Dopo aver passato giorni (settimane, mesi) ad infilare il curriculum dentro alle bottiglie buttate nell'oceano pregando che qualcuno le trovasse, vi siete ritrovati soli. Voi e la vostra professionalità, che tanta fatica, tempo (e spesso, soldi) vi è costata.
Visto che quel bel contrattino con tredici mensilità proprio non ve lo offrono, non vi resta che una strada: quella del libero professionista. O il freelance, se vi piace fare gli anglofoni.
E, anche se non lo avreste mai detto ai tempi della scuola, ora lo state seriamente considerando: aprire la vostra prima partita IVA.
Il che, è una roba abbastanza facile e rapida (QUI la guida dell'agenzia delle entrate).
Ma, l'avrete di certo sentito dire in giro, il bello viene subito dopo.
E, sì, erano tutte voci sarcastiche.
Alcuni atteggiamenti di taluni aspiranti su Facebook mi danno l'occasione di riassumere e aggiornare i miei consigli su come affrontare questo passo (se volete recuperare i vecchi post a riguardo, guardate QUI, QUI e QUI).
Andiamo a cominciare:
1) Non apritevi la partita IVA.
Iniziamo subito col consiglio più importante – e più prolisso – di tutti.
Apritevi la partita IVA e sarà tutto in mano vostra, e alla vostra capacità imprenditoriale e di autogestirvi. Non avrete alcun tipo di tutela, e sarete responsabili in prima persona di qualsiasi mancanza o qualsiasi cazzata o leggerezza commetterete.
Il che potrà suonare anche ovvio, ma non avete idea di quanta gente ho sentito lamentarsi "ma io non pensavo accadesse questo".
L’Italia (e Renzi ha dato solo il colpo di grazia) è un Paese di merda in cui essere un freelance. Aprite una partita IVA solo ed esclusivamente se la ricompensa – in termini di esperienza lavorativa – ne vale la pena e se siete molto, molto, molto appassionati a ciò che fate.
Non fatelo perché la prima azienda che vi offre un lavoro vi costringe ad aprirla.
Non fatelo perché volete avere mille collaborazioni da due spicci l’una.
Non fatelo perché qualcuno vi ha detto che “a partita IVA guadagni di più”.
Non fatelo perché “la flessibilità” o “lavorare in pigiama”.
In poche parole, se potete, non fatelo.
2) Affidatevi ad un commercialista.
Sì, vi costerà soldi, naturalmente. Ma molti meno rispetto alle cartelle esattoriali che vi arriveranno se sbagliate a farvi da soli la dichiarazione, o un CAF sbaglia a farvela. Rileggete il punto 1: i soli responsabili siete voi, e voi soltanto.
E aggiungo: affidatevi a un commercialista giovane e che risponda alle vostre email.
Ed entrate nell’ordine di idee che qualsiasi domanda gli porrete, quello inizierà la risposta dicendo “Dipende”.
3) Pochi clienti, ma buoni.
Essere un freelance vi dà libertà di lavorare su tante cose, ma – datemi retta – non volete lavorare su tutte le cose.
Concentratevi su collaborazioni e progetti di media e lunga durata.
Evitate, se possibile, il lavoro a cottimo e a chiamata.
4) Siate inflessibili sui termini di pagamento.
Esigete pagamenti a trenta giorni, e, se riuscite, fatevi pagare un piccolo anticipo (una somma tra tra il venti e il trenta per cento è più che legittima) a inizio lavori.
E, sì, perderete tanti potenziali clienti. Garantito. Ma alla lunga, perderete i clienti che non volete avere.
Poche cose sono più frustranti di cercare di ottenere il saldo di quanto pattuito, e ormai quasi nessuno si lascia più intimidire dai solleciti di pagamento. Una volta di più, non siete tutelati proprio da nessuno. Accettatelo.
5) Farsi pagare significa farsi pagare.
No “visibilità”.
No “tariffe da amico”.
No “pagherò”.
No “giornate di lavoro in sconto”.
Spesso mi trovo a dire: fatevi pagare zero o fatevi pagare per quello che valete.
Là fuori, nessuno vi fa sconti e non dovete farli neanche voi. È banale sopravvivenza.
Esattamente come a qualsiasi azienda.
Lavorate per i soldi, con cui volete giustamente spassarvela: ma non solo. I soldi vi servono per lavorare. Ogni mese dovete pagare un affitto, bollette, mutuo, cibo, connessione Internet.
Lavorate per i soldi, con cui volete giustamente spassarvela: ma non solo. I soldi vi servono per lavorare. Ogni mese dovete pagare un affitto, bollette, mutuo, cibo, connessione Internet.
Magari anche questa può apparirvi una banalità, ma è tutta roba che vi serve per lavorare. Ergo, trovate il modo di essere pagato ogni mese.
7) Considerate le possibilità.
Mangiate sempre fuori: i pasti possono scaricarsi al 70%, ma se lo fate nei weekend e/o festivi dovete giustificare la cosa.
State sempre in giro: le spese per i carburanti e manutenzione auto possono scaricarsi al 40%. Poco importa se l'auto la usate esclusivamente per lavoro. Sempre 40% rimane.
Il telefono è scaricabile all’80%. Mica male, solo che se fate un contratto con partita IVA dovrete pagare la tassa di concessione governativa. La cosa non vi quadra? Avete ragione.
Per finire, l’affitto, posto che abbiate un contratto registrato è scaricabile al 50%. E, sì, vale anche per la stanza presa a peso d’oro come sede della ditta. Va da sè che non siete inquilini "regolari", a rimetterci sarete voi e non il vostro padrone di casa evasore.
8) Fatevi bene i conti.
Prendete il lordo dei quattrini che guadagnate, e dividetelo per due.
Questo è il metodo spannometrico per avere un’idea realistica di quanto pesano le tasse... e quindi di quanto vi portate a casa davvero.
Se non vi fidate, chiedete in giro o cercate in rete. Ci sono true stories che vi daranno un nuovo significato alla parola "orrore".