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martedì 16 giugno 2020

Gnudi al pomodoro


La questione è seria, se la sono posta istituzioni serissime.
Nutrire gli umani ha un impatto sul pianeta enorme. Un solo dato: il grosso della deforestazione dell'Amazzonia nasce proprio dall'esigenza di avere terre libere per la coltivazione della soia, ingrediente principale dell'alimentazione degli animali allevati negli allevamenti intensivi.
Poi ci sono le emissioni di CO2, quelle di metano, la perdita di suolo, il consumo idrico...
Hanno stimato che dal 25% a 30% delle emissioni climalteranti sono riconducibili alla filiera del cibo. D'altronde, 7.5 miliardi di umani sono davvero tanti.
Come possiamo fare?
Di quale mese fa è uscito il rapporto della Commissione Eat-Lancet che si era posta il problema di come nutrire 10 miliardi di persone in modo sostenibile e sano senza sforare i limiti planetari.
Forse ce la potremmo anche fare, a patto di cambiare radicalmente le nostre abitudini alimentari. Il che significa ridurre in modo drastico, per non dire azzerare, il consumo di carne (rossa soprattutto), e anche quello, ahimè!, dei latticini, e mangiare soprattutto verdura (coltivata in modo sostenibile, senza ricorrere all'uso di pesticidi) accompagnata da legumi e un po' di cereali.
Insomma, così.


Insomma, spinta da queste considerazioni, da qualche mese ho deciso di diventare vegetariana.
Non lo sono in modo oltranzista, se in frigo vedo una fetta di prosciutto che sta per finire nella spazzatura piuttosto che buttarla la mangio io (d'altronde lo spreco di cibo, che riguarda circa il 30% del cibo che produciamo, è una delle altre cause dell'elevato impatto del settore sul pianeta), e lo stesso mi capita di fare in altre occasioni.
Però in linea di massima mangio tante verdure, uova e latticini e ogni tanto un po' di pesce, ma poco perché non sono brava a cucinarlo.
So che per essere davvero sostenibili bisognerebbe evitare sia i latticini che il pesce, ma bisogna anche darsi il tempo di adattarsi ai cambiamenti: per il momento questo è quello che sono riuscita a fare.
I miei familiari però non mi seguono su questa strada, quindi spesso la nostra cucina sembra quella di un ristorante.
Per salvarmi  ho recuperato svariati piatti della tradizione che mettono d'accordo (quasi) tutti. fra cui gli Gnudi, o gnocchi alla ricotta, che incredibilmente non avevano ancora trovato posto in questo diario di cucina.
Per l'occasione ho pure ritirato fuori dal cassetto la macchina fotografica, che non usavo da tempo immemorabile.
Che siano buonissimi lo sanno tutti, non c'è bisogno di dirvelo.
La mia nonna li faceva  con pochissima farina, delle nuvole, ma a me si sono sempre spappolati mentre lessavano, quindi questa è una ricetta un po' eretica: per tenerli insieme, visto che le farine senza glutine non fanno molto il loro lavoro, ci ho messo un po' di pane ammollato nel latte. L'effetto è positivo, sono un po' più consistenti ma non guasta.



Ingredienti
600 g di ricotta di pecora fresca ma non freschissiima
600 g di spinaci freschi
1 fetta di pane vecchio *
3 uova
una manciata abbondante di parmigiano grattugiato
noce moscata
60 g di farina multiuso *
sale e pepe
latte
Per il sugo di pomodoro e per la finitura
2 barattoli di pomodori pelati
olio extravergine di oliva
uno spicchi d'aglio
basilico
parmigiano grattugiato al momento

Gli ingredienti contrassegnati con il simbolo (*) sono alimenti a rischio per i celiaci e per essere consumati tranquillamente devono essere contrassegnati con la scritta SENZA GLUTINE.

Mettere la ricotta in un setaccio, coprirla con un coperchio e un peso e farla colare per qualche ora, deve essere il più possibile asciutta.
Lessare gli spinaci e farli scolare, strizzandoli bene affinché perdano più acqua possibile.
Tritare fini gli spinaci.
Ammollare il pane nel latte, quindi strizzarlo
In una ciotola mettere tutti gli ingredienti: la ricotta, gli spinaci tritati, le fette di pane sbriciolate, la uova intere, la farina di riso e l'amido, il parmigiano, una bella manciata di parmigiano grattugiato, noce moscata, sale e pepe. Mescolare il tutto molto bene (io lo faccio direttamente con le mani), aggiustare di sale e tenere da parte.

Nel frattempo preparare il sugo di pomodoro: in una casseruola mettere un po' d'olio sul fondo, lo spicchio d'aglio e quando l'olio è caldo aggiungere i pelati (io di solito uso la polpa, e d'estate ovviamente i pomodori freschi, preferibilmente i fiorentini), spiaccicarli con una forchetta e far cuocere il tutto finché diventa un sugo uniforme e il pomodoro ha perso del tutto il retrogusto acido. All'ultimo aggiustare di sale e mettere qualche foglia di basilico fresco.

Far prendere il bollore ad una pentola capiente di acqua salata, formare aiutandosi con due cucchiaini delle palline con il composto per gli gnocchi e gettarle via via nella pentola con l'acqua a bollore.
Procedere con tutto il composto, scolando gli gnocchi via via che vengono a galla.

Servirli cosparsi di sugo di pomodoro e con una bella spolverata di parmigiano grattugiato al momento.

Con questa ricetta partecipo alla provocazione di Greenpeace
Quante ricette della tradizione italiana sono #senzacarne?

mercoledì 5 febbraio 2020

Torta della nonna senza glutine e senza lattosio

Anni che non pubblicavo, mi è capitata sott'occhio questa vecchia ricetta e ve la ammannisco.

torta della nonna senza glutine e lattosio



Torta della nonna senza glutine e senza lattosio
Ingredienti

Per la crema pasticciera senza glutine e senza lattosio
  • 500 ml di latte di riso alla mandorla *
  • 110 g di zucchero semolato
  • 45 g di amido di mais o riso *
  • 3 tuorli d'uovo
  • 1 uovo intero
  • la scorza di un limone non trattato
Per la frolla senza glutine e senza lattosio

  • 250 g di mix per frolla *
  • 100 g di zucchero semolato
  • 125 g di burro senza lattosio 
  • 1 uovo
  • 1 limone non trattato
  • latte di riso *
Per la finitura

  • mandorle a lamelle
  • tuorlo d'uovo
Gli ingredienti contrassegnati con il simbolo * sono alimenti a rischio per i celiaci e per essere consumati tranquillamente devono presentare la scritta SENZA GLUTINE sulla confezione.

Preparazione 
Crema pasticciera senza glutine e senza lattosio
Mettete da parte due tazzine di latte e fate prendere il bollore al rimanente con la scorza di limone.
Sbattete i tuorli con lo zucchero, unide l'amido e stemperate con il latte di riso tenuto da parte, mescolando con cura per evitare che si formino di grumi.
Versate il composto nella pentola dove sta bollendo il latte di riso e fate cuocere a fiamma bassa, senza mescolare, finché comincia a "fare i vulcani".
A questo punto mescolate energicamente con la frusta, e fate andare altri 2 o 3 minuti, finché raggiunge la densità desiderata (tenete conto che raffreddando si addensa ulteriormente).
Fate raffreddare, mescolando ogni tanto per evitare la formazione della pellicina, poi, appena si è raffreddata un po', trasferitela in frigorifero. 

Pasta frolla senza glutine e senza lattosio
Sabbiare il burro freddo a pezzetti con il mix per frolla, quando si ottengono delle briciole fini unire lo zucchero, la buccia grattata di mezzo limone, il pizzico di sale e l'uovo un po' sbattuto.

