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sabato 8 novembre 2025

IL DESTINO DI JUNG

 



                                                                 " Fino a quando l' inconscio

                                    non sarà portato a livello di coscienza,

                                    continuerà a dirigere la tua vita,

                                    e tu lo chiamerai  Destino ".




                                              C. G. Jung



giovedì 30 ottobre 2025

MILLE REGRETS


                                                                         Mille regrets de vous abandonner...



                                      " Io non sono ciò che mi è accaduto ;

                             sono quello che scelgo di diventare ".



                                                 C. G. Jung


lunedì 3 giugno 2024

JUNG SI RACCONTA...

 




                                                      "  L'uomo non può sopportare

                                 una vita priva di senso ".


                                

                                            C. G. J.



venerdì 26 maggio 2023

RIPRENDETEVI L' ANIMA ( dall'ultima lezione di Jung )


      
Carl Gustav Jung


 

(...)  Oggi posso dire : sono rimasto fedele a me stesso; ho fatto quel che potevo secondo scienza e coscienza. Se sia stato giusto o meno, questo non lo so . Soffrire è stato - in un modo o nell' altro - inevitabile. Ma io voglio soffrire per cose che mi appartengono davvero. Chiunque viva la sua vocazione e la realizzi secondo il meglio che sa e può, non ha motivo di avere rimorsi . (...)




          Carl Gustav Jung  dall ' anteprima del libro di Aniela Jaffé  " In dialogo con Carl Gustav Jung "




venerdì 4 marzo 2022

RICONCILIAZIONE



                                                              Re - conciliatio


 

(...) Il perdono non è ancora riconciliazione, ma è la premessa necessaria affinché questa avvenga. La parola latina reconciliatio, tradotta letteralmente, significa che diventa possibile un nuovo rapporto e una nuova convivenza tra vittime e carnefici. ( re " di nuovo"; conciliatio " unione, comunione ). Non è sempre facile decidere se mi sono già riconciliato con me stesso, con la storia della mia vita e con quelli che mi hanno ferito. Perciò è bene celebrare rituali di riconciliazione. Nei rituali mi è possibile percepire la riconciliazione, almeno per qualche istante. Allora posso avere fiducia nel fatto che questa riconciliazione abbia degli effetti anche sulla quotidianità. " I rituali - diceva C.G. Jung - sono più efficaci degli appelli morali alla riconciliazione. I rituali riescono a sciogliere i sentimenti di odio e di ostilità che agiscono nelle profondità dell'inconscio." Inoltre in essi vengono espressi sentimenti che altrimenti non troverebbero uno sfogo.. I rituali di riconciliazione creano un nuovo legame con le persone, uniscono le vittime e i carnefici e i loro discendenti.  (...)



             Anselm  Grun  da         Spezza le tue catene



sabato 26 febbraio 2022

SPEZZA LE TUE CATENE 3

 

VITTIMISMO E SPIRITUALITA'


(...) Non esistono trucchi veloci per uscire dal vittimismo. La spiritualità - però- è un possibile percorso per non restare inermi in sua balia. La spiritualità si esprime sempre in modi di agire concreti, in rituali o nell'esercizio di atteggiamenti in sintonia con la nostra natura. La spiritualità - inoltre - già per i primi monaci significava un esercizio alla libertà umana. La parola " ascesi" in origine significa allenamento, esercizio. I monaci si allenavano per non essere dominati dalle passioni, dalle emozioni e dai loro bisogni, ma anche per riuscire a gestirli in maniera attiva e libera o, meglio ancora, per sfruttare nella loro vita l'energia insita nelle passioni. Per i monaci la spiritualità non era una pia fuga davanti alle difficoltà dell'esistenza, davanti alle ferite, alle esperienze in cui siamo vittime, alle malattie, alle sventure, agli incidenti o agli intrighi. I monaci guardavano in faccia la realtà, così com'era, e sviluppavano strategie per poter gestire la situazione.

