venerdì 16 dicembre 2011

Graphic Wars!

Sono le sette di sera, sono seduto dietro la mia scrivania in agenzia e sto pensando che forse, per una volta, riuscirò ad uscire di qui ad un'ora decente... quando si affaccia il boss nella mia stanza.
"Aspetta ad andartene. Hai presente la convention di [nome gigantesco cliente]?"
Io (alzando un sopracciglio): “Quella che ci sarà tra due settimane, a ridosso di Natale?”
Boss: “Quella. Solo che non ci sarà tra due settimane, ma la prossima. Chiudono anticipatamente gli uffici e così dobbiamo consegnare le grafiche stasera allo stampatore
.
Io: “Ammiro sempre la disinvoltura con la quale dici dobbiamo quando in realtà sono io che devo farmi tutto il culo".
Boss: “Quale segno di buona volontà voglio offrirti un regalo: questo stagista
.
E introduce nella stanza un giovane grafico di belle speranze che abbiamo preso per essere iniziato ai segreti di questo ingrato mestiere.
Giovane Apprendista: “Che cosa ha detto?”
Boss: “È un buon lavoratore e ti servirà bene”.
Giovane Apprendista: “Non è possibile! Questo è il messaggio sbagliato!”
Io: “Ah, bene. Nuove acquisizioni. Sei un co.co.pro, non è vero?
Giovane Apprendista: “Sono Matteo
.
Io: “Rispondi solo "sì" o "no”.
Giovane Apprendista: “Oh be', sì”.
Io: “Bravo! Adesso usa la Forza!”
Giovane Apprendista: “?? In che senso??”
Io: “Dammi una mano a preparare 'ste cavolo di grafiche. Mi pareva troppo bello che erano le sette e il telefono non squillava più".


Dopo un po', si affaccia la centralinista e ci fa: "Noi andiamo a fare l'aperitivo. Venite con noi?"
Io: “No. Abbiamo da fare. E comunque, non ci sarei venuto in quel bar di fighetti con voialtri”.
Segretaria: Brutto idiota, presuntuoso, strapezzente e cafone!”
Io: “Chi è strapezzente?!!”
Sentiamo la porta sbattere e restiamo soli nell'agenzia.
Giovane Apprendista: “Iniziamo subito? Se posso usare il MacPro, dovremmo sbrigarcela in un paio d'ore…”
Io: “Non essere troppo fiero della meraviglia tecnologica che hai sulla scrivania, mio giovane apprendista. La velocità di un MacPro è insignificante in confronto alla potenza della Forza. Come prima cosa, assicuriamoci di avere sulla nostra email un brief che noi stamperemo, possibilmente in doppia copia, con nomi e date ben in evidenza”.
Il discepolo inizia a stampare le email e a spillarle diligentemente, mentre il maestro richiama dal suo hard disk numerosi documenti di Photoshop e di Illustrator.
Giovane Apprendista: “Ehmmm… ma com'è che avere un brief scritto è così importante?”
Io: “Perché il brief scritto dà sicurezza. Esso riempie tutti gli anfratti disponibili ed assicura la continuità tra te e il tuo posto di lavoro, attorno ad ogni layout grafico, fin dentro i desideri del cliente!”
Giovane Apprendista: “Ed è importante?”
Io: “Certo che sì. Senza il brief scritto c’è la paura. La paura porta alla rabbia, la rabbia all’odio e l’odio porta ad usare Windows”.
Giovane Apprendista: “…Ehmmm… pensavo che fosse “porta alla sofferenza”...
Io: “Perché usare Windows non è soffrire?”
Giovane Apprendista: “Uhmmm… Ok...”

I nuovi layout vengono lentamente preparati… quando, all’improvviso l'icona di Entourage nel dock a forma di Morte Nera inizia a saltellare.
Giovane Apprendista: “Aaaaaagh! Adesso che succede?”
Io: “Eccola, è un'email del perfido Darth Account!”
Giovane Apprendista: “Eh?”
Io: “Un account scemo e leccaculo che asseconda ogni ingiustificato capriccio del cliente e lo fa esaudire da noi grafici”.
Giovane Apprendista: “Ed è grave?”
Io: “No, se non ti lasci traviare dal Lato Oscuro e resisti alla sua richiesta di ingrandire ancora il logo”.
Apro l'email e leggo il suo contenuto.
”Hanno cambiato ancora la data della convention. Bisogna correggerla su tutti i materiali declinati. Inviti, cartelline, slide powerpoint, scenografie. Tutto”.
Giovane Apprendista: “Oh, no! Ora non usciremo di qui prima di mezzanotte!”
Io: “Così sicuro sei tu. Sempre per te non può essere fatto. Tu non senti ciò che dico!”
Giovane Apprendista: “Maestro, creare una grafica è una cosa: questo è del tutto diverso!”
Io: “No! Non diverso! Solo diverso in tua mente. Devi disimparare ciò che hai imparato”.
Giovane Apprendista: “D'accordo, ci proverò”.
Io: “No! Provare no. Fare! O non fare. Non c'è provare!”

