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lunedì 12 ottobre 2020

LA FINE DEL " MARE DENTRO"

 


               Nella tua fredda stanza, guardi le stelle che tremano d'amore e di speranza...



Mare dentro pone sul tavolo un tema scomodo: quello dell'eutanasia e si basa sulla vita reale di un pescatore gallego che, dopo un incidente avuto in mare, resta paralizzato ed è costretto a trascorrere i suoi giorni chiuso in una stanza, abbandonato su un letto. Dopo venticinque anni di questa vita triste, statica e lontanissima da ogni aspettativa, Ramon prende la decisione di farla finita.


                                      ***


Il protagonista del film trascorre i giorni rinchiuso in casa del fratello, afflitto fin da quel maledetto giorno in cui si tuffò da uno scoglio e battè la testa rimanendo paraplegico. Il suo corpo è immobile, ma non la sua mente, che gli permette di evadere con la fantasia dalla finestra e di raggiungere il mare. La sua forza è precisamente questa capacità di vedere al di là degli ostacoli, di pensare e analizzare; una visione acquisita grazie alla sua vita di marinaio e pescatore.



                                    frida




venerdì 19 luglio 2019

SU QUESTA PIETRA ( storia di un suicidio assistito , introduzione )



Durante il suo lavoro di fotografo e di reporter, l'autore si imbatte in un'occasione inaspettata e spiazzante: accompagnare in Svizzera una persona che sta andando a morire. L'uomo, affetto da una grave malattia neurodegenerativa, ha deciso di ricorrere al suicidio assistito e, dopo una lunga trafila medica e burocratica, ha finalmente ottenuto la " luce verde ", il permesso di morire. E vuole che Sergio racconti la sua storia, quella di chi  è costretto a umiliarsi, viaggiando lontano da casa come una specie di clandestino, per poter esercitare fino alle estreme conseguenze il proprio sacrosanto diritto al libero arbitrio, che nel nostro Paese è negato. Ma non vuole avere né un nome né un volto: nessuno deve poterlo riconoscere. Di fatto, per l'autore si tratterebbe di trascorrere con lui le ultime quarantotto ore sulla Terra.
Sergio accetta. E questa è la storia vera di quelle ore e dei millequattrocento chilometri che i due uomini hanno percorso insieme: dal momento in cui si sono stretti la mano fuori da un aeroporto del Sud fino a quello in cui l'uomo gli ha rivolto le sue ultime parole sulla poltrona di un monolocale di Basilea. E' questa la " clinica svizzera " in cui Erika - da otto anni - accompagna i pazienti al suicidio, dopo essersi scambiata decine di lettere con ognuno di loro e averli incontrati e visitati per concedere loro ( è un medico ) la " luce verde ".
La prospettiva da cui Ramazzotti racconta la vicenda è in tutti i sensi unica: da una parte per la sua posizione irripetibile di narratore - testimone, dall'altra per il suo sguardo delicato, rispettoso e capace di mettersi continuamente in gioco. Con scrittura elegante e densa riesce, in questa storia vera che a tratti pare sconfinare nel romanzo, ad accendere in noi un rovello di riflessioni , domande di portata universale, un duetto etico interiore, mettendo in moto un'altalena di emozioni contrastanti che culminano con la sorpresa del " finale" : un nome, un cognome e uno spaventoso segreto che sono un vero e proprio colpo di scena, una scoperta capace di rimettere in discussione tutte le certezze che avevamo fino a quel momento.



                                   ( f )

Si seppe poi ( da un'autopsia eseguita su ordine della Magistratura ), che il giudice Pietro D' Amico ( tale era il nome dell'uomo che andò a morire in Svizzera ), non era un malato terminale né era affetto da malattie neurodegenerative invalidanti ( i certificati medici italiani erano stati manomessi, mentre i medici svizzeri non eseguirono alcun approfondimento ), ma pare che fosse affetto ( come da dichiarazione certificata psichiatrica ) " solo" da una depressione cronica.
E qui allora si pone un problema medico ed etico: una grave depressione può essere comparata per gravità  ad una  malattia organica invalidante?
Lo stesso autore del libro di cui qui si parla , Sergio Ramazzotti, afferma nel testo di non sapere nulla riguardo alla vera storia dell' uomo che accompagnò in Svizzera a morire.

