Visualizzazione post con etichetta Oriana Fallaci. Mostra tutti i post
Visualizzazione post con etichetta Oriana Fallaci. Mostra tutti i post

giovedì 17 ottobre 2019

QUEL CHE SO DI LEI 1

 
 

" Essere donna è così affascinante. E' un'avventura che richiede tale coraggio, una sfida che non annoia mai ". ( O. Fallaci )


(…) Emma Bovary, Oriana Fallaci, Carmen:ciascuna di loro aveva
       da dirmi qualcosa a proposito di Giulia ( Trigona, dama di
       corte delle regina Elena di Savoia , assassinata dal suo amante
      n.d.r ). Stanza dopo stanza, mi hanno condotto attraverso gli
      snodi di questa storia nera - tradimento, perdita, eros, caduta,
      vulnerabilità, rifiuto, ribellione, coraggio - e poi finalmente
      oltre.
      Guardando nelle trame delle loro vite, ho trovato un filo d'
      Arianna:punta all'uscita del labirinto di cui siamo - da sempre-
      prigioniere e guardiane, verso la compiutezza di una nuova e
      più matura leggerezza. Per liberarsi, basta seguirlo.
     Scriveva Pasolini che " la morte non è nel non poter comunicare
     ma nel non poter più essere compresi.".
     Mi sono messa accanto ad un enigma, le ho detto :" Fammi
     avvicinare a te, fammi camminare con te, prenderò il tuo passo
     e il tuo respiro".E l' Ignota ( Giulia )ha permesso che attraverso
     di lei emergessero le voci che più sono presenti in me, in noi.
     Scrive Pirandello in Come tu mi vuoi : " Essere è niente. Essere
     è farsi. E io mi sono fatta quella ".
     Attraverso di lei sono emerse le donne che ci abitano e
     impongono la loro voce. Siamo quello che la potenza artistica
     dei racconti e delle opere d'arte ha fatto di noi; la potenza
     evocativa di un fatto descritto dalla mano o dallo scritto di un
     artista ci irretisce, ci corrompe e ci modella.
     Il tragico femminicidio di Giulia ripete uno schema immortale
     che ancora oggi si reitera: le donne abbassano le difese, non
     guardano con i mille occhi dei lupi, credono nell'amore come lo
     vedono gli occhi dei bambini e tentano la via nuova con lo
     stesso sguardo e lo stesso cuore di ieri.
     Ma vengono uccise da uomini che ne spezzano il volo, uomini
     senza strumenti davanti a una donna che cambia.
     Non sono forse i cliché interiori, affettivi, se pur narrati da
     grandi artisti, a tenerci su strade già tracciate ? (…)


Monica  Guerritore  da  Quel che so di lei ( Donne prigioniere di amori straordinari )


  

QUEL CHE SO DI LEI 4



(…) Sono entrata nell' Enigma Fallaci a tentoni, come entrando in
      una grande stanza buia illuminandola con una torcia: sarà luce
      forte su alcuni angoli, ma solo su alcuni.
      Interpretandola- sera dopo sera - sono stata penetrata dalla
      morte che l'ha avvolta durante tutta la sua vita: la malattia, gli
      aborti, i cadaveri sotto cui l'hanno trovata viva a Città del
      Messico, tutta la sua famiglia decimata dal cancro, la morte
    della madre.Fallaci si oppone,vivendo,scrivendo, testimoniando,
    strappandosi il velo davanti a Komeini, denunciando le torture
    subite dalle donne giapponesi.Si oppone al potere maschile della
    guerra e sfida la morte, la combatte.
    Ma poi è esausta. I tumori la piegano, il suo corpo è devastato, il
    suo viso è devastato. Si nasconde, non esce più. Io stessa sentivo
   su di me quella febbre nervosa su un corpo - il mio - non
   abbastanza esile com'era il suo. Ed è con il mio corpo che mi
  opponevo con forza alla visione che invece ha schiantato lei:
  davanti a quel vetro della sua casa di New York, nel 2001, dove
  ancora una volta la morte le si è parata davanti sottoforma di
  carnefice atroce.
  Era un grido vero, profondo, quello che sgorgava da me in scena,
  con le sue vere parole :"  Non era un colpo di cannone più
  assordante. Non era un bombardamento più violento! Quello che
  io, che l'intera umanità vedeva era di natura diversa. Il mondo si
  trasformava in fuoco, la terra saliva al cielo in una colonna di
  fumo. Tutto era in fiamme, la mente in fiamme, i pensieri in
  fiamme. Guerra… guerra ancora… In guerra bisogna
  combattere! ".  (…)


Monica Guerritore  da  Quel che so di lei ( Donne prigioniere di
amori straordinari )

