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domenica 19 marzo 2017

Quattro capolavori della grafica rivisti e corretti dal Cliente.

Se siete dei creativi, designer o comunque progettisti di qualche tipo, almeno una volta sarete rimasti interdetti, inorriditi o indignati di fronte le osservazioni che i vostri clienti hanno fatto al vostro lavoro, suggerendovi o, in taluni casi, imponendovi delle correzioni che non stavano né in cielo né in terra... dettate, è vero, spesso dall'ignoranza in materia, ma, com'è che diceva quel tizio?, non sempre l'ignoranza è una scusa valida.
Partendo dall'idea apparsa su QUESTO tweet del designer Jarie Julien, i ragazzi del sito Grapheine hanno immaginato il feedback del cliente su tre celebri manifesti e un logo altrettanto famoso. Sono in circolazione già da un po', ma il vostro Cyberluke Blog è il primo a tradurli per voi.
Ridete con la giusta dose di amarezza.

Tournée du Chat noir è un manifesto dal pittore svizzero Théophile-Alexandre Steinlen, che lo dipinse nel 1896 per promuovere il cabaret parigino Le Chat Noir, creato da Rodolphe Salis a Montmartre.
Il poster è un capolavoro di pesi, colori e misure, e la sua raffinata tipografia disegnata a mano ne fa un classico inossidabile al tempo. Divertitevi a fare clic sull'immagine e a leggere tutti gli scellerati appunti che, probabilmente, oggi riceverebbe.

Questo poster disegnato nel 1967 da Milton Glaser (che, se il nome vi dice poco, si è inventato robetta come QUESTA) venne incluso come bonus in un CD di un best of di Bob Dylan. 
Potete facilmente trovarlo riprodotto in tutti i manuali di grafica o in qualunque testo che si rispetti sul design dell'ultimo secolo.
L'obiezione Bob Dylan non è di colore è assieme esilarante e agghiacciante.

Saul Bass (1920-1996) è un designer americano famoso per il suo lavoro nel mondo del cinema. Anziché schiaffare sui poster i soliti volti dei protgaonisti, Bass sceglieva di catturare e rappresentare l'essenza del film in uno stile grafico minimalista.
Il poster che disegnò per Anatomia di un omicidio, un film del 1959 diretto da Otto Preminger conservato tutt'oggi nel National Film Registry della Biblioteca del Congresso, è un capolavoro di sintesi grafica.
Gli appunti che gli sono stati immaginati dai ragazzi di Grapheine sono semplicemente da brivido freddo lungo la schiena.

Il logo del Louvre potrà sembrarvi banale e persino semplicistico, ma porta la firma del Grapus, uno dei collettivi artistici più importanti del secolo scorso, e si adatta magnificamente, con la sua grafia austera ed elegante, a uno dei luoghi di arte e di cultura più famosi del mondo.
Gli appunti ai progetti più semplici, spesso, sono anche i più terrificanti.


mercoledì 8 giugno 2016

L'invasione dei loghi generici.


Negli ultimi anni ha riscosso un discreto successo un nuovo modo di cercare e ottenere manodopera professionale in ambito creativo.
Il cliente lancia una specie di bando pubblico per quello che gli serve (loghi, identità aziendali, banner, siti web, eccetera), e i designer rispondono con le loro proposte.
In questo modo, il cliente ha la possibilità di ottenere proposte di design da creativi di tutto il mondo, e scegliere con tutta calma.
Capite da soli che è un sistema che, se da una parte sembra privilegiare solo il cliente (riceve un mucchio di layout e ne paga solo uno, e tutti gli altri hanno lavorato gratis), dall’altra ha portato a un abbassamento della qualità (generalmente, questi lavori sono pagati piuttosto male). In poche parole, a fronte di un compenso basso e dalla tutt’altro che remota eventualità di non vedere neanche un soldo, molti designer e parecchi siti specializzati hanno iniziato a sfornare un’incredibile quantità di loghi del tutto generici.
Per “logo generico” intendo un logo prefabbricato, non creativo, non studiato su misura per le esigenze di quello specifico cliente… il che si traduce in nessuna immagine aziendale, nessuna distinzione tra i concorrenti, nessun valore aggiunto.
I famigerati loghi generici ricorrono sempre più spesso, e sono la diretta conseguenza del crollo delle tariffe e della contrazione dei tempi di produzione, unita alla ormai storica mancanza di una “coscienza” del design, che impedisce al committente di riconoscere qualcosa di ben progettato da un’altra che non lo è.
Il risultato?
Che il web è pieno di loghi simili tra loro, dissimili solo per il nome dell’azienda o del prodotto.

