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sabato 9 aprile 2022

INEDITI DI PIERSANTI

 


                                                  Marc Chagall  - Inverno a Vitebsk




GIORNO D'INVERNO


nevica, ma è nevischio

incerto che solo a tratti

imbianca questi colli

bassi, il mare li chiude

e orla del suo grigio azzurro,

ora sulle Cesane 

corrono i caprioli

nei luminosi campi,

il lupo affonda

le sue zampe magre

dentro il folto bianco,

gli scotani stanno curvi

sotto il gran peso,

è d'argento l'abete

alto nel cielo,

l'ava dagli occhi azzurri

è alla fonte

e con la mano nuda 

spezza il ghiaccio,

riempie la brocca d'acqua

la più fredda,

e lenta poi s'avvia

verso casa.


               Febbraio 2021



                                        ***


28  AGOSTO 1944


eravamo sui tetti,

tutto Urbino sui tetti,

e scendono dalla Cesana

i carri, grandi dieci volte

quelli dei buoi

e fitti, fitti come grandine

quando fischia e rimbalza

sui vetri e contro i coppi,

perché la gente urla

e piange e ride?

che succede ai grandi

a te d'intorno

portano bene o male

carri immensi?

e dov'era la madre,

in quale punto esatto

di quel tetto immenso

che la memoria ti spalanca

e oscura,

e le sorelle,

quella castana

che già porta i tacchi

e l'altra, la bruna,

con quella gonna bianca?


tu giochi con la figlia

del capoguardia,

non lo ricordi,

te l'hanno raccontato,

l'orso di pezza

così morbido e folto

solo se lo sfiori

quella s'arrabbia,

tu t'allontani,

fissi campi e carri,

e s'odono colpi di mitraglia,

alla seconda pineta

c'è una pattuglia,

sola e sperduta,

ma spara,

spara con la testa nascosta

dentro l'erba alta,

spara sempre,

sono fatti d'acciaio

questi tedeschi come i carri

che a loro non danno scampo


e sopra i Torricini

passa un aereo 

e vola basso,

verso Montecalvo,

dove i tedeschi

si sono trincerati


tu ti spaventi,

quel fischio era la porta,

la porta del Rifugio,

bassa e storta,

dove se entri

non sai

se riscappi


e allora piangi,

corri dalla madre,

afferri la sua gonna

e ti ci stringi

ma la sorella grande

ti consola


- la guerra s'allontana,

sopra Urbino,

sopra la nostra casa,

gli aerei non torneranno,

non torneranno mai. -


                              Luglio 2021



                                          ***


IN TEMPI OSCURI


c'è stato un tempo oscuro,

più triste e più nero 

di ogni altro,

i vecchi di una volta

che sempre raccontavano

le storie,

mai,

mai m'hanno detto 

d'un male più grande

- così parla l'Antico -

e i giovani morivano

schiantati tra gli spini,

e Berto di Che' Spasso

una pallottola gli spaccò

l'elmetto sulla tempia,

Giovanni di Che' Mandorlo

passò gli spini

ma una baionetta

tedesca gli sparse

sangue e budelli

sotto la cinta,

e gente

della tua razza

è lì caduta

in quei posti di pietre

così lontani,

uno forse è saltato

sulle mine,

l'altro non l'hanno mai

ritrovato

e non si sa niente


e dopo,

dopo era anche peggio,

tornavano dal fronte

bianchi bianchi

come cenci

con la tosse

e il catarro,

le donne li asciugavano

coi panni,

e anche loro bianche,

bianche come cenci,

nel respiro di quelli

c'era il male,

dopo prendeva i vecchi

e i bambini,

su, al cimitero

non si faceva in tempo

a scavare le fosse


- un tempo come quello

Antico oggi è tornato -

no, nessun filo spinato

dove schiantarsi

ma è ancora

il respiro,

il respiro fraterno

la minaccia

tu stai alla ringhiera

e guardi il mare,

passano sullo schermo

i cortei dell'assurdo,

filosofi famosi

li hanno benedetti

e la nebbia risale,

una bruma scura

immensa e sconfinata,

oceani e continenti

tutti li sommerge,

tormenti con le dita

le foglie del lentisco

così limpide e lievi,

inverno che procede

li cerchia

e minaccia,

tu guardi verso il mare,

appena lo intravedi.


                              Novembre 2021




                Umberto Piersanti  Inediti  da    " I luoghi persi"



lunedì 22 marzo 2021

CIO' CHE RESTA DEL PADRE

 


                                                  Gianni  Politi  - Ciò che resta del padre





MADRE

madre, così lontani 

i volti,

oltre la nebbia sconfinata

 - un fuoco li disegna

appena, appena

come ciocco ormai spento

fa nel camino -

dietro la casa antica,

dietro la balaustra

che s'apriva all'immenso,

lì del padre s'aspetta

il ritorno

e la sorella  bruna

mi guida

alla cerca del muschio

nelle valli d'infanzia

sconfinate

e con gesti perfetti

l'altra dispone

limpide statuine

nell'angoliera



non ho più immagini

d'allora,

ma quello è un tempo

non adatto a pellicole

e figure

e nella mente s'appanna

a poco a poco



con gli occhi

e con le mani

ti cerco  il volto,

la memoria pervade

la mia giornata.


