Visualizzazione post con etichetta Dacia Maraini. Mostra tutti i post
Visualizzazione post con etichetta Dacia Maraini. Mostra tutti i post

domenica 24 agosto 2025

LA GRANDE FESTA DI DACIA

  

Forse sarà la voce della poesia...




                                    

" Quando considero la piccola durata della mia vita assorbita nell' eternità che la precede e la segue "  scrive Pascal " quando considero il piccolo spazio che io occupo e quello pur così piccolo che io vedo, inabissato nell' infinita immensità degli universi che io ignoro e che mi ignorano, mi spavento e mi sorprendo di vedermi qui piuttosto che là, poiché non v'è ragione per cui io stia qui piuttosto che là, per cui adesso piuttosto che allora. Chi mi ci ha messo ? Per ordine e per opera di chi sono stati destinati a me questo luogo e questo tempo ? Memoria hospitis unius diei praetereuntis ( Ricordo dell' ospite di un giorno che subito passa , Libro della Sapienza ) ".

Severo e terribile discorso che vuole ricordarci la brevità del nostro stare al mondo e la vanità delle nostre stupide presunzioni. Giusto, caro Pascal, hai ragione, ma pure ti dico che un corpo vivo ha bisogno di prolungarsi nel tempo nell' immaginazione, anche dopo la sua fine terrestre, immergendosi in un sogno di continuità rassicurante. Non è abbastanza crudele la vita quotidiana perché non sia legittimato un sogno di pace nel dopo vita ? La crudeltà del nulla paralizza le membra e le rende nemiche di sé stesse. La nostra mente rifiuta di mettersi addosso cilici segreti. Vuole trovare la gioia del vivere e del morire. In vista di un giardino dei pensieri lontani. Un giardino soffice, fitto di alberi ombrosi, dove passeggiano leoni e cervi e orsi, senza mangiarsi l' un l' altro. Mi piace immaginarlo così, nella mia mente che invecchia, il giardino dell' aldilà. Un luogo delicato e accogliente in cui i nostri amati morti, fatti leggeri e savi, camminano agili, riflettendo. Ci saranno angeli ? Ci saranno santi, martiri, divinità; si vedrà l' ombra di un dio potente e punitivo ? Forse no. Forse sarà la voce della poesia a tenere in movimento le menti. E le parole penderanno dai rami come frutti. E si faranno canto, mentre la lira di Orfeo riprenderà a suonare scendendo dal cielo stellato.



                                Dacia  Maraini   da    La grande festa



domenica 4 luglio 2021

IL CORAGGIO DELLE DONNE 1

 



                                                 F. Fellini  - La città delle donne



(...) Chiara


Cara Dacia,

abbiamo deciso insieme di scambiarci qualche lettera per continuare - scrivendo - il dialogo che tante volte abbiamo avuto in pubblico e in privato, sulla condizione attuale delle donne e dei movimenti femminili in un mondo mai tanto contraddittorio. Viviamo il tempo di uno straordinario progresso tecnologico, ma dobbiamo tremare perché un esserino infinitamente piccolo, un virus microscopico, ci minaccia e fa stragi. Dopo aver conquistato la Luna, tra poco - forse - si arriverà su Marte, ma sulla Terra paiono avanzare i vecchi fantasmi della violenza e della guerra. E così può sembrare anche per la condizione femminile. Abbiamo vissuto molte delle lotte per i diritti delle donne e partecipato a tante discussioni per affermare una nuova cultura. Molte conquiste sono state realizzate. E' stato detto che la rivoluzione femminile è l'unica rivoluzione non fallita del Novecento. Ma le conquiste costate tanti sacrifici vengono insidiate da voglie di rivincita unite a pericolose tendenze che credevamo superate per sempre : l'ostilità verso tutte le differenze, i razzismi, le nuove misoginie. Le recenti e straordinarie possibilità di comunicazione tra le persone offerte dalla rete, fanno emergere al contrario un fondo di cupa volgarità  sessista. Per non parlare della violenza contro le donne. Ci si spinge così spesso verso il delitto, che è stato necessario aggiungere al vocabolario una parola nuova, " femminicidio ". (...)



           Dacia Maraini & Chiara Valentini  da  Il coraggio delle donne


                                                                                continua  .....

