giovedì 26 febbraio 2009

Come hai detto?...

Raccolte in giro in anni di paziente ascolto.
Contributi bene accetti.

I romani gettavano i bambini dalla rupe Tropea (Tarpea)
-Fulvio-

Mi sono fatto il televisore a cristalli lipidi (liquidi)
-Federico-

Ho controllato sulla cartina tipografica (topografica)
-Roberta-

Mi dà un barattolo di vaselina di foca (????)
-anonimo, dal ferramenta-

Capito la sottilezza? (sottigliezza)
-Angela-

In questo campo sono particolarmente afferrato (ferrato)
-Pierpaolo-

Ed ecco il monumento ai Soliti Ignoti (Milite ignoto)
-cicerone improvvisato a Roma-

In viaggio di nozze sono stata a Parma... ma no de Majorca (...)
-anonima, in fila al supermarket-

Quel palazzo c'ha la facciata appariscente (fatiscente)
-Francesca-

Ha avuto un ipsilon cerebrale (ictus)
-anonima-

Stiamo uscendo dal seminario (seminato)
-Federico-

Quanto costa il biglietto? Ma mio figlio paga integrale? (intero)
-anonimo, al cinema-

Ahò nun ce sto più a capì 'n cazzo co' sti duplicati! (replicanti)
-anonimo, al cinema a vedere "Blade Runner"-

Via dei quattro negroni (via Quarto Negroni)
-Roberta-

Telefona a tua madre... sei proprio una figlia denaturata (snaturata)
-teenager anonima sulla metro-

Te sei fatte dà le generazioni? (generalità)
-anonima, per strada-

Io e Luisa ieri 'amo rinfangato er passato (rivangato)
-anonima-

Ce l'ha i biscotti Mellin senza glutei? (glutine)
-anonima, al negozio di alimentari-

Vorrei un reggiseno per lattanti (donne che allattano)
-anonimo, in farmacia-

Il castello di Windsfurf (Windsor)
-Roberta- (sempre lei!)

Madam Hussein (Saddam)
-Fulvio-

Lo copriamo co' 'na gittata de cemento (gettata)
-anonimo-

Per fortuna era circonciso al colon (circoscritto)
-Francesca-

Ha dato in incandescenze (escandescenze)
-Daniel-

E abbassate 'sto colletto, me pari Maria Stoccarda (Stuarda)
-teenager sulla metro-

martedì 24 febbraio 2009

Rebranding, 3: Lancia

Non so ricordate QUESTO post.
Beh, potete farne un copia-e-incolla... tutto quello che scrivevo sul restyling del logo Fiat, vale fino all'ultima parola per quello Lancia.
E, sì, lo so che il restyling è vecchio già di quasi due anni, ma oggi ho avuto tempo e modo di ripescarlo, e dargli un'occhiata più approfondita.
Ferme restando le mie considerazioni sul rebranding operato da Fiat, aggiungo che:
• Anche qui è stato fatto largo uso di riflessi e cromature, usatissime negli ultimi anni in qualsiasi presentazione per gettare un po' di fumo negli occhi... ma diciamo che si tratta di un peccato veniale.
• Nel vecchio logo, il cognome Lancia era su una bandiera sorretta (guarda che caso) da una lancia. Qualcuno deve aver pensato: "Ma che ci facciamo con quella lancia? buttiamola!".
Ora aspetto il nuovo logo Ferrari senza un cavallino rampante.
• Sempre confrontando il nuovo logo col vecchio... che fine ha fatto lo storico volante a quattro razze Lancia? Sparito, sostituito da un elemento circolare con due aculei che, se nella testa del designer dovrebbero richiamare la punta della lancia, sono talmente decontestualizzati e pretestuosi da risultare indecifrabili.
In altre parole, che ci fanno lì quei due canini appuntiti? 
Insomma, se proprio si vuole rinnovare... perché non migliorare invece di peggiorare?
L'industria automobilistica italiana ha un patrimonio inestimabile di tradizione che andrebbe valorizzato... e invece qui sembra si cerchi di assomigliare a un qualsiasi produttore coreano (con tutto il rispetto per quel laboriosissimo popolo).
Se proprio si voleva semplificare, potevano anche non sacrificare il principale elemento grafico e reintegrarlo, magari in una soluzione come questa qui sotto, che mi sono divertito a ipotizzare... Voi che dite?

