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giovedì 27 ottobre 2022

I LUPI DI MARGARET

 



Testi tratti dalla prima antologia italiana di poesie di Margaret Atwood  "  Brevi scene di lupi "






E' PERICOLOSO LEGGERE I GIORNALI


Mentre costruivo accurati 

castelli nel recintino di sabbia

le fosse scavate alla svelta si riempivano

di cadaveri spinti dai buldozer

e mentre andavo a scuola

pettinata e linda, i miei piedi

sulle crepe dell'asfalto

detonavano bombe vermiglie.


Ora sono adulta

e alfabetizzata, e siedo sulla mia sedia

placida come un fuso


e si incendiano le giungle, il sotto-

bosco si fa pesante di soldati,

i nomi sulla mappe 

complicate salgono in fumo.


Sono io la causa, sono una massa

di giocattoli chimici, il mio corpo

è un congegno mortale,

mi protendo con amore, le mie mani diventano pistole,

le mie buone intenzioni sono del tutto letali.


Persino i miei

occhi passivi trasmutano

tutto ciò che guardo in una foto

di guerra in bianco e nero

come

posso fermarmi?


E' pericoloso leggere giornali.


Ogni volta che batto un tasto

su questa macchina elettrica

per parlare di un placido albero


esplode un altro villaggio.


( The animals in that country, 1966 )



                                         ***


LA DOPPIA VOCE


Due voci

a turno usavano i miei occhi.


Una era forbita

dipingeva ad acquerello

usava un tono pacato parlando

di montagne o cascate del Niagara,

componeva versi edificanti

e si commuoveva per i poveri.


L' altra voce

aveva un altro sapere:

che gli uomini sudano 

sempre e bevono spesso,

che i porci sono porci

ma vanno mangiati

comunque, che i bambini non nati

marciscono come ulcere nel corpo

che non c'è niente da fare

per le mosche.


Una vedeva attraverso i miei

occhi appannati, ogni giorno più

sbiaditi, foglie rosse


i rituali delle stagioni e dei fiumi.


L'altra trovò un cane morto

una festa di larve

mezza sepolta fra i piselli dolci.


(  The journals of Susanna Moodie , 1970 )



                                   ***


SI DA' DI OGNI COSA UNA COSA SOLTANTO


Non un albero ma l'albero che vedemmo,

non esisterà mai, spazzato dal vento

e piegato verso il basso

in quel modo. Ciò che incalzerà la terra


più avanti, e ne farà estate, non sono

erba, foglie, ripetizione, dovranno

esserci altre parole. Quando i miei


occhi si chiudono, la lingua scompare. Il gatto

con la sua faccia divisa, mezza nera e mezza arancio

s' accuccia nel mio cappotto malconcio, bevo il tè,


le dita seguono la curva della tazza, impossibile

duplicare questi sapori. Il tavolo

e i piatti più strani rilucono piano, consumano se stessi,


volgo lo sguardo verso te e tu accadi

in questa cucina d'inverno, casuale come gli alberi o le frasi,

entri in me, sfumi come loro, col tempo sparirai,


ma il modo in cui balli da solo

sulle piastrelle al ritmo di una vecchia canzone mono- tona e triste,

così contento, agitando il cucchiaio nella mano, ciuffi di capelli arruffati


dritti sulla testa, è il tuo corpo

sorpreso, il piacere che mi piace. Riesco persino a dirlo

anche se una volta sola e non


durerà : voglio questo. Voglio

questo.


( You are happy , 1974 )




                                   Margaret  Atwood



sabato 3 settembre 2022

LA TRISTA PENA DI UN CUORE



                                                               Tu vendi il  cuore...



CUORE


Alcuni vendono il proprio sangue. Tu vendi il cuore.

O quello o l'anima.

Il difficile sta nel tirare fuori quella maledetta cosa.

Una specie di movimento a spirale, come sgusciare un'ostrica,

la tua spina dorsale un polso

e poi, oplà, è nella tua bocca!

Quasi ti metti in subbuglio 

simile a un'attinia che espelle un sasso.

C'è  un rumore rotto, un chiasso

d'interiora di pesce in un secchio,

ed ecco, un enorme e brillante grumo rosso intenso

di un passato ancora vivo, tutto intero su un piatto d'argento.


Viene fatto passare. E' scivoloso. Viene lasciato cadere,

ma anche assaporato. Troppo scadente, dice uno. Troppo salato.

Troppo aspro, dice un altro, con una smorfia.

Ognuno è un buongustaio istantaneo

e tu ascolti tutto

in un angolo, come un cameriere appena assunto,

la tua mano, diffidente e capace nella ferita nascosta

sotto la camicia e nel petto,

con timidezza, senza cuore.




                  Margaret  Atwood    da    La porta ( Tad. di E. Rao )



lunedì 4 aprile 2022

CHIAMAMI COL MIO NOME ( Donna )




                                  Al momento solo io lo posso fare ( renderti immortale )



 

MANGIANO FUORI


Al ristorante discutiamo

su chi di noi due pagherà il tuo funerale


sebbene la questione sia

se io ti renderò o no immortale.