IL CORAGGIO DELLE DONNE 2

 

Ci chiedevamo a che punto eravamo, che giudizio dare dei vecchi e dei nuovi movimenti femminili, quante delle nostre speranze si erano realizzate e quanto restava ancora da fare. Confrontavamo i nostri punti di vista, che non sempre e non in tutto coincidevano. In quelle discussioni, su un punto ci trovavamo pienamente d'accordo : l'ammirazione per lo straordinario coraggio delle donne di ogni tempo per l'affermazione di se stesse e per i sacrifici compiuti nel cammino di emancipazione e liberazione del genere femminile. Sacrifici troppo spesso dimenticati, ma attuali ancora oggi in tante parti del mondo.E quindi, che al confronto di idee potevamo aggiungere vari esempi di questo coraggio, raccontando di alcune delle donne che ci sono più care. Anche per rovesciare i luoghi comuni, ma familiari anche ai più influenzanti filosofi, che identificano le virtù femminili negli stereotipi ottocenteschi  del " sesso debole"

Siccome l'editore ha voluto che fossi io a cominciare il dialogo, voglio essere ottimista a proposito del punto cui siamo arrivate. Quindi ti proporrei di partire un po' provocatoriamente da questa breve citazione da La fine del dominio maschile , pamphlet del filosofo e antropologo Marcel Gauchet, figura rilevante nel panorama culturale francese:


(...) L'avvenimento non è di poco conto. Anzi, è talmente enorme da suscitare incredulità - del genere  : " Una cosa simile non può succedere". Invece può essere così : stiamo assistendo alla fine del mondo maschile. Intendiamoci: è morto come principio, lasciando però dietro di sé tutta una serie di strascichi che possono nascondere la profondità della rottura o consentire di negarne l'esistenza. La fine - comunque - c'è stata e bisogna farci i conti.(...)



  Dacia Maraini & Chiara Valentini  da    Il coraggio delle donne



IL CORAGGIO DELLE DONNE 3

 

Dacia


(...) Cara Chiara,

che cos'è il maschile e cosa il femminile? Non è facile dare delle definizioni, anche perché il mondo lo descrive chi comanda e il patriarcato ha sempre definito il femminile secondo le proprie idee e i propri pregiudizi. E le donne si sono in genere adeguate, perché è molto difficile, se non si è libere e soprattutto se si è escluse dalla conoscenza, dagli studi e dalla pratica politica, farsi un'idea sociale e filosofica di sé e del proprio rapporto col mondo.

Il femminismo e prima ancora il movimento delle suffragette e prima ancora le intellettuali dell' Illuminismo che identifichiamo oggi nel coraggio di Olympe  de Gouges hanno cominciato a raccontare la storia dalla parte della donna, cioè dalla parte sconfitta della storia. E naturalmente sono state coperte di insulti, ma soprattutto prese in giro e ridotte a macchiette. Molte donne purtroppo non riescono e spesso non vogliono capire le ingiustizie che subiscono, le concepiscono come un destino legato al loro sesso. Ma si possono capire queste difficoltà solo se si pensa che il monopolio dei padri sull'educazione delle figlie si è protratto per secoli. Persino oggi, in tempi di università ormai frequentate in maggioranza da ragazze intelligenti, rimangono valide molte esclusioni. Il paradosso sta nel fatto che quando si chiede alle stesse ragazze di scegliere un personaggio su cui fare la tesi, esse optano in maggioranza per una figura maschile. Anche per le studentesse più intelligenti e preparate il prestigio della parola pensante è ancora oggi un privilegio maschile.

Sono secoli che le donne stanno cercando di definire il femminile. In che cosa consiste? Chi stabilisce quali sono i valori femminili, e questi valori hanno origine biologica o culturale ? 



  Dacia Maraini & Chiara Valentini   da   Il coraggio delle donne


                                                                             continua...



IL CORAGGIO DELLE DONNE 4


 

Certamente, la guerra è un moto maschile e va d'accordo con lo spirito di conquista, di dominio, di competizione ribadito nei secoli. Ma siamo sicure che siano valori di generi e non valori di una cultura dei Padri?. Dio è prima di tutto Padre, nessuno ha mai pensato che ci fosse una madre, autorevole e prestigiosa, accanto a lui. La famiglia celeste è presentata come una piramide divina : un Dio padre anziano e autorevole, eterno e onnipotente; un figlio meraviglioso, giusto e caritatevole che eredita la divinità del padre, anche se destinato ad essere torturato e ucciso. Ma da chi nasce questo figlio? Da una donna umana e non divina, mortale, una ragazzina povera e sottomessa, silenziosa e ubbidiente. Il seme che farà ingravidare la modesta Maria non viene dal marito, il falegname Giuseppe, che è molto più vecchio di lei ed è sempre visto come un innocuo anziano servo, ma dallo Spirito Santo che è un'estensione divina del Padre sovrano. Tanto poco vale la madre in questo caso che viene esclusa dalla Santa Trinità. Al suo posto lo Spirito Santo, portatore di vita ma non madre, visto anche lui al maschile. Maria rimane mortale e asessuata, portatrice di un figlio insufflato dal Padre eterno, anche se poi sarà assunta in cielo per volontà di un papa.



            Dacia Maraini & Chiara Valentini  da  Il coraggio delle donne


                                                                                  continua...

