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lunedì 30 dicembre 2019

QUALCOSA DA SAPERE ( A proposito di " Mal di pietre " )



(…)Mamma mi ha raccontato queste cose dopo che nonna è morta.
      Le ha sempre tenute per sé e non ha mai avuto paura di farmi
      allevare da sua suocera che amava molto. Anzi, pensa che
      dobbiamo essere grati a nonna perché si è presa tutto il
      disordine che magari sarebbe toccato a papà e a me. Secondo
      mamma - infatti - in una famiglia il disordine deve prendere
      qualcuno, perché la vita è fatta così, un equilibrio fra i due,
      altrimenti il mondo si irrigidisce e si ferma.
      Se la notte noi dormiamo senza incubi, se il matrimonio di papà
      e mamma è sempre stato senza scosse, se mi sposo con il mio
      primo ragazzo, se non abbiamo crisi di panico e non tentiamo
      di suicidarci,nè di buttarci dentro i cassonetti della spazzatura,
      o di sfregiarci, è merito di nonna, che ha pagato per tutti.
      In ogni famiglia c'è sempre uno che paga il proprio tributo
      perché l'equilibrio fra ordine e disordine sia rispettato e il
      mondo non si fermi.  (…)



                         Milena  Agus   da    Mal di pietre


 
 
      Per accompagnarti, ti accompagnerei…
 
 
 

MAL DI PIETRE 1

 
 

                                                                       Dimonia !  Dimonia !


(…) Si era sposata tardi, nel giugno 1943, dopo i bombardamenti
       degli Americani su Cagliari,  a quei tempi avere trent'anni
       senza ancora sistemazione, era come essere già un po' zitella.
       Non che fosse brutta, o che le mancassero i corteggiatori, anzi.
       Solo che- ad un certo punto - i pretendenti diradavano le
       visite e poi non si facevano più vedere, sempre prima di aver
       chiesto ufficialmente al mio bisnonno la sua mano.
       Gentile signorina, cause di forza maggiore mi impediscono
       questo, nonché il mercoledì venturo di " fai visita a fustetti ",
       cosa che sarebbe a me graditissima, ma purtroppo impossibile.
       Allora nonna aspettava il terzo mercoledì, ma sempre arrivava
       " una pipiedda " con una lettera che rinviava ancora e poi più
       niente.
       Il mio bisnonno e le sue sorelle le volevano bene anche così,
       un po' zitella, ma la mia bisnonna, no : la trattava sempre
       come se non fosse sangue del suo sangue e diceva che sapeva
       lei perché.
       Un giorno la mia bisnonna la aspettò nel cortile con la zironia,
       che era un nerbo di bue, e cominciò a colpirla fino a farle
       venire le piaghe persino sulla testa e la febbre alta.
       Aveva scoperto da voci che correvano in paese che i 
    pretendenti andavano via perché mia nonna gli scriveva poesie 
     d'amore infuocate che alludevano anche a cose sporche e che
     sua figlia stava infangando non solo se stessa, ma anche la sua
     famiglia. E continuava a colpirla, a colpirla e a urlare : "
     Dimonia! Dimonia ! " e a maledire il giorno in cui l'avevano
     mandata in prima elementare e aveva imparato a scrivere .(…)



                           Milena  Agus    da         Mal di pietre


   

MAL DI PIETRE 2



(…) Nel letto alto - la notte - nonna si rannicchiava il più lontano
       possibile da lui, tanto che cadeva spesso per terra e quando,
       nelle notti di luna, dagli scurini delle porte penetrava la luce e
       illuminava la schiena di suo marito,lei ne aveva quasi spavento
       di questo estraneo forestiero che non sapeva se fosse bello o
       no,tanto non lo guardava e tanto lui non la guardava.Se nonno
       dormiva profondamente, lei faceva la pipì nel pitale sotto il
       letto, altrimenti- bastava facesse un movimento impercettibile-
       che si metteva lo scialle e usciva dalla camera e attraversava il
       cortile con qualunque tempo per andare al gabinetto di fianco
       al pozzo. Del resto, nonno non tentò mai di avvicinarla e se ne
       stava anche lui così rattrappito sull'altra sponda- corpulento
       com'era - che più volte cadde ed erano tutti e due sempre
       pieni di lividi. Da soli, cioè in camera da letto e basta, non
       parlavano mai. Nonna faceva le preghiere della notte, nonno
       no, perché era ateo e comunista. E poi uno dei due diceva: "
       Fate buona notte ", e l'altro : " Una buona notte anche a voi".
       La mattina, mia bisnonna voleva che la figlia preparasse il
       caffè per nonno. Il caffè di allora, di ceci e orzo tostati nel
       camino con un attrezzo apposta e poi macinato.
      " Portate il caffè a vostro marito", e allora nonna andava con
       la tazzina viola piena di dorature sul vassoio di vetro dai
       motivi floreali, glielo posava ai piedi del letto e scappava
       subito, come se avesse lasciato la ciotola a un cane rabbioso
       e neppure questo si perdonò mai in tutta la vita .  (…)