Ma almeno a me avrebbe potuto dirla, la verità ", si rammarica.


SU QUESTA PIETRA ( storia di un suicidio assistito ) 1

 
 

" Fu data a tutti l'opportunità di morire perché a tutti suonasse più gradevole il vivere "  . ( Claudio Mario Vittore, poeta cristiano del V sec. )


(…) Riguardo agli Stati che ammettono l'eutanasia e il suicidio
       assistito, scelsi la Svizzera d'istinto, senza pensarci, me ne
       appropriai quasi con foga e se guardassi bene dentro di me,
       forse di motivi ne troverei di sfuggenti, ineffabili, legati al fatto
       che in qualche modo oscuro è tutta la vita che danzo con la
       morte: sui fronti di guerra, negli obitori, negli ospedali, nei
      paesi flagellati dalle epidemie, nei campi profughi, su certi
      tratti di mare,insomma in luoghi dove la morte è molto presente
      e molto affamata. Qualcuno mi ha detto che lei continua a
      chiamarmi con un'insistenza che dovrebbe farmi preoccupare,
      qualcun altro che sono io a cercarla, spinto da una strana
      ossessione, o per meglio dire a cercarne le manifestazioni, a
      volerne vedere i mille volti, come per conoscerla in anticipo e
      accoglierla come si deve quando verrà per me.
      Forse tutto questo sottende qualcosa di patologico, eppure in
     un certo senso vivere non è altro che morire un giorno alla volta
      e tutti noi - credo -ci portiamo la morte dentro, o perlomeno io
      sono convinto di avercela : è sempre lì, una specie di cellula
      dormiente, un cromosoma spento, una presenza congenita nel
      subconscio come l'omosessualità latente. Cercarla, volerla
      vedere, esserne al cospetto forse è un atto liberatorio,catartico,
      una variante dell'outing.
      Sento anche di dover confessare - soprattutto a me stesso - che
      forse , " forse" volevo essere testimone di una modalità di
      rapportarsi alla morte anomala, e per me in un certo senso
      inedita: coloro che avevo visto morire combattenti e i civili sui
      campi di battaglia in Afghanistan, in Iraq, in Somalia, in Libia
      e in così tanti altri posti da averne perso il conto, la ragazza
      madre stroncata dalla malaria in Sudan meridionale perché il
      chinino non era arrivato in tempo, i malati di ebola che per le
      strade di Monrovia affogavano nel loro vomito sanguinolento,
      quelli che nelle periferie dimenticate del pianeta soccombevano
    a malattie che altrove si sarebbero potute curare in pochi giorni,
     il tossicodipendente di Kabul che negli ultimi istanti di vita
     aveva lasciato i segni delle unghie nel mio avanbraccio, il
     giovane fuori Bagdad, poco più che un ragazzo,col basso ventre
     maciullato da una mina antiuomo che gemeva e mentre la vita
     lo abbandonava continuava a ripetere " non ho mai scopato",
     tutti, mentre morivano erano terrorizzati e disperatamente
     aggrappati alla vita, con lo sgomento negli occhi increduli che
     fosse giunto il momento di doverla lasciare .  (…)



 Sergio Ramazzotti   da   Su questa pietra ( Storia di un uomo che andava a morire )



