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martedì 24 settembre 2019

Presentazione di frida al LIBRO di ROSA MONTERO




Nel 2009, Rosa Montero perde il suo amatissimo compagno di vita, Pablo. Vorrebbe scriverne, per sublimare il dolore, ma non ha mai raccontato se stessa nei libri. Ha sempre messo in scena i suoi sentimenti e le sue emozioni nascosta dietro i personaggi dei suoi romanzi. Mentre sta riflettendo sul da farsi, si imbatte nel diario di lutto di Marie Curie, la grande scienziata che ha perso il marito, Pierre Curie, nel 1906. Nel diario di questa donna serissima, trova un urlo di dolore e di disperazione, un lutto profondo, un amore appassionato. Sente allora che può usare il personaggio di Marie, così grande e così complesso, come uno schermo su cui proiettare le riflessioni e le emozioni che giravano nella sua testa e nel suo cuore da due anni.
Si immaginava che fosse una donna fredda - anche Einstein la descrive così: " Molto intelligente, ma fredda come un pesce" - ma questo breve diario rivela a Rosa una donna molto umana, appassionata e molto vicina al suo modo di sentire. Comincia a indagare, accumulando documentazioni: fotografie, biografie, lettere per tentare di comprendere il mistero di Marie, e più si immerge nella vita di lei, più percepisce risonanze con la propria. Così le due storie si intrecciano in questo omaggio  alla vita, all'amore e alla morte.


                                          ( f. )



INTRODUZIONE ALLA RIDICOLA IDEA 1



(…) Poiché non ho avuto figli, la cosa più importante che mi è
       successa nella vita sono i miei morti, e con ciò mi riferisco alla
       morte delle persone amate. Ti sembra lugubre, forse persino
       morboso? Io non la vedo così, anzi, al contrario: per me è una
       faccenda così logica, così naturale, così vera. Soltanto nelle
       nascite e nelle morti si esce dal tempo: la Terra arresta la sua
       rotazione e le banalità in cui sprechiamo le ore cadono sul
       pavimento come polvere di porporina. Quando nasce un
       bambino o muore una persona, il presente si spacca a metà e ti
       lascia intravedere per un istante la crepa di ciò che è vero:
       monumentale, ardente e impassibile. Non ci si sente mai tanto
       autentici quanto bordeggiando quelle frontiere biologiche: si
       ha una chiara coscienza di vivere qualcosa di enorme.
       Molti anni fa, durante un'intervista, il giornalista Inaki
       Gabilondo mi disse che la morte della sua prima moglie,
       scomparsa giovanissima per un cancro, era stata molto dura
       sì, ma anche la cosa più importante che gli fosse accaduta.
       Le sue parole mi impressionarono: difatti le ricordo ancora.
       Allora credetti di capire bene ciò che voleva dire, ma dopo
       averlo sperimentato l'ho capito meglio.
       Non tutto è orribile nella morte, per quanto un'affermazione
       simile sembri una bugia.
       Ma questo non è un libro sulla morte .  (…)


Rosa Montero  da   La ridicola idea di non vederti più ( La storia di Marie Curie e la mia )

INTRODUZIONE ALLA RIDICOLA IDEA 2



(…)In realtà non so bene che cos'è, o cosa sarà.Ce l'ho qui- adesso
     - sulla punta delle dita, appena poche righe su un tablet, un
   cumulo di cellule elettroniche ancora indeterminate che potranno
   essere abortite con grande facilità. I libri nascono da un germe
   infimo, un ovuletto minuscolo, una frase, un'immagine, un'
   intuizione; e crescono come zigoti, organicamente, cellula dopo
   cellula, differenziandosi in tessuti e strutture sempre più 
   complesse fino a diventare una creatura completa e spesso
   inaspettata. Ti confesso che ho un'idea di ciò che voglio fare con
   questo testo, ma il progetto resisterà fino al finale o comparirà
   qualche altra cosa? Mi sento come il pastore di quella vecchia
   barzelletta che sta intagliando un pezzo di legno con un coltello;
   quando un passante gli domanda: " Che statuetta sta facendo?",
   risponde: " Beh, se viene fuori la barba, sant' Antonio, e sennò l'
   Immacolata Concezione ".
   Adesso so che scrivo per cercare di dare al Male e al Dolore un
   senso che in realtà so che non possiedono.
  " L'arte è una ferita che si trasforma in luce", diceva Jorges
   Braque. Abbiamo bisogno di quella luce, non soltanto noi che
   scriviamo o dipingiamo o componiamo musica, ma anche noi che
   leggiamo e guardiamo quadri e ascoltiamo un concerto. Tutti
   abbiamo bisogno della Bellezza perché la vita sia sopportabile.
   L'ha detto benissimo Fernando Pessoa :" La letteratura, come l'
   arte in generale, è la dimostrazione che la vita non basta ".
   Non basta, no. Perciò sto scrivendo questo libro. Perciò lo stai
   leggendo.  (…)


Rosa  Montero  da  La ridicola idea di non vederti più ( La storia di Marie Curie e la mia )

LA RIDICOLA IDEA DI NON VEDERTI PIU' 1

 
 

"A volte ho l'idea ridicola che tuto questo sia un'illusione e che tornerai…"  ( M. Curie )