Chi si sente continuamente vittima e non trova una via d'uscita da tale atteggiamento, in ultima analisi rifiuta la responsabilità per se stesso e la propria vita. E' il caso - ad esempio - di certe persone che rivolgono continue accuse ai propri genitori, attribuendo loro la colpa per la mancata riuscita della propria vita. Oppure di coloro che continuano a cercare nel passato i motivi per cui non riescono a concludere gli studi, hanno difficoltà sul posto di lavoro o non trovano un partner. C.G. Jung, diceva che ad un certo punto non è più importante come sia stata l'infanzia. Ad un certo punto bisogna assumersi la responsabilità della  propria esistenza. Dipende da me che cosa faccio della storia della mia vita. Lo si potrebbe descrivere con questa metafora: si può plasmare una bella scultura a partire da ogni materiale  ( pietra, legno, argilla.. ), l'importante è che si lavori in maniera adatta al materiale. Altrimenti non si ottiene nulla. Il  materiale attraverso il quale plasmo la mia forma unica, quella che Dio ha  posto nella mia natura, è la storia della mia vita con tutte le esperienze che ho fatto, le belle esperienze di essere protetto e amato, ma anche le ferite che, ad esempio, ho subito nell'infanzia. Da quello che ho vissuto posso plasmare la forma che corrisponde alla mia natura autentica. (...)




             Anselm  Grun   da   Spezza le tue catene . Liberarsi da un certo vittimismo



domenica 7 febbraio 2021

LA FORZA DELL' EMOZIONE

 



                                             " Senza emozione, è impossibile

                           trasformare

                           le tenebre in luce e

                           l' apatia in movimento." 


                                  C. G. Jung  


                                   

mercoledì 28 ottobre 2020

DISTURBO E FOLLIA IN VIVIANE



 "La strega incarna i desideri, i timori e le altre tendenze della nostra psiche che sono incompatibili con il nostro Io."

                                             (  C. G. Jung )


CAPPUCCETTO ROSSO


Madre, non c'è un solo lupo

ma tanti lupi in questo bosco

e carne di bambine prediligono.

E' forse un male ai loro occhi?

Madre, dopo il fatto

un gendarme m'interrogò.

Chiese:

Con quale lupo hai parlato?

Com'eri vestita?

Quale svago ti propose?

Il lupo ansimava?

Ti tolse il cappuccio?

Ti fece spugnature?

Ammettilo, un po' ti piaceva il gioco!

Madre il gendarme dall'aria vischiosa

le ginocchia mi teneva

con occhi da lupo e ragione annebbiata.

Al palato aggrovigliai la lingua.

Dapprima rispondevo con candore di bimba

poi muta restai

a nuove domande.

S'offese il silenzio.

( Scrivila tu - lettore - la morale )



                                           ***




SETTE NANI BIPOLARI


Sette. Non uno di meno.

Così dolci e perdonabili.

Eccitati talvolta

oppure distaccati.

Rovinati dalla simpatia intermittente

affabulatori impenitenti

o bugiardi seriali.

Camminano in fila

- elongazione dei passi tra i pioppi -

fino alla casetta dall'architettura allusiva.

Un'improvvisa luce ingigantisce l'ombra

un secondo abbaglio la rimpicciolisce.

Biancaneve li chiama bipolari

pensando siano folli

ma la ragazza - confusa -

fa di tutta l'erba un fascio.

Loro - rispetto alla follia -

mancano di logica.



                                                ***


LA MATRIGNA DI CENERENTOLA


Fatti le unghie per il ballo a corte

- mia figlia di risulta -

passerò a picchiarti sul collo del piede

sulla nervatura delle dita

ti strapperò l'imene

- stupido roditore

in attesa solenne -

lo strapperò coi denti

ricucirò i lembi

lo farò mio

e tornerò operativa

per gioire

o per drenare il mio rancore.



                                                ***

CENERENTOLA DOPO UN ANNO DALLE NOZZE


Ho l'alluce valgo

non porto più scarpette

mio principe.

Perverso narcisista

enigmatico e tortile

indebitato dell'io.

La tua follia è crederti re.

Tu canti come si uccide.

Capriccio

         vezzo

            automatismo

oppure malattia.

Ognuno si fa scudo della propria storia

ognuno ha le proprie ragioni

che come sai sono tutte ottime ragioni.



                                             ***


BARBABLU'


E questa non è una fiaba

solamente neve - ma tanta

una triplice dose

ospitata a iosa nelle gabbia.

Stipati gli ardori

non sollevate il coperchio dei segreti.

L'orco qui

- fogliolina sulla fronte -

al tavolo delle congetture.

Provo di orologio al polso.

Li ha buttati via tutti

prima di inghiottire il tempo

su fogli di focaccia

e la lingua - la lingua -

approdata nell'irrevocabile.

L'odore indugia nella barba

neppure il sigaro lo porta via

e quello sguardo nel dipinto

è dardo foriero di brutture.

Barbablù enigma.

Barbablù enigma di chiavi macchiate di sangue

provenienti da una stanza proibita.

