Forti del loro linguaggio musicale ancora facilmente comprensibile e con un'immagine modernizzata e probabilmente un pelo sopra le righe ma sempre di gran classe, i Pet Shop Boys si ripropongono come uno dei pezzi forti al Traffic Festival di Torino. Eccoli salire sul palco, vecchi ma truccati e vestiti come esseri del prossimo secolo. Le luci giuste, i laser e le cortine fumogene possono cancellare le rughe. E anche le loro song più datate trovano una consonanza con i nostri tempi, mescolate senza soluzione di continuità coi pezzi del loro recentissimo album Electric.
Come primo brano attaccano Axis, un ode all'energia elettrica che riecheggia le pulsazioni ritmiche ed analogiche del miglior Giorgio Moroder d'annata. Neil Tennant ha un costume di scena che lo fa assomigliare a un assurdo istrice di metallo nero, e si conquista la folla che è arrivata in piazza San Carlo da tutta Italia in un nanosecondo. Me compreso.
Ibridano la recentissima Axis con One More Chance, indimenticata hit del 1987, senza strappi e senza scosse. Due pezzi separati da quasi trent'anni che convivono e rifluiscono nell'impianto da ventiduemila watt coperto da fogli di plastica perché nel frattempo la pioggia non ha ancora smesso di cadere, tiepida e indifferente.
Proseguono con Opportunities, l'immancabile satira al thatcherismo, al consumismo e agli yuppie che negli anni ottanta popolavano le strade, gli uffici, gli autobus, i pub e i dancefloor. Infilano due pezzi di seguito da Fundamental, il loro album più politico e forse il più riuscito dell'ultimo decennio, Fugitive e
Integral. Ritornano a cazzeggiare con I Wouldn't Normally Do This Kind of Thing e dei bellissimi elmetti cromati cornuti che li rendono identici a qualche oscura divinità metallica che si muove in un bagno di luce color sangue.
Ancora pezzi senza tempo dagli anni ottanta come Suburbia (che parallelamente all'omonimo film di Spheeria canta con falsa allegria la violenza e lo squallore dei sobborghi di Los Angeles) e I'm Not Scared (che fece la fortuna degli Eighth Wonder e Patsy Kensit).
Cantori che hanno attraversato indenni quasi tre decenni di musica e di storia, Tennant e Lowe saltano senza perdere una battuta a Fluorescent del 2013 a West End Girls (scritto da Tennant sotto ispirazione del poema di T.S. Eliot, e primo successo mondiale dei Pet Shop Boys), a Somewhere , Leaving , Thursday, Love etc., I Get Excited, Rent, It's a Sin, Domino Dancing, Always on My Mind, Go West.
E dietro, ruotano scenografie fluorescenti, metallizzate, attraversate da aghi di raggi laser, ballerini con testa di teschi di bisonte, cabine di ferro e neon dove si contorcono figuranti in doppio petto e maschere di pelliccia fluorescente.
Accanto a me è un delirio di gente che balla in verticale per lo scarso spazio a disposizione, agitando gli iPhone con la retroilluminazione settata a quindici e anche trenta secondi. C'è una ragazza giapponese in pantaloncini zuppa che ha conquistato un ambito posto attaccata alla transenna che urla come un'invasata. Ci sono gay dappertutto che ululano il loro amore per Neil Tennant, che non ha mai rilasciato in vita sua nessuna dichiarazione sul suo orientamento sessuale.
Che poi, per inciso, questa roba che la musica dovrebbe avere un orientamento sessuale non l'ho mai né capita né condivisa.
Se un artista è eterosessuale, deve piacere solo agli etero? E, analogamente, se è omosessuale dovrebbe piacere solo ai gay?
È una ghettizzazione banale e anche un po' imbecille. Io che sono etero e mi piacciono i Pet Shop Boys sono un'anomalia? Non dovrei essere qui stasera ma dopodomani a sbracciarmi, sotto il medesimo palco in piazza San Carlo, davanti i bicipiti sudati di Piero Pelù (che pure apprezzo ma per il quale non mi sono sobbarcato settecento chilometri su un treno ad alta velocità coi sedili che rivaleggiano per scomodità con quelli sistemati nelle sale d'attesa di un aeroporto qualsiasi a vostra scelta)?
E chiudo con un messaggio un po' polemico.
Così come la musica non ha sesso, neanche l'educazione ce l'ha.
Tu, ricchione che hai pogato come un forsennato per tutta l'ora e quaranta accanto a me sventolando il tuo cazzo di iPhone in direzione di Neil Tennant e cantando a squarciagola (stonando) tutte le canzoni strafottendotene di me che non ero lì per sentire i tuoi latrati, devi ritrovarti chiuso in ascensore con quattro skinhead omofobici per un weekend intero. What have I done to deserve this?
Che poi, per inciso, questa roba che la musica dovrebbe avere un orientamento sessuale non l'ho mai né capita né condivisa.
Se un artista è eterosessuale, deve piacere solo agli etero? E, analogamente, se è omosessuale dovrebbe piacere solo ai gay?
È una ghettizzazione banale e anche un po' imbecille. Io che sono etero e mi piacciono i Pet Shop Boys sono un'anomalia? Non dovrei essere qui stasera ma dopodomani a sbracciarmi, sotto il medesimo palco in piazza San Carlo, davanti i bicipiti sudati di Piero Pelù (che pure apprezzo ma per il quale non mi sono sobbarcato settecento chilometri su un treno ad alta velocità coi sedili che rivaleggiano per scomodità con quelli sistemati nelle sale d'attesa di un aeroporto qualsiasi a vostra scelta)?
E chiudo con un messaggio un po' polemico.
Così come la musica non ha sesso, neanche l'educazione ce l'ha.
Tu, ricchione che hai pogato come un forsennato per tutta l'ora e quaranta accanto a me sventolando il tuo cazzo di iPhone in direzione di Neil Tennant e cantando a squarciagola (stonando) tutte le canzoni strafottendotene di me che non ero lì per sentire i tuoi latrati, devi ritrovarti chiuso in ascensore con quattro skinhead omofobici per un weekend intero. What have I done to deserve this?