Impastare con la punta delle dita finché l'impasto sta insieme, dividerlo in due parti l'una il doppio dell'altra, compattare a palla, avvolgere nella pellicola per alimenti e mettere in frigorifero per mezz'ora.

Completare la torta 

Accendere il forno a 180 °C. 
Togliere la frolla dal frigorifero, e stendere la parte più grossa ad uno spessore di 4 mm. 
Imburrare una tortiera con il bordo apribile di 22 cm di diametro, cospargerla con farina di riso finissima, e rivestirla con la frolla. Bucherellare la base con una forchetta, coprire con un foglio di carta forno e metterci dei pesi (fagioli, pesini, ...) e cuocere in bianco per circa 20 minuti. 
Togliere dal forno, togliere i pesi e la carta forno e versarci la crema pasticcera fredda. 
Stendere l'altra parte di pasta frolla a misura della tortiera, metterla sopra la crema e saldare i bordi, rifilando le parti in eccesso. 
Spennellare la superficie con il tuorlo d'uovo sbattuto con il latte di riso, cospargere con le mandorle a lamelle e completare la cottura per altri 30 minuti circa. 
Una volta cotta, estrarre dal forno e far raffreddare completamente nello stampo prima di trasferirla, con estrema delicatezza, nel piatto da portata.

venerdì 26 maggio 2017

Coccoli senza glutine

Coccoli / Fried dough

Rispunto fuori dopo quasi due mesi, per rassicurarvi sul mio essere ancora in vita: sono semplicemente stata rapita dal pianeta "Scuola" che mi tiene segregata notte e dì. Per farmi perdonare della mia lunga assenza vi lascio questi coccoli senza glutine, che son peggio delle ciliegie, uno tira l'altro!

Scuola... scuola... che bella la scuola! È della scuola che tutti noi abbiamo i propri peggiori ricordi, ma anche i migliori. A scuola siamo diventati grandi, abbiamo imparato a vincere le nostre paure, ci siamo confrontati con i nostri limiti e abbiamo provato a superarli. È  scuola che si impara ad impegnarsi, ma anche a fregarsene, a volte, ed è giusto, purché con moderazione.

Una cosa essenziale che si impara a scuola è ad avere a che fare con pari o superiori che sembrano non apprezzarci. Non è una bella senzasione, ma capita quasi a tutti prima o poi, e bisogna attrezzarsi. In primo luogo si impara che è possibile sopravvivere senza il consenso altrui, e questa è una potentissima arma interiore, così come la capacità di credere in noi stessi malgrado il mancato apprezzamento del prossimo. Si impara la perseveranza ma anche a riconoscere i nostri errori e a tentare di rimediarli. In questi casi il più delle volte la soluzione si trova cercando di capire cosa impedisce al professore di vederci positivamente, e questo esercita la capacità di autovalutazione e di adattamento, e di mettersi nei panni dell'altro. È tutto molto faticoso, spesso doloroso, ma è anche un'esperienza altamente formativa.
Il famoso trasformare le difficoltà in uno strumento di crescita.
Ovviamente non intendo dire che sia un fatto positivo che gli insegnanti "facciano delle preferenze" o comunque non riescano ad apprezzare un alunno, malgrado i suoi sforzi, questa è sempre una cosa negativa che come insegnanti si dovrebbe evitare in ogni modo, ma purtroppo a volte capita, è un fatto.

E come genitori? Monitoriamo la situazione, mettiamoci in ascolto, osserviamo nostro figlio, ma resistiamo anche alla tentazione di intervenire subito: è decisamente più educativo lasciare che il ragazzo gestisca la situazione in autonomia, ovviamente a meno che le cose non abbiano superato il limite.

Soprattutto, spiace dirlo, evitiamo di trasformare il tutto in un effimero flame nel gruppo WhatsApp dei genitori, dal quale raramente emergono soluzioni costruttive. Per non dire di peggio.  

La fine dell'anno scolastico è sempre un momento molto faticoso per tutti, noi docenti ma soprattutto i ragazzi, travolti da compiti, interrogazioni che affrontano stanchi e in preda all'ansia.

Offro virtualmente a tutti questo cestino di coccoli, come si chiamano a Firenze, che altro non sono che pasta di pane fritta. Una cosa semplice e gustosissima, che una volta si trovava che c'erano ad ogni angolo di strada, adesso più frequentemente come antipasto nei ristoranti e nelle pizzerie. Trovarli senza glutine non è facile, mentre farli è facilissimo, facendo attenzione durante la frittura perché l'olio tende a schizzare.  

Coccoli / Fried dough
Coccoli

Tempo di preparazione: 10 minuti
Tempo di lievitazione: 1 ora
Tempo di cottura: 4 minuti

Ingredienti
(per una trentina di coccoli)  
250 ml di acqua
250 g di mix per pane Nutrifree (¶)
10 g di lievito di birra
8 g pizzico di sale
1 cucchiaino di zucchero  
1 l di olio di arachidi 

Gli ingredienti contrassegnati con il simbolo (¶) sono alimenti a rischio per i celiaci e per essere consumati tranquillamente devono avere il simbolo della spiga barrata, oppure essere presenti nel prontuario dell'Associazione Italiana Celiachia, o nell'elenco dei prodotti dietoterapici erogabili.

Procedimento
Setacciate il mix per pane in una ciotola capiente.
In una tazza sciogliete il lievito di birra in 100 ml di acqua e un cucchiaino di zucchero. Lasciate riposare 10 minuti, quindi versate il contenuto della tazza nella ciotola con il mix per pane, e cominciate a mescolare con una forchetta. Unite via via il resto dell'acqua, e alla fine unite anche il sale.
Otterrete un impasto abbastanza morbido e appiccicoso, poco lavorabile, che dovrete lasciare lievitare per 2 ore.
Quando avrà fatto tutte le bolle e sarà raddoppiato, fate scaldare l'olio in una pentola capiente.
Quando è caldo ma non caldissimo (170 °C) aiutandovi con due cucchiaini create con la pastella delle palline che getterete via via nell'olio, poche alla volta (non sgonfiate la pastella, va usata così com'è).  Devono cuocere anche dentro, altrimenti vi troverete a mangiare pasta di pane cruda.
Una volta cotti serviteli subito accompagnandoli con stracchino ed eventualmente salumi.

È una delle tante ricette che potrete trovare sul mio libro Torte rustiche gluten free.

Torte rustiche gluten free

Con questa ricetta partecipo al 100% Gluten Free (fri)Day

gran bella iniziativa di Gluten Free Travel & Living.

domenica 1 gennaio 2017

Tramezzini senza glutine di panettone con fegatini alla fiorentina

Tramezzini di panettone senza glutine con fegatini alla toscana

Si arriva all'ultimo dell'anno, ultima delle grandi cene e pranzi delle feste.
Vediamo occhieggiare molti panettoni, anche senza glutine, che ci guardano preoccupati: "Che fine faremo?"
Un'ottima fine, direi.
La fine che vi ha fatto fare lo chef Simone Bernacchioni del Ristorante Quinoa di Firenze (di cui vi ho già parlato su Gluten Free Travel and Living).

Quando sono andata a provare il menu di dicembre del Quinoa, fra gli antipasti abbiamo assaggiato anche questo, e a me era piaciuto molto, l'avevo trovato davvero azzeccato, con quel gusto deciso dei fegatini addolcito dal sottofondo dolce del panettone.