SU QUESTA PIETRA ( storia di un suicidio assistito ) 2


(…) Nessuno di loro voleva morire, era normale, era così che
       moriva la maggior parte della gente.Ma chi cercava il suicidio
       assistito no, era diverso: era qualcuno che - come mi aveva
       detto Erika - la morte arrivava a bramarla.
       Anche mia madre, benché fosse una donna di fede, ad un certo
       punto della sua lunga malattia l'aveva bramata e mi aveva
       chiesto di aiutarla a procurarsela. Ma era stato solo per un
       istante, presto era tornata alla solita rassegnazione, all'
       osservanza dei tempi e dei rituali imposti dal cancro. E quando
       la morte era giunta, l'aveva trovata desiderosa di vivere più
       che mai.
       Io - invece - volevo vedere, volevo capire come doveva ridursi
       un uomo per ambire alla morte in modo tanto prolungato e
       intenso, tanto " coerente" da andare fino in fondo e permettere
       a un altro essere umano di dargliela. Che cosa doveva essere
       accaduto a un uomo come questo, più di quanto non fosse
       accaduto alle tante persone sofferenti che avevo incontrato nel
       mondo, per le quali la vita era stata uno spaventoso calvario
       eppure volevano ancora viverla? Cosa pensava, cosa mi
       avrebbe detto,cosa avrei imparato da un uomo come questo,
       disperato o determinato al punto da poter sopprimere i propri
       istinti primordiali, addirittura prevaricare il proprio codice
       genetico?. Sì, perché la biologia e l'etologia hanno dimostrato
       come il codice genetico impedisca a tutti gli esseri viventi di
       livello superiore di uccidere all'interno della propria specie,
       per evitare di indebolirla, e ciò vale tanto per gli altri membri
       della specie quanto per se stessi.Così, per arrivare ad uccidere
       o a uccidersi, bisogna prima poter percepire l'altro - o se
       stesso - come non più appartenente a quella specie: nel caso
       della razza umana, come un essere diverso da un uomo, un
       non - uomo. E' l'unico modo per aggirare il divieto imposto
       dalla genetica, un atto di volontà contro natura: com'era fatto
       dunque un uomo che era stato capace di compiere quell'atto,
       uno che, in tempi in cui alla maggior parte di noi sembra di
       non poter più prendere in mano la propria vita e disporne
       pienamente, era pronto a farlo e l'avrebbe fatto fino alle
       estreme conseguenze? (…)



 Sergio Ramazzotti  da   Su questa pietra ( Storia di un uomo che andava a morire )


SU QUESTA PIETRA ( storia di un suicidio assistito ) 3


(…) E perché volevo incontrarlo?
       Per voyerismo? Perché volevo aggiungere ai miei ricordi una
       morte diversa da tutte le altre, come il pezzo più raro di una
       collezione? O forse per via di quella faccenda di mia madre,
       ovvero per guardare negli occhi qualcuno che aveva la forza
       di desiderare fino in fondo ciò che lei aveva desiderato solo
       per poche ore, per poi spaventarsi del suo stesso desiderio?
       Oppure era per me, per capire che cosa mi sarebbe capitato
       nel caso un giorno mi fossi trovato di fronte allo stesso bivio,
       scegliere tra una morte lenta e dolorosa e degradante in un
       letto o una rapida e dolce per endovena? Sì,alla fine credo che
       sia così, perché ho sempre voluto provare le cose di persona:in
       Corea del Sud ci sono agenzie che organizzano il vostro
      funerale da vivi:voi siete chiusi nella bara sigillata e avete tutto
      il tempo per fare le prove generali di quello che prima o poi
      sarà lo spettacolo vero e proprio. Lo trovo un esercizio molto
     sano e prima o poi mi piacerebbe investirci il denaro necessario
     Non c'è di meglio che vivere le esperienze di persona per
     scoprire che te le eri sempre immaginate in modo sbagliato.
     Ma non è solo questo, no.
     Se voglio essere onesto con me stesso, devo ammettere che in
     fondo credo anch'io in ciò in cui credeva l'uomo che ho
     accompagnato, ossia nel primato della libertà, dell'inviolabile
     libertà di disporre della nostra vita, quando, dove e come
     vogliamo. E infatti sono qui ad ammetterlo, anche dopo tutto
     quello che è successo: i colpi di scena, lo scandalo, tutto ciò di
     cui allora non potevo sospettare e che a reso questo caso una
     faccenda molto più spinosa di quanto promettesse di essere.(…)



Sergio  Ramazzotti  da    Su questa pietra ( Storia di un uomo che andava a morire ) 



giovedì 19 aprile 2018

LETTERA A FABO 1




               " Eh già. Sembrava la fine del mondo. Ma sono ancora qua..." V.I.                                  