Questi sono i cliché più abusati, al momento:.
Questi qui sotto, invece, sono un esempio di ciò che si può trovare in alcune comunità creative... e tenete presente che la stragrande maggioranza di questi loghi è stata effettivamente venduta.
Iniziamo con questa tipologia: acronimo del nome dell'azienda – di solito scritto in Trajan – tagliato in due da un arco e in due colori. 

Un'altra font che va fortissimo nei loghi fatti in cinque minuti è l'Ethnocentric.
I loghi che la utilizzano sono centinaia. Chi ci ha perso un po' più di tempo, si è studiato qualche legatura tra le lettere:

Un altro trend gettonatissimo è il nome del cliente dentro due cerchi concentrici di colori a contrasto. Buono per una società di farmaceutica quanto per una compagnia d'assicurazioni:

Molti sono allergici al Comics Sans, ma anche font free come il Satisfaction non scherza. Eppure, che ci crediate o no, riscuote un successo enorme quando c'è da progettare un logo che richiede un carattere gestuale:

Un'altro stratagemma parecchio usato da chi ha poco tempo o poca voglia da perdere nella creazione di un logo, è inscrivere l'acronimo della società in due o tre quadrati.
A volte, i quadrati sono tagliati dal solito arco. Qui, invece, è il Trajan la font di riferimento:

Quando il cliente è una società che opera nel settore finanziario, poi, c'è poco da fare: freccine che puntano verso l'alto, grafici a colonne e, magari, due bei cerchi concentrici. Il Trajan ha un aspetto molto istituzionale, quindi è parecchio usato in questo tipo di loghi a portar via:

Agenzia immobiliare? Niente di meglio che un bel paio di tetti. Che col Trajan fanno sempre un figurone.

Va detto: alcuni di questi loghi venduti un tanto al chilo sono un pelo più curati e in alcuni casi sono di aspetto gradevole, ma la loro matrice comune è talmente generica che forniscono una connotazione debole all'azienda alla quale vogliono legarsi.
Ecco qualche esempio di loghi generici basati su una sfera 3D:


Se la categoria merceologica riguarda l'automobile, non c'è nulla di male a richiamarne una shilouette nel logo. Peccato che sia sempre e solo la stessa:

Vanno ancora forte, specie in settori legati alla salute o alla cura della persona, gli omini stilizzati a formare una Y. Se poi li si abbina a una foglia e al colore verde, c'è anche il richiamo alla natura e a qualsiasi connotazione bio. Ecco alcune soluzioni buone un po' per tutti:

E ancora: omini che si tengono per mano a formare variopinte figure geometriche. Un logo che può simboleggiare, a scelta, coesione, solidarietà o lavoro di squadra. Alcuni esempi sono piuttosto riusciti, ma è un cliché talmente abusato che è praticamente impossibile tirare fuori qualcosa di originale:

Forme geometriche (ma principalmente, cerchi e triangoli) attraversati da linee: finché ne volete.

Bolle e punti che si fondono tra loro? Presenti.

