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lunedì 18 agosto 2025

SE QUESTO TRENO VA...

 


                                                           Aprendomi la strada tra banchi di nebbia...




SE QUESTO TRENO VA...


Voglio andare senza fuggire,

aprendomi la strada tra banchi di nebbia

nel mio castello di cartapesta e niente.


Lascia che scappi da un sole malato,

ché di raggi forti che scottano il viso

ho bisogno, e che riempiano stanze.


Lascia che scenda dalle tue mani incerte

ancora quel raggio a illuminare la via,

ché di cadere io temo da fragili steli.


Aspetto - ancora di te - il nostro vagone

carico di ciò che noi siamo.




                                                      frida




martedì 14 maggio 2024

IL MISTERO BLU DI GIORGIA

 


                                                                     Annego nelle feritoie...


1


Guardami dal profondo delle 

ore

come il gatto

perforante al rintocco del buio.

Guardami

fino a incrinare i tumulti.

La tua schiena bianca,

muro livido.



                                            ***


8


Attendo e m'attendo

fra le tue scapole,

avvinghiata all'aria che manca.



                                            ***


32


Mi dicesti

Sei un mistero blu

la luce si scioglieva, prodiga

attraverso le persiane


semichiuse.


Semichiusi i tuoi occhi

stropicciati dal mattino,

svaniscono.



                                                ***


40


Allaga uno sciabordìo,

le scapole ne recide il respiro.


Annego nelle feritoie.



                                               ***


54


Una schiena, è forma che

dischiude le mie albe,

un mento, principio dei miei 

sospiri.


Si rispecchia nell'iride il fragore

del fuoco

la legna si consuma, per

l'ardore.


Aggredisco con le unghie, gli

spettri.




                           Giorgia  Leuratti   da   Sei un mistero blu



giovedì 18 giugno 2020

MARIO LUZI NEL MAGMA





                                               Non in questa vita...in un'altra...


MENAGE

La rivedo ora non più sola, diversa,
nella stanza più interna della casa,
nella luce unita, senza colore né tempo, filtrata dalle tende,
accanto al giradischi tenuto basso.
" Non in questa vita, in un'altra " folgora il suo sguardo gioioso
eppure più evasivo e come offeso
dalla presenza dell'uomo che la limita e la schiaccia.
" Non in questa vita, in un'altra " le leggo bene in fondo alle pupille.
E' donna non solo da pensarlo, da esserne fieramente certa.
E non è questa l'ultima sua grazia
in un tempo come il nostro che pure non le è estraneo né avverso.
" Conosci io marito, mi sembra" e lui sciorina un sorriso importunato,
pronto quanto fuggevole quasi voglia scrollarsela di dosso
e ricacciarla indietro, là da una parete di nebbia e d'anni;
e mentre mi s'accosta ha l'aria di chi viene
da solo a solo - tra uomini - al dunque.
" C'è qualcosa da cavare dai sogni?" mi chiede fissando su di me
i suoi occhi vuoti
e bianchi, non so se di seviziatore, in qualche villa triste, o di guru.
" Qualcosa di che genere? " e guardo lei che raggia tenerezza
verso di me dal biondo del suo sguardo fluido e arguto
e un poco mi compiange - credo - d'essere sotto quelle grinfie.
" I sogni di un' anima matura ad accogliere il divino
sono sogni che fanno luce; ma ad un livello più basso
sono indegni, espressione dell'animale e basta " aggiunge
e punta i suoi occhi impenetrabili che non so se guardano e dove.
Ancora non intendo se m'interroga
o continua per conto suo un discorso senza origine né fine
e neppure se parla con orgoglio
o qualcosa buio e inconfondibile gli piange dentro.
" Ma perchè parlare di sogni" penso
e cerco per la mia mente un nido
in lei che è qui, presente in questo attimo del mondo.
" E lei non sta facendo un sogno?, riprende mentre sale dalla strada
un grido di bambini, vitreo, che agghiaccia il sangue.
" Forse, il confine tra il reale e il sogno..." mormoro
e ascolto la punta di zaffiro
negli ultimi solchi senza note e lo scatto.
" Non in questa vita, in un'altra " esulta più che mai
sgorgando una luce insostenibile
lo  sguardo di lei fiera che ostenta altri pensieri
dall'uomo di cui porta - e forse li desidera - le carezze e il giogo.


