sabato 31 gennaio 2009

[TOP TEN] 10 CD senza cui non si può vivere

Premetto che confezionare questa Top Ten è stato complicato e non del tutto indolore.
Si trattava di raccogliere degli album interi e non delle singole canzoni, album in cui ogni pezzo presente o quasi doveva essere un piccolo gioiello da riascoltare all'infinito.
Non ci sono, a mio avviso, parecchi album così riusciti.
Questi sono i miei, aspetto i vostri... chissà che non mi facciate scoprire qualche perla.

Sinfonia n°9 "Corale" - Ludwig Van Beethoven, 1824
Capolavoro assoluto della storia dell'umanità.
Cinque tempi, cinque pietre preziose incastonate in un unico, inestimabile gioiello senza età.
La Nona, più che dalla mente di un uomo sembra venire giù direttamente dai cieli, da un Regno che non è mortale, composta di armonie incomparabili e incommensurabili, che riempiono lo spazio come l'aria, riempiono il cuore come il sangue, stordiscono i sensi come le emozioni.
Irripetibile.

The Man-Machine - Kraftwerk, 1978
Il disco ideale per tutte le tribù del villaggio globale è già uscito trent'anni fa, ed era The Man-Machine.
Compiuto e perfetto come un'onda sinusoidale.
La sublimazione di tutto il messaggio dei Kraftwerk, e, probabilmente, di un intero genere musicale.
Sei tracce per poco più di trenta minuti di musica senza nessuna concessione all'umanità. Un disco scritto per far innamorare delle macchine.
Semplicemente perfetto.

Never For Ever - Kate Bush, 1980
Il capolavoro tascabile di un genio precoce. Un enorme balzo in avanti rispetto al pop pianistico dei due primi, seppur bellissimi, album.
Never For Ever splende di una feroce sete di sperimentazione: l'elettronica e le drum machine si sposano a meraviglia con l'orchestra ed entrambe vestono a meraviglia le storie fantastiche di Kate.
È il disco di Babooshka, ma è soprattutto un disco che lascia stupefatti per la facilità con cui si passa da un genere all'altro. Violin è puro rock, Army Dreamers è un valzer commovente, storia di una mamma che va a riprendersi il corpo del figlio morto in guerra. Breathing, scandita dal basso di John Giblin, è un pamphlet alla Cassandra sui pericoli del nucleare. The infant kiss, morbosa storia di passione fra una donna e un bambino. E altro ancora.
Sognante.
Communication - Karl Bartos, 2003
Ascoltare Bartos, per anni percussionista e co-autore dei Kraftwerk, è un pò come rivivere questi ultimi, ma con un'anima pop che lo diversifica significativamente dai lavori che componeva con i quattro di Dusseldorf.
Communication è più votato al dancefloor, con una ritmica che a volte diventa una cassa dritta, vocoder imperante in tutte le tracce, dieci pezzi intelligenti, calibrati e mai banali.
Trascinante.

Please - Pet Shop Boys, 1986
Il primo album dei Pet Shop Boys, e, di fatto, una raccolta di singoli.
Uno stile esistenziale pervaso da un senso di decadenza morale. Orchestrazioni eleganti e un'elettronica sofisticata e mai invadente, e su tutto il canticchiare di Tennant, forbito e un po' snob.
Contiene capolavori come West End Girls, Oppurtunities, Love Come Quickly.
Sublime.

The Turn Of A Friendly Card - The Alan Parsons Project, 1980
Concept album del maestro del prog anni 70 e 80.
Possiede una rara magia: diventa sempre più bello ad ogni nuovo ascolto.
A cavallo tra almeno una decina di stili diversi, arrangiato alla perfezione, vellutato, solenne, ispirato, vertiginoso.
Cantato e suonato come mai più gli è riuscito, nemmeno col conclamato Eye in the sky.
Un faro illuminante.

Hanno Ucciso L'Uomo Ragno - 883, 1992
Un signor disco che, pur prodotto da mr. Cecchetto (noto per la sua mancanza di buon gusto), è assai meno commerciale di quanto oggi non si voglia riconoscere; questi erano i veri 883 Pezzali-Repetto diretti e schietti e con il portafoglio ancora vuoto.
Dimenticate sonorità ruffiane, canzoni melense o tamarrate da discoteca; qui ci sono solo Max e Mauro che raccontano con schiettezza esperienze e momenti che tutti (sì, belli, anche voi) abbiamo vissuto.
Otto pezzi indimenticabili (tra tutti, Con un deca, Sei uno sfigato, Te la tiri) e una variazione sul tema.
Nostalgico.