(...) Eh già, mio cucciolo di cane: io sono ancora qua. Questa
       canzone di Vasco la ascoltavi spesso e mi chiedevi :" me la
       metti su, Vale?". La cantavi pieno di dolore nel cuore misto a
       felicità di esserci ancora, perché tu amavi la vita. Io lo so.
       Ora, amore mio, sono io che nella testa mi dico " eh già, io
       sono ancora qui, più su e più giù " . Sì, perché tu non ci sei
       più e la mia vita senza di te è noiosa, terribilmente noiosa. E
       allora - come ti avevo promesso - ti scrivo per aggiornarti un
       po' su tutto. Intanto ho, abbiamo scritto la nostra storia come
       mi avevi chiesto. Questo libro parla di noi e della nostra vita,
       la più bella del mondo come ci dicevamo sempre. Certo il
       titolo, parlando di entrambi, non poteva essere DJ FABO come
       avresti voluto, ma alla fine penso di aver scelto una nostra
       verità. E quindi va bene.
       Sei arrivato in India e - come volevi - ti abbiamo salutato
       davanti al tuo locale, il Chronicle di Goa, con il sole al
       tramonto sulla spiaggia. E' il posto che più avevi nel cuore e
       dove tornavi spesso con la mente, per sfuggire a tutta quella
       sofferenza. Sei tornato lì, come ti avevo promesso.  E lì sarai
       per sempre.
       Ti hanno salutato un sacco di persone che ti hanno voluto bene
       Nirdosh era emozionato, Luca ti ha celebrato con un sacco di
       fiori, Romeo ha fatto in modo che tutto fosse perfetto ed,
        emozionato più di noi, ti ha detto ciao anche lui. Insomma,
       esattamente come volevi tu.Non avrei potuto fare diversamente
        In realtà, come sai ( perché sai cosa ho in mente ) mi manca
        da fare ancora una cosa in India. Ma presto la farò.
        Sono qui, amore mio, e non ti voglio raccontare com'è difficile
        senza di te, di quanto è noioso e triste, di quanto sto male e
        di quanto ancora spesso ti cerco, e mi dico "  ma come,
        veramente non c'è più ?". So che lo sai già. Mi dicevi che
        sarebbe stata una questione di tempo, ma inevitabilmente hai
        segnato la mia vita e lo hai fatto al 200 per cento.
        Subito dopo averti salutato su quegli scogli, al tramonto 
        indiano, e averti promesso di ritornare presto, di aspettarmi,
        sono rientrata in Italia e mi sono decisa: avevo bisogno di
        andare via da Milano e far ripartire la mia vita per capire che
        c'era un dopo. Avresti voluto che facessi così, lo so. (...)


                  Valeria  Imbrogno   da   Prometto di perderti
     

LETTERA A FABO 2



(...) Hai visto che ho aspettato?!!! Altrimenti dicevi che mi avresti
      lasciata:" Se decidi di partire per andare a lavorare in quei
      posti lì che piacciono a te, Afghanistan, Pakistan, Siria, io ti
      mollo, quindi fai le tue scelte!". Ho chiamato dicendo che ero
      pronta e sono finita ad Haiti. Quanto ti ho pensato, quanto mi
      mancavano i tuoi insulti alle mie lamentele di fatica, tristezza,
      angoscia. Me la sono dovuta cavare da sola pensando ogni
      giorno a cosa mi avresti detto. " Ora sei lì e non fare la
      piangiona, finisci il tuo lavoro e pensa ai soldi! ".
      Ecco cosa mi avresti detto. Ho fatto più o meno così, ma poi
      sono rientrata. Naturalmente non posso non raccontarti che,
      essendo andata nella terra dei Vodoo, ho provato in tutti i modi
      a mettermi in contatto con te, chiedendo ai vari Houngan
     ( maestri di Vodoo ) come stessi. Mi dicevano bene e che
       qualcuno ti aveva fatto una " persecution". Ricordi quante 
       volte ne abbiamo parlato? . " Chissà, può essere", ti dicevo
       spesso. " Dai, Vale, Venerdì 13, luna piena...non è che
       qualcuno mi voleva male?!?!. Anche se sapevi bene che io a
       queste cose non credo.
       Forse un po' mi avevi convinta della tua teoria, ovvero che
       saresti ritornato ad essere energia nell' Universo. Quindi ogni
       tanto, per cortesia, vienimi a tirare i piedi perché io ti aspetto
       sempre. Mi avevi detto anche che avresti imparato a muovere
       gli oggetti come in Ghost per farmi vedere che eri lì con me,
       ma ancora non hai imparato, evidentemente. Applicati per
       favore.
       Dopo Haiti sono rientrata e presto arriverò da te a Goa. Ci
       sarebbero un sacco di pettegolezzi - come usavamo dirci - su
       tanti dei nostri amici, ma te li dirò in privato. Qui , agli altri
       non credo interessi. Ti posso dire però che i pesci che volevi
       regalare alla mia mamma, oggi ci sono, ma sono ancora da
       battezzare.
       La tua/ nostra casa al lago è pronta : ci sono stata poco tempo
       fa ed è sempre stupenda. Sei fortunato perché ho scoperto un
       posto nuovo : è pieno di animali, ma oramai non mi ci devi
       portare. E' molto vicino a casa nostra. In quella casa ci sei
       come da nessun'altra parte. Le nostre foto al muro, i nostri
       viaggi, i ricordi, i piccoli oggetti che singolarmente parlano
       di te e di noi, le litigate, il letto dove litigavamo perché russavi
       come un disperato.
       Per ora, mio cucciolo di cane ( lo so che non ti piace,lo odi,ma
       alla fine lo hai tirato fuori tu questo soprannome, come bimbo
       fabo ) è tutto quello che è successo da quando non sei più qui.
       Sì, perché non voglio scriverti del dolore che sento al cuore
       mentre ti scrivo, della fatica che faccio a guardare le nostre
       foto, del male che mi viene quando ascolto la tua voce
       registrata e di quanto oggi sono felice di averti aiutato ad
       essere libero da quelle catene. Da quell'inferno.
       Voglio parlarti come se fossi di fronte a me, come abbiamo
       sempre fatto, raccontandoci di quanto la nostra vita fosse la
       più bella del mondo!