                        Milena  Agus    da      Mal di pietre 
      

MAL DI PIETRE 3


(…) Una sera nonno, prima di sedersi sulla poltrona sgangherata
       vicino alla finestra sul pozzo di luce, andò a prendere dalla
       valigia di sfollato la sua pipa, tirò fuori dalla tasca un 
       sacchetto di tabacco appena comprato, e si mise a fumare, per
       la prima volta dopo quel maggio 1943.
       Nonna avvicinò lo scanno e rimase seduta a guardarlo.
    " Così voi fumate la pipa.Nessuno mai ho visto fumare la pipa ". 
       E rimasero in silenzio per tutto il tempo. Quando nonno ebbe
       finito, lei gli disse : " Non dovete più spendere i soldi per le
       donne della Casa Chiusa. Quei soldi dovete spenderli per
       comprarvi il tabacco e rilassarvi e fare la vostra fumata.
       Spiegatemi cosa fate con quelle donne e io farò tutto uguale ".
       (…)



                           Milena  Agus   da          Mal di pietre 


MAL DI PIETRE 4



(…) Quando nonna si accorse di essere ormai vecchia, mi diceva
       che aveva paura di morire. Non per la morte in sé, che doveva
       essere come andare a dormire o fare un viaggio, ma perché
       sapeva che Dio con lei era offeso, perché le aveva dato tante
       cose belle in questo mondo e lei non era riuscita ad essere
       felice, e questo, Dio, non poteva averglielo perdonato. In fondo
       sperava di essere matta davvero: da sana, l'Inferno era sicuro.
       Però con Dio avrebbe discusso, prima di andare all' Inferno.
       Gli avrebbe fatto notare che se Lui crea una persona in un
       certo modo, poi non può pretendere che agisca come se non
       fosse lei. Aveva speso tutte le sue forze per convincersi che
       quella era la migliore vita possibile, e non quell'altra di cui la
      nostalgia e il desiderio le toglievano il respiro.Ma di certe cose
      a Dio avrebbe chiesto sinceramente perdono : il vestito di
      cachemire che nonno le aveva comprato a Milano e lei aveva
      strappato sulla scala mobile della stazione; la tazzina di caffè
      ai piedi del letto, in quel suo primo anno di matrimonio, come
      la ciotola di un cane; la sua incapacità a godere di tante
      giornate al mare, quando pensava che il Reduce sarebbe
      arrivato al Poetto, agile sulla sua stampella.
      E quel giorno d'inverno, quando nonno era tornato a casa con
      una busta di abbigliamento da montagna, che chissà da chi si
      era fatto prestare, e le aveva proposto una gita sul Supramonte,
      organizzata dal suo ufficio per i dipendenti delle Saline e lei,
      anche se in montagna non c'era mai stata, aveva provato
      soltanto un insopprimibile fastidio e l'unica cosa che avrebbe
      voluto fare sarebbe stata strappargli dalle mani quell'
      abbigliamento ridicolo. Ma lui continuava testardo  dirle che i
      veri Sardi la Sardegna la devono conoscere.  (…)