Al momento solo io

lo posso fare e così


alzo la forchetta magica

sul piatto di riso fritto al manzo


e l'affondo nel tuo cuore

c'è uno scoppio lieve, uno sfrigolìo


e dalla testa spaccata

tu sorgi radioso;


il soffitto si squarcia

una voce canta Love is Many


Splendoured  Thing

tu pendi sulla città sospeso


in calzamaglia blu e mantello rosso,

gli occhi che scintillano all'unisono.


Gli altri commensali ti rimirano

chi con stupore, chi solo con noia:


non sanno decidere se sei un'arma nuova

o solo un nuovo spot pubblicitario.


Quanto a me vado avanti a mangiare;

mi piaceva di più com'eri,

ma eri sempre ambizioso.




            Margaret  Atwood    da     Chiamami col mio nome ( Antologia poetica di donne )




venerdì 16 agosto 2019

FIGLIA DEL CIELO

 
 

                                                                   Alla fine riuscirai a vedermi…


Mi prendi la mano e
di colpo sono in un film scadente,
continua sempre così e
perché sono affascinata

balliamo un lento valzer
in un'aria viziata di aforismi;
ci incontriamo dietro infiniti vasi di palme:
tu scali le finestre sbagliate,

altri se ne vanno,
ma io resto sempre sino alla fine,
ho pagato il prezzo, voglio
vedere quello che succede.

In vasche casuali devo
togliermi di dosso te
sotto forma di fumo e celluloide
fusa.

Non posso negarlo: sono -
a lungo andare - drogata:
l'odore di pop corn e felpa logorata
indugia per settimane.


                                         ***

Il matrimonio non è
casa neppure tenda

è antecedente, e più freddo:

l'orlo della foresta, l'orlo
del deserto,
le scale grezze
nel retro dove siamo accovacciati
all'aperto, e mangiamo i pop corn

l'orlo del ghiacciaio che retrocede

dove penosamente stupiti
di essere sopravvissuti fino
ad ora

impariamo ad accendere il fuoco.


                                            ***

Non dico il simbolo
d'amore, quello di zucchero
per decorare torte,
il cuore fatto per
spezzarsi o appartenere;

dico il pezzo di muscolo
che si contrae come un bicipite scuoiato,
blu violaceo, unto,
cartilaginoso, questo isolato
eremita rintanato, nuda
tartaruga, questa boccata di sangue,
per niente invitante.

I cuori fluttuano nei loro
densi oceani di non luce,
umidoneri e baluginanti,
le quattro bocche palpitanti come pesci.
Il cuore batte, dicono:
è naturale, la lotta abituale
del cuore per non affogare.

Molti cuori dicono: voglio,
voglio, voglio. Il cuore mio
è più ambiguo, seppur
non doppio,come pensai un tempo.
Lui dice: voglio, no, non voglio,
voglio, poi una pausa.
Mi forza ad ascoltarlo,
e poi di notte il terzo occhio
a infrarossi resta aperto
mentre gli altri due dormono,
ma si rifiuta di dire cos'ha visto.

E' un disturbo persistente
nelle orecchie, una falena in gabbia, un tamburo floscio,
un pugno di bambino
contro una rete a molle:
voglio, no, non voglio.
Come si vive con un cuore tale?

Da tempo ho smesso di cantare
per lui: non sarà mai quieto o soddisfatto.
Una notte gli dirò:
fermati - cuore -
e lo farà.


                                               ***

QUESTA E' UNA MIA FOTOGRAFIA

E' stata scattata qualche tempo fa.
A prima vista sembra
una copia
sciupata : contorni sfocati e chiazze grigie
fuse nella carta:

poi se la esamini,
vedi nell'angolo a sinistra
qualcosa come un ramo: parte di un albero
( balsamina o abete ) che affiora
e a destra - a metà di
quello che appare un dolce
declivio - una piccola casa di legno.

Sullo sfondo vi è un lago,
e oltre quello, basse colline.

( La foto è stata scattata
il giorno dopo che annegai.



Io sono nel lago, al centro
dell'immagine, appena sotto la superficie.

E' difficile dire dove
con precisione, o dire
quanto grande o piccola io sia:
l'effetto dell'acqua
sulla luce inganna

ma se guardi abbastanza a lungo,
alla fine riuscirai a vedermi ).



                  Margareth  Atwood       da        Poesie


mercoledì 19 aprile 2017

COME


                         
                                                               Come dirti che questo significa dolore...




Come dirti
che questo significa dolore,

questo piatto bianco, l'arancia sopra
al mattino e questo coltello d'argento;

il modo in cui stanno sulla tavola
come se appartenessero a questo posto,

così sicuri, dando tanto per scontato,
dimenticando di essere stati lasciati indietro;

decidono di appartenermi
e la polvere, la luce

le cose che io non riuscirò mai
a toccare, che mai mi toccheranno.


        Margaret  Atwood       da        Poesie