Le ha lasciate in bella vista:

saranno l'ultimo oggetto

stretto nella mano di spose curiose.



                                           ***


POLLICINO SUL SENTIERO DI CASA


L'arte di cavarsela 

col pane stavolta.

Usa la furbizia

a suon di briciole

sarai sempre innocente.

Ma perdersi era una

così brutta idea?

Qui taccio

affinché risposta esulti.




                                           Viviane  Ciampi      Inediti


domenica 5 aprile 2020

LA QUARANTENA DI JUNG





           
                          " Mi privarono anche della primavera ...
                            Sì, quell'anno mi privarono della primavera 
                            e di tante altre cose :
                            ma io ero fiorito ugualmente!
                            Mi ero portato la primavera dentro e nessuno
                           avrebbe potuto rubarmela più ".



                               C. G. Jung     da      Liber  Novus



DAL LIBER NOVUS DI JUNG




" Mi guardai attorno e vidi che la solitudine si dilatava all'infinito "   ( C. G. Jung )


(...)Mi guardai attorno e vidi che la solitudine si dilatava
all'infinito e mi compenetrava con un gelido brivido.
Ardeva ancora in me il sole, ma sentivo di star entrando
nella grande ombra. Seguo la corrente che lenta e tenace
trova la via verso il profondo, verso l'abisso di quel che
stava per arrivare. Così proseguii quella notte ( era la
seconda notte del 1914 ) e fui colto da un senso di attesa
angosciante. Andavo avanti ad abbracciare gli eventi che
stavano per arrivare. La strada era lunga e orribile, era
ciò che stava per arrivare. Erano morti senza fine, un mare
di di sangue,ciò che vidi. Di lì nasce il nuovo sole, terribile,
rovescio di quello che chiamavamo giorno. Abbiamo preso
possesso della tenebra e il suo sole splenderà su di noi,
sanguinolento e infuocato come un grande tramonto.
Quando afferrai la mia tenebra, sopra il mio capo calò la
notte splendida e magica, il mio sogno mi proiettò nelle
profondità dei millenni e di lì sorse la mia fenice.
Ma che cos'è capitato del mio giorno? Si accesero fiaccole
incendiarie, divamparono -cruente – l'ira e la discordia.
Quando la tenebra s'impossessò del mondo, si scatenò
l'orribile guerra e la tenebra cancellò la luce del mondo,
poiché essa era incomprensibile alla tenebra e non serviva
più. Dovemmo quindi assaporare l'inferno.
Vidi in quali vizi si trasformavano le virtù del nostro tempo,
vidi la tua dolcezza tramutarsi in durezza, la tua bontà in
brutalità, il tuo amore in odio e la tua ragione in delirio.
Perchè mai hai voluto afferrare la tenebra! Ma hai dovuto
farlo, altrimenti ti avrebbe ghermito lei. Fortunato chi afferra per primo!
Pensavi forse al male in te? Oh tu ne parlavi, lo menzionavi e lo ammettevi sorridendo come un vizio comune agli uomini, oppure come un fraintendimento ricorrente. Ma tu sapevi che cos'è veramente il male e
sapevi che sta appiccicato alle tue virtù, che è esso stesso
perfino una tua virtù, in quanto suo inevitabile contenuto?
Hai chiuso Satana nell'abisso per un millennio, e quando
fu trascorso il millennio hai riso di lui perchè era diventato una favoletta per bambini. Quando però colui che è
terribilmente grande solleva il capo, il mondo trema. Allora
senti scendere il gelo più estremo. Con orrore scopri di essere indifeso e che la schiera delle tue virtù cade in
ginocchio, impotente. Con forza demoniaca il male si
impossessa di te e le tue virtù passano al suo servizio. In
questa lotta sei completamente solo, perchè i tuoi dei sono
diventati sordi. Non sai più quali siano i diavoli peggiori:
se i tuoi vizi o le tue virtù. Di una cosa però sarai certo:
che virtù e vizi sono fratelli.
Per vederci chiaro è necessario il rigore della morte. La vita vuole vivere e morire, iniziare e finire. Non sei
obbligato a vivere in eterno, ma puoi anche morire, perchè
in te c'è la volontà per tutt'e due. Vita e morte devono
bilanciarsi nella tua esistenza. Gli uomini odierni hanno
bisogno di un' ampia porzione di morte perchè in loro
vivono troppe cose ingiuste, e troppe cose ingiuste muoiono
in loro. Giusto è ciò che mantiene l'equilibrio, sbagliato
ciò che lo turba. Ma una volta che l'equilibrio sia raggiunto, allora è sbagliato ciò che mantiene l'equilibrio
e giusto ciò che lo turba. Equilibrio è vita e morte allo
stesso tempo. Per la completezza della vita ci vuole un
equilibrio con la morte. Se accetto la morte, il mio albero rinverdisce, perchè il morire esalta la vita. Quando mi
sprofondo nella morte che abbraccia il mondo intero, allora sbocciano i miei germogli. Quanto la nostra vita ha
bisogno della morte! Proverai la gioia delle piccole cose solo se avrai accettato la morte. Se invece ti guardi intorno
avidamente in cerca di tutto ciò che potresti ancora vivere,
allora nulla sarà mai grande abbastanza per il tuo piacere;
le piccole cose che costantemente ti circondano non ti daranno più gioia. Contemplo perciò la morte, perchè essa
mi insegna a vivere. Se accogli in te la morte, essa è come una notte di brina e un presagio di sgomento, ma è una notte di brina che scende su un vigneto ricolmi di dolci grappoli. Presto sarai felice della tua ricchezza. La morte
fa maturare. C'è bisogno della morte per poter raccogliere
i frutti. Senza la morte la vita non avrebbe senso, perchè
ciò che dura a lungo torna a eliminarsi da solo e nega il
proprio significato. Per esistere e godere della tua esistenza ti è necessaria la morte, e questa limitazione ti consente di portare a compimento la tua esistenza.(...)