          Ciao amore mio, a presto  (...)


              Valeria  Imbrogno   da    Prometto di perderti

PROMETTO DI PERDERTI 1

 
 

                        " Sei nato selvaggio un tempo. Non lasciarti addomesticare"  V.I.


(...) Quando Simona Voglino e Valeria Imbrogno mi hanno chiesto
      di scrivere l'introduzione a Prometto di perderti, credevo di
      sapere su Fabiano Antoniani tutto ciò che servisse a descrivere
      un libro che, in prima istanza, - questo immaginavo - doveva
      raccontare il loro contributo all'introduzione dell' eutanasia in
      Italia e quello decisivo all'approvazione del testamento
      biologico:battaglie radicali, pannelliane, battaglie vissute sulla
      propria pelle, fatte di dolore, cicatrici, sensi di colpa, coraggio
      e orgoglio.
      Mi sbagliavo. Mi sbagliavo perché il libro che state per leggere
      è un libro che parla d'amore e di vita più che di politica e
      battaglie civili.
      Come è possibile? vi starete domandando. Come è possibile? è
      la domanda che a ogni pagina - mentre leggevo - mi ponevo
      anch'io. Eppure,  a ben pensarci, è la cosa più naturale che
      esista: non c'è battaglia senza vita e non c'è consapevolezza
      nella scelta senza condivisione e, soprattutto, senza amore.
      Quelle che state per leggere sono pagine piene di vita e amore,
      ma vita e amore veri, cioè imperfetti, incoerenti, schizofrenici,
      sofferenti, egoisti, incazzati, impulsivi, incomprensibili,
      ingiustificabili. Quelle che state per leggere sono pagine in cui,
      nonostante le peculiarità di ciascuno, è possibile riconoscersi.
      Ero convinto di trovarmi di fronte una storia dura, granitica,
      di quelle che fanno sentire piccolo piccolo chi legge, quasi
      insignificante di fronte alle sofferenze patite e all'importanza
      delle scelte altrui, e invece mi sono immerso in una storia che
      potrebbe essere quella di ciascuno di noi. In queste pagine ho
      conosciuto Valeria, Valeria che a Fabo non ha prestato solo
      la voce nei suoi ultimi mesi di vita perché lui potesse
      comunicare con noi; Valeria, che a Fabo ha dato molto di più,
      decidendo talvolta da sola nei momenti di profonda desolazione
      e sconforto. E' stato importante per me leggere la versione di
      Valeria, perché è quella parte della storia che - di solito -
      uscito di scena " il protagonista " tende a passare in secondo
      piano, a restare privata mentre invece ha più di una ragione
      per diventare pubblica. (...)