(…) Il vero dolore è indicibile. Se riesci a parlare di ciò che ti
       angoscia, sei fortunato: significa che non è così importante.
       Perché quando il dolore ti cade addosso senza palliativi, la
       prima cosa che ti strappa via è la Parola. E' probabile che tu
       riconosca quello che dico: forse lo hai provato perché la
       sofferenza è una cosa comunissima in tutte le vite ( così come
       la gioia ). Parlo di quel dolore che è così grande che non
       sembra nemmeno nascerti dentro, ma è come se fossi stata
       sepolta da una valanga. E così rimani. Tanto seppellita sotto
      quelle sassose tonnellate di pena da non poter neanche parlare.
      Sei sicura che nessuno ti sentirà.
     Adesso che ci penso,in questo il dolore è molto simile alla follia.
     Nell'adolescenza e nella prima giovinezza ebbi diverse crisi di
     angoscia. Erano attacchi di panico repentini, nausee, sensazioni
     acute di perdita della realtà, terrore di stare impazzendo. Ho
     studiato Psicologia all' Università Complutense proprio per
     quello: perché pensavo di essere pazza. In realtà, credo che
     questo sia il motivo per cui il novantanove per cento dei
     professionisti del settore studia psicologia o psichiatria ( il
     rimanente uno per cento è figlio di psicologi o psichiatri,e quelli
     sono messi ancora peggio ). Sia chiaro, non mi sembra un male
     che sia così: avvicinarsi alla pratica terapeutica avendo
     conosciuto cos'è lo squilibrio mentale può darti più
     comprensione, più empatia. A me quelle crisi d'angoscia fecero
     aumentare la conoscenza del mondo. Oggi sono contenta di
     averle avute: così ho saputo che cos'era il dolore psichico, che è
     devastante per quanto ineffabile. Perché la caratteristica
     essenziale di ciò che chiamiamo follia è la solitudine, ma una
     solitudine monumentale. Una solitudine tanto grande che non
     entra nella parola solitudine e che non si può nemmeno
    immaginare, se non la si è provata.E' sentire che sei disconnessa
    dal mondo, che non potranno capirti, che non ha Parole per
    esprimerti. E' come parlare una lingua che nessun altro conosce.
    E' essere un astronauta che galleggia alla deriva nella vastità
    nera e vuota dello spazio esterno. E' di quel tipo di solitudine
    che sto parlando.E nel vero dolore,nel dolore - valanga, succede
    qualcosa di simile. Sebbene la sensazione di disconnessione non
    sia così estrema, anche in quel caso non puoi condividere né
    spiegare la tua sofferenza. Lo dice anche la saggezza popolare :
    Tizio è impazzito di dolore. La pena acuta è un'alienazione.
    Taci e ti chiudi in te stesso.  (…)


Rosa  Montero  da  La ridicola idea di non vederti più ( La storia di Marie Curie e la mia )


LA RIDICOLA IDEA DI NON VEDERTI PIU' 2



(…) E' ciò che fece Marie Curie quando le portarono il cadavere di
       Pierre: si rinchiuse nel mutismo, nel silenzio, in un'apparente,
       pietrificata freddezza.Erano sposati da undici anni e avevano
       due figlie, la più piccola di quattordici mesi. Quella mattina
       Pierre era uscito come sempre per andare al lavoro; aveva
       pranzato con dei colleghi e, tornando al laboratorio, era
    scivolato e caduto davanti a un pesante carro di trasporto merci.
    I cavalli lo avevano evitato, ma una delle ruote posteriori gli
    aveva fatto a pezzi il cranio. Era morto immediatamente.

  "   Entro in salotto. Mi dicono: " E' morto. Si possono forse
     comprendere parole simili? Pierre è morto, lui che avevo visto
     uscire di casa la mattina; lui che speravo di stringere fra le
     mie braccia quella sera… Ormai lo rivedo soltanto morto e
     basta. Per sempre. "

     Sempre, mai, parole assolute che non possiamo comprendere
     essendo - come siamo - piccole creature imprigionate nel nostro
     piccolo tempo. Non hai mai giocato - da bambino - a cercare
     di immaginare l'eternità? L'infinito che si dispiega davanti a te
     come un nastro azzurro ondeggiante e interminabile ? Questa è
    la prima cosa che ti colpisce in un lutto: l'incapacità di pensarlo
    e di ammetterlo. Semplicemente: l'idea non ti entra in testa. Ma
    com'è possibile che " non ci sia ?"Quella persona che tanto
    spazio occupa nel mondo, dove si è cacciata? Il cervello non può
    comprendere che sia scomparso per sempre. E cosa diavolo è
   " sempre?".E' un concetto inumano. Voglio dire che è fuori dalla
    nostra capacità di comprensione. Ma come, non lo rivedrò più?
    Né oggi, né domani, né dopodomani né fra un anno? E' una
    realtà inconcepibile che la mente rifiuta: non rivederlo mai più è
    una brutta battuta, un'idea ridicola.
    Dopo la morte di Pablo anch'io mi sono scoperta per settimane
    a pensare : " Vediamo se la smette di fare lo scemo e torna, una
    buona volta…", come se la sua assenza fosse un suo scherzo per
    darmi fastidio, come a volte faceva. Capitemi: non era un
    pensiero vero del tutto assunto come tale, bensì una di quelle
    idee a metà che barbagliano ai bordi della coscienza, come  
    pesci nervosi e sfuggenti.  (…)



Rosa Montero  da  La ridicola idea di non vederti più ( La storia di Marie Curie e la mia )