giovedì 19 febbraio 2009

[TOP FIVE] Cinque film di cui dovrei vergognarmi... ma che invece adoro

Facile compilare top ten dei dieci film imperdibili, dei dieci cd irrinunciabili, e via classificando, come del resto ho fatto io nei miei slanci nickhornbyani.
Meno facile (e più imbarazzante) è farlo con quei prodotti che sono brutti, incontestabilmente brutti, senza appello brutti... ma che, per qualche sinistra ragione, ci piacciono moltissimo e che saremmo pronti a difendere con le unghie e coi denti da qualsiasi detrattore. 
Ma, per mantenere uno straccio di coerenza e mostrarvi il mio squallido coraggio, ecco che vado a proporvi la mia personale top five dei 5 film più brutti di sempre... ma che adoro e che potrei rivedere all'infinito.

Barb Wire
di David Hogan, 1996

La trama di Barb Wire si potrebbe scrivere sul palmo di una mano. In un oppressivo futuro prossimo, l'eroina Barb Wire mette in salvo una ragazza che custodisce l'antidoto all'Aids.
Ecco qua.
Boiata senza appello. Dovrebbe essere un film d'azione con background fantascientifico, e invece somiglia di più a una puntata movimentata di Baywatch, solo che la bagnina più famosa del mondo che fa da protagonista ha il costume di lattice nero.
Ma Pamela Anderson qui era nel suo massimo splendore: levigata, eccessiva, coattissima.
In altre parole: splendida.
Potete guardarlo anche ad audio spento.

Moonwalker
di Jerry Kramer, 1988

Un pastrocchio fine anni ottanta, che più celebrare il re del pop, ne fa una macchietta da tv dei ragazzi.
Non si capisce se si sta assistendo a un documentario, a un film per ragazzini, o a un videoclip "stirato" per un'ora e mezza.
Discontinuo, zoppicante, ingenuo, confuso.
Ma anche rutilante, ipercolorato e assolutamente irresistibile in almeno due, precisi momenti:
1) quando Michael Jackson balla Smooth Criminal in una sordida dancefloor anni trenta e
2) quando Jackson si trasforma, con vent'anni di anticipo su Transfomers, in un incredibile robot gigante con sfoggio di effetti visivi straordinari per un'epoca priva di CGI.

Chicken Park
di Jerry Calà, 1994

Demenziale oltre ogni dire.
Una nostrana versione di Jurassic Park, dove invece dei dinosauri ci sono dei polli giganti.
Devo aggiungere altro?
Praticamente introvabile, forse perché lo stesso Jerry Calà, autore e interprete di questa insalvabile bruttura, ha dato il suo veto a ripubblicarlo in dvd o a ritrasmetterlo sia pure alle tre di notte su TeleTevere.
Ma chi ha il VHS (eccomi) se lo tiene bello stretto, perché Chicken Park è un autentico capolavoro trash. Nel suo cast sono finiti, ancora mi chiedo come, Rossy De Palma, Demetra Hampton e il caratterista americano Lawrence Steven Meyers.
Il film (bé, parolone) è infarcito di citazioni più o meno esplicite a Full Metal Jacket, Sister Act, Pretty Woman, Mamma ho perso l'aereo, il Postino, Edward mani di forbice, Godzilla, La Famiglia Addams oltre che, naturalmente, a Jurassic Park.
E per Jerry Calà ho sempre avuto un'incondizionata simpatia. Problema mio.

Ultraviolet
di Kurt Wimmer, 2006
Kurt Wimmer aveva diretto l'ottimo Equilibrium (ne parlai QUI) e dopo tre anni, incoraggiato da un budget più sostanzioso, riprovò descrivendo di nuovo una distopia futuristica, ma fallendo miseramente il bersaglio.
Ciò che ne venne fuori è un insulso mix tra l'ennesima storiella di vampiri e un videogame ultracolorato di serie B, dove persino la computergrafica sembra quella di una vecchia consolle per sparatutto.
Noiosissimo e stroboscopico.
Ma se invece che sulla vicenda da colpo di sonno vi concentrate sugli incredibili contrasti cromatici e il taglio vertiginoso di ogni singola  inquadratura e, soprattutto, sulla bellissima pancia della Jovovich (sempre deliziosamente scoperta da tutti i numerosi costumi indossati nel corso del film), troverete immenso questo film.
Come me.