                                             ***

PRIMA DI SERA

" Credi, credi di conoscermi",
recita lei quasi parlando al vento
e osserva controsole la polvere
strisciare sullo stradone deserto.
" Appartieni troppo a te stesso"
insiste ad accusarmi
prolungando la pena dell'indugio
quella parte di lei che ancora combatte
avvilita e altera nella macchina ferma.
Ma le suona falso l'argomento
e ne scorgo sul cristallo la larva
che spenge d'un sorriso
dimesso le parole appena dette.
" Oh, di questo hai anche troppo sofferto
aggiunge poi quasi portando fiori
sul luogo, un'orticaia dove mi ha crocifisso.
" Vanamente" mormorò più che dal rimorso
toccata da quel tono
di persistente, doloroso affetto;
e ora vorrei non le sembrasse indegno
cercare in altri la causa
del suo male, fosse pure il mio torto.
" Vanamente " e mi viene non so se dal ricordo
o dal sogno un'immagine di lei
gracile, impalata nella sua altezza, che guarda un fiume
dall'argine e, poco oltre la foce,
la lacca grigia del mare oscurarsi.
" Lascia perdere " dice lei con la voce di chi torna
dopo un'assenza di anni sul luogo stesso
e raduna le spoglie lasciate in altri tempi, dopo lo scacco.
" Perchè non è in nostro potere richiamarci"
mi chiedo io sorpreso che sia lì
- ferma - sul sedile accanto.
" Che intesa può darsi senza luce di speranza?
Perché la speranza è irreversibile " commenta
il suo silenzio rigido senza più lotta,
mentre abbassa risoluta la maniglia
e getta un'occhiata di squincio al casamento -
alto -che tra poco la inghiotte.


                                                ***

IN DUE


" Aiutami" e si copre con le mani il viso
tirato, roso da una gelosia senile,
che non muove a pietà come vorrebbe, ma a sgomento e orrore.
" Solo tu puoi farlo " insistono di là di quello schermo
le sue labbra dure
e secche, compresse dalla palme, farfugliando.
Non trovo risposta: la guardo
offeso dalla mia freddezza vibrare a tratti
dai gomiti puntati sui ginocchi alla nuca scialba.
" L'amore snaturato, l'amore infedele al suo principio",
rifletto, e aduno le potenze della mente
in un punto solo tra desiderio e ricordo
e penso non a lei
ma al viaggio con lei tra cielo e terra
per una strada d'altipiano che taglia
la coltre d'erba brucata da pochi armenti.
" Vedi, non trovi in fondo a te una parola"
gemono quelle labbra tormentose
schiacciate contro i denti, mentre taccio
e cerco sopra la sua testa la centina di fuoco dei monti.
Lei aspetta e intanto non sfugge alle sue antenne
quanto le sia lontano in questo momento
che m'apre le sue piaghe e io la desidero e la penso
com'era in altri tempi, in altri versanti.
"Perchè difendere un amore distorto dal suo fine,
quando non è più crescita 
né moltiplicazione gioiosa d'ogni bene,
ma limite possessivo e basta " vorrei chiedere
ma non a lei che ora dietro le sue mani piange scossa da un brivido,
a me che forse indugio alla menzogna per viltà o per comodo.
" Anche questo è amore, quando avrai imparato a ravvisarlo
in questa specie dimessa,
in questo aspetto avvilito", mi rispondono, e un poco ne ho paura
e un po' vergogna, quelle mani ossute
e tese da cui scende qualche lacrima tra dito e dito spicciando.




                      Mario  Luzi     da        Magma


martedì 12 maggio 2020

L'ORA INCERTA DI PRIMO




                                                 E che non starei al mondo senza di te...


11 Febbraio 1946

Cercavo te  nelle stelle
quando le interrogavo bambino.
Ho chiesto te alle montagne,
ma non mi diedero che poche volte
solitudine e breve pace.
Perché mancavi, nelle lunghe sere
meditai la bestemmia insensata
che il mondo era uno sbaglio di Dio,
io uno sbaglio del mondo.
E quando, davanti alla morte,
ho gridato di no da ogni fibra,
che non avevo ancora finito,
che troppo ancora dovevo fare,
era perché mi stavi davanti,
tu con me accanto, come oggi avviene,
un uomo una donna sotto il sole.
Sono tornato perché c'eri tu.