IL CORAGGIO DELLE DONNE 5


 Con questi condizionamenti così autorevoli e sanciti dalla divinità, si può raccontare una storia da parte delle donne? Da parte delle perdenti storiche di una divisione dei generi? Dobbiamo dire - a onore delle donne - che alcune coraggiose l'hanno fatto, a rischio di ostracismo e qualche volta di condanna a morte.

Voglio ricordare una bellissima figura. quella di Margherita Porete, una beghina coraggiosa e intelligente che ha sfidato la Chiesa criticando i suoi scritti misogini ed è stata bruciata viva nel 1310. Accanto a lei possiamo citare Giovanna D' Arco, anche lei finita malissimo nonostante le grandi gesta compiute. E, andando indietro nel tempo, che dire di Ipazia, straordinaria filosofa greca che è  stata uccisa per la sua sapienza da fanatici cristiani? E penso a suor Juana Inés de la Cruz, vissuta in Messico nella seconda metà del Seicento, punita e ridotta al silenzio perchè -  secondo le autorità religiose aveva scritto un libro eretico : ma era solo una coraggiosa riflessione sul libero arbitrio. In Italia mi viene in mente Isabella Morra, poetessa scoperta da Benedetto Croce che, nel 1545, è stata uccisa dai fratelli perché corrispondeva con un poeta, parlando di letteratura.

La conoscenza, lo studio, sono sempre stati considerati pericolosissimi per le donne. Non a caso nei secoli sono state escluse per legge dagli studi superiori. E ancora oggi si spara a una ragazza studiosa come Malala per la semplice ragione che vuole istruirsi. Sarebbe interessante fare un elenco delle donne colpite a morte per la loro volontà di apprendere, capire, partecipare alle riflessioni pubbliche del proprio tempo.(...)*


Dacia Maraini & Chiara Valentini da  Il coraggio delle donne


* Questo elenco non si potrà mai fare, ed è utopia anche solo il pensarlo:l' ignoranza, unita ad una pseudo - tradizione dei singoli spesso  viene avvallata e protetta ( casi recenti di cronaca la dicono lunga a questo proposito! ) da governi retrivi e reazionari, che nascondono la loro volontà di potere e di predominio dietro una atavica cultura (  sub-  cultura ) religiosa.

Ve lo dice ( con sicurezza ! ) una che in questi Stati o anche nei nostri in altri periodi della Storia sarebbe certo stata bruciata viva come strega...



                                            frida



sabato 23 maggio 2020

IL SACRIFICIO DEL PIU' DEBOLE 1



(...) Dicono che nella vicinanza della morte si abbiano delle 
       visioni. Ricordo che mia madre, che aveva 102 anni, negli 
       ultimi momenti della sua vita vedeva delle persone intorno a 
       sé. Ricordo che una sera, con voce fioca, mi ha chiesto : " Chi
       è quell'uomo ?" . " Non c'è nessun uomo, mamà", è stata la
       mia risposta. Ma lei ha insistito dicendo che aveva addosso 
       una giamberga. La giamberga è una giacca che indossavano
       gli uomini del Settecento e di una parte dell' Ottocento. E poi
       mi ha chiesto titubante : " Potrebbe essere nonno Giuseppe ?".
       A questo punto ho pensato che era mia dovere assecondarla e
       le ho risposto che sì, forse era il bisnonno Giuseppe, e lei ha
       sorriso come ad intendere : " Te l'avevo detto".
       Mi chiedo se i morenti di Coronavirus abbiano delle visioni
       nel delirio dell'agonia, come è successo a mia madre. E chi
       vedono in quel momento così delicato e sacro? Chi hanno 
       amato in passato,o chi ha fatto loro del male, o chi lasceranno
       che li sostituisca dopo la loro partenza ?
      " Un giovane cammina più veloce di un anziano, ma è l'anziano
         che conosce la strada " dice un bellissimo proverbio 
         africano. Chissà se lo si può ancora affermare in questo 
        periodo di feticismo della produzione che considera l'anziano
        un vuoto a perdere. L' anziano contadino delle nostre terre
        godeva del rispetto e della stima dei giovani che gli 
        chiedevano consiglio sulla sua esperienza. Un vecchio - oggi
      - in epoca di globalizzazione viene rispettato finché produce
        ed è dotato di potere economico. Se non rende e non è ricco,
        diventa un peso e basta  .  (....)