Tramezzini di panettone senza glutine con fegatini alla toscana
Tramezzini di panettone con fegatini alla toscana al Ristorante Quinoa

Questo lo devo provare, mi sono subito detta.
Così ho contattato Quinoa, e loro gentilissimi mi hanno fatto avere la ricetta di originale di Simone.
Il tempo passava, e non trovavo mai il momento giusto per farla.
Il momento giusto è stato ieri, un antipasto perfetto per un pranzo o una cena delle feste, che sia Natale, Capodanno o, perché no?, la Befana!
È un piatto veloce da realizzare, ovviamente a patto di avere un buon panettone a disposizione.
Ve lo potete fare in casa, oppure comprarne uno già pronto, ultimamente se ne trovano di buoni e anche di ottimi.

Tramezzini di panettone senza glutine con fegatini alla toscana

Tramezzini di panettone con fegatini alla fiorentina
(ricetta dello chef Simone Bernacchioni del Ristorante Quinoa di Firenze)

Ingredienti
400 g di fegatini di pollo
1 cipolla 
1 noce di burro
mezzo gambo di sedano
mezza carota
6 filetti d'acciuga sott'olio (io 3 acciughe sotto sale che ho sfilettato e dissalato al momento)

2 cucchiai di capperi sotto aceto scolati

brodo di carne

1 panettone classico con uvetta e canditi senza glutine o panettoncini monoporzione, sempre senza glutine **

olio extra vergine di oliva

prezzemolo

sale e pepe

* ingredienti a rischio di contaminazioni da glutine
Per essere consumati tranquillamente devono avere presentare sulla confezione la scritta SENZA GLUTINE il simbolo della spiga barrata, oppure essere presenti nel prontuario dell'Associazione Italiana Celiachia, o nell'elenco dei prodotti dietoterapici erogabili.
** prodotti sostitutivi equivalenti a quelli contenenti glutine. 
*** le spezie, anche in polvere, in teoria non sarebbero ingredienti a rischio. Però io non mi fido, e cerco sempre quelle con la scritta SENZA GLUTINE.  

Togliete ai fegatini la vescichetta del fiele senza romperla e lavarteli sotto l'acqua corrente. 
Metteteli a cuocere con poco olio d'oliva e con un battuto di cipolla, prezzemolo, sedano e carota. Salate e pepate a piacere. Lasciate cuocere per circa15 minuti, aggiungendo del buon brodo di carne, i capperi dissalati in acqua corrente e strizzati e i filetti d'acciuga. 
Io, in aggiunta alla ricetta di Simone, ho sfumato col Vin Santo. 
Tritate il tutto usando anche il sugo di cottura e una noce di burro. Tagliate a fette sottili il panettone, abbrustolitele e spalmatele con l'impasto di fegatini.

venerdì 1 aprile 2016

Cacciucco di ceci, un piatto residuale

Cacciucco di ceci 

Una ricetta davvero semplice, di quelle di una volta, in cui i sapori hanno trovato un loro perfetto equilibrio anno dopo anno, nelle cucine delle case di campagna. Mettici questo, mettici quello. Che poi anche questa ricetta avrà mille versioni, ovviamente. Come tutte le ricette della tradizione, alla faccia dei protocolli IgP e simili, che trovo sinceramente abbastanza ridicoli, perché non saranno quelli a risparmiarci gli spaghetti bolognese o a difendere un piatto se nelle cucine delle case vere non viene fatto più. Questo non significa stravolgere un piatto, ma pretendere che di un piatto della tradizione esista un'unica versione codificata... È uccidere la tradizione, imbalsamarla, renderla cosa morta.

In realtà non so se il cacciucco di ceci venga fatto ancora o sia un piatto residuale.
Ecco, mi piacerebbe inaugurare la rubrica dei piatti residuali. Se avessi la costanza di portarla avanti. Piatti residuali come me, che sono una persona residuale. Con idee residuali, con risorse residuali, destinata a una vita residuale.
Una a cui piace il cacciucco di ceci, piatto da proletari contadini, che pensa ancora che i proletari, contadini e non, dovrebbero trovare il coraggio di fare il culo ai padroni. Idee residuali appunto. Residualissime. Sembra che non c'entri niente, ma c'entra.
Perché il cacciucco di ceci è un piatto da proletari, ed il fatto che oggi i proletari mangino al fast food e il cacciucco di ceci lo facciano i borghesi è un altro segno della grande ingiustizia del tempo presente, in cui i primi depredano non solo le risorse materiali degli ultimi ma anche le loro risorse culturali, sentimentali, storiche.
Una spoliazione a cui assistiamo senza reagire, giorno dopo giorno, trovandola normale. Quasi giusta.
Come se avere dei privilegi fosse questione di merito.

Ci sono degli anticorpi? Ci sono. Si chiamano condivisione, solidarietà, fare insieme.
Si chiamano buone pratiche democratiche, dove non ci sono personalismi, capi, protagonismi.  Dove si lavora insieme per uno scopo comune nel quale crediamo. Possono essere piccole o grandi cose, e riguardare temi importanti o anche piccoli. L'importante è soprattutto il modo in cui si fanno le cose.
Per questo sono particolarmente orgogliosa di far parte dell'associazione Gluten Free Travel and Living che in questi giorni festeggia il proprio terzo compleanno, e per festeggiarlo si riunisce a San Vito Lo Capo per il nostro primo raduno.
Noi non ci mettiamo in mostra ma facciamo informazione, fra di noi non ci sono primedonne ma persone che collaborano, ovviamente ognuno con il suo ruolo, non chiediamo devozione ma adesione e partecipazione, noi non ci vantiamo ogni giorno di essere i migliori al mondo ma lavoriamo per produrre contenuti di qualità.
Gluten Free si riunisce a San Vito Lo Capo per il suo primo raduno e io sono triste di non essere lì.

http://www.glutenfreetravelandliving.it/un-100-gluten-free-friday-speciale-vi-raccontiamo-perche/


Phirni

Cacciucco di ceci
Ingredienti
(per quattro persone)
300 g di ceci secchi
1 mazzo di bietole
olio extravergine di oliva
2 cucchiai di concentrato di pomodoro
2 acciughe sotto sale
1 cipolla
2 spicchi d'aglio
1 rametto di rosmarino
fette di pane casalingo, tipo toscano (¶)

Gli ingredienti contrassegnati con il simbolo (¶) sono alimenti a rischio per i celiaci e per essere consumati tranquillamente devono avere presentare sulla confezione la scritta SENZA GLUTINE il simbolo della spiga barrata, oppure essere presenti nel prontuario dell'Associazione Italiana Celiachia, o nell'elenco dei prodotti dietoterapici erogabili.

Procedimento
Mettere in ammollo i ceci in acqua fresca per almeno 12 ore, preferibilmente 24 (dipende ovviamente dalle dimensioni dei ceci e da quanto tempo sono stati seccati), cambiando l'acqua almeno un paio di volte.
Versare acqua fredda in una capace pentola, unire 1 rametto di rosmarino e 1 spicchio d'aglio, versarvi i ceci e far prendere il bollore a fuoco basso, per almeno un'ora (i tempi di cottura dipendono molto da quanto tempo prima sono stati essiccati i ceci).
Nel frattempo lavare le bietole, togliere le coste più grosse (che potranno essere lessate a parte e servite gratinate al burro e formaggio) e tagliare la parte verde a striscioline sottili.
Mondare la cipolla e tritarla fine.
Sbucciare lo spicchio d'aglio rimasto e tritarlo a sua volta.
Disliscare e sfilettare le acciughe.
Versare mezzo bicchiere d'olio in una pentola di coccio, e farci appassire la cipolla tritata insieme all'aglio, facendo attenzione che non bruci.
Unire il concentrato di pomodoro e i filetti di acciughe, e far insaporire finché le acciughe cominciano a disfarsi, e a questo punto unire le biete, facendo cuocere a fuoco lento finché anche le biete appassiscono (è questione di minuti).
Unire per ultimi i ceci cotti e scolati, un po' di acqua e far cuocere per una mezz'ora almeno. Alla ginr aggiustare di sale.
Il risultato deve essere brodoso, per riuscire a bagnare il pane, ma non acquoso. Detto in altri termini, il liquido che si forma dovrà essere saporito.
Abbrustolire le fette di pane e servire il cacciucco nelle scodelle sul cui fondo sia stato messo il pane abbrustolito.