In un gran aprire e chiudere di documenti e finestre, le correzioni vengono completate su tutte le declinazioni.
Giovane Apprendista: “Sento una vibrazione negativa nella Forza...
Io: “Per forza! Ti sei scordato di ri-tracciare tutte le font sui documenti che abbiamo corretto!”
Giovane Apprendista: “E dobbiamo ritracciarle tutte uno per uno? Non ci riesco, sono troppi!”
Io: “Il numero non conta. Guarda me, giudichi forse me dal numero degli zeri del mio stipendio? Non dovresti farlo infatti, perché mio alleato è la Forza, ed un potente alleato essa è! Illuminati noi siamo, non questo vile denaro!”
Giovane Apprendista: “Tu vuoi l'impossibile! Non posso crederci!”
Io (annuendo grave): “Ecco perché hai fallito”.

Dopo un'altra ora e mezza di attività mouse-Illustrator i pdf sono a posto.
Giovane Apprendista: “Ecco! Abbiamo finito!”
Io: “Aspetta... sento qualcosa... come se tanti file stessero gridando tutti insieme...
Giovane Apprendista (fissando il monitor): “Cacchio! MAILER-DAEMON!! Sono tornati indietro!! La loro casella di posta è piena!!!”
Io: “Non fidarti del computer, segui il tuo istinto...”
Giovane Apprendista: “Ehmmm… (controlla l'indirizzo email e si accorge che era sbagliato. Li rimanda a quello giusto e tutto arriva a destinazione”.
Giovane Apprendista: “Ehi! Ha funzionato!”

A questo punto lo stagista afferra il giubbotto e il casco e si avvia verso l'uscita.
Io: “Giovane apprendista…”
Lui si blocca e si volta a guardarmi.
Io: “Il boss non ti ha mai detto chi sarà il tuo capo per il resto del tuo stage da noi”.
Giovane Apprendista: “Mi ha detto abbastanza: che sarà (nome di altro art)”.
Io (con aria solenne): “No. Io sarò il tuo capo!”
Giovane Apprendista (impallidendo): “No! Non è vero! NON È POSSIBILE!”
Io: “Cerca dentro di te! Tu sai che è vero!”
Giovane Apprendista: “NOOOOOOOO!”

martedì 6 dicembre 2011

Il quaderno di Susan.

C'era una volta un'era buia, in cui, chiunque volesse far fare qualcosa al proprio PC, doveva imparare a memoria tutta una serie di criptici comandi e digitarli manualmente sulla tastiera.
Come, ad esempio:
Oggi, invece, abbiamo questo:
Cos'è accaduto?
È accaduto che a qualcuno, uno di quei "folli" che pensano di poter cambiare il mondo e alla fine ci riescono davvero, un bel giorno venne l'idea di interagire col computer utilizzando una metafora.
Al posto della riga di comando, immaginò una scrivania virtuale con foglietti dall'angolo piegato a rappresentare i file, cartelle a simboleggiare le directory e una freccina al posto del cursore lampeggiante.
Il tutto gestito con un nuovo oggetto grosso come una scatola di sigarette con un pulsante sopra: il mouse.

Anche se in parecchi pensano che la rivoluzione la portò in dote il Macintosh nel 1984, i concetti fondamentali alla base dell'interfaccia utente grafica (o GUI) fecero il loro debutto nel 1968 in una presentazione dello Stanford Research Institute, celebrata come la "madre di tutte le demo":
Le idee rivoluzionarie contenute in quella storica demo vennero ulteriormente sviluppate presso lo Xerox PARC, dove erano rimaste a prendere polvere… finché uno Steve Jobs ventiquattrenne, in un tour leggendario nel 1979 non vide quell'interfaccia grafica e ne rimase completamente folgorato.
"Ho pensato che fosse la cosa migliore che avessi mai visto in vita mia", disse Jobs in seguito. "Tutto quello che c'era in giro era sbagliato. Era ovvio per me che tutti i computer avrebbero funzionato in questo modo, prima o poi".

Jobs acquistò dalla Xerox la licenza d'uso della tecnologia di interfaccia grafica per una modesta quantità di azioni Apple…ma questo non è importante.
Importante è che il mouse e le icone erano uscite dai laboratori Xerox per arrivare a tutti.
Nessuno all'epoca, a parte Jobs (alla faccia di tutti quelli che ancor oggi dubitano del suo talento visionario) aveva coscienza della portata della rivoluzione che quell'evento avrebbe comportato nelle nostre vite quotidiane.