              Dacia  Maraini   da    C'è un posto nel mondo...Siamo noi



IL SACRIFICIO DEL PIU' DEBOLE 2


" Un giovane cammina più veloce di un anziano.
   Ma è l'anziano che conosce la strada "

                  (  Proverbio  africano  )



Roma, Aprile 2020

(...) La morte è solitudine? certo, si muore da soli. Ma il punto 
      delicato non è la fine che cancella ogni pensiero e ogni dolore,
      ma il momento di passaggio. Il modo di partecipare al
      trapasso - come raccontano gli antropologi - è una cerimonia
      culturale che narra il carattere e l'identità di un popolo.
      Ricordo un giorno che, con Moravia a Pasolini, siamo capitati,
      viaggiando con le nostre Land Rover fuori dagli itinerari 
      turistici, in un villaggio africano in cui si stava officiando la
      cerimonia per la morte di un importante personaggio. Potete
      immaginare  la nostra sorpresa quando abbiamo visto che il
      morto era lì in mezzo ai suoi compaesani,vestito di tutto punto,
      seduto con la schiena appoggiata a un grosso mango. E c'era
      un santone che lo interrogava: " Perché sei morto? " gli
      chiedeva. Poi tirava un poco la manica del defunto e secondo
      come gli cadeva la testa, da una parte o dall'altra, il santone
      interpretava la risposta. Poi pronunciava delle parole a voce
      alta e i paesani intorno acclamavano o scuotevano il capo con
      disapprovazione. Siamo rimasti lì, immobili e sorpresi, ad
      osservare quella curiosa e surreale cerimonia, in disparte per
      non disturbare, ma abbastanza vicini per assistere a tutto l'
      evento.

    Nel mondo contadino, anche da noi, sebbene non si interrogasse
    il morto,il lutto veniva condiviso e in qualche modo festeggiato:
    si mangiava per ribadire l'importanza della vita, si beveva per
    calmare il dolore, si parlava al moribondo per raccomandargli
    di stare bene e tranquillo nel paradiso che si era meritato. I
    bambini poi erano in prima fila ad assistere alla cerimonia e
    non venivano allontanati come si fa oggi con l'idea che non
    debbano essere  turbati. Senza pensare ai turbamenti che li
    assalgono nei continui rituali di morte violenta che vengono 
    loro propinati dai fumetti e dalle immagini in video.
    Nell'iconografia attuale i morti fanno paura, sono visti spesso
    come esseri ostili e maligni, i cosiddetti morti viventi, che
    vogliono succhiare il sangue dei vivi : insomma, dei vampiri.
    E questo non ci fa bene, perchè il rapporto coi morti è 
    importante per i vivi. Un Paese che non conserva un buon 
    rapporto con i morti, cancella il suo rapporto più profondo con
    la memoria .  (...)




              Dacia  Maraini   da   C'è un posto nel mondo... Siamo noi



     

sabato 22 ottobre 2016

LA GRANDE FESTA




(...) Quando considero la piccola durata della mia vita assorbita
       nell'eternità che la precede e la segue " scriveva Pascal,
       "quando considero il piccolo spazio che io occupo e quello
       pur così piccolo che io vedo, inabissato nell'infinita
       immensità degli universi che io ignoro e che mi ignorano,
       mi spavento e mi sorprendo di vedermi qui piuttosto che là,
       perché non v'è ragione che io sia qui piuttosto che là, per
       cui sia adesso piuttosto che allora. Chi mi ci ha messo?
      Per ordine e per opera di chi sono stati destinati a me questo
      luogo e questo tempo?. Memoria hospitis unius diei
      praetereuntis  ( Ricordo dell'ospite di un giorno che  
      subito passa, Libro della Sapienza )."
      Severo e temibile discorso che vuole ricordarci la brevità
      del nostro stare al mondo, la vanità delle nostre stupide
      presunzioni. Giusto, caro Pascal, hai ragione, ma pure ti
      dico che un corpo vivo ha bisogno di prolungarsi nel tempo
      con l'immaginazione, anche dopo la sua fine terrestre,
      immergendosi in un sogno di continuità rassicurante. Non
      è abbastanza crudele la vita quotidiana perché non sia
      legittimo un sogno di pace nel dopo vita?. La crudeltà del
      nulla paralizza le membra e le rende nemiche di se stesse.
      La nostra mente rifiuta di mettersi addosso cilici segreti:
      vuole trovare la gioia del vivere e del morire. In vista di un
      giardino dei pensieri lontani. Un giardino soffice, fitto di
      alberi ombrosi dove pascolano  leoni e cervi, senza
      mangiarsi l'un l'altro. Mi piace immaginarlo così, nella mia
      mente che invecchia, il giardino dell'aldilà. Un luogo
      delicato e accogliente in cui i nostri amati morti- fatti leggeri
      e savi - camminano agili, riflettendo. Ci saranno angeli?
      Ci saranno, santi, martiri, divinità, si vedrà l'ombra di un
      dio potente e punitivo?. Forse no. Forse sarà la voce della
      poesia a tenere in movimento le menti. E le parole penderanno
      dai rami come frutti. E si faranno canto mentre la lira di
      Orfeo riprenderà a suonare scendendo dal cielo stellato.(...)


                   Dacia   Maraini  da    La  Grande  Festa