NOTE 
Per la ricetta ho fatto riferimento a queste fonti:
Paolo Petroni, Il grande libro della vera cucina Toscana, Giunti (2008)
Giovanni Righi Parenti, La cucina toscana in oltre 450 ricette, Newton Compton (2015)
Anna Gosetti Della Salda, Le ricette regionali italiane, Solares (2011)
Annalisa Barbagli, Appunti di cucina, Piattoforte (2016)

Tutti convengono nello spiegare che con il termine cacciucco si indica un guazzabuglio di cose, quindi di ingredienti, e che nella cucina toscana siano accreditati non solo il più nobile e famoso cacciucco di pesce ma anche cacciucchi di legumi e finanche di carne. Quelli di legumi, più poveri, fanno parte della tradizione contadina, soprattutto del senese, dell'aretino e della Maremma.
Il piatto somiglia molto alla zuppa o zimino o zemino di ceci ligure, che si distingue per la presenza più massiccia di aromatiche, tipiche della cucina ligure.

Io dalla mia ho preferito usare il concentrato al posto dei pomodori freschi o della passata, perché mi sembra che conferisca un sapore di pomodoro più intenso, soprattutto in inverno. Ho scelto di mettere i filetti di acciughe sotto sale, che sono riportati in alcune versioni ma in altre no, perché ne amo il sapore e penso che ci stiano benissimo. Assolutamente niente vino, che mi sembra c'entri poco, e anche niente formaggio alla fine.
Per quanto riguarda i ceci ho usato dei ceci piccoli, coltivati da un agricoltore amiatino e comprati in loco. Erano davvero buoni.


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Con questa ricetta partecipo al 100% Gluten Free (fri)Day
gran bella iniziativa di Gluten Free Travel & Living.

I Love Gluten Free (FRI)DAY – Gluten Free Travel & Living

domenica 14 febbraio 2016

Castagnaccio con crema di ricotta al miele

Castagnaccio naturalmente senza glutine con ricotta al miele

Leggevo che Gaia di Profumo di mamma (per inciso, complimenti per gli splendidi cioccolatini!) è stata istigata a partecipare all'MTChallenge proprio dalla sfida sul pane dello shabbat di Eleonora. La capisco: è una delle sfide che ho amato di più, e non a caso in quell'occasione avevo prodotto addirittura quattro ricette, un record assoluto per me. Confesso, dopo un po' di anni, che in quell'occasione ci un po' avevo sperato. Come un altro paio di volte, non di più.
Però da un certo punto in poi ho avuto la certezza che non avrei mai vinto: nelle sfide tecniche non sono abbastanza tecnica, in quelle creative non abbastanza creativa. E quando conta un insieme di queste cose, unito alla capacità di scrittura, non sono abbastanza creativa nello scrivere.
Incredibilmente, questo non mi ha fatto smettere di partecipare, ma mi ha messo la coscienza in pace. Proprio la consapevolezza che non vincerò mai mi permette di partecipare con olimpica serenità, fare quello che mi piace e non quello che penso potrebbe piacere ad altri.
Ad esempio in questa bellissima sfida sul miele di Eleonora e Michael avevo avuto un paio di idee che probabilmente sarebbero piaciute di più ai giudici (dico probabilmente, ma mica ne sono certa). Una di queste una ricetta che sono anni che vorrei provare, lo sfratto del Goym (non a caso feci addirittura una scheda per Gente del Fud su questa specialità) dolce di origine ebraica tipico di Pitigliano, di cui attualmente esiste un unico produttore, ed è presidio Slow Food. È uno di quei dolci pieni di miele e frutta secca, con una bella storia alle spalle. Ci penso, ci ripenso e poi decido che no, non lo faccio, perché a casa mia non lo mangerebbe nessuno, troppo dolce, troppo ricco, troppo troppo. Se c'è una cosa di cui sono certa è che non voglio più cucinare per il blog, ma cucinare per me e la mia famiglia. Con serenità
Quindi niente sfratto del Goym, anche se era un dolce molto interessante (se poi mi verrà voglia di rifarlo lo proverò fuori concorso).

Altre ricette mi affollano la mente ma alla fine la scelta ricade sulla più semplice di tutte: il mio castagnaccio.
Che è mio non per famiglia ma perché è un dolce povero, semplice ma che amo appassionatamente.
Mi insegnò a farlo un caro amico, venticinque anni fa, e da allora si fa così.
Tranne una piccola aggiunta, che mi permette di usarlo per questa sfida: un paio di cucchiai di miele di castagno uniti alla pastella, per esaltare il profumo "castagnolo" e enfatizzare la nota dolce (zucchero non ce ne va nemmeno un pizzico).
È un po' una forzatura, perché il castagnaccio è uno di quei dolci poveri, in cui non ci andrebbe niente di più di quello che è strettamente indispensabile, ma tant'è. Noia non dà, troppo dolce non diventa, esalta il profumo.
L'altra piccola elaborazione è stata accompagnarlo con una crema di ricotta insaporita di nuovo con miele di castagno e scorze d'arancio (che nelle foto non si vedono non so perché ma ci sono, lo giuro!) che richiamano i necci, piatto tipico dell'appennino pistoiese e garfagnino, simil-pancake con farina di castagne che si mangiano appunto accompagnati dalla ricotta.
C'est tout.
Semplice, di montagna.
Abbastanza salutare, anche se non troppo perché mi diceva un amico diabetico che la farina di castagne ha un indice glicemico molto elevato e loro non la possono assolutamente mangiare.  Però almeno ci sono pochissimi grassi, niente zucchero (a parte i due cucchiai di miele), niente schifezze, nemmeno le uova ci sono. A proposito: ma è kasher oppure no? Illuminatemi Eleonora e Michael!

La cosa essenziale, quando si fa il castagnaccio, è usare ingredienti buoni.
Prima di tutto la farina di castagne, che è un prodotto molto deperibile con un sapore estremamente variabile a seconda di come è stata fatta e conservata.
Io ho usato della farina fatta da un produttore locale, facendo seccare le castagne con legna di castagno, macinata a pietra in un molino usato solo per castagne. Non è certificata senza glutine ma di fatto lo è, dato che conosco il produttore e il processo produttivo. È dolcissima, profumatissima, senza nessun retrogusto amaro. Per conservarne le caratteristiche il più a lungo possibile la tengo in freezer. Purtroppo è quasi finita, mi resta la dose per solo un altro castagnaccio.
Anche il miele di castagno è prodotto da un produttore locale, che conosco, le arance sono biologiche, anche se non a km 0. Pinoli e noci sono del supermercato, probabilmente i pinoli russi e le noci mi pare francesi. Il rosmarino sarà pieno di polveri sottili, visto che viene dal mio balcone :-)
La ricotta è di nuovo di un produttore locale, biologica, buonissima.

Castagnaccio naturalmente senza glutine



Castagnaccio
Ingredienti
(per una teglia da 30 X 40)
  • 500 g di farina di castagne (¶)
  • 100 g di pinoli
  • una decina di noci
  • 100 g di uvetta sultanina
  • 2 o 3 rametti di rosmarino
  • olio extravergine di oliva
  • 2 cucchiai di miele di castagno 
  • la scorza di mezza arancia non trattata finemente tritata
    Gli ingredienti contrassegnati con il simbolo (¶) sono alimenti a rischio per i celiaci e per essere consumati tranquillamente devono avere il simbolo della spiga barrata, oppure essere presenti nel prontuario dell'Associazione Italiana Celiachia, o nell'elenco dei prodotti dietoterapici erogabili.