Per chiudere, una veloce carrellata su alcuni loghi che implementano due o più degli stilemi sopra elencati: osservate, studiate, memorizzate. Fate di meglio.
A meno che non vi offrino il corrispettivo di una pizza e una birra, naturalmente.
In questi casi (neanche troppo infrequenti), loghi di questo tipo sono più che sufficienti.

lunedì 23 maggio 2016

Il Principe delle tenebre (copertina)


La localizzazione è quell'operazione che case editrici, cinematografiche e, più raramente, quelle discografiche, compiono su copertine, poster e materiale promozionale di libri, film e musica.
Come ho già raccontato altre volte, a mercati diversi corrispondono strategie di comunicazione diverse, volte a raggiungere la maggior fetta possibile di pubblico e quindi a massimizzare le vendite.
Nel caso dell'editoria, oltre a tradurre i titoli delle opere letterarie in genere si procede a una ristilizzazione completa della copertina. 
Qualche tempo fa, mi è stata commissionata la grafica dell'edizione italiana di Prince of Fools, bestseller di Mark Lawrence, e una delle prime richieste è stata "proviamo a farla uguale all'edizione originale". Che poi è il layout che vedete in apertura.
Scartata presto questa soluzione, la casa editrice ha suggerito l'uso di un trono, col quale ho fatto un paio di test in altrettante varianti cromatiche... la prima abbandonata perché troppo tetra, la seconda perché la mancanza di un qualsiasi elemento umano la faceva apparire sinistra e poco in linea con la storia raccontata.

Decidiamo di essere più didascalici, e di usare un principe. La casa editrice non detiene i diritti dell'immagine originale, così mi chiede di sperimentare qualcosa. Quelle che vedete qua sotto sono alcune delle soluzioni che propongo. Hanno tutte equilibri e impatto diversi, e alcuni soggetti mi piacciono più di altri... ma lascio che sia l'editore a scegliere.
In questa fase, utilizzo preview in bassa risoluzione assemblate in Photoshop, e manca qualsiasi effetto speciale aggiunto.


Una volta scelto il soggetto definitivo, scelgo di dargli un'ambientazione simile a quella dell'artwork originale: quindi lo isolo dallo sfondo, lo inserisco nel contesto che mi serve e aggiungo tutto quello che serve per creare un'immagine dai toni realistici ma con qualche effetto che la collochi in un'atmosfera fantasy. Una volta di più, Photoshop è lo strumento perfetto per questo tipo di operazioni.

Questa che vedete è l'immagine definitiva che è stata approvata e utilizzata. I testi (con relativi effetti di livello) sono composti in InDesign, e gli altri elementi grafici, loghi e codici sono realizzati in Illustrator.
Il volume lo trovate in libreria nei prossimi giorni, e se vi capita, pigliatelo in mano e guardatelo da vicino. Dal vivo, molte cose hanno un impatto diverso (ed è uno dei motivi per il quale, ad esempio, il titolo è stampato in rilievo. Le sensazioni tattili sono importanti, e molte pubblicazioni utilizzano carte speciali, texturizzate, plastificazioni e verniciature).

martedì 9 febbraio 2016

10 cose che (forse) non sapevate su alcuni loghi famosi.

Torniamo di nuovo sui loghi, uno degli elementi più popolari e diffusi nel design e nella comunicazione.
Dò per scontato che sappiate già tutti cos'è e a cosa serve; nel dubbio, vi rimando alla definizione di Paul Rand: un logo è una bandiera, una firma, uno stemma, un cartello stradale. Un logo non vende (direttamente), identifica. Un logo è raramente una descrizione del business. Un logo deriva dalla qualità di ciò che simboleggia, non il contrario. Un logo è meno importante del prodotto che rappresenta. ciò che rappresenta è più importante di quello che sembra. Il soggetto di un logo può essere quasi qualsiasi cosa. 
In questo blog, ho spesso parlato di loghi: basta seguire il tag e troverete tutti i post che ho scritto quando avevo qualcosa da dire in merito.
Oggi, vi propongo dieci loghi che di certo riconoscerete tutti alla prima occhiata (uno dei segni che il logo è stato ben progettato). Ognuno di essi ha un gran lavoro dietro, e meriterebbe un'analisi approfondita, ma qui ci limiteremo a qualche riga di decodifica, un paio di curiosità e altrettanti cenni storici.
Amazon
Amazon è un'azienda internazionale di e-commerce con sede a Seattle. È nata nel 1994 con il nome di "Cadabra.com". È stata poi rinominata "Amazon", con un riferimento al Rio delle Amazzoni che – onestamente – mi sfugge (ma anche una famosa società che fabbrica computer si chiama come un frutto, e a nessuno sembra così strano).
Amazon utilizza un lettering semplice e leggibile, ma il tocco di genio è la freccia che collega la "A" alla "Z": non solo sottolinea che nel suo negozio potrete trovare assolutamente tutto, ma è anche un sorriso stilizzato.