QUEL CHE SO DI LEI 5



(…) Ora torna la sua immagine alla mia memoria : gli occhi neri e
       le labbra rosse. Una maschera al centro della stanza. Poi
       Oriana china il capo. E' sola e lo sa. Parla tra sé e sé.
      " Mi sono sempre sentita fuori posto. Nel tempo la solitudine mi
       è diventata necessaria. Il solo modo per sfuggire a tutto quello
       che considero stupido, falso, volgare, brutto. Le cose dentro di
       me - quelle mie - cercavano riparo."
       Si gira di profilo, sembra riflettere, sembra andare via. Poi ci
       ripensa, mi guarda, mi fissa. Sorride.
      " Il più bel monumento alla dignità umana per me resta quello
       che vidi su una collina del Peloponneso. Uomini assetati di
       libertà le avevano incise coi loro coltelli sulle cortecce degli
       alberi durante l'occupazione nazifascista. Tre lettere che in
       greco significano " No. Anch'io ho detto " No ".
       Si toglie la parrucca. E' completamente calva. Si ripara con la
       mano dalla poca luce nelle stanza e mi sussurra : " Io è un
       altro. Questa non è …"
       La Fallaci svanisce.   (…)



Monica  Guerritore  da   Quel che so di lei ( Donne prigioniere di amori straordinari )

       

venerdì 6 settembre 2019

LA STORIA DI ORIANA 1

 
 
       Oriana  Fallaci 
 
 
NON CREDO AI MITI
 
(…) Ho cominciato molto tardi a capire quello che contavo, che
rappresentavo per tante persone. E ancora oggi non l'ho capito
molto bene…
Io non sono la Giovanna d' Arco o l' Achille che alcuni - addirittura - vedono in me. Sono soltanto una persona che ha il coraggio di dire quello che pensa, fare quello che crede debba essere fatto, di vivere come vuole vivere: senza paura. O meglio,
tentando di non cedere alla paura. Sono anche una persona molto seria, molto disciplinata e... molto dura. ( quella autodisciplina mi ha resa dura, insieme alle sofferenze e ai troppi dolori ). Ma niente di più. E non voglio che mi siano attribuite responsabilità che non ho : non voglio essere vista come una specie di guerriera o di santa. E soprattutto, non voglio essere fraintesa. Cosa che invece avviene, continuamente. Il mio culto della libertà è stato ed è frainteso ( visto che per libertà non intendo caos e licenza e non mi stanco di ripetere con Alekos che la libertà è un dovere, prima che un diritto.). Il mio " anarchismo" è stato frainteso, visto che  con Anarchia intendo qualcosa di sacro, di superiore, un utopistico stato in cui il cittadino si governa da sé senza offendere gli altri, senza uccidere, senza rubare.. La mia indipendenza è stata fraintesa, visto che non s'è capito come e perché io la esercito in modo non fazioso e cioè denunciando il luridume della Destra e della Sinistra…
Ritengo di essere amata senza essere capita. E non capisco quella eccitazione che c'è intorno a me. E rifiuto il divismo che a poco a poco s'è andato creando intorno a me. Tanto più che sono una persona molto schiva, molto ritrosa, ossessionata dalla privacy e sostanzialmente asociale. E non credo ai miti, men che tutti, al mio. (…)
 
 
Oriana  Fallaci  da   Solo io posso scrivere la mia storia. ( autoritratto di una donna scomoda )
 
 
 

LA STORIA DI ORIANA 2



(…) Nella mia vita ho visto molte cose brutte. Molte. Sono nata in
       una tirannia, sono cresciuta in una guerra e per gran parte
       della mia esistenza ho fatto il corrispondente di guerra. Per
      anni (in Vietnam otto )ho vissuto al fronte.Ho seguito battaglie,
      ho subito sparatorie e cannoneggiamenti e bombardamenti,ho
      testimoniato l'umana crudeltà e imbecillità. Di carneficine, di
      eccidi me ne intendo. Purtroppo.Però in tempo di pace mai ho
      visto un eccidio così infame,così cinico,come l'eccidio di Plaza 
      Tlatelolco.( Massacro che si compì il 2 Ottobre 1968 a Città 
     del Messico e in cui furono uccisi circa 300 dimostranti, n.d.r)
      Mai.