                  Milena  Agus   da       Mal di pietre



MAL DI PIETRE 5


(..) A casa,a sera,aveva preparato il bagno caldo e la cena e si era
       spaventata per quanto nonno beveva. Uguale a sempre, ma era
       come se non l'avesse mai visto.
       Di notte, però, era stato bellissimo. Più di tutte le altre volte.
       Nonna,coricato papà e con addosso la vestaglia e la sottoveste
       vecchie, pronta per andare a dormire, si mangiava una mela
       soprappensiero. Nonno, chiusa la porta della cucina a chiave
       per essere sicuro che il bambino non entrasse, aveva iniziato il
       loro gioco della Casa Chiusa, dandole l'ordine di togliersi
       vestaglia e sottoveste e di distendersi nuda sulla tavola
       apparecchiata, come fosse stata il suo pasto preferito. Aveva
       acceso la stufa, perché non prendesse freddo, e ricominciato a
      cenare servendosi di quel ben di dio.La palpeggiava e lavorava
     dappertutto e prima di gustare qualunque cosa,anche la
     salsiccia sarda buonissima del paese, la metteva dentro la figa
     di nonna - perché nelle Case Chiuse è quella la parola che si
     doveva  usare -. Lei aveva iniziato a eccitarsi da morire e a
     toccarsi, e di amarlo o non amarlo in quel momento non gliene
     importava più niente voleva soltanto continuare il gioco.
    " Sono la tua puttana " mugolava.
     Poi nonno le aveva versato il vino su tutto il corpo e leccata e
     succhiata, soprattutto le tette grandi di burro, che erano la sua
     passione. Ma aveva voluto punirla, forse per come si era
     comportata alla gita, o forse, chissà - con nonno non si capiva
     mai e, sfilata la cintura dei pantaloni, l'aveva costretta a
    camminare per la cucina come una cagna colpendola,ma stando
    attento a non farle troppo male e a non lasciare segni sul suo
    bellissimo sedere.Sotto la tavola,nonna glielo aveva accarezzato
    e preso in bocca come ormai sapeva fare da esperta, ma ogni 
    tanto smetteva per chiedergli se era una brava puttana e quanto
    aveva già guadagnato e che non avrebbe mai voluto smettere di
   giocare alla Casa Chiusa.
    Avevano giocato a lungo, e poi nonno si era messo a fumare la
    sua pipa e lei allora si era rannicchiata nella sponda opposta
    del letto e - come sempre- si era addormentata.  (…)



                      Milena  Agus    da       Mal di pietre


  

MAL DI PIETRE 6



(…) Invece con il Reduce, la notte era così emozionata per aver
       scoperto - sicuramente - la famosa cosa principale, che stava
  sveglia a guardare come lui era bello,sfruttando qualche chiarore
    nell'oscurità, e quando sussultava spaventato, come se sentisse
    sparare, o che  cadevano le bombe sulla nave e la spezzavano in
    due, lo sfiorava leggermente con un dito e il Reduce - nel sonno -
    le rispondeva attraendola a sé e non era distante da lei neppure
    quando dormiva.Allora nonna prendeva coraggio e si faceva una
    nicchia nella curva del suo corpo e si metteva da sola il braccio
 del Reduce attorno alle spalle e la mano sulla testa e l'impressione
  che le faceva questa posizione mai provata, era tale che non
  riusciva a rassegnarsi a quella cosa- secondo lei senza senso- che
  è addormentarsi quando si è felici. Quindi c'era da chiedersi se
  gli innamorati vivessero così. E se fosse possibile. E se non
  decidessero anche loro, a un certo punto, di mangiare e di
  dormire . 
  Delle prestazioni di nonna, la preferita del Reduce era la geisha,
  la più difficile. Perché con nonno lei se la cavava raccontandogli
  cosa ci sarebbe stato per cena,invece il Reduce voleva prestazioni
  sofisticate, tipo la descrizione della spiaggia del Poetto e di
  Cagliari e del suo paese e i racconti della sua vita quotidiana e
  del suo passato e delle emozioni provate dentro il pozzo e faceva
 tante domande e voleva risposte particolareggiate.Così mia nonna
 uscì dal suo mutismo e ci prese gusto e non la finiva più
 di raccontare.
 Con lui non si vergognava di niente, eppure di fare la pipì insieme
 per buttare fuori le pietre, e siccome per tutta la vita le avevano
 detto che sembrava una di un paese della luna, le sembrò di aver
 incontrato - finalmente - uno di quel suo stesso paese ed era quella
 la cosa principale della vita, che le era sempre mancata.  (…)



            Milena  Agus   da    Mal di pietre