Robot Jox
di Stuart Gordon, 1990
Con la fantascienza, più che in altri generi, bisogna andarci cauti: nel senso che, o hai una storia originale da raccontare supportata da una sceneggiatura a prova di bomba oppure hai un mucchio di quattrini da spendere e nascondi la pochezza delle idee con un turbinio di effetti speciali e digitali tali da confondere lo spettatore.
Robot Jox non ha né le une né gli altri.
È un pessimo film di fantascienza che rubacchia da Rollerball e dagli anime di Goldrake e Gundam, ai quali si rifà il mecha-design dei robottoni in cui i protagonisti se le danno di santa ragione per conquistarsi l'Alaska.
I robottoni in questione sono realizzati e animati in economia e si vede.
Il cast è semplicemente terribile e doppiato pure peggio.
La battuta ricorrente di tutto il film è "Colpisci e spara": non proprio ai livelli de La Forza sia con te, insomma.
Allora, cosa salvare di quest'immondizia?
Una sola, ma determinante cosa: il coraggio di aver tentato di trasporre nel mondo reale le suggestioni di tutti quelli che, come me, negli anni ottanta crebbero pasciuti a Goldrake ed Atlas Ufo Robot.
Solo Michael Bay ci ha riprovato un paio d'anni fa con Trasformers e un budget forse mille volte superiore a quello del povero Gordon (confezionando, a mio avviso, un blockbuster noiosissimo e da vietare ai maggiori di quattordici anni).
Robot Jox non è un film, ma una visione.

lunedì 16 febbraio 2009

[Case history] Marina Rei

Questo è saltato fuori mentre risistemavo alcuni vecchi lavori.
Bisogna risalire al 2005 quando l'agenzia per cui lavoro viene contattata per realizzare copertina e bookelet del nuovo cd di Marina Rei, Colpisci.
Come molti altri artisti, è lei stessa a seguire le prime fasi creative: dopotutto, l'impatto che produce la copertina del proprio disco può rivelarsi determinante per farsi notare in mezzo gli altri titoli, e influenzare in qualche misura l'acquisto.
La prima copertina che realizzo per lei è molto tradizionale: Marina Rei mi consegna una serie di fotografie che ha scattato in un locale, molto luminose e in una posa classica.
Ne scegliamo una, che non ritocco in alcun modo salvo scaricare una certa componente magenta tipica di molte fotocamere digitali. Sbianco al massimo i cuscini e l'ambiente.
È la soluzione più "safe": non è una copertina aggressiva, ma neanche "esce" particolarmente dalle dozzine di altre che trovereste in un negozio di dischi.
Copertina B. Provo a prendere un altro scatto, e portare all'estremo il contrasto e la saturazione. Quello che ottengo è un'immagine che emerge nettamente dallo sfondo e con un aspetto molto "grafico", quasi astratto.
È un passo avanti rispetto la semplice impaginazione di una fotografia in studio, ma ancora comunica molto poco.
Copertina C. Marina Rei osserva il monitor senza particolare entusiasmo. Probabilmente, condivide la mia opinione, e mi dice: "Ok, fammi vedere una cosa a tua fantasia"!
Prendo delle sue foto, ne scelgo una.
Porto la saturazione al massimo, sovrappongo un livello contenente una texture geometrica in modalità "luce lineare", più altri livelli con degli elementi vettoriali creati in Illustrator.
Il risultato è un'immagine molto luminosa e ipercolorata, che fonde immagini bitmap ed elementi vettoriali.
Marina Rei ne è entusiasta. Ma...
Copertina D. Marina Rei si prende una notte per pensarci su.
Il giorno dopo, mi dice: "È molto bella, ma non rispecchia il contenuto del mio disco. In questo c'è molta più elettronica. Inoltre, ha spesso dei toni cupi".
A titolo di esempio, cita le prime copertine di Bjork.
Sulla base di queste indicazioni (dopotutto, non avevo mai ascoltato il disco) realizzo una quarta copertina, scontornando un suo primo piano e montandolo su una texture sovrapposta ad elementi 3d e fusa con altri livelli.
Coloro il suo viso utilizzando pennelli di due colori diversi.
Alla Rei piace moltissimo anche questa... ma probabilmente è fin troppo cupa.
Copertina E. Dopo un po' che eravamo a studiare e a scartare le varie soluzioni io comincio a giocherellare sul Cinema Display con una sua foto, trascinandola su un livello con una texture di "sporco" digitale che avevo aperta per altri fini e lei ha detto: "Fermo! Bellissima!!!!"
Io: "Huh?"
Lei: "Mi piace! È fichissima!"
Io: "Beeeeh... sì, in effetti..."
"Ho deciso, la voglio così".
E, che ci crediate o no, così è venuta fuori la copertina D, che è quella con cui è uscita al festival di San Remo di quell'anno.
A distanza di quattro anni, continuo a preferire la C... di cui vi ripropongo l'inlay card e il retro, che avevo già progettato.
Sarà per un'altra volta.