     Se io non ce le avessi,queste cicatrici,mi sentirei infinitamente  
     più povera. Perché mi domanderai ancora a cosa serve nascere
     e a cosa serve morire; la morte di tutti gli uomini che ho visto
     morire per mano di altri uomini mi sembrerebbe inutile; e me ne
     starei come una lucertola intenta solo a sbadigliare sulla mia
     letargia . (…)


Oriana Fallaci  da  Solo io posso scrivere la mia storia (autoritratto di una donna scomoda )

  

LA STORIA DI ORIANA 3


UN UOMO E UNA DONNA

(…)Aveva il volto di un Gesù crocifisso dieci volte e sembrava più
      vecchio dei suoi trentaquattro anni. Sulle sue guance pallide si
     affondavano già alcune rughe, tra i suoi capelli neri spiccavano
     già ciuffi bianchi e i suoi occhi erano due pozze di malinconia.
     O di rabbia? Anche quando rideva, non credeva al suo ridere.
     Del resto era un riso forzato e che durava poco: quanto lo 
  scoppio di una fucilata.Subito le sue labbra tornavano a serrarsi
  in una smorfia amara,e in quella smorfia cercavi invano il ricordo
  della salute e della gioventù. La salute l'aveva persa, insieme alla
  gioventù. Il momento in cui era stato legato per la prima volta al
  tavolo delle torture e gli avevano detto : " Ora soffrirai tanto che
  ti pentirai d'essere nato". Ma capivi subito che non si pentiva d'
  essere nato; non se n'era mai pentito e non se ne sarebbe mai
  pentito. Capivi subito che era uno di quegli uomini per cui anche
  morire  diventa una maniera di vivere tanto spendono bene la
  vita. Nè le sevizie più atroci, né la condanna a morte, e tre notti
  trascorse in attesa della fucilazione, né il carcere più disumano,
  cinque anni dentro una cella di cemento di un metro e mezzo per
  tre,l' avevano piegato.

  E perché ho la prova d'aver tanto amato Alexos?Perchè gli
  permettevo di invadere la mia solitudine. Per esempio: io non
  riesco a dormire nello stesso letto con un'altra persona.E dormire
 con Alexos era uno strazio perchè prendeva tutto il letto per sé, mi
 spingeva sempre più in là, più in là, finchè cacciavo un urlo:
 " Perdio, il letto è anche mio! ". E due volte mi ha fatto ruzzolare
 giù e mi sono veramente arrabbiata.Oh, come mi sono arrabbiata!
 E poi teneva la luce accesa quando io la volevo spenta, spenta
 quando io la volevo accesa; toglieva le coperte di lana quando
 avevo freddo, le metteva quando avevo caldo. Eppure dormivo 
 con lui. Perché lo amavo. L' amore non si misura nel momento in
 cui fai l'amore, ma dopo. Quando rivorresti la tua solitudine e per
 amore accetti di non essere sola.  (…)



Oriana Fallaci   da  Solo io posso scrivere la mia storia ( autoritratto di una donna scomoda )




martedì 18 dicembre 2018

DIAGNOSI E DESTINO 2



(…) Il ricorso alla psicologia e alla cultura sociale- dice Sontag - è
       punitivo e sentimentale e ci porta a sovradeterminare il
       significato della malattia.Poiché una malattia - prosegue -altro
       non è che una malattia:un virus, un batterio,un errore genetico
       Farne una metafora equivale ad usarla in modo malato per
       colpevolizzare  il malato. Ogni pensiero metaforico sulla
       malattia va evitato. Ogni suo elemento di identificazione con la
       morte, viene attaccato da Sontag in quanto espulsione del
       concetto di guarigione da quella malattia. Per mostrare l'apice
       di questo atteggiamento, cita la definizione che Kafka assegna
       alla tubercolosi: " il germe della morte stessa ":

    " Sono arrivato alla conclusione che la tubercolosi, come ce l'ho
      io, non è una malattia particolare, un male degno d'un nome
      speciale, ma soltanto una maggiore intensità - per ora non
      valutabile nella sua importanza - del germe generale della
      morte "

      Ma è veramente possibile,umanamente possibile espellere dalla
      malattia il concetto di morte? Ad esempio  "il cancro è una
      malattia,non una sentenza",e non tutte le malattie sono mortali,
      ma ogni malattia non contiene forse un elemento depressivo,
      inevitabilmente legato se non alla morte, almeno al morire, alla
      caducità? Che cosa dobbiamo farne? Combatterlo con il
      diniego? Con il vitalismo, la maniacalità? Arrendersi oppure
      dichiarare guerra alla malattia, come Oriana Fallaci?:

    " Dopo l'operazione chiesi di vederlo.A colpo d'occhio sembrava
       una pallina di marmo, innocua, quasi graziosa. Dopo alcuni
       giorni lo esaminai al microscopio, e mi resi conto di che cosa
       fosse capace riproducendosi.Capii che avevo un nemico dentro
       di me:un alieno che aveva invaso il mio corpo per distruggerlo
       Ora abbiamo un rapporto di guerra: lui vuole ammazzarmi, io
       voglio ammazzare lui "    (…)