                           C.G. Jung   da      Liber Novus



domenica 23 febbraio 2020

IL LAMENTO DEI MORTI ( Presentazione )



Abbiamo ucciso i morti, e adesso ci aggiriamo in una vita che è poco più di un pregiudizio, lontani dalla pienezza dell'esistenza. Ecco il sintomo collettivo, la malattia di cui soffre la nostra cultura, e che le psicoterapie tentano invano di sanare. Lo intuì un secolo fa C.G. Jung, quando iniziò la discesa nei propri abissi inferi che avrebbe speso anni a trascrivere, calligrafare  e corredare di immagini sfolgoranti, consegnando poi il testo ad un silenzio infranto solo nel 2009, con un'edizione che lasciò stupefatti : il Libro rosso, favoleggiato da tempo nelle cerchie junghiane vedeva finalmente la luce, e la sua unicità - ancora da decifrare - scuoteva non solo l'edificio della psicologia, ma ogni altra costruzione concettuale sul territorio della psiche.
 "Lì nulla potrà mai più essere come prima ", è la convinzione comune di James Hillman , il discepolo " eretico " certamente più noto, e di Sonu Shamdasani, che curò  con grande impegno e acume l'edizione del libro.
Nel clima sintonico creato dalla loro spigliata libertà intellettuale, i due conversano a caldo sul significato di un'impresa per cui vanno cercate le parole adatte al di fuori dei linguaggi specialistici, in direzione metaforica, poetica e drammatica. Attraverso il dialogo di Hillman e Shamdasani si precisa così l'entità dello scuotimento : la gerarchia dei vivi e dei morti ne esce capovolta perchè - nel profondo di sé - Jung non rinviene i traumi personali che l'abbaglio introspettivo è solito portare a galla : vi incontra invece le figure ancestrali della storia umana, i morti che lamentano di restare inascoltati. Soltanto se presteremo loro orecchio e li riaccoglieremo tra noi, sapremo curare la nostra sofferenza di vivi, senza sacrificare un passato inconciliato ad un futuro esangue.
E' questo allora il vero " lascito " di Jung : un moderno Libro dei Morti che non contiene istruzioni per l'aldilà, bensì un viatico terreno per restituire a ciascuno l' " anima vivente ".




                                               ( f. )



IL LAMENTO DEI MORTI ( Prefazione )








           " Accettai il caos e la notte seguente l'anima mia mi visitò " ( C.G. Jung )


Nell' Ottobre 2009, poco dopo la pubblicazione del Libro rosso di Carl Gustav Jung, James Hillman ed io iniziammo una serie di conversazioni intorno all'opera. Nell' Aprile 2010, su invito dello Hammer Museum di Los Angeles, uno dei nostri dialoghi si svolse in pubblico; nell' autunno e nell'estate seguenti, i colloqui proseguirono nel Connecticut e a New Jork.
Questo libro raccoglie le trascrizioni di tali conversazioni. Temi e motivi ricorrenti, esaminati da angolazioni diverse, sono stati conservati. Prima che Hillman ci lasciasse, nell' autunno del 2011, rivedemmo entrambi il testo approvandone la versione definitiva.