Gamecube
Il Nintendo GameCube è una console per videogiochi prodotta da Nintendo. Ha avuto un successo contenuto, se paragonato al botto che Nintendo fece con la Wii, venuta subito dopo. Venne lanciata in Europa nel 2002 e l'anno prima nel resto del mondo, col logo che vedete qui sopra: un cubo stilizzato che ne richiamava la forma e che includeva la "G" di Gamecube".
Elegante e compiuto.

La storia di Beats by Dr. Dre, nota anche come Beats Audio o più semplicemente Beats, è una di quelle che sembrano una favola. Nata nel 2008, inizia a vendere cuffie e casse audio, usando come boost il Dr. Dre (appunto) e, a dirla tutta, non è che produca i migliori auricolari sul mercato. Ma il suo marketing aggressivo la rende parecchio popolare tra i giovani, al punto che Apple, fiutando il business, compra tutta la baracca per 3, 2 miliardi di dollari.
Di certo, il suo logo è azzeccatissimo: la "B" dell'iniziale, inscritta in un cerchio rosso, simboleggia proprio il padiglione auricolare di una cuffia. 

Firefox
Mozilla Firefox venne scritto nel 2002 da Dave Hyatt e Blake Ross. I due programmatori, che di certo non erano dei bravi designer, all'inizio lo chiamarono Phoenix, e usarono quel terribile logo che vedete qua sopra, quello a sinistra. Ma altre società avevano già registrato quel nome, quindi lo cambiarono in Firebird. Solo per scoprire che anche quel nome era già stato preso. Così i fondatori si decisero a pagare un cazzo di designer che gli riprogettò naming (ribattezzando il browser Firefox) e logo, disegnando la celeberrima volpe che abbraccia il globo con la coda. Trivia: in realtà quell'animale non è nemmeno una volpe, ma un panda rosso di nome "Firefox", questo QUI. Per l'appunto.

Wikipedia
Tutti avete usato, almeno una volta, Wikipedia, che, se da molti non è considerata una "vera" enciclopedia, di certo è una delle più consultate al mondo, e una delle chiavi del suo successo è il fatto di essere in aggiornamento costante, letteralmente di minuto in minuto.
Un certo Michael Mandiberg, giusto per vedere l'effetto che faceva, ha stampato su carta le sole voci in lingua inglese di Wikipedia, e ha ottenuto una monumentale opera di 7600 volumi.
Ad ogni modo, il suo logo sintetizza alla perfezione le sue pecularità principali: un globo composto dai tasselli delle varie lingue in cui Wikipedia è consultabile, ma soprattutto un globo incompleto. Perché non esiste e non esisterà mai un'enciclopedia completa, ma sempre in aggiornamento.


Pinterest
Pinterest è stato creato nel 2010 da Evan Sharp, Ben Silbermann e Paul Sciarra,ed è sostanzialmente un social network dedicato alla condivisione di fotografie, video ed immagini (che non fossero gattini, cibo e selfie, per quello ce n'è un altro di cui ora mi sfugge il nome).
Il nome Pinterest deriva dall'unione delle parole pin (appendere) e interest (interesse). Oltre ad un naming azzeccato, il logo utilizza un lettering nel quale l'iniziale simboleggia proprio una puntina da disegno, di quelle usate per appendere le foto nelle bacheche.

