giovedì 30 maggio 2013

[recensione] Django Unchained


Django Unchained, di Quentin Tarantino. 

Come ho letto altrove non ricordo più dove, se non si ama Tarantino questo non è il suo film che farà cambiare idea.
E io, che del buon vecchio Quentin ho visto quasi tutto senza mai gridare al miracolo come il resto del Mondo, non ho cambiato idea durante e dopo la visione di Django Unchained.
Tanto, ormai il film l'avrete visto tutti, più di una volta, vi sarete fatti la vostra idea e magari pubblicato anche una recensione sul vostro blog unendovi al coro degli entusiasti.
Questa mia microrecensione, sappiatelo, non fa per voi.
Un simil-western brutto, con una trama piatta, drammaturgicamente anoressico (non so voi, ma la missione di salvataggio prima e vendetta poi del protagonista non mi ha minimamente coinvolto a livello emotivo), popolato da personaggi non graziati dai dialoghi corrosivi e surreali dei fasti di Pulp Fiction e annaffiato per tre, lunghe ore da un'autocompiaciuta quanto artificiosa ironia … per chiudere con un pirotecnico e non-catartico finale con Django vestito come il Will Smith di Wild Wild West.
E, personalmente, sono rimasto deluso anche dalla totale assenza di riferimenti al Django di Corbucci. Al pari di Inglorious Basterds, a Tarantino piaceva solo il titolo. 
Da salvare: la scena degli incappucciati è fantastica. Una ciliegina su una torta che non c'è.


lunedì 27 maggio 2013

Vivo o morto, tu verrai con me.


Qualche settimana fa mi è capitato di rivedere Robocop.
Il primo ma non l'unico, quello del 1987, a firma di Paul Verhoeven.
All'epoca mi aveva letteralmente galvanizzato, tanto è vero che nella parte finale della pellicola, feci il tifo come non mi capitava da tempo e quando uscii dalla sala penso di aver imitato pateticamente la sua camminata robotica sotto lo sguardo stupefatto della mia ragazza dell'epoca.
Complice forse l'effetto nostalgia, il mio giudizio non è peggiorato di molto.

Sarà che impazzivo per il gusto dei film di Verhoeven, o forse è colpa del tema musicale (una tronfia marcia dal sapore militare, ad opera del compianto Basil Poledouris), del cast azzeccato fino all'ultima delle comparse... o magari dipende semplicemente dal fatto che Robocop aveva il mecha design più cazzuto di tutta la storia del cinema (sì, superiore anche a tutti gli Iron Man che volete).

Un'armatura che è il guscio che contiene povere spoglie umane massacrate in uno scontro a fuoco del tutto impari, un simulacro robotico di un poliziotto onesto, potenziato e ricostruito senza che nessuno gli abbia chiesto uno straccio d'opinione in merito e riportato in vita a forza come uno zombie meccanico per fargli proseguire il turno per le strade di Detrot.

L'ultimo eroe a cui non è concesso neanche di morire, riparato e reinizializzato ogni volta che serve, da persone a cui non frega nulla dell'uomo che c'era prima e che c'è ancora sotto il metallo.
Probabilmente, i due sequel che il personaggio ideato da Edward Neumeier e Michael Miner ebbe nel 1990 e 1993, pur restando degli onesti fanta-action movie, non sono all'altezza dell'originale... per non parlare della serie televisiva mid anni novanta che sfruttò il franchise di Robocop fino all'ultima goccia, ma riducendolo a un giocattolone per ragazzini.

Fatto sta che, quando nel 2008 ne venne annunciato un remake a firma di Darren Aronofsky, io mi emozionai.
E rimasi sinceramente male quando, più tardi, il progetto venne cancellato, restando nell'oblio per altri tre anni prima di venire affidato al parecchio meno navigato José Padilha.

Riaccendendomi, manco a dirlo, l'hype a mille.

Poco importa se il film si rivelerà una vaccata immane (il tipo di cui sopra ha all'attivo un paio di pellicole action e a breve dirigerà per la Warner Bros un altro crime movie,The Brotherood e tutto quello che posso augurarmi è che sia in grado di portare a casa un compitino corretto), un semplice passatempo (Robocop 3 si lasciava guardare) o una pellicola degna di stare vicino l'originale (a volte i remake vengono bene, a costo di prendere gli sputi a me il Solaris di Steven Soderbergh piacque parecchio)... alla notizia che un nuovo Robocop sta per uscire nelle sale, io vado comunque in fibrillazione.