The Wall - Pink Floyd, 1979
Attuale come trent'anni fa.
Un'opera colossale e del tutto autonoma.
È il solo disco dei Pink Floyd che posseggo, ma è più che sufficiente.
Dopo questo album, potevano anche chiudere bottega e salutare, perché meglio non avrebbero potuto fare. Difatti.
Comfortably Numb, Mother, Another Brick in the wall sono delle urla a cui non è possibile restare indifferenti.
Completo.

Communards - The Communards, 1985
Lotta durissima con Age Of Consent dello stesso Jimmy Somerville.
Apparentemente destinato alle dancefloor gay, è un disco magistralmente suonato e che integra pop, dance, jazz, critica sociale e impegno politico.
I Communards si autoestinguono appena tre anni dopo, ma lasciano dietro di sé questo indimenticato, piccolo capolavoro.
Disenchanted, You Are My World, Heavens Above sono tracce che qualsiasi autore pop avrebbe voluto incidere.
Sentimentale.

Quadrophenia - The Who, 1973
Concept album maturo, solido e sfaccettato.
Ribolle di pura energia rock (The punk and the Godfather, 5.15, The Real me), vive di ballate poetiche (I'm one, Cut my hair), a volte mirabilmente fuse all'interno dello stesso brano (Sea and Sand, Doctor Jimmy).
Geniale il ricorso a quattro temi musicali ripetuti che esprimono la poliedrica (anzi, quadruplice) personalità di Jimmy, il protagonista di questa storia mod.
Irraggiungibile.

lunedì 26 gennaio 2009

[Top Ten] Film


2001: Odissea nello Spazio
Stanley Kubrick, 1968
Potrebbe capeggiare anche una Top Five o una Top Three, a mani basse. Quarant'anni fa, a Kubrick venne fuori il Miracolo, il Capolavoro. Qualcosa di mai visto e mai più, ahimé, ripetuto. Una favola, una parabola, un film di simboli, di rimandi, di astrazioni. Ipnotico e lisergico. Assolutamente insuperabile.



Fahrenheit 451
François Truffaut, 1966
Sfida durissima con Il Pianeta Proibito. Sono entrambi film perfetti ma Fahrenheit 451 porta con sé il romanticismo dei romanzi di Bradbury e la sua fotografia anni sessanta mi incanta ancora.


Metropolis
Fritz Lang, 1926
Moderno da fare spavento.
Visionario e appassionante.
Guardo le facce degli attori attraverso gli oltre ottanta anni di storia che ci separano, vorrei allungare le mani e toccare quei volti truccati. Ma di loro c'è rimasto solo questo capolavoro senza età.


Alien
Ridley Scott, 1979
Un film perfetto sotto ogni punto di vista. Mi prende per la regia sublime, per le scenografie memorabili, per il clima, le pause, il commento sonoro, un cast mai più così azzeccato.
L'alieno è quasi un elemento secondario.
Chiunque abbia girato un film dell'orrore mescolato alla fantascienza negli ultimi trent'anni, ha un enorme debito stilistico con l'Alien di Ridley Scott.


Dark Star
John Carpenter, 1974
La prima visione scanzonata e surrealistica della vita nello spazio. Un dramma paradossale e al limite del demenziale diretto magistralmente. Il dialogo tra l'astronauta e la bomba intelligente è da antologia.


Quadrophenia
Franc Roddam, 1979
Una fotografia di un passato che non c'è più talmente precisa che sembra che il regista abbia usato una macchina del tempo per girarla. Struggente e con un commento sonoro da brivido. Un paio di visioni all’anno non gliele toglie nessuno.



The Blues Brothers
John Landis, 1980
Un film che sembra concepito per diventare un cult. Divertente come la prima volta anche alla centesima visione. Un gioiello.


Un Lupo Mannaro Americano A Londra
John Landis, 1981
Un altro film di Landis. Stavo per scartarlo, ma mi sono ricordato dei trenta secondi di Jenny Agutter sotto la doccia. E della bellissima, tristissima scena finale a Piccadilly Circus.



Fino alla fine del mondo
Wim Wenders, 1991
Un luna park che si snoda attraverso ogni possibile location, legato dal filo invisibile di un sogno irraggiungibile. Denso e vertiginoso. Malinconico e ambizioso. Un cast di prim'ordine. Imperdibile.