Apple
Apple è una delle più grandi aziende al mondo per capitalizzazione azionaria e di maggior valore al mondo. Nel 2014 Apple sfondò la quota di 700 miliardi di dollari di capitalizzazione di mercato, facendo meglio di qualsiasi altra azienda statunitense. Il suo logo, grazie soprattutto a prodotti di enorme successo commerciale come iPod e iPhone, ha conosciuto una diffusione planetaria, diventando uno dei più noti e riconoscibili al mondo, assieme Nike e McDonald's.
Ma perché proprio una mela? Non esistono versioni ufficiali: alcune teorie propendono per la mela di newtoniana memoria simbolo della conoscenza (ipotesi supportata dalla primissima versione del logo, QUESTA), altri hanno pensato alla mela con cui sarebbe stato avvelenato il matematico Alan Turing, uno dei padri dell'informatica e delle neuroscienze moderne, altri ancora pensano che fosse una fissa di Jobs, da sempre fan dei Beatles che incidevano per la Apple Music.
Ad ogni modo, il logo attuale esiste dal 1977 e fu disegnato da Rob Janoff. Solo parecchi anni più tardi il designer ammise di aver aggiunto il "morso" per distinguere la mela da un pomodoro ciliegia.

LG
LG Electronics è un'industria coreana specializzata nella produzione di elettrodomestici e smartphone. Il nome LG è un'abbreviazione di Lucky Goldstar, il vecchio nome della compagnia. G iusto di questo periodo, un anno fa, LG ha aggiornato leggermente il suo logo, impiegando un carattere (o font) più leggero e leggibile, ma la sostanza è rimasta la stessa: un monogramma stilizzato a comporre un volto umano. Trivia: secondo alcuni, il progettista del logo ha voluto rendere omaggio al suo videogioco preferito: nei soli due passaggi illustrati qui sopra, ecco che il volto amico di LG diventa Pacman.

Picasa
nche se non è mai riuscito veramente a sfondare, Picasa è il software su cui Google ha puntato pensando a tutti suoi utenti che avevano bisogno di organizzare le fotografie sui loro computer. Picasa crea dei database per una rapida ricerca, implementa un sofisticato algoritmo di riconoscimento facciale, sincronizza le foto su internet e parecchio altro.
Ma è del logo di cui voglio parlarvi: oltre a simboleggiare l'iride di una fotocamera, gli spazi bianchi disegnano una casa, e il nome Picasa viene proprio dall'unione da Pic (immagine) e casa (casa, in spagnolo). 


Vaio
Il mercato dei personal computer è in crisi ormai da qualche anno, soprattutto a causa della crescente popolarità di dispositivi mobili quali smartphone e tablet. E magari vi è sfuggito, ma Sony, per contenere possibili perdite future, ha venduto già da un bel pezzo il proprio business di PC Vaio al fondo di investimento Japan Industrial Partners.
Ma di certo, molti di voi avranno ancora in borsa o sulla scrivania uno dei suoi laptop col logo impresso sul coperchio. Le prime due lettere simboleggiano l'universo analogico (un'onda sinusoidale), le ultime due i numeri uno e zero, fondamenti del codice binario e quindi dell'universo digitale. Tutti i prodotti della linea Vaio erano pensati per la migliore coesistenza possibile di questi due universi, e questo logo, a mio avviso, ne sintetizzava alla perfezione la filosofia.

mercoledì 30 settembre 2015

Perché il San Francisco ha soppiantato l'Helvetica.


iOS 9 è stato pubblicamente rilasciato qualche giorno fa, e, a sentire Apple, siete stati in moltissimi a fare l'aggiornamento e a scaricarlo sui vostri iDevice.
Probabilmente sarete stati in meno, però, a notare un sottile cambiamento tipografico: la font di sistema di iOS 9 è ora il San Francisco, disegnato da Apple, che va  a sostituire il precedente Helvetica Neue.


Nella gif animata proprio qui sopra, potreste vedere qualche cambiamento. La Font San Francisco ha fatto il suo debutto un anno fa sull'Apple Watch ed ora è diventato il carattere standard per tutti i prodotti Apple: Apple Watch, iPhone, iPad e Macintosh. Vale la pena dargli un'occhiata più da vicino.

Iniziando da una domanda: perché Apple ha deciso di abbandonare Helvetica, la più famosa (e amata) font del mondo, che aveva soppiantato persino la font di sistema in Mac OS X 10.10 Yosemite dopo un decennio di Lucida Grande?
Anzitutto, perché Helvetica non funziona al suo meglio in piccole dimensioni. In QUESTO post, scritto l'indomani della presentazione di Mac OS El Captain, accennavo già alla cosa:

In questa immagine, vedete come, a dimensioni molto ridotte, l'Helvetica si comporti peggio di tanti altri, fino a essere quasi illeggibile ai corpi più piccoli.