Sfortunatamente, le ultime notizie parlano di reazioni unanimemente negative alla prima sceneggiatura (circolata abusivamente in Rete) e alla nuova armatura disegnata da April Ferry (una costumista che pure al suo attivo ha un curriculum lungo come una tangenziale) tanto che la Sony – nel frattempo diventata proprietaria dei diritti di Robocop – ha deciso di rimandare l'uscita del reboot di Robocop dalla prossima estate al febbraio 2014 (un periodo meno competitivo, in cui l'unico concorrente diretto del film sarà la versione cinematografica del videogame Need for Speed).


Non sono esattamente un nerd, come non sono un Trekker o un adepto di Star Wars... ma per il poliziottone di ferro ho un debole e in qualsiasi modo decideranno di resuscitarlo, di sicuro avranno i soldi del mio biglietto.
Alla peggio, rimetto su il blu-ray e me lo rivedo finché non lo fondo.

p.s. C'è stato un momento in cui ho considerato attentamente un cosplay di Robocop.
Mi sono fermato in tempo, più che altro quando ho realizzato che mi sarebbe costato come un MacPro e avrei avuto serie difficoltà a compiere azioni complesse, tipo respirare o concludere la giornata senza crollare a terra stremato dalla disidratazione.

sabato 4 maggio 2013

[Recensione] Attacco al potere - Olympus Has Fallen


Per recensire Attacco al Potere ricorrerò a una metafora che insulterà la vostra intelligenza ma che è anche la più efficace che mi è venuta in mente.

Attacco al Potere è un Crispy McBacon di McDonald's.

Non potete alimentarvi mangiando tutti i giorni al McDonald's. Questo lo ammettono persino loro.
Ma, una tantum, un bel panino saturo di salsa barbecue, sciroppo di fruttosio, olio di soia, solfato di ammonio, propinato di sodio e formaggio indissolubilmente fuso  su una fetta di bacon croccante – e ora siete voi a doverlo ammettere –  ci sta tutto.
Mentre addentate quel panino, tutte le vostre aspettative sono soddisfatte. Il sapore è esattamente quello. Da anni. Da sempre.
Quando avete consumato il vostro piccolo peccato alimentare, vi alzate, fate sparire le prove in un compiacente cassonetto verniciato in allegri colori, fate finta che tutto ciò non sia mai accaduto e tornate alla vostra giornata.
E, sapete? Ci sarà sempre un McDonald's, per quando ne avrete voglia.

Film come Attacco al Potere, simbolo di una precisa visione propagandistica degli Stati Uniti che periodicamente ci viene riproposta in salsa barbecue, pardon, action, usano gli stessi ingredienti da sempre, proprio come quel Crispy McBacon col quale siete cresciuti.
Ci sono i buoni, ci sono i cattivi (l'esemplificazione è portata all'estremo, in modo che nessuno possa farsi venire strane idee sulla bontà delle motivazioni del terrorista di turno), c'è l'eroe senza macchia, c'è la bella in attesa, c'è il militare/poliziotto un po' ottuso, c'è la caduta e il riscatto.
Gli archi narrativi seguono le loro placide, prevedibili parabole e tutti i pezzi cadono al loro posto come ci si aspetta che accada.
Il grado di violenza è appena un pelo superiore alla media del genere action, e sufficientemente realistico per tenere addormentata la sospensione dell'incredulità e passare allegramente sopra i buchi di sceneggiatura, esattamente come fate voi passando sopra i rischi di contrarre diabete, malattie cardiache e obesità quando – una tantum – vi concedete quell'hamburger.


In conclusione, Attacco al Potere è un onesto film action, senza una fotografia ricercata, privo di virtuosismi di montaggio o del più piccolo colpo di scena. Ma può vantare una discreta regia (di Antoine Fuqua, lo stesso del bel Training Day ma pure del brutto The Shooter), qualche sequenza spettacolare (ma anche un paio di scene così a stelle e strisce da essere imbarazzanti) e un cast di ottimo livello (quanto continua ad essere bella Angela Bassett?).

Se ne avete voglia, è in sala in questi giorni. Ma se ve lo scaricate, è uguale.
Il Crispy McBacon, no. Quello dovete comprarvelo.
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