                              Sonu  Shamdasani  ( Curatore de  il Libro rosso 


)

IL LAMENTO DEI MORTI 1




QUINTA CONVERSAZIONE

James Hillman

Il Libro rosso è importante anche per quanti ne ignorano l'importanza. E' un'icona. Per come la vedo io, riorganizza o decostruisce o cambia - in qualsiasi modo la si metta - l'idea del personale profondo. La soggettività profonda. A conti fatti, in questo libro il personale profondo non è la vita personale, l'infanzia, il trauma, la famiglia : nelle profondità, Jung non incontra niente di tutto ciò. Incontra la storia umana. Incontra le figure, incontra l'immaginazione, ed è questo il personale profondo, che libera me - o chiunque altro - dall'introspezione costante, dal cercare di capire che cosa non va in me, perchè mi sono evoluto in questo modo, qual è la mia personalità, qual è il mio trauma. E' la malattia introspettiva degli ultimi cento anni : Cogito ergo sum " penso, dunque sono", il pensiero introspettivo mi porta a ciò che sono. No. Si scopre invece che nelle profondità c'è la storia umana, e figure, creature, scene, paesaggi, voci, insegnamenti, un mondo straordinario: questo è il profondo della personalità, e fà sì che io non sia più spicologico. Non sono più intrappolato nei cento anni della psicologia occidentale.


Sonu Shamdasani

Jung si imbatte in un flusso di immagini e incontra la memoria collettiva e la fantasia. Non la mamoria personale. Una dimensione mnemonica c'è, ma è la memoria collettiva ad essere animata, ad avere un ruolo cruciale. Jung si trova costretto ad affrontare diatribe come quella fra il cristiano e il pagano, per poi vedere come la sua stessa vita non è esclusa da tutto ciò, ma non si fonda più sui realia, sui personalia. Sono le immagini a modellarla.


J.H.

Siamo " tenuti in vita " dalle immagini, come si diceva.


SS.

Jung se ne rende conto allora. Esistono poteri che si muovono nelle sue profondità


J.H.

Il personale profondo.


SS.

Non si potrebbe immaginare un libro meno freudiano di così. Quella struttura viene completamente smantellata.


J.H.

Eppure è la struttura che ha dominato gli ultimi cento anni. Abbiamo avuto un secolo di psicoterapia basata sull'introspezione. Invece il Libro rosso non è introspettivo, è un racconto, un récit- come lo intendeva Corbin - una sorta di viaggio visionario in un mondo di scene, di luoghi, di persone, di figure. E non è raggiungibile mediante l'introspezione.




  James  Hillman & Sonu Shamdasani    da   Il lamento dei morti


 

IL LAMENTO DEI MORTI 2



SESTA CONVERSAZIONE


James Hillman

Mi sembra che in qualche modo abbiamo ribattutto alle critiche sollevate dalla psichiatria convenzionale: il Libro rosso non è la manifestazione di una malattia, nè creativa nè di altro tipo. Tuttavia le critiche arrivano anche da un altro fronte: quello del cristianesimo, secondo cui l'opera di Jung sarebbe demoniaca. Karl Jaspers, per esempio, elenca cinque motivi per cui scendere nel mondo infero, parlare con le figure, ascoltare le voci - fare ciò che fece Jung - sarebbe demoniaco e non cristiano. E' aprire una porta al caos, che Cristo spazzò via quando disse ai discepoli che la sua voce è l'unica che bisogna ascoltare. La voce di Gesù è l'unica che potremo mai udire. E' un po' contorto, ma credo che lei abbia capito di che cosa parlo. Il libro è sotto un duplice attacco: quello della psichiatria e dell'ortodossia convenzionale, da un lato, e quello dell'ortodossia cristiana, dall'altro. Lei cosa ne pensa?


Sonu Shamdasani

Il libro è in effetti un testo eretico. Ma rimane all'interno di una cornice cristiana.
Se ci fosse un indice analitico, mostrerebbe che la figura cruciale è Cristo. Negli scritti successivi, lo sviluppo della tradizione cristiana soffocò la formazione del simbolo individuale - come la definisce Jung - bloccando l'accesso all'esperienza religiosa diretta. Nel Libro rosso c'è un tentativo di recuperarla.


J.H.

Ed è terapeutico.


SS.