Quando soffia il vento
Jimmy Teru Murakami, 1986
Amaro fino ad essere commovente. Raramente un film mi ha fatto un effetto del genere in virtù della sua pura storia. Il fatto che sia d'animazione non lo rende un millimetro meno toccante di una vicenda narrata da attori in carne e ossa.

ARGH!
Non c’è Equilibrium, non c’è Robocop... e non c’è manco un film di Star Wars!
ARGHHHHHHHHHHHHHHHHHHHHH
Devo fare delle classifiche specifiche per genere. Devo.
Questa top Ten m’uccide. Ho già voglia d’editarla.

Fermate quel computer!

Da piccolo mio padre mi portò a vedere al cinema 2001: Odissea nello Spazio, dove un computer senziente (HAL 9000) contravviene agli ordini ricevuti e stermina quasi tutto l’equipaggio dell’astronave in missione esplorativa verso Giove.
Con il risultato che finché, parecchi anni dopo, non misi le mani sul mio primo Macintosh alla Fiera di Roma nel 1984, fui incapace di guardare un computer senza sospetto.
Oggi, HAL 9000 ci fa sorridere. Un computer tanto sveglio da farsi ragionamenti suoi e ammazzare la gente? Certo, come no. Mi accontenterei di uno che quando gli dico “espelli l’iPod” non mi risponda che non può perché “c’è un’applicazione in uso”.
Tuttavia, se negli ultimi vent’anni abbiamo imparato tutto sui computer, gli sceneggiatori di Hollywood non hanno fatto altrettanto. I computer sono oggi un elemento essenziale per ogni film di cassetta, ma sembra che prendano noialtri come trogloditi che non hanno un computer a casa o in ufficio e non sappiamo bene cosa può fare e cosa non può fare.
Nell’interesse della credibilità delle sceneggiature cinematografiche a venire, ecco una “Guida al Comportamento del Computer nel Mondo Reale, ad Uso degli Sceneggiatori di Hoolywood”.

1) I computer non fanno bip, bip, whoosh e wooing-wooing
Niente suona più falso dei rumorini da fantascienza che i computer fanno nei film. In Iron Man, Trasformers, Il Tagliaerbe e Independence Day, i messaggi a schermo ('Accesso negato' e simili) lampeggiano e fanno bip come allarmi aerei.
Jurassic Park, Batman, Matrix e Mission: Impossible offrono delle versioni rumorose di ogni possibile elemento d’interfaccia: finestre di dialogo appaiono con un fruscìo, barre di stato cinguettano nell’avanzare, il puntatore lampeggia e fa bip, il testo chiacchiera nel disegnarsi sullo schermo e i comandi da menu tintinnano percorsi dal cursore.
La palma delle castronerie spetta tuttavia a The Net: la tastiera di Sandra Bullock fa davvero bip quando lei ci scrive sopra.
Di fatto, nel suo mondo, qualunque cosa dotata di schermo fa bip: il monitor del check-in all’aeroporto, il sistema di prenotazione dell’hotel, i terminal dell’ospedale. Tutto.
Io, un computer che faccia tutti quei versi non l’ho mai visto... non dico che non mi ci divertirei, e del resto sono sicuro che qualcuno ha già scritto un piccolo shareware che squittisce e fa bip ad ogni nostra azione.
Ma sospetto che il divertimento durerebbe poco: vi immaginate un ufficio pieno di computer che cinguettano e muggiscono?

2) Non si accede a un altro computer se quello non vi sta aspettando.I film sono abitati da ingegnosi hacker che fanno log-in in computer altrui e contraffanno subdolamente i dati. Passi per Wargames, in cui Matthew Broderick si cambia i voti: lo abbiamo visto procurarsi la password e il numero di telefono. Ma in Mission: Impossible e in parecchi altri, i cattivi si collegano in remoto con sistemi teoricamente superprotetti (quasi sempre militari o, nella migliore delle ipotesi, industriali) navigando tranquillamente nelle directory aprendo e prendendo tutto quello che si vuole.
Sono certo che gli hacker professionisti conoscono qualche trucchetto di cui non sospetto l’esistenza, ma credo che anche loro avrebbero qualche problemino a far partire un missile nucleare dal loro garage.