                                           ***

ATTESA

Questo è tempo di lampi senza tuono,
questo è tempo di voci non intese,
di sonni inquieti e di vigilie vane.
Compagna, non dimenticare i giorni
dei lunghi facili silenzi,
delle notturne amiche strade,
delle meditazioni serene,
prima che cadano le foglie,
prima che il cielo si richiuda,
prima che nuovamente ci desti,
noto, davanti alle nostre porte,
il percuotere di passi ferrati.


                                              ***

LE STELLE NERE

Nessuno canti più d'amore o di guerra.

L'ordine donde il cosmo traeva nome è sciolto;
le legioni celesti sono un groviglio di mostri,
l'universo ci assedia cieco, violento e strano.
Il sereno è cosparso di orribili soli morti,
sedimenti densissimi  d'atomi stritolati.
Da loro non emana che disperata gravezza,
non energia, non messaggi, non particelle, non luce;
la luce stessa ricade, rotta dal proprio peso,
e tutti noi seme umano viviamo e moriamo per nulla
e i cieli si convolgono perpetuamente invano.


                                            ***

12 Luglio 1980

Abbi pazienza, mia donna affaticata,
abbi pazienza per le cose del mondo,
per i tuoi compagni di viaggio - me compreso -
dal momento che ti sono toccato in sorte.
Accetta, dopo tanti anni, pochi versi scorbutici
per questo tuo compleanno rotondo.
Abbi pazienza, mia donna impaziente,
tu macinata, macerata, scorticata
che tu stessa ti scortichi un poco ogni giorno
perché la carne nuda ti faccia più male.
Non è più tempo di vivere soli.
Accetta - per favore - questi 14 versi,
sono il mio modo ispido di dirti cara,
e che non starei al mondo senza di te.



                Primo  Levi    da        Ad un'ora incerta



mercoledì 5 settembre 2018

DI ( S ) ABITUDINI

 
 

                                                Ho sotto i piedi tutti  i capelli che cadono dal cuore…


Ha istanti di sete premurosa anche la morte:
lo so perché l'ho vista svuotare le caraffe
lasciando centrini inamidati - intatti.
Così penso sia cosa gentile aprire la finestra.
Si muta - amore mio - col tempo si cambia fame.
A volte, tu lo sai, amo portare asimmetriche piume
e spesso precipitare nelle acrobazie.
Ma non trovo mai - vorrei dirtelo - il verso
che pizzica la corda come carminio petalo.
Si entra ed esce dal regno della disperazione
attraverso la porta stretta della parola,
così, come per un nonnulla ,
si intravvede l'innocenza che si inceppa.
Ho quindi - chiusi e stropicciati sotto i piedi -
tutti i capelli che mi cadono dal cuore.


                                 frida


domenica 22 luglio 2018

RITRATTI DEL DESIDERIO 1

 
 

" La felicità non è avere quello che si desidera, ma desiderare quello che si ha " ( O. Wilde )



(…) In una sua celebre conferenza milanese gli inizi degli anni
       Settanta, di fronte a un pubblico spaesato, Jacques Lacan
       affermava che il discorso del capitalismo era fatalmente
       destinato a scoppiare. C'era- sosteneva con  una specie di      
       chiaroveggenza lui che era politicamente un liberale
       conservatore - qualcosa di " folle e di infernale", di
      " insostenibile"in quel discorso.Non stava ovviamente parlando
       da economista; non interveniva sul tema marxista del crollo
       del capitalismo e non stava nemmeno offrendo un'analisi
       sociale del fenomeno del capitalismo e delle sue differenti
       versioni storiche. Lacan era piuttosto interessato a cogliere
       la dimensione pulsionale di quell'economia che individuava
       nell'affermazione di un godimento cinico, individualista,
       centrato sulla fede feticistica nei confronti dell'oggetto e,
       soprattutto sulle sue false promesse di redenzione.
       Il discorso del capitalismo ha tradotto la parola del desiderio
       nel culto frivolo dell' homo felix - decisamente lontano dalle
       vecchie nostalgie metafisiche -, impegnato nella ricerca della
       propria felicità individuale su questa terra e al servizio del
       culto dell' Io autonomo che pretende di diventare il padrone
       assoluto di se stesso. Il discorso del capitalista ha voluto
       fondare il suo trionfo sul narcisismo cinico, sulla
       "gadgetizzazione" perpetua della vita, che ha come sfondo
       sociale il naufragio dei grandi ideali collettivi della
       modernità occidentale ( comunismo, socialismo, cristianesimo)
       (…)