Nei termini dell'incontro con il peso della storia, Jung affronta le conseguenze, gli effetti che due millenni di cristianesimo hanno avuto sull'anima.




  James Hillman & Sonu Shamdasani   da    Il lamento dei morti



IL LAMENTO DEI MORTI 3



UNDICESIMA CONVERSAZIONE


Sonu   Shaamdasami

La questione centrale è il lamento dei morti. Chi sono i morti? L'aspetto così radicale è il capovolgimento della gerarchia fra i vivi e i morti. Le questioni dei vivi, i problemi dei vivi, la sofferenza dei vivi trovano risposta o possono essere affrontati solo prestando attenzione ai morti. I termini sono rovesciati. Se non capiamo quale posizione assumere nei confronti dei morti, non possiamo trovare una soluzione per la nostra vita. Che cosa ne pensa?


James Hillman

La cultura occidentale moderna e secolarizzata è una cultura molto strana, e la nostra comversazione ne è imbevuta. Non veneriamo gli antenati, non abbiamo un vero culto dei morti. Diversi ambiti della cultura hanno la loro  parte di responsabilità, ma persino l'espressione " i morti " ci spaventa perchè appartiene all'altro mondo. Nella cultura moderna c'è una netta separazione fra i vivi e i morti. La medicina non fa che contrapporre la vita alla morte, cerca di rinviare la morte prolungando la vita e tutto ciò a spese della morte, direi. Perciò, quando parliamo del lamento dei morti, o di qualsiasi cosa che abbia a che fare con loro, dobbiamo pensare alla cultura in cuici troviamo, con i suoi profondi pregiudizi storici su ciò che è stato, ciò che è sepolto, e a quello che abbiamo fatto per creare un regno dei morti: non è solo il luogo dove si trova chi se n'è andato prima di noi, chi è morto, ma è il deposito dove si accumula tutta la storia della psiche umana, la storia dell'anima. In qualche modo, se Jung parla di lamento dei morti, vuol dire che i morti si sentono o si sono sentiti maltrattati, trascurati o altro. Il primo passo dovrebbe essere ascoltarli, come fece lui nei Sette sermoni  del 1916, una sorta di documento religioso ispirato. Ma che cos'è, di preciso, il lamento dei morti?


SS.

Per prima cosa : i morti esistono. Proseguendo il suo ragionamento, si potrebbe dire che la cultura contemporanea abbia ucciso i morti. E' un bel paradosso. Jung affronta innanzitutto il compito di rianimarli, riconoscere che sono presenti e incombono su di noi. Riconoscere che i " morti ci sono ", e hanno una presenza, e hanno degli effetti. Per una volta distogliamo lo sguardo dalla vita proiettata verso il futuro e ci soffermiamo su quanto è successo prima, sotto forma di storia animata, che non è un semplice archivio, ma è storia attiva.


J. H.

Una storia di esseri vivi, che stanno tutt'intorno a noi.


SS.

Il punto è: come si fa ad udirli? Jung si avvale della fantasia. Per lui la fantasia è la porta verso i morti che parlano ancora dentro di noi.


J.H.

Ecco perchè ascoltare le fantasie: vengono da qualche altra parte, non sono il risultato di ciò che abbiamo visto dutante la giornata : hanno una validità autonoma. In un certo senso lei sta dicendo che riconoscere l'esistenza dei morti significa già ascoltarli.


SS.

E' il primissimo passo. Riconoscere che non c'è posto per loro.


J.H.

Secondo lei la morte dei morti è legata all'azione del Cristo nel mondo infero e all'insistenza sul fatto che la sua voce sia l'unica voce, perchè è sceso agli inferi e così via ?


SS.

E' un collegamento interessante. Cristo ha predicato ai morti, ha tentato di salvarli. Nella formulazione di Jung, i morti non sono appagati. Quelli che incontra sono inquieti, le loro domande sono rimaste senza risposta. In questo senso " la discesa agli inferi " potrebbe essere concepita come un mezzo per chiudere il regno dei morti e sbarazzarsi di loro.


J.H.

Vanità delle vanità : " Dov'è - o morte - la tua vittoria.


SS.

Hanno udito il Vangelo.