                                        ***

FUGA D'INFANZIA

ma avevi tre

o cinque anni,

per quale strada

o sentiero

ti eri incamminato



tu cammini dritto

tra i camion dei polacchi

nel grande spiazzo,

e un soldato biondo

magati t'ha offerto

la cioccolata

in quella carta brillante

e argentata



è un giorno di settembre

tutto chiaro,

un giorno che respiri

l'aria buona,

sotto la balaustra

c'è un sentiero

di terra tutta rossa

tra le acacie,

non sai dove conduce,

forse è infinito



lontano, un giallo immenso

forte avvampa,

sono le margherite di settembre

così alte e slanciate

quasi alle nubi



a quel giallo

tu vuoi arrivare,

buttarci la testa

e gambe

e braccia,

stenderti tra gli alti

steli, mai più

tornare



ma la sorella castana

t'ha raggiunto,

ti prende nelle braccia

senza parlare



t'accarezza i capelli

e verso casa

lenta s'incammina.


                                        ***

L' ANTICA CASA

da tempo, madre

vivo in terra  straniera,

sì un tempo c'è stato

di giochi e amori nelle selve,

e prima, ancora prima,

la casa della madre

di tua madre

giù nel fosso,

dell'antico che s'aggira

tra i noci lì davanti,

lì il tempo è eterno

come l'orizzonte,

sconfinato lo intravedi

dietro i greppi



ora lo sai,

lo stradino che risale

fino alla Torre,

lì non s'arresta,

in altre, infinite strade

s'addentra e dilegua,

in ignote contrade

t'abbandona



sì, c'è stata anche

la radura di narcisi

e fanciulle luminose,

una sosta breve,

sempre insidiata



ora, sei sotto

un nuovo tetto

e un nuovo cielo,

Jacopo delicato

figlio che non cresce

e gli stai accanto,

ma tu hai nostalgia

per la prima casa

per chi ti accompagnava

per lo stradino.


                                          



                         Umberto Piersanti  da   L'infinito istante




lunedì 11 gennaio 2021

L'ALBERO DELLE NEBBIE DI PIERSANTI




JACOPO

tu, immune alle parole
e agli spaventi,
che c'entrano le strade
con la tua terra che nessuno
divide, striscia o frammenta?
le attraversi al mio braccio
forestiero, le macchine lo sai
possono far male,
sono come la pietra che dal cielo
trapassò la tempia al generale,
sono molto più fitte
e quotidiane,
non sai da dove vengono,
che fanno,
solo che se ti tocca forte
ti fa male,
succede,
a tre anni il braccio si torceva
non sai come,

immune anche a quei segni
d'aria, fatti di niente,
che cerchiano tuo padre
per ogni strada,
il pegno che lui paga
alle folte parole,
alle fitte figure
che covano dentro
e vanno a fuoco

quand' ancora non eri lontano
e sperso
alla fiaba pensavo
di chi scendeva
da quel regno della vita,
sceglieva il cuore,
forse, del tempo che precede
qualcosa t'è rimasto,
ma confuso,
qualcosa che t'avviluppa i muscoli
e il cuore

solo quando sei dentro l'acqua
e ci cammini,
giù nel fondo lento
e silenzioso,
torna il volto perfetto
senza le pieghe,
penso che tu sei nella terra
da dove vieni.


***

NEBBIA

no, la nebbia non quella
di novembre tra i fossi
miei della Cesana
o fitta al Monte del Vescovo
sopra ceppi e cipressi,
restano punte verdi
e isole sospese
di quercelle, lì
si perdono le foglie,
s'alzano grida,
ma uno scotano* rosso
le trapassa
e t'appartiene,
t'appartiene il filare
che più non vedi

no, quella era una landa
desolata,
no, non era
cemento, neppure erba,
non le livide strade
presso il mare, lo scivolo
di pioggia e di catrame
e tu in cima
contorto e sospeso

lì era una contrada
forestiera, lontana
e forestiera come il tuo male,
livida forse meno
del catrame,
ma un male più tenace
lì  s'addensa,
come nasce e t'afferra
non lo sai:
niente t'è familiare
in quella terra

e non eri fuggito
dalla mia mano,
quante volte l'hai fatto
per le strade che stanno
dietro il mare, tra le case
e l'erba recintata, inumidita
che nell'inverno fuma
tra i garage

no, quelle erano fughe
terminate dietro una pizzeria
o la fontana,
il cuore mi sobbalza,
ma ti ritrovo

e mentre mi rigiro
e non ho pace,
le palpebre non riesco
a disserrare,
e so che sei lontano,
il più lontano,
ma non sei corso via,
dentro quel fumo grigio
da sempre perso,
e ti chiamo e m'aggiro,
grido, dopo stanco
m'appoggio al palo
e fermo

ma ti debbo, Jacopo,
ritrovare,
così mi alzo,
brancolo nella nebbia,
ti cerco ancora.