C'era un enorme mercato vergine fatto di artisti, musicisti, scrittori e altri creativi che non avrebbero mai padroneggiato l'arcana complessità di un'interfaccia a linea di comando o che non avrebbero potuto affrontare la spesa di una workstation che aspettava solo di essere conquistato.
Era la sfida di progettare un personal computer che "il resto di noi" non solo avrebbe acquistato, ma di cui si sarebbe innamorato.E una parte fondamentale in questa rivoluzione, la ebbe una giovane artista chiamata a far parte del team di sviluppo del primo Macintosh: Susan Kare.
Pittrice, un dottorato di ricerca in belle arti conseguito alla New York University, fu reclutata in Apple dal suo compagno di liceo Andy Hertzfeld, uno degli ingegneri che stava scrivendo il sistema operativo del Macintosh.

Il primo incarico di Kare fu lo sviluppo di font per il Macintosh. A quel tempo, i caratteri tipografici digitali erano a spaziatura fissa… il che significa che una stretta "i" o una larga "m" occupano lo stesso spazio in un'immaginaria griglia bitmap – un lascito delle vecchie macchine da scrivere, il cui rullo avanzava di uno spazio sempre uguale ogni volta che un'altra lettera veniva aggiunta con la pressione di un tasto.
Jobs era determinato ad usare qualcosa di meglio per il suo nuovo ed elegante computer, avendo fatto tesoro delle lezioni di calligrafia prese al Reed College dal monaco trappista Roberto Palladino, un discepolo del maestro calligrafo Lloyd Reynolds.
Per il Mac, Kare progettò il Chicago, la prima famiglia di font digitali a spaziatura proporzionale, pensato per funzionare nero su bianco come su una pagina di un libro... piuttosto che verde su nero come su uno schermo dei computer dell'epoca.


...da così...

...a così. Notate la differenza, vero?
Tutto questo era certo molto figo. Ma non era abbastanza.
Susan Kare fu chiamata a disegnare gli elementi di navigazione della GUI del Mac: in altre parole, le icone.

Quello che fece fu di acquistare per due dollari e mezzo un taccuino a quadretti dove potesse giocare con le forme e buttare giù le sue idee. Dove ogni quadrato sulla carta rappresentava un pixel sullo schermo.
Su quel quaderno, Susan disegnò il futuro.


Uno dei primissimi schizzi, realizzato con un pennarello rosa fluorescente, era un dito con un indice puntato, ed era pensato per il comando "incolla".



Poi disegnò un pennello intinto nella vernice



…un paio di forbici per il comando "taglia"...


…e una mano btimap, il progenitore di tutte le "mani" utilizzate ancora oggi come strumento di scorrimento in programmi come Adobe Photoshop, Illustrator o Quark Xpress.


…Un'icona per "stop"


…un simbolo di "pericolo"...



…e un paio di immagini bitmap che definivano lo stesso logo Apple .


Naturalmente, ci furono anche degli scarti e cose che rimasero lettera morta: come questo schizzo per un'icona per "rientro automatico", che più la guardo meno la capisco.


O come queste bizzarre icone pensate per un'istruzione di programmazione chiamata "salto".


Due icone per una funzione "debug" che non venne mai implementata nel MacOs.


Guardate le vostre tastiere per Macintosh: Susan rielaborò il simbolo di un castello visto dall'alto, comunemente utilizzato nei campeggi svedesi per indicare una destinazione turistica interessante, per definire il tasto Mela, o Command. Oggi la mela è scomparsa, ma il simbolo disegnato da Susan no.
Susan ha fatto di più che stilizzare oggetti reali: ha realizzato un lessico visivo universalmente comprensibile ed estremamente intuitivo.
Un processo simile a quello che ha portato, ad esempio, alla creazione dei segnali stradali.

Sono passati quasi trent'anni da quegli schizzi sul quaderno a quadretti di Susan, e l'hardware è diventato più veloce, più economico e più potente. I progettisti di interfacce si sono affrancati dall'esemplificazione estrema dettata da una rigida mappa di pixel bainchi o neri e ora abbiamo icone tridimensionali, multicolori e iperrealistiche che riempiono gli schermi dei nostri telefoni cellulari, tablet, televisori e navigatori satellitari.
Ma l'anima del lavoro di Susan Kare, ineffabile e disarmante nel suo design di qualità, sopravvive in tutti questi prodotti.

L'immagine sorridente del Mac felice ha salutato una generazione alla soglia di un mondo nuovo.
Un mondo, quello dove oggi vivete voi e me, che è iniziato da un quaderno a quadretti da due dollari e cinquanta.
E adesso vado, che voglio spegnere il Mac e andare a comprarne uno anch'io.
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