    James Hillman & Sonu  Shamdasani  da     Il lamento dei morti

 

giovedì 30 gennaio 2020

IL TEMA DEL MALE NEL NOSTRO TEMPO

 
 
 
 
"Faust è un autentico mito, vale a dire una grande immagine primordiale nella quale ognuno di noi, a suo modo, deve saper cogliere per intuizione la vera sostanza e il suo destino ". ( Jung, 1911 )


(…) Negli ultimi anni  ( testo del 2004 ) si assiste a una progressiva
       metamorfosi nella rappresentazione del demonio. Il
       cambiamento si giustifica proprio in virtù della graduale
       demitizzazione della figura dello stesso che, svestito di una
       personalità ben identificabile, tende a diventare uno specchio
       degli eventi nefasti della società corrente. Nella successione
       delle vicende storiche, l'essere umano ha sempre più preso
       coscienza dell'esistenza del Male e, soprattutto, ha riflettuto
       sulla progressiva perdita di condizione di pienezza esistenziale
       originariamente presente nel suo rapporto con il mondo. In
       tal senso, il diavolo carica sulle sue spalle il fardello di questo
       malessere, e al contempo determina l' impoverimento della
       vita di tutti quei valori in grado di realizzare la condizione di
       felicità dell'individuo. Le forze infernali prendono - allora -
       il timone della parabola storica, conducendo la natura umana
       in direzione del Male e della negatività, verso territori bui e
       desolati, privi di sogni di pace e di giustizia.  (…)



Aldo  Carotenuto  da  La forza del Male ( Senso e valore del mito di Faust )

lunedì 18 febbraio 2019

DONNE DELL'ANIMA 1

 
 
 
" Essere una psicanalista significa sapere che tutte le storie finiscono per parlare d'amore "  ( Julia Kristeva )


(…) Alla fine del XIX secolo l'uomo, che si sapeva dotato di una
      " retro- coscienza ", è considerato dipendente dai meandri del
      proprio inconscio. La prima teoria freudiana dell'apparato
      psichico segue l'indagine dei medici, degli psichiatri e dei
      filosofi per comprendere i tesori nascosti nell'anima, che regola
      la vita organica ed è legata allo stesso tempo alle esigenze del
      corpo. Il secolo di Freud è anche quello di Karl Marx e di
      Nietzsche che intuiscono come l'uomo, divenuto una figura
      complessa e senza Dio, stia per cadere nell'illusione di una
      modernità di cui prende coscienza, senza poter ancora
      definire il proprio spazio nella società.
      Se l'essere umano è determinato dalla sua finitezza, il suo ruolo
      dipende inevitabilmente dalla propria identità plurale, divisa
      tra la vita, il lavoro e un nuovo linguaggio. L'essere umano è
     il soggetto di un nuovo sapere antropologico e allo stesso tempo
     è l'oggetto di una nuova indagine: quella psicoanalitica.
     Psyché veglia su ciò che l'individuo moderno intende fare della
     propria eredità. Principio vitale cui l'uomo si aggrappa, al
     volgere del XX secolo, l'anima gli fa eco degli sconvolgimenti
     politici che si propagano dagli Urali all' Europa occidentale.
     L'individuo esprime la paura e il dolore di perderla. A chi
     dovrà venderla se vuole salvarsi? A meno che non si cerchi di
     capirla e di spiegarla… il che gli eviterebbe di fare un patto
     faustiano che lo porterebbe alla rovina. (…)


Isabelle Mons  da  Donne dell'anima ( Le pioniere della psicoanalisi )

domenica 9 settembre 2018

IL SENSO DEL DONO

 
 



                        " Si sopravvive di ciò che si riceve,
                           ma si vive di quello che si dona "


                                            C.G. Jung

giovedì 6 settembre 2018

LA VITA " OLTRE " DI JUNG

 
 
 

" Non si diventa illuminati immaginando figure di luce, ma diventando coscienti del buio ". ( C.G. Jung )



(…)Seneca, rivolgendosi all'amico Lucilio,al termine di una Lettera
      nella quale vengono passati in rassegna alcuni tra i più
      importanti problemi filosofici, si pone lo stesso interrogativo:
     " Che cos'è la morte?". La risposta - lapidaria - è affidata a una
      secca alternativa " Aut finis aut transitus" ( o fine o passaggio).
      Per Jung, la risposta a questo interrogativo è univoca: la morte
      non è fine, ma passaggio, ossia transito, perché il morire non
      è uno " stato" ma " un processo",ossia un'esperienza di confine,
      un vissuto di soglia, un cambio di stato.Questo perché la morte,
      considerata come fine, cioè come evento definitivo, porrebbe
    l'osservatore in uno stato che non gli consente più di comunicare
     la propria esperienza. E Jung non è interessato alle posizioni
     metafisiche: è un empirista che vuole occuparsi degli eventi
     psichici. Risulta allora chiara la celebre definizione di Jung
     sulla morte:

    " La cosiddetta morte è un breve episodio fra due grandi misteri,
      che in realtà sono uno solo " . ( Lettera del 1947 )

    La morte, come la nascita,è un episodio,un momento, un transito
    all'interno di un processo più vasto, di un grande mistero, il
    mistero dell'anima che esiste al di là della coscienza e che si
    estende al di là del tempo e dello spazio.