    Procedimento
    Setacciare la farina di castagne in una ciotola capiente, e aggiungere acqua finché si ottiene una pastella densa ma non troppo, stile quello che si usano per friggere. Dosi non ne do, dipende troppo dal tipo di farina.
    Mescolare bene con una frusta, per evitare grumi. Quando si è amalgamata bene, senza nessun grumo, unire due cucchiai di miele di castagno, la scorza d'arancia e un cucchiaio di olio extravergine di oliva.
    Ungere la teglia per dolci e versarci sopra la pastella.
    Cospargere la superficie con rametti di rosmarino, pinoli, uvetta e gherigli di noci grossolanamente tritate.

    Infornare sul ripiano più basso del forno precedentemente riscaldato a 180 °C. Cuocere per un'ora circa, finché si è ben asciugato e si sono formate molte crepe.

    Togliere dal forno e far raffreddare nella teglia.

    Servire a temperatura ambiente, si conserva un paio di giorni.


    Crema di ricotta al miele
    Ingredienti
    • 300 g di ricotta
    • 5 cucchiai di miele di castagno
    • la scorza di mezza arancia non trattata finemente tritata

    Castagnaccio naturalmente senza glutine con ricotta al miele

    Scolare per un paio d'ore la ricotta in una setaccio a maglie fini.
    Passare la ricotta allo stesso setaccio.
    Unire il miele, la scorza d'arancia e sbattere con una frusta per amalgamare e rendere la ricotta cremosa.
    Conservare in frigorifero.

    Servire ogni fetta castagnaccio con un paio di cucchiai di crema alla ricotta.
     

    La ricetta del castagnaccio è tratta dal mio libro Il dolce gluten free pubblicato da Giunti Editore

    http://www.giunti.it/libri/cucina/pasticceria-gluten-free/

    Con questa ricetta partecipo alla sfida n° 54 di febbraio 2016 dell' MTC.
    La ricetta originale di Eleonora Colagrosso e Michael Mayer del blog Burro e Miele



    venerdì 22 gennaio 2016

    Minestra con verza, legumi e cereali senza glutine e #SVEGLIATITALIA!






    È allucinante che l'Italia non abbia ancora una legge che tuteli i diritti di tutti.

    Insegno dal 2008, e nelle scuole, che è dove si vedono crescere le future generazioni, è tutto cambiato.
    Non dirò che non c'è più omofobia, sarebbe sbagliato, ma c'è stata una piccola rivoluzione copernicana. Alunni omosessuali che non nascondono la propria identità, e finalmente "Frocio!" non è più primo in classifica come offesa fra i ragazzi.

    L'altro giorno stavo parlando con mio figlio, dicendo che una volta non era assolutamente accettato se un ragazzo si presentava con un fidanzato invece che una fidanzata mentre adesso, almeno nella nostra famiglia e per i nostri amici, è la stessa cosa. Al che lui mi interrompe, con grande naturalezza,  "E vorrei vedere mamma! Mica avrò dei genitori omofobi!"

    Insomma, i giovani sono un pezzo avanti rispetto a questo paese retrivo e condizionato dalla Chiesa, Chiesa che anche lei nella pratica è molto più avanti di quanto dichiari ufficialmente.

    Partiti politici e personaggi politici discutibili sono contro un'equiparazione di diritti in modo del tutto ipocrita, esattamente come successe ai tempi della legge sul divorzio e sull'aborto.

    Domani 23 gennaio in tutta Italia ci saranno tantissime manifestazioni per sostenere con forza l'uguaglianza dei diritti di fronte alla legge di tutti.

    SVEGLIATITALIA!




    Minestra con verza, cereali e legumi (senza glutine)

    Gennaio è proprio il mese delle zuppe, creme, minestre, vellutate e chi più ne ha più ne metta.
    Io poi sarei a dieta, quindi a maggior ragione, più zuppe e meno pasta.
    A me questo tipo di preparazioni piace sempre, e la cosa buffa è che piace molto anche ai miei pargoli, che tanto piccoli non sono più, ma devo dire che apprezzano molto lo stesso.
    Se chiedo loro cosa vogliono per cena in questa stagione rispondono sempre "Crema di zucca!" (non a caso una delle prime ricette pubblicate sul blog), oppure "Porri e patate!" ed eventualmente "Ribollita!" o "Scacciagatti!". A volte addirittura l'impronunciabile minestrone, preferibilmente sotto forma di passato e con tanti ceci.
    No, non sono finti, spesso mi chiedono anche gli hamburger, e tanti, tanti dolci.
    Insomma, saranno i geni nordici, sarà che a me piacciono, non ci costa fare questo tipo di piatti.
    Il problema è che sono piatti per i quali ci vuole tempo. Non tutti lo stesso tempo, alcune anche veloci (tipo la crema di zucca, che non a caso piace tanto a me da cucinare quanto a loro da mangiare), però le minestre tendono ad essere più buone se cotte a lungo, e fatte riposare almeno un giorno.


    Anche questa minestra non è diversa dalle altre. La sera è piaciuta molto, ma il giorno dopo, per poter fare una foto, ho dovuto letteralmente toglierla dalle mani di mia figlia, che se l'era già scaldata per merenda (!!!).

    Sarà merito del cavolo? Sì, perché a casa nostra, d'inverno piacciono tantissimo anche i cavoli.

    ... Secondo me a casa della Gaia Celiaca sono tutti matti....


    Minestra con verza, cereali e legumi (senza glutine)


    Minestra con verza, legumi e cereali senza glutine

    Ingredienti
    (per 4 persone)
    200 g di mix di legumi  (fagioli con l'occhio, azuki verdi, lenticchie rosse decorticate) e cereali senza glutine (grano saraceno e riso integrale) (Zuppa al grano saraceno senza Glutine)
    1/4 di verza
    1/2 cipolla
    2 carote piccole
    2 coste di sedano 
    1/2 spicchio d'aglio
    prezzemolo
    concentrato di pomodoro
    1,5 l brodo vegetale fatto con 2 zucchine, 1 cipolla piccola, un paio di pomodorini, una carota e una costa di sedano, prezzemolo
    sale

    Procedimento
    Preparate il brodo vegetale:
    lavate le zucchine, i pomodorini, la costa di sedano, il prezzemolo, mondate la la cipolla e la carota. Mettete le verdure a grossi pezzi (il prezzemolo legatelo in un mazzetto) in acqua fredda, e fate cuocere per un'ora almeno. Togliete le verdure, che eventualmente potrete passare per fare una minestra leggera per cena, e tenete il brodo da parte per la zuppa.
    Tritate la 1/2 cipolla, una costa di sedano e una carota mondate, prendete una pentola di medie dimensioni dal fondo spesso o, meglio ancora, di coccio, versate olio a coprire il fondo della pentola quindi fateci soffriggere piano piano il trito di verdure, facendo attenzione a che appassisca e sudi senza bruciare né abbrustolire, per almeno un quarto d'ora/venti minuti a fuoco bassissimo. 
    Nel frattempo tritate a striscioline sottili la verza, e a dadini piccoli, ma senza tritarli, la restante costa di sedano e la carota.
    Unite verza e verdure al soffritto, fare cuocere qualche minuto per far appassire e insaporire, quindi unire il mix di legumi e cereali senza glutine. Far insaporire anche questi, e alla fine versare tanto brodo vegetale da ottenere una minestra spessa ma non troppo. 
    Far cuocere a fuoco bassissimo per un'oretta.
    Poco prima far soffriggere in un padellino 1/2 spicchio d'aglio tritato finemente con un cucchiaio d'olio, 1 cucchiaio di prezzemolo tritato e 2/3 cucchiai di concentrato di pomodoroi.