              Massimo  Recalcati    da     Ritratti del desiderio

sabato 12 maggio 2018

LASCIAMI, NON TRATTENERMI

 
 

                                            Si ritrovavano perduti nell'infinito della perdita...



Lasciami, non trattenermi
nella tua memoria
era scritto nel testamento
ed era un golfo
di beatitudine nel nulla
                        o un paradiso
di luce e vita aperta
senza croce di esistenza
che sorgeva dalle carte
ammuffite nello scrigno.
E lei non ne fu offesa,
le nascevano - ne sentì prima rimorso
poi letizia - impensate latitudini
nelle profondità del desiderio;
ecco, la trascinava
una celestiale oltremisura
fuori di quella ministoria, oh grazia.
Si scioglievano
l'uno dall'altro i due
e ogni altro compresente,
si perdevano sì,
                   però si ritrovavano
perduti nell'infinito della perdita -
era quello il sogno umano
della pura assolutezza.


         Mario  Luzi     da     Lasciami, non trattenermi ( Poesie ultime)

domenica 4 marzo 2018

COSì TI VEDO

 
 
                          
                                              E da lì, dal tuo tempo distante...


Di cosa ti dovrei raccontare, se non di ciò che so di certo.
Ebbene tu, che da un lato e dall'altro
nel silenzio rurale tieni sopra due cavità assorte
la forma convincente dei suoni deposti,
mi chiedi dell'angusta apertura del dire, cosa vedo?

Ora ascolta dunque:
io vedo il tuo viso, ascetico osservare,
è nudo accadere, poiché nient'altro ti circonda.
Così la tua fronte è un campo calato
che pesti in lento salire fino a casa - la sera.
E lì, sotto al campo due cardi taglienti,
sono gli occhi di una vita raccolta.
Solitudini in fiore lasciate lì a terminare il settembre.

Ostensione il tuo viso, è quantità dei giorni riscossa
in fascio,
ha in mezzo un monte e lì un sacrificio accolto
con due solchi di pastura che nulla sanno di odori
e profumi.
Questo vedo e non oltre.
Mi basta la tua sacra immagine del vero.





Ho compreso, colmato di carezze il silenzio,
ho trasportato il suo acume dalla tua carità alle mie orecchie,
per non ricusare, oppormi alla tua quiete.
Mi hai portata nella tua mancanza di suono,
nel non dire, tra le pause della tua voce
e mi hai accompagnata fino all'assenza totale dei rumori.
Ho capito l'astensione del parlare,
la muta esistenza del corpo.
Mi hai dato in mano il suo accordo all'abbandono
delle richieste, dei tuoi desideri.
Mi hai consegnato tutto nella tua privazione
e senza rimpianto e senza nostalgia da un giorno all'altro
non hai più detto, non hai proferito, non risposto, non hai capito.
E da lì, dal tuo tempo distante, coerente luogo il tuo,
non hai cambiato silenzio, non lo hai più tradito.


            Roberta  Dapunt    da     Le beatitudini della malattia


domenica 18 giugno 2017

HAIKU di SANTOKA






                           E' la mia
                           questa figura di spalle che
                           se ne va nella pioggia ?




                                   Santoka  Taneda   


giovedì 9 marzo 2017

Bajo la lluvia

 
 



                                              ...e se piove... è altrove...

domenica 5 febbraio 2017

Erik Satie - Gnossienne N. 1

 
 



                        ti osservo di neve dal mio cielo nascosto...                           

sabato 4 febbraio 2017

Erik Satie - Je te veux

 
 


                                                              Ti  voglio