 Prefazione   di Roberto Saviano al libro Prometto di perderti ( Valeria Imbrogno)

PROMETTO DI PERDERTI 2


(...) Prometto di perderti è il racconto di una storia d'amore che
      non è finita con la morte di Fabo, di una storia d'amore che
      adesso appartiene a tutti e di cui tutti possiamo fare tesoro. Ma
      in che modo? Come si può trarre insegnamento da un incidente
      stradale che lascia un ragazzo di 37 anni tetraplegico e cieco?
      Come se ne può trarre dalla fragilità della vita, una condizione
      che conosciamo perché appartiene all'essere umano? Come 
      dall'ingiustizia inspiegabile di una morte prematura?
      Se ci limitiamo a considerazioni di carattere generale, l'unico
      insegnamento possibile è la consapevolezza della nostra
      fragilità. Eppure da queste pagine c'è tanto da imparare
      soprattutto perché non sono state scritte per insegnare, ma per
      alleggerirsi, liberarsi, magari per cercare complicità. Forse
    - addirittura - per essere giudicati e non assolti. Il fine è la
      condivisione. Valeria ci somiglia: è una roccia, ma fragile e
      indecisa, vive a tentoni senza certezze eppure agisce con
      determinazione, vive e sbaglia; vive, soffre e magari provoca
      sofferenza, come accade a ciascuno di noi. (...)


 Prefazione  di Roberto Saviano al libro  Prometto di perderti ( Valeria Imbrogno )

PROMETTO DI PERDERTI 3



(...) Dell' amore in genere ho pudore a parlare perché lo considero
      tema privato, forse minore, tema leggero, ma qui invece diventa
      centrale. Un amore disposto a perdere, capace di vedere nell'
      altro ciò che solo chi ama può vedere. Quante volte abbiamo
      detto o ci siamo sentiti dire che bisogna amare l'altro per
      quello che è, e quante volte abbiamo pensato che questa frase
      nasconde una immobilità che chi ama non può accettare. Ecco,
      Valeria vedeva un Fabo potenziato, era innamorata di lui per
      com'era, ma nello stesso tempo era anche in grado di capire
      quali strumenti Fabiano in nuce avesse per superare i suoi
      limiti, limiti dovuti all'educazione, alle sofferenze, alle 
      abitudini. Valeria è una donna forte, talmente tanto che a volte
      la decisione finale di Fabiano sembra se non presa da lei, da
      lei suggerita o addirittura a lei ispirata. Sembra quasi che
      Fabiano abbia deciso di diventare un titano per provare a
      giustificare ancora la sua presenza accanto a una donna forte,
      sportiva ( Valeria è stata campionessa mondiale di kickboxing)
      e piena di vita.Ma stiamo attenti a non trarre facili conclusioni,
      facili e codarde perché il pregio del libro sta proprio qui: nel
      modo in cui riesce a sciogliere questo nodo.
      Immagino non sia stato facile per Valeria raccontare la sua
      solitudine, anche prima dell'incidente; immagino non sia stato
      facile raccontare una storia d'amore tutto sommato tormentata,
      niente affatto lineare, anche e soprattutto prima. Immagino non
      sia stato facile raccontare la disperazione delle separazioni e
      gli eccessi di Fabiano. Ma ci crediamo perché amore è onestà
      e questo è un libro onesto che non ha conosciuto la censura più
      odiosa che è quella che si applica ai propri ricordi.
      E' il racconto di un amore e di vite normalmente imperfette e
      senza troppi giri di parole; è il racconto della solitudine a cui
      ti condanna un mondo che accetta solo chi sta bene, chi è
      normale, altrimenti ti mette ai margini, ti dimentica. Non ti
      considera, ti ignora. Ti fa sentire nessuno, trasparente,
      impedito nei movimenti e quindi nei sentimenti.
      Questo libro è celebrazione della vita, che in talune condizioni
      non può essere definita tale. Questo libro racconta di scelte,
      decisioni e percorsi intrapresi in  piena coscienza, con una
      consapevolezza che può esistere solo se c'è amore, ma amore
      imperfetto e per questo vero.  (...)


  Prefazione  di Roberto Saviano al libro  Prometto di perderti  ( Valeria Imbrogno )