" Quando considero la piccola durata della mia vita assorbita nell' eternità che la precede e la segue " scrive Pascal " quando considero il piccolo spazio che io occupo e quello pur così piccolo che io vedo, inabissato nell' infinita immensità degli universi che io ignoro e che mi ignorano, mi spavento e mi sorprendo di vedermi qui piuttosto che là, poiché non v'è ragione per cui io stia qui piuttosto che là, per cui adesso piuttosto che allora. Chi mi ci ha messo ? Per ordine e per opera di chi sono stati destinati a me questo luogo e questo tempo ? Memoria hospitis unius diei praetereuntis ( Ricordo dell' ospite di un giorno che subito passa , Libro della Sapienza ) ".
Severo e terribile discorso che vuole ricordarci la brevità del nostro stare al mondo e la vanità delle nostre stupide presunzioni. Giusto, caro Pascal, hai ragione, ma pure ti dico che un corpo vivo ha bisogno di prolungarsi nel tempo nell' immaginazione, anche dopo la sua fine terrestre, immergendosi in un sogno di continuità rassicurante. Non è abbastanza crudele la vita quotidiana perché non sia legittimato un sogno di pace nel dopo vita ? La crudeltà del nulla paralizza le membra e le rende nemiche di sé stesse. La nostra mente rifiuta di mettersi addosso cilici segreti. Vuole trovare la gioia del vivere e del morire. In vista di un giardino dei pensieri lontani. Un giardino soffice, fitto di alberi ombrosi, dove passeggiano leoni e cervi e orsi, senza mangiarsi l' un l' altro. Mi piace immaginarlo così, nella mia mente che invecchia, il giardino dell' aldilà. Un luogo delicato e accogliente in cui i nostri amati morti, fatti leggeri e savi, camminano agili, riflettendo. Ci saranno angeli ? Ci saranno santi, martiri, divinità; si vedrà l' ombra di un dio potente e punitivo ? Forse no. Forse sarà la voce della poesia a tenere in movimento le menti. E le parole penderanno dai rami come frutti. E si faranno canto, mentre la lira di Orfeo riprenderà a suonare scendendo dal cielo stellato.
Dacia Maraini da La grande festa