L'obiezione è: oggi disponiamo di tablet e smartphone con risoluzioni molto elevate, e persino su un iPhone i caratteri non sono piccoli come su un Apple Watch. Quindi, perché Apple ha cambiato la font di sistema su iOS e addirittura Mac OS X e non solo per Apple Watch?
A quanto pare, il San Francisco include altre caratteristiche per essere altamente leggibile su qualsiasi dispositivo. Ad iniziare dal fatto che il San Francisco disegnato per Apple Watch non è lo stesso progettato per iOS e Macintosh:

Esistono, come vedete, due famiglie di font distinte. L'SF è utilizzato per iOS (quindi su iPhone, iPad e iPod Touch) e Macintosh (da El Captain in poi)... e l'SF Compact, pensato invece per Apple Watch. Potete vedere la differenza nelle lettere più tonde, come la o e la e. L'SF Compact presenta linee verticali leggermente più piatte rispetto l'SF.


In tipografia, la crenatura ottica è quell'accorgimento che consente di regolare la spaziatura tra caratteri adiacenti in base alla loro forma. Spesso (ma non è una regola fissa), uno spazio maggiore tra una lettera e l'altra si traduce in una migliore leggibilità, e questo vale quanto più il corpo è ridotto.
Ogni font ha una spaziatura diversa dagli altri. E il San Francisco è stato progettato per avere più crenatura rispetto l'Helvetica. Si tratta di frazioni di millimetro, ma che hanno un grosso impatto visivo su grandi quantità di testo di piccole dimensioni.
Ma c'è di più.

I designer di Apple devono aver pensato che le modifiche introdotte per rendere più leggibile il San Francisco ai corpi più piccoli, lo avrebbero reso meno gradevole a quelli più grandi.
E così, scopriamo che iOS e OS X ne utilizzano due tipi diversi, passando automaticamente dall'uno all'altro in in base alle dimensioni del testo: sotto i 20 punti viene visualizzato il SF Text. Per dimensioni superiori, entra in gioco l'SF Display.

Che non si sia lasciato davvero nulla al caso, è questo dettaglio che – quasi certamente – sfuggirà a chi non ha conoscenze di tipografia: come sui font San Francisco vengono visualizzati i due punti (:).
Normalmente, i due punti vengono posizionati proprio sopra la linea di base... cosa che non li centra verticalmente, se capitano in mezzo, ad esempio, due numeri. Il San Francisco, invece, centra automaticamente verticalmente i due punti. Guardate la gif animata qui sotto e capirete al volo questa sfumatura.

Detto tutto questo, è difficile non riconoscere ad Apple un'attenzione maniacale per certi dettagli: lo studio sul San Francisco 
per risultare di facile lettura in qualsiasi dimensione e su qualsiasi dispositivo dovrebbe essere di esempio per qualsiasi azienda che produca oggetti con GUI (interfacce grafiche).

L'Helvetica è stato creato in Svizzera nel 1957, quando non esisteva alcun dispositivo digitale. È utilizzato in ogni parte del mondo per praticamente qualsiasi cosa, e non c'è dubbio che sarà utilizzato anche in futuro per molti, molti anni ancora.
San Francisco, d'altra parte, è una font figlia dell'era moderna, concepita espressamente per l'era Digitale. Probabilmente non ha l'eleganza dell'Helvetica, ma quello che le viene chiesto è di funzionare bene nel maggior numero di circostanze possibili su media non cartacei, e a quanto sembra nella sua breve vita, assolve egregiamente a questi requisiti.
Io?
Io no, mi tengo il vecchio iOS8 con l'Helvetica. Per ora.

martedì 29 settembre 2015

L'arte di una sana promozione.

Non credo spenderò un soldo o un minuto per vederlo.
Non è proprio il mio genere e Highlander è nella mia videoteca per puro sentimentalismo.
Ma i poster promozionali di The Last Witch Hunter sono – smentitemi, se potete – uno più bello dell'altro.

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