lunedì 9 febbraio 2009

La più terrificante sequenza di un omicidio mai vista al cinema...

...è senza dubbio questa.
Frank Poole è all'esterno della Discovery.
Sta lavorando a un pezzo dell'astronave che crede rotto (la prima bugia di HAL) ma che in realtà funziona benissimo.
La capsula con cui si è avventurato all'esterno della Discovery inizia a ruotare in silenzio estendendo le sue braccia meccaniche, prima in posizione di riposo. Anche questa inquadratura è perfettamente simmetrica (la circolarità e la simmetria sono due costanti di 2001).
Una volta in posizione, la capsula (HAL) si precipita in avanti, verso Poole e verso l'obiettivo, con l'unico suono del respiratore di Poole.
L'ultima inquadratura è interamente riempita dall'occhio di HAL, muto ritratto di una intelligenza profonda e malefica.
Quando la capsula (pilotata da HAL e quindi, in tutto e per tutto, una sua estensione) ruota di 180 gradi mostrandosi all'obiettivo e quindi a noi, passa dalle tenebre alla luce in una rivelazione, una volta di più, simbolica.
È la prima volta, infatti, che HAL utilizza la coscienza che gli è stata data dal suo creatore (l'uomo) contro di lui, mostrandosi nel lato più mostruoso ma allo stesso tempo luminoso della verità.
Hannibal, mangia la polvere.

venerdì 6 febbraio 2009

La cambio io, la tua realtà

Questo è un pelo inquietante. Ma affascinante.
Si tratta di un concept elaborato da Frog Design, e porta all'estremo l'attuale concetto di isolamento dal mondo esterno attraverso un comune iPod sparato nelle orecchie.
Immaginate una maschera che ci restituisce visioni, suoni ed odori di una realtà virtuale preregistrata e, ovviamente, definibile a piacere dall'utente, che va a sovrapporsi, con opacità regolabile, al mondo reale.
Il dispositivo è in grado di distinguere tra quelli che circolano nel mondo reale e tra coloro che sono collegati alla loro dimensione privata. Anche le espressioni del viso di chi lo indossa possono essere rilevate e proiettate su personali avatar visibili agli altri che vivono dietro lo scudo virtuale della maschera.
Potrebbe diventare una sorta di droga elettronica, utilizzata per rendere il mondo un posto, almeno in apparenza e momentaneamente, migliore.
Ma è come interagisce con la realtà che potrebbe farne un oggetto unico: l'aumento della potenza di elaborazione e di schemi preregistrati a cui attingere potrebbe, ad esempio, mostrarci i nostri colleghi di lavoro come personaggi dei cartoni animati, o tutte le persone che incontriamo senza vestiti addosso, ancora di stare seduti su una comunissima panchina ma osservando i giardini di ciliegio in fiore (e percependone il profumo) sulle pendici del Fujiama.
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