    Quando il soffritto è insaporito (ci vorranno pochi minuti) incorporarlo alla minestra
    Fate cuocere ancora una decina di minuti, quindi spegnete il fuoco e lasciate riposare fino al momento di servire.
    Come ogni minestra, il giorno dopo sarà più buona, perché i sapori si saranno amalgamati.

    Per fare questa minestra ho usato la Zuppa al grano saraceno senza Glutine, che altro non è che un mix di cereali e legumi secchi, di Nuova Terra.
    Questa ricetta partecipa al progetto #siamoGolosiani.

    Con questa ricetta partecipo anche al 100% Gluten Free (fri)Day
    una gran bella iniziativa di Gluten Free Travel & Living

    mercoledì 13 gennaio 2016

    Scacciagatti garfagnini naturalmente senza glutine

    Scacciagatti garfagnini

    E siamo alla 53-esima sfida. Una sfida bellissima, alla quale partecipo con grande gioia, perché proprio adatta a me. Se riesco, farò più di una ricetta. Magari un vero minestrone, come quello bellissimo proposto dalla Vitto, o una zuppa di legumi e cereali, come la sua meravigliosa mesc-ciua.
    Però comincio così, con una ricetta di montagna della regione che mi ha adottato.

    Non farò la furba. Io questa ricetta l'ho già pubblicata. Pure su Piattoforte. Ma mi sembra così nelle corde di questa sfida, e così nelle corde mie, che ho deciso lo ripubblicarla, rifacendola ovviamente (e infatti le foto sono nuove, e ho pure cambiato un ingrediente) per partecipare a questa sfida.
    Non è una ricetta innovativa, non è una ricetta creativa, non ci sono ingredienti strani, tecniche stratosferiche, niente di tutto ciò.
    È una ricetta di quelle che piacciono a me: naturalmente senza glutine, regionale, montanara.
    Poi ci sono alcuni fra i miei ingredienti preferiti: la farina da polenta, il cavolo nero, i fagioli, il lardo. 
    Insomma, nessun volo pindarico, nessun salto di fantasia, ma una sobrietà e un rispetto del cibo, degli ingredienti, della vita, che vorrei diventasse una cifra distintiva del mio modo di cucinare, e che dovrebbe essere cifra distintiva della vita.

    Mi guardo interno. Vedo il sole malato di Delhi, Singapore immersa nell'haze, i ghiacciai del Brenta che sono oramai quasi solo un ricordo, la morte del Rio Doce in Brasile. Mi domando che cosa cazzo stiamo facendo.
    Moltissimo male, pochissimo bene, quasi niente.
    Ma c'è ancora chi dice che questo è il migliore dei mondi possibili. Certo, non si muore quasi più di appendicite. Si vive più a lungo. Quasi tutti i bambini vanno a scuola, e abbiamo la pensione la TV e l'iPhone. Prima di tutto CHI non muore più di appendicite? QUALI bambini vanno a scuola? CHI ha la pensione? Sempre pezzo di mondo che specula sugli altri, che non mi sembra in questo momento storico se la passino poi così bene. In fondo chissenefrega, le conseguenze più gravi adesso sono altrove e da noi arriveranno quando saremo morti.
    Toccheranno i nostri figli, probabilmente, ma in fondo ogni generazione, su larga scala, se n'è sempre fregata del destino di figli, nipoti e vicini di casa.
    Penso che invece, su larga scala, si starebbe tutti meglio se mangiassimo più scacciagatti e meno bistecche, in generale se mangiassimo a un pasto solo gli scacciagatti e magari qualche insalata di campo: pranzo completo, ricco di cereali, proteine e verdure.
    Penso che se fossimo meno consumisti saremmo tutti più felici, e ci sarebbero più risorse per tante cose. 

    Il bello degli scacciagatti è che permettono di ridurre anche gli sprechi, perché se avanzano diventano solidi, e li puoi friggere o cuocere sulla cucina economica, e sono quasi più buoni il giorno dopo fatti in questo modo che la sera prima.

    Rispetto alla ricetta originale ho fatto alcune modifiche, alcune obbligate altre per scelta, ovvero ho usato:
    - la farina di Storo invece di quella di formenton ottofile tipica della Garfagnana, perché non sono riuscita a trovare quest'ultima certificata senza glutine;
    - i fagioli cannellini al posto dei borlotti perché ne avevo in casa di buonissimi, biologici, toscani.

    Non ci trovo niente di eretico nel cambiare un ingrediente rispetto ad una ricetta della tradizione. Ce la vedreste voi la contadina della Garfagnana che ha finito i borlotti, ha dei cannellini e decide di non fare più gli scacciagatti perché non seguirebbe il disciplinare?
    Io anche di questa filologia fine a se stessa che attanaglia il mondo dei food-blogger mi sono rotta le scatole, perché va bene rispettare la tradizione, riscoprire gli ingredienti perduti, ma quando tutto questo diventa una forzatura, no, non ci sto più.

    Cavolo nero, cipolle, carote e olio vengono da Giovanni, il pusher di verdure del mio GAS, che le coltiva a Vaglia, a pochi km da Firenze.


    Scacciagatti garfagnini


    Scacciagatti garfagnini
    Ingredienti
    (per quattro persone)
    • 300 g fagioli cannellini secchi
    • 1 cespo di cavolo nero
    • 350 g farina da polenta bramata (io di Storo) (¶)
    • 1 carota
    • 1 costa di sedano
    • 100 g di lardo di Colonnata in fette spesse (¶) (Il lardo di Colonnata IGP è garantito senza glutine, quale che sia il produttore, in quanto il disciplinare esclude contaminazioni con glutine)
    • 1 cipolla
    • olio extravergine di oliva
    • sale
    Gli ingredienti contrassegnati con il simbolo (¶) sono alimenti a rischio per i celiaci e per essere consumati tranquillamente devono avere il simbolo della spiga barrata, oppure essere presenti nel prontuario dell'Associazione Italiana Celiachia, o nell'elenco dei prodotti dietoterapici erogabili.

      Procedimento
      Ammollate i cannellini per una notte.
      Fate un soffritto in abbondante olio extravergine di oliva con mezza carota, la costa di sedano e mezza cipolla e il lardo tritato sottile. 

      Quando ha sudato  unite i fagioli ammollati, l’altra mezza carota e l’altra mezza cipolla tagliate, ed il cavolo nero, precedentemente lavato e tagliato a striscioline sottili, fate insaporire un po', quindi versateci 2,3 litri di acqua, salata, fate prendere il bollore, quindi fate sobbollire a fuoco basso per un'ora.
      Dopo un'ora, versate la farina da polenta a pioggia, mescolando con una frusta. Se dovesse risultare troppo denso, aggiungete altra acqua calda, un mestolo alla volta. e poi cuocere per 40 minuti rimestando continuamente con l’apposito mestolo da polenta. 
      Deve venire una farinata densa. Una volta pronta, versatela nei piatti, cospargetela con un filo d’olio extravergine di oliva e lasciatela riposare finché di rapprende leggermente e “fa il velo”. 

      Sono squisiti anche il giorno dopo quando si saranno rappresi e li potrete tagliare a fette e cuocere sulla brace o friggere.  