3) Un virus è un programma, non un abracadabra.
Gli sceneggiatori amano i virus informatici come espediente narrativo. Ma fanno finta di non sapere che un virus non è altro che un programma, che per compiere la sua azione nefanda deve essere eseguito con un doppio clic: spiacente, Sandra, ma non basta infilare un floppy in un Mac per scatenare un virus.
Per giunta, un virus gira solo sui computer del tipo per cui è stato scritto: Mac, Windows, Unix... vi ricordate il virus compilato su un PowerBook da Jeff Goldblum in Indipendence Day, e inviato senza difficoltà al computer dell’astronave aliena?
Ci viene detto che, per disgrazia dell’umanità, questi alieni possiedono una “tecnologia ampiamente superiore”.
Io dubito che i loro computer possano eseguire qualunque dei nostri rozzi tentativi di sistema operativo.
Naturalmente, posso sbagliarmi. Forse quelle navi spaziali usavano MacOS.

4) Nemmeno Internet è una magia
Nei film assistiamo a una versione di Internet degna di un universo parallelo.
Vediamo pagine web stracariche di grafica caricarsi in un nanosecondo e filmati a tutto schermo scorrere fluidi come sulla tv di casa senza attese: vi prego, ditemi che connessione usano.
E poi c’è The Net, la cui vicenda s’inizia con l’amico di Sandra che le manda via Federal Express un sito web su un floppy. Quindi vediamo i cattivi che manomettono i record della polizia, abbattono aeroplani, ammazzano gente all’ospedale, sempre usando il Web.
Auguriamoci che Bin Laden non impari anche lui come si fa, altrimenti non gli servirebbero più aeroplani ed esplosivi per il terrorismo.

5) Un sistema operativo per ogni computer, prego
Ricorderete senz'altro  Jurassic Park e i suoi seguiti. Quali computer vengono usati per pilotare il gigantesco parco a tema?
1) Il tizio dice che sono supercomputer Thinking machine 99;
2) Ok, ma gli chassis sono marchiati Quadra 700;
3) Quando il sistema si avvia il computer dice, a caratteri bianchi su sfondo nero, System ready: allora è DOS!
4) Nondimeno, la ragazzina cervelluta dice: “Ah, un sistema Unix! Lo conosco”!
Quindi? Contro tutti gli indizi decettivi, ce lo proclama il desktop: sono Mac, con tanto di font Chicago, Cestino e filmati QuickTime (potete vedere la barra di scorrimento muoversi mentre i filmati vengono eseguiti... anche quando ci vengono spacciati per trasmissioni in diretta di una telecamera).
Resta da vedere se dei Quadra 700 possano pilotare effettivamente un parco di quelle dimensioni, ma lasciamo stare per stavolta.

6) Come copi un disco una volta, puoi copiarlo due.
Fra le trame dei technotriller una delle favorite è quella che chiamo “Prendete quel dischetto!”. Il protagonista, in corsa contro il tempo, copia dei dati proibiti su un floppy o su un CD. Per il resto del film, l’eroe cerca disperatamente di eludere i criminali che rivogliono il dischetto.
Ma perché non ne ha fatta qualche copia, risparmiandosi due ore di angosciosi tentativi di sopravvivere?
Lo so, lo so: domanda sciocca. È come chiedersi perché il cattivo spieghi sempre il suo piano a James Bond prima di ammazzarlo.

7) Sistemi operativi: futuristici ma arretrati
Sognando i sistemi operativi avanzatissimi dei computer da film, Hollywood ha fatto delle scelte curiose. Il System di Eraser è in scala di grigio e non c’è neanche il mouse: bisogna battere comandi e nomi i file (tipo COPY FILE ‘DATI SEGRETI’ TO DISK) al posto di trascinare icone, come si fa col Mac fin dal 1984.
Il meglio è comunque ancora in Mission: Impossible.
Usano PowerBook, d’accordo, ma con che MacOS dell’età della pietra? Testo in maiuscole bianche su fondo nero.
Ancora, niente mouse.
Lo so, i produttori cercano solo di rendere i loro film più avvincenti e divertenti possibile. Ma con solo un piccolo sforzo gli sceneggiatori potrebbero congegnare trame appassionanti e plausibili.
Ovviamente, perseguire un realismo maggiore richiede più lavoro agli sceneggiatori, ma io sono certo che possono farlo: dopo tutto, si tratta di quegli stessi che fanno uscire Tom Cruise sano e salvo da un elicottero che esplode mentre insegue un TGV lanciato a 300 all’ora all’interno di un tunnel.
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