Edward Munch - Gelosia, 1907
" Bobin sembra che scriva frasi fatte apposta per essere citate. E ancora più incredibile che questo autore riesce sempre ad assomigliarti. Tu leggi e pensi che sta scrivendo come scrivi tu, come pensi tu, come senti tu. Penso che tanti lettori abbiano questa sensazione rispetto a Bobin. Lui è lo scrittore che ci somiglia, che ci fa credere in Dio anche se non crediamo in Dio; che ci fa credere all'amore anche se non crediamo nell'amore; che ci fa essere buoni anche se non lo siamo ". ( F. Arminio dall' Introduzione al libro )
(...) Mi hai fatto conoscere - perché tacerlo - il grande delirio della gelosia. Niente assomiglia di più all'amore e niente gli è più contrario. Il geloso crede di testimoniare, con le sue lacrime e le sue grida, la grandezza del suo amore. Invece non fa che esprimere quella preferenza arcaica che ognuno ha per se stesso. Nella gelosia, non ci sono tre persone; non ce ne sono neppure due, d'improvviso ce n'è una sola in preda ai sussulti della sua follia : ti amo quindi sei legata da questa dipendenza, sei dipendente dalla mia dipendenza e mi devi accontentare in tutto. Non mi accontenti in niente e io ce l'ho con te per tutto e per niente perché sono dipendente da te e perché non vorrei esserlo più e perché vorrei che tu rispondessi a questa dipendenza. Il discorso della gelosia è inesauribile. Si nutre di se stesso e non cerca risposte, d'altronde non ne accetta nessuna - trottola, spirale, inferno . Ho conosciuto questo sentimento per quindici giorni, ma sarebbe bastata ampiamente un'ora per conoscerlo tutto. Al quindicesimo giorno l'inferno era passato, definitivamente. Per quindici giorni ho battuto i piedi nella brutta eternità delle recriminazioni : avevo l'impressione che tu sposassi il mondo intero eccetto me. Era il fanciullo in me che strepitava e faceva valere il suo dolore come moneta di scambio. E poi ho visto che non ascoltavi quel genere di cose e ho capito che avevi ragione, profondamente ragione a non ascoltale : il discorso della recriminazione non va ascoltato. Non c'è traccia dell'amore in esso, solo un rumore, un ripetere furioso io, io, io. E ancora io. In capo a quei quindici giorni, in un attimo si è squarciato un velo. Potrei parlare quasi di rivelazione. Ce ne fu una, del resto : d'un tratto per me era lo stesso se tu sposavi il mondo intero. Quel giorno ho perduto una cosa e ne ho guadagnata un'altra. So benissimo cosa ho perduto. Ciò che ho guadagnato non so come chiamarlo : so solo che è inesauribile. Il bambino furioso ci ha messo quindici giorni a morire. E' poco tempo, lo so : in altri casi continua a regnare instancabile per tutta la vita. Fu il tuo riso davanti alle mie recriminazioni a far precipitare le cose. E' stato il genio del tuo riso che è penetrato dritto nel cuore del bambino despota; è stata la tua libertà che improvvisamente mi ha spalancato tutte le strade. (...)
Christian Bobin da Più viva che mai