è per la razza umana.
Fattibilità: praticamente nessuna.

giovedì 15 gennaio 2015

NeoMacintosh. Macintosh Neue. Non mi importa. Lo voglio.


Sul serio... non desidero altro nella vita.
Datemi questo computer e sarò per sempre pacificato.

Per ora è solo il concept di questi signori QUI, ma se Apple, lo scorso anno, ne avesse presentato uno seppur in edizione limitata per celebrare i trent'anni del Macintosh... ma quanti ne avrebbe venduti?
Apple, lasciatelo dire da un cretino: compra SUBITO il concept da Curved Labs e accendi le catene di montaggio.

p.s.per chiunque di voi che mi dia troppo credito e pensi che io sto scherzando... no, non sto scherzando per nulla. Lo voglio disperatamente.


mercoledì 13 novembre 2013

Il prossimo Mac OS. O anche no.


Magari siete tra quelli che hanno aggiornato il proprio iCoso a iOS7.
Magari no.
Magari ne siete entusiasti, magari vi lascia perplessi, magari vi fa cagare.
Io oscillo ancora tra gli ultimi e i penultimi, ma ammetto che, non volendomi prendere il disturbo di rallentare un device perfettamente performante come l'iPad 2 aggiornandolo all'ultima release, non posso parlarne con piena cognizione di causa.
Per ora, resto a guardare e a sentire cosa ne dice chi lo sta testando (da un bel pezzo, è l'utente ad essere diventato il vero beta tester, devo nominare Siri?, no, vero?)... e a osservare concept come quelli del designer Edgar Rios, che ha immaginato come potrebbe essere la prossima versione di Mac OS, se i criteri estetici introdotti con iOS7 (adozione dell'Helvetica Light, eliminazione di texture, riflessi e di qualsiasi accenno di scheumorfismo) venissero applicati anche al Macintosh.


A me, questo concept (per vedere meglio le immagini qui sopra, cliccateci sopra e scegliete Apri immagine in una nuova finestra) sembra abbastanza realistico, e continua a lasciarmi tra il perplesso e il freddino.

Ma a chi ipotizza che Apple stia pensando di portare la tecnologia ARM (oltre che elementi d'interfaccia) anche su portatili e desktop, rispondo che la vedo parecchio, parecchio lontana (non impossibile, il passaggio ai 64 bit è stato un passo importante anche in vista di questa possibilità)... iOS7 è un sistema giovane e necessiterà di aggiustare il tiro risolvendo vari problemi e andando incontro al feedback degli utenti; OSX, nella sua prossima incarnazione di Mavericks, avrà ancora l'aspetto che tutti conosciamo, e prima di vedere il lavoro di Ive anche sui desktop (che potrebbe, in effetti, assomigliare molto al concept di Rios) potrebbe volerci anche un altro intero anno.


Anche se suppongo che, arrivato alla versione 10.10, possa trattarsi dell'ultima incarnazione del Mac Os così come lo conosciamo, prima di arrivare a un futuro Mac OS XI (o come diavolo si chiamerà) che potrebbe assomigliare alle magnifiche, incasinatissime interfacce (tutte rigorosamente touch) che da anni ormai ci propina Hollywood. O anche no.

(immagini tratte da Avengers, Iron Man, Tron Legacy e Star Trek: Into Darkness).
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