               Vittorio  Lingiardi    da     Diagnosi e destino

venerdì 13 luglio 2018

LETTERA A UN BAMBINO MAI NATO 1

 
 

                                       Qualche mese dopo mi rotolavo vittoriosa al sole…


(…) Stanotte ho saputo che c'eri: una goccia di vita scappata dal
       nulla. Me ne stavo con gli occhi spalancati nel buio e d'un 
       tratto - in quel buio - s'è acceso un lampo di certezza: sì, c'eri.
       Esistevi. E' stato come sentirsi colpire in petto da una fucilata.
       Mi si è fermato il cuore. E quando ha ripreso a battere con
       tonfi sordi, cannonate di sbalordimento, mi sono accorta di
       precipitare in un pozzo dove tutto era incerto e terrorizzante.
       Ora eccomi qui, chiusa a chiave dentro una paura che mi 
       bagna il volto, i capelli, i pensieri. E in essa mi perdo. Cerca
       di capire: non è paura degli altri. Io non mi curo degli altri.
       Non è paura di Dio. Io non credo in Dio. Non è paura del
       dolore. Io non temo il dolore. E' paura di te, del caso che ti ha
       strappato al nulla per agganciarti al mio ventre. Non sono mai
       stata pronta ad accoglierti, anche se ti ho molto aspettato.
       Mi son sempre posta l'atroce domanda: e se nascere non gli
       piacesse? E se un giorno tu me lo rimproverassi gridando:
      " Chi ti ha chiesto di mettermi al mondo,perché mi ci hai messo
       perché ?".
       La vita è una tale fatica, bambino. E' una guerra che si ripete
       ogni giorno, e i suoi momenti di gioia sono parentesi brevi
       che si pagano a un prezzo crudele. Come faccio a sapere che
       non sarebbe stato giusto buttarti via, come faccio a intuire che
       non vuoi essere restituito al silenzio?. Non puoi mica parlarmi.
       La tua goccia di vita è soltanto un nodo di cellule appena
       iniziate. Forse non è nemmeno vita, ma possibilità di vita.
       Eppure darei tanto perché tu potessi aiutarmi con un cenno,
       un indizio. La mia mamma sostiene che glielo detti e che per
       questo mi mise al mondo.
       La mia mamma - vedi - non mi voleva. Ero incominciata per
       sbaglio, in un attimo di altrui distrazione. E perché non
       nascessi, ogni sera scioglieva nell'acqua una medicina. Poi
       la beveva, piangendo. La bevve fino alla sera in cui mi mossi
      - dentro il suo ventre - e le tirai un calcio per dirle di non
       buttarmi via. Lei stava portando il bicchiere alle labbra: subito
       lo allontanò e ne rovesciò il contenuto per terra.
       Qualche mese dopo mi rotolavo vittoriosa al sole, e se ciò sia
       stato un bene o un male, non lo so. (…)


                    Oriana  Fallaci  da   Lettera a un bambino mai nato

LETTERA A UN BAMBINO MAI NATO 2


(…) Quando sono felice penso che sia stato un bene, quando sono
       infelice penso che sia stato un male. Però, anche quando sono
       infelice, penso che mi dispiacerebbe non essere nata, perché
       nulla è peggiore del nulla. Io - te lo ripeto- non temo il dolore.
       Esso nasce con noi, cresce con noi e ad esso ci si abitua come
       al fatto d'avere due gambe e due braccia. Io - in fondo - non
       temo neanche di morire: perché se uno muore, vuol dire che è
       nato, che è uscito dal niente. Io temo il niente, il non esserci, il
       dover dire di non esserci stato, sia pure per caso, sia pure per
       sbaglio, sia pure per l'altrui distrazione.
       Molte donne mi chiedono: mettere al mondo un figlio, perché?
       Perché abbia fame, perché abbia freddo, perché venga tradito
       e offeso,perché muoia ammazzato in guerra o da una malattia?
       E negano la speranza che la sua fame sia saziata, che il suo
       freddo sia scaldato, che la fedeltà e il rispetto gli siano amici,
       che viva a lungo per tentare di cancellare le malattie e la
       guerra. Forse hanno ragione loro. Ma il niente è da preferire
       al soffrire? Io, persino nelle pause in cui piango sui miei
       fallimenti, le mie delusioni, i miei strazi, concludo che soffrire
       sia da preferirsi al niente.
       E se allargo questo alla mia vita - il dilemma nascere o non
       nascere - finisco con l'esclamare che nascere è meglio di non
       nascere.  (…)


                 Oriana  Fallaci   da   Lettera a un bambino mai nato