    " Questo spettacolo della vecchiaia sarebbe insopportabile se
      non sapessimo che la nostra anima si estende a una regione
      non vincolata né dalla trasformazione del tempo, né dalla
      limitazione del luogo. In questa forma di esistenza la nostra
      nascita è una morte e la nostra morte una nascita." ( Lettera
      23 Dicembre 1950 )

    L'epistemologia junghiana è in fondo " un continuo sguardo sul
    confine", un confronto e un modo di porsi nei confronti dell'
    Alterità che ci abita, una relazione tra finito e infinito, visibile e
    invisibile, Io e inconscio, limitato e illimitato, al di qua, e aldilà,
    esistenza ed essenza, vita e morte.

    " Sembra che la vita sia come un intermezzo in una lunga storia.
      Questa esisteva già prima che io fossi e- con tutta probabilità
      continuerà quando l'intervallo cosciente in un'esistenza
      tridimensionale sarà alla fine " . (Lettera 18 Novembre 1955 )

    L' Anima per Jung è storia, narrazione, racconto,Mythologhéin
    nella quale la storia seriale dell'Io non è che un breve episodio,
   un minuscolo capitolo in un più grande romanzo.
   L'anima è la storia delle libido che, prendendo coscienza di sé,
   può confrontare la propria finitezza con l'infinito:

   " Solo la coscienza dei nostri angusti confini nel " Sé" costituisce
     il legame con l'infinità dell'inconscio. In questa consapevolezza,
     io mi sento insieme limitato ed eterno, mi sento l'uno e l'altro.
     Se mi so unico nella mia combinazione individuale, vale a dire
     limitato, ho la possibilità di prendere coscienza anche dell'
     illimitato" . ( C.G.Jung - Sogni, ricordi, riflessioni )

  
    Lo Jung del Libro Rosso è un frequentatore della soglia:

    " Volgiti ai morti, ascoltane il lamento e prenditi amorevolmente
       cura di loro". ( C.G.Jung - Liber Novus  )



                          Gianluca  Minella


giovedì 25 gennaio 2018

OLTRE L'OMBRA ( Donne intorno a Jung ) 1

 
 

                                                             E' solo questione di uomini...



(...) Le donne protagoniste di questo libro sono allieve della prima
      generazione e sono state scelte perché hanno vissuto anche
      tutta la vita accanto a Jung.  Tratterò così di Toni Wolff ed
      Emma Rauschenbach Jung, di Barbara Hannah e Marie Louise
      von Franz, di Aniela Jaffé e Risvak Scharf Kluger, di Liliane
      Frey Rohn e Jolande Jacobi.
      Sono tutte donne provenienti da famiglie agiate, spesso
      aristocratiche, appartenenti comunque all' élite culturale della
      società degli inizi del 900, portatrici di sofferenza e di conflitti
      e che vedono nell'analisi una possibilità nuova di comprensione
      e di raggiungimento di senso, oltre che una possibilità di
      emancipazione.Sia in campo freudiano che in campo junghiano
      troviamo donne di grande valore che hanno dato un contributo
      sostanziale allo sviluppo della psicologia del profondo come
      pazienti e come allieve e analiste. Nel corso della mia ricerca
      ho potuto constatare tuttavia come esse siano state tutte molto
      reticenti nel raccontare la propria vita e i rapporti significativi
      che l'hanno contrassegnata ( tranne la von Franz ) e tutte
      caratterizzate da una profonda introversione. Perciò la
      biografia vera e propria rimarrà sullo sfondo e ciò vale anche
      per le opere. Di tutte ho cercato però di far emergere le
      peculiarità della loro identità femminile, là dove mi sembrava
      che si estrinsecasse meglio. Inoltre mi sono proposta di non
      parlare di quelle opere ove veniva esposto soltanto il pensiero
      di Jung, impresa assai difficile questa, in quanto i riferimenti
      al Maestro sono sempre stati frequenti e inevitabili. (...)


         Nadia  Neri   da  Oltre l'ombra  (  Donne intorno a Jung )