      Con questa ricetta partecipo alla sfida n° 53 di gennaio 2016 dell' MTC.
      La ricetta originale di Vittoria Traversa del blog La cucina piccolina




      domenica 27 aprile 2014

      Trippa in insalata, trippa alla fiorentina... Trippa!

      insalata trippa e fagioli

      Wow! Ce l'ho fatta! E pure con un giorno di anticipo!!!
      Non avrei mai creduto, l'avevo data per persa... Ad aprile sono stata via dal 16 a ieri pomeriggio. Ero a casa della suocera, mica potevo mettermi a cucinare le animelle...
      Era vacanza anche per me.
      E poi qui nessuno le mangia, queste cose.
      Si vocifera che mio suocero a suo tempo fosse un estimatore, ma mio suocero non c'è più da anni.
      Però mi dispiaceva troppo saltare.
      Anche perché le mie origini contadine mi mandavano messaggi inequivocabili "Provaci! Provaci!"

      Pare che la mia bisnonna - Giulia, si chiamava - fosse una gran cuoca. Avevano infatti un'osteria.
      Una delle sue specialità?  Il ragù con le budelline di pollo.
      Però a quell'epoca non si buttava davvero via niente, e si cucinava con nulla.
      Se si tirava il collo a un pollo, non ci si permetteva di buttarne via niente. Nemmeno le budelline. Ora, io mi immagino come possano essere grandi le budelline di un pollo. E i racconti familiari narrano che la mia bisnonna fosse maniacalmente pulita. O come avrà fatto a pulire quelle benedette microscopiche budelline? Mah...
      Io il ragù con le budelline non ve lo faccio. Non saprei nemmeno dove trovarle, e non ne ho la ricetta. Però questo MTC non lo potevo saltare, sarebbe stato un tradire le origini.
      Così ieri pomeriggio, arrivati a Firenze alle sei del pomeriggio, ho trascinato tutta la famiglia a fare la spesa, con la scusa del frigo vuoto, ma sapendo che una cosa avrei dovuto comprare, o meglio, almeno due: trippa e lampredotto.
      Avrei voluto fare un intero menu quintoquartesco: antipasto, primo e secondo. No, al dolce non c'ero arrivata, non saprei che pesci pigliare.
      Purtroppo il lampredotto non c'era, e vi dovrete accontentare della trippa, con la quale vi ho preparato sia  l'antipasto che il secondo. Per essere arrivata in città ieri sera alle sei non mi sembra male...

      Questa volta ho anche trasgredito la mia regola, che non cucino per il blog ma per la mia famiglia. Qui di trippa non ne voleva sentir parlare nessuno, infatti ho fatto due porzioncine schise schise. Mi sa che ne porterò un po' a mio padre, che invece gradisce l'argomento. 

      Insomma, come al solito grazie MTC e, in questo caso, grazie Cristiana per averci dato la possibilità di sperimentare questi ingredienti antichi e desueti, che, se vogliamo rimanere carnivori ma in modo almeno un po' consapevole, dovremmo consumare molto più spesso.

      Ovviamente, ma era ovvio, sono rimasta come è nelle mie note, nel solco della tradizione. Quindi vi ammannisco due piatti tipicamente toscani: insalata di trippa e trippa alla fiorentina.
      Non sono certo da podio, ma ho gradito assai.

      Altro pregio di queste due preparazioni è che sono entrambe senza rischi di contaminazioni da glutine.

      Insalata di trippa e fagioli

      insalata trippa e fagioli

      Ingredienti
      (per sei persone)
      • 500 g di trippa
      • 200 g di fagioli cannellini secchi
      • 2 carote
      • 2 coste di sedano
      • 2 cipollotti freschi
      • 1 limone
      • 1 ciuffo di prezzemolo 
      • olio extra-vergine di oliva
      • sale, pepe

      Preparazione

      La sera prima mettere a bagno i fagioli con un pizzico di bicarbonato. La mattina seguente sciacquarli da l'acqua di ammollo, e metterli a bollire con uno spicchio d'aglio per un paio d'ore, finché sono teneri. Forse saranno troppi ma se avanzano qualcosa ne farete.  
      Scolarli dal brodo di cottura e metterli da parte a raffreddare.
      Lavare più e più volte sotto l'acqua fresca la trippa, quindi farla lessare per una quarantina di minuti in acqua a bollore.
      Scolarla e metterla da parte a raffreddare.
      Togliere i filamenti dalle coste di sedano con un pelapatate, lavarle e tagliarle a mirepoix. Grattare la parte esterna delle carote, lavarle e tagliare pure le carote a mirepoix.
      Togliere il ciuffo e la parte verde ai cipollotti, lavarli e tagliarli a rondelle sottili sottili.
      Tagliare la trippa a striscioline di circa 1 cm di lato e lunghe 4 cm.
      Mettere in una ciotola la trippa, i fagioli, la mirepoix di carote e sedano, i cipollotti a rondelle. Condire con sale, pepe, il succo del limone e il prezzemolo tritato.
      Lasciar riposare affinché si mescolino i sapori. Servire come antipasto.

      Trippa alla fiorentina

      trippa alla fiorentina

      Ingredienti
      (per quattro persone)
      • 500 g di trippa
      • 1 scatola grande di pelati
      • 2 cipolle medie
      • 1 spicchio d'aglio 
      • 1 bicchiere di vino bianco secco
      • olio extra-vergine di oliva
      • parmigiano reggiano
      • sale, pepe
      Preparazione
      Lavare più e più volte sotto l'acqua fresca la trippa, quindi farla lessare per una quarantina di minuti in acqua a bollore.
      Scolarla e tragliarla a striscioline di circa 1 cm di lato e lunghe 4 cm.
      Preparare un soffritto con una cipolla, e metterla a fuoco basso in una pentola con lo spicchio d'aglio e un paio di cucchiai d'olio.
      Far sudare, quindi aggiungere i pelati spezzati grossolanamente (sarebbe meglio usare pomodori da sugo, ma adesso non sono ancora buoni, e quando si è fuori stagione preferisco usare i pelati). Far cuocere a fuoco basso mentre si procede con la preparazione della trippa.
      Tagliare fine anche l'altra cipolla, metterla a sudare in un altro paio di cucchiai di olio e appena è translucida aggiungere la trippa.
      Far rosolare qualche minuti, quindi sfumare con il vino.
      Quando è evaporato aggiungere la salsa di pomodoro (che non sarà ancora pronta, ma preferisco farla cuocere un po' da sola prima per evitare che il tutto sappia d'acido).
      Far cuocere una quarantina di minuti a fuoco basso, mescolando ogni tanto ed aggiungendo eventualmente mezzo bicchiere di acqua calda.
      Quando la trippa è molto morbida e il sugo si è rappreso aggiungere 3 cucchiai di parmigiano grattugiato, mescolare e far cuocere altri cinque minuti.
      Aggiustare di sale e pepe (non dev'essere molto salato, visto che si aggiungerà altro parmigiano), e far riposare un po'. Prima di servire cospargere con altro parmigiano  grattugiato e servire.

      Con questa ricetta partecipo alla sfida di aprile 2014 dell' MTC.
      La ricetta originale di Cristiana del blog Beuf à la mode

      MTC di aqprile 2014

      lunedì 13 gennaio 2014

      Stufato speziato alle mele con Cornish Saffron Cake senza glutine. Per l'MTC, naturalmente!

      Stufato speziato alle mele

      Ultimamente mi piace il rischio. Il rischio di finire fuori concorso, intendo.
      Questa volta mi sa che ci vado proprio vicina vicina. Però oramai è fatta, o meglio, è fatto - lo spezzatino intendo - speriamo che di passare dalla cruna delle regole.

      Perché, Madame La President, lo confesso, dentro il mio spezzatino le verdure non ci sono.