***


TRA PIANTE E NEBBIA

sempre con voi boschi
e le memorie, contro la fuga
orrida dei giorni?
sempre alle foglie attaccato,
a questi rami di scotano
arancioni per l'autunno?

No, non nei miei campi,
in una macchia immensa
siamo entrati, Jacopo,
estranea alle memorie,
e la nebbia sale
su dal mare,
cancella il pungitopo,
il muschio verde,
grigia più del fungo
velenoso che lì cresce
e pende

e tu corri, Jacopo,
come sempre,
scortichi bracci e gambe
tra gli arbusti,
e la nebbia non curi,
l'erba bagnata e fredda,
gli spini aguzzi,
corri
chiedi le patatine
come sempre

tu non conosci gli ostacoli
e memorie,
io non so quel tuo grido,
l'urlo che sale,
forse morde la vita,
forse il dolore

e ti raggiungo
e blocco: lì c'è il dirupo,
t'abbraccio e ti consolo,
anche le patatine ti prometto
usciti fuori
da questa nebbia fitta
e dalla selva

e la memoria torna alla stagione
così breve e perfetta
e luminosa,
a un'altra macchia
accesa dall'estate
alle tue cosce bionde
tra le acacie,
Laura dei miei vent'anni
smisurati.

Ora è nebbia,
nera ogni foglia,
solo una bacca rossa,
non la conosco,
magari nasce solo in questa selva
d'una luce s'accende
fioca e tenace.






Umberto Piersanti   da    L'albero della nebbie



* L' albero delle nebbie è lo scotano, un arbusto che viene dai Balcani e che ha attecchito solo nella provincia di Pesaro - Urbino. Il suo colore rosso acceso è così forte che buca anche la nebbia. Metaforicamente anche la poesia, che riesce a bucare le nebbie della vita.


Anche questo libro di poesie - come altri dell'autore - parla del figlio Jacopo, colpito da una grave forma di autismo.





domenica 6 dicembre 2020

CAMPI D'OSTINATO AMORE


 



CAMPI D'OSTINATO AMORE  *


I cori che vanno eterni

tra la terra e il cielo,

ma tu li ascolti

Jacopo quei cori?

ho visto

il falco in volo

con la serpe

trafitta nella gola

dai curvi artigli,

l'estremo pigolìo dell'uccelletto

che la biscia verdastra

afferra e ingoia;

tra i rami non s'aggirano

le ninfe,

un giorno le incontrai

in remoti boschi,

l'assurdo poco oscura

nevi e foglie

non scolora i bei crochi

nei greppi folti,

ma il tuo male

figlio delicato,

quel pianto che non sai

se riso, stridulo

che la gola t'afferra

più d'ogni artiglio,

quella bella famiglia

d'erbe e animali

fa cupa

e senza senso

e dolorosa

siamo scesi un giorno 

nei greppi folti,

abbiamo colto more

tra gli spini,

ora tu stai rinchiuso

nelle stanze

e il mio ginocchio che si piega

e cede

a quei campi amati

d'un amore ostinato,

sbarra l'entrata

aspetto i favagelli

del febbraio,

tiepidi contro il gelo

sbucare fuori.



            Umberto Piersanti   da    Campi d'ostinato amore


* Il figlio Jacopo è stato colpito da una grave forma di autismo.



                                                                Umberto Piersanti




domenica 11 novembre 2018

POETI... D' AUTUNNO

 
 

" Non è tanto il linguaggio del pittore che si deve sentire, quanto quello della natura ". ( Vincent Van Gogh )


" Non basta coprire la roccia di foglie.
  Dobbiamo guarirla con una cura della terra
  o una cura di noi stessi che sia uguale a una cura
  della terra, una cura oltre la dimenticanza.
  E tuttavia le foglie, se venissero in boccio,
  se venissero in fiore, se dessero frutto.
  …
  Le foglie sono poema, icona, uomo."

                    Wallace  Stevens


                                         ***


 " Ci sono stati giorni
    in cui forse la gioia
    non era più di uno stordimento,
    un vento fresco, lieve
    nient'altro chiamava, voleva,
    solo quel vento. "

                         Elio Pecora


                                       ***


" Ho visto i crochi accesi senza bruma
   e l'acero che tende le sue foglie
   gialle nel fosso senz'acqua e vapori
   sospende l'anno in me le sue stagioni
   sento il trapasso lungo la ferita
   del mio tempo più amato che s'invola ".

                     Umberto Piersanti


                                   ***


" Quando le foglie volarono via
   al vento della vita,
   sui rami - in cima - cominciò a fiorire
   la dolorosa rima".

                                       Antonio Prete



                                ***


" Non chiamate decadente questo autunno,
   mi abbevero
   alla festa dei colori,
   chiazze gialle, rossi accesi
   su brividi di cielo azzurro
   tavolozza dell'inedito.
   Non chiamate decadente questo autunno,
   le foglie e il loro
   volteggiare lieve
   sospeso nell'aria.
   Spoliazione
   o preludio di accensioni? "


               Angelo Casati