      O meglio, ci sono, ma sono quelle del soffritto: cipolla, carote, sedano, aglio, prezzemolo. Però, anche se si tratta di ortaggi, tecnicamente, in cucina, li chiamiamo odori. Insomma, non svolgono la funzione di verdure, delle patate del dottor Pelliccia, sono un semplice complemento saporifero del piatto.

      Semplice.... Si fa per dire semplice, senza di loro il piatto non sa di un piffero. 

      Si, ma non sono un contorno. A meno di non mettercene un ballino. Se ad esempio avessi fatto uno spezzatino con le cipolle, avrebbero contato. Ma dato che qui di cipolle ce ne sono solo due, forse non conta. Bastano due cipolle, una carota, una costa di sedano?

      Però abbiamo le mele. Ben tre mele. Non sono poche. Si, lo so, le mele sono frutta, non ortaggi. Ma sono sempre un prodotto agricolo. Fanno parte del piatto. Sono le patate del signor Pelliccia che si sono trasformate in mele.

      A proposito, ma perché ci hai messo 'ste mele, di grazia, non potevi metterci le cipolline, come avevi pensato, e stavamo più tranquilli?

      E non svelare i miei segreti, ché poi me li copiano.
      Lo sai che sono sempre lì lì per vincere, un cavallo di razza, le mie idee valgono oro...
      Mica abbiamo finito di sperimentare questo spezzatino...

      Comunque, tornando alle mele (speriamo che si siano scordati di queste cipolle&cipolline, mannaggia!), è una storia lunga.

      Parte da San Giovanni Valdarno, scende giù, fino in Libia, torna su in Belgio, e passa per la Cornovaglia...

      Questo MTC ultimamente ti fa venire una fregola cosmopolita, tu che sei così pantafolaia, sempre in casa a cucinare... E poi combini pasticci!

      Ma la vuoi sentire la storia di questo spezzatino o no?  Non ho mica tempo da perdere io!

      Si si dai raccontamela, tanto oramai, siamo fuori concorso, sono quasi le due di notte, ho forse qualcosa da perdere?

      Quando quelle due benedette santissime e care ragazze delle sorelle Calugi di Cerreto, che si rischia pure siano state mie allieve quando insegnavo a Empoli, hanno proposto lo spezzatino, ho esultato: una ricetta nelle mie corde, un secondo di carne povero, che piace a tutti in casa, e poi, quanti se ne potrebbero fare di questi spezzatini? Centinaia! Dalla tajine allo stew anglosassone, dallo stufato di Portici (vuoi che non esista uno stufato a Portici?!?!?!) al goulash, ci si potrebbe girare il mondo, a cavallo degli spezzatini.

      E invece, pian pianino, si è fatta strada un'idea, un'idea che nasce dietro l'angolo, a San Giovanni Valdarno.
      Si, proprio lui, lo stufato alla Sangiovannese!
      Piatto naturalmente gluten free, profumato, con una storia fantastica alle spalle.
      Sarebbe perfetto.
      ...
      ...
      Si, certo, ma comesi fa con drogo?

      E cosa sarebbe questo drogo?

      Lo dice la parola stessa, no? È la miscela di spezie (droghe, all'antica) utilizzate per insaporire lo stufato. Il punto di forza del piatto, che lo distingue da mille altri simili.
      Il drogo lo vendono direttamente i pizzicagnoli di San Giovanni, nessuno sa cosa contenga di preciso.
      Posso andare a San Giovanni apposta per comprarlo? E il mio contributo creativo dove va a finire (traduzione: chi ha il tempo?)? E se poi non è gluten-free?

      Allora comincio a leggere. Sul sito della Pro loco di San Giovanni. Sul Petroni (Il libro della vera cucina toscana). Sui blog di cucina, Le Pellegrine Artusi in primis, ché una gli è proprio di San Giovanni.
      Dalla collega famosa, che proprio di San Giovanni è e ha più volte presentato il Palio dello Stufato medesimo.

      Ma che le son tutte bone quelle di San Giovanni? 

      Cosa c'entra ora? Non te la presento, non ci contare. E poi si, son tutte bone. San Giovanni 'un vole inganni, non lo conosci il proverbio?

      In queste mie letture scopro che questo stufato tradizionalmente veniva preparato dagli operai che lavoravano nelle fabbriche di ceramiche della zona. Usavano le fornaci, così nasce la cottura a fuoco lento delle carne povera (principalmente interiora): i cuochi non avevan tempo di star dietro ai fornelli, e lasciavano che le cose si cucinassero da sole...

      Questa storia l'ho già sentita....

      Certo che l'hai già sentita, anche il Peposo dell'Impruneta (di cui potrete trovare la ricetta su A Tavola di questo mese, magistralmente raccontata da Andante con Gusto), zona di fornaci perché ci fanno il famosissimo cotto dell'Impruneta, lo facevano allo stesso modo.
      Ma non mi far divagare, altrimenti questo post lo finisco domattina...

      Dicevamo delle fabbriche di ceramiche di San Giovanni, degli operai che ci lavoravano e dei loro stufati.
      Uno di loro andò soldato in Libia, e scoprì le spezie.
      Le spezie della Libia!
      Ve lo immaginate, l'operaio di San Giovanni che va soldato in Libia e lì scopre quant'è buona la cucina etnica? Non s'è inventato nulla, signore food-blogger, proprio nulla...

      Insomma, codesto soldatino torna a casa, e si mette a preparare lo stufato mettendoci le droghe. Un successone! Un successone assoluto!

      Potevo non fare lo stufato alla sangiovannese?

      Puoi puoi... Sta a vedere quanti casini mi combina questa di qui alla fine della storia...

      Zitto tu, uccellacio del malaugurio!
      Intanto, mi metto avanti con le spezie. Se il tipo era andato in Libia, le spezie saranno le spezie tipiche libiche, no?  Pare che in Libia il mix di spezie tipico si chiami Hararat. E contenga sette spezie:  cannella, noce moscata, cumino, coriandolo, peperoncino rosso in polvere, pepe nero, zenzero.
      Il Petroni però mi dice che secondo lui nello stufato alla sangiovannese ci sono di sicuro il macis, i chiodi di garofano e il cardamomo. Leggo in un altro sito che una spezia molto usata in zona è il pepe lungo.
      Insomma, per farla breve, compongo il mix di spezie di Gaia:
      • cannella, 
      • noce moscata, 
      • cumino, 
      • coriandolo, 
      • pepe nero (tanto), 
      • pepe lungo, 
      • macis 
      • scorza d'arancio dolce
      • cardamomo
      • chiodi di garofano
      Il peperoncino no, altrimenti la prole lo stufato col cavolo che me lo mangia, e lo zenzero ce lo metto fresco. La scorza d'arancio dolce è stata un'ispirazione del momento...

      Che ti credevi di fare, l'Alchermes?

      E questo l'antefatto.

      Ma quanto la vuoi menare con questo post? Hai già scritto dieci pagine e sei solo all'antefatto?!?!?!?!

      Abbi pazienza, lo sai che sono prolissa....
      Tornando a noi, venerdì faccio la spesa, e ieri mi metto a preparare lo stufato, quando mi rendo conto con orrore che non ho le ossa della zampa di vitello adulto per fare il brodo, né tantomeno il muscolo anteriore della zampa di vitello adulto, per fare lo stufato alla sangiovannese, ma della semplice carne da brodo e della semplice carne povera da spezzatino. Insomma, mi manca l'ingrediente principale.
      Dobbiamo cambiare tutto.

      Pensa che ti ripensa, decido che le spezie di Gaia per lo stufato alla sangiovannese le useremo. E anche il Chianti, che mi ci piace. Anche il poco concentrato di pomodoro, che non amo gli spezzatini troppo rossi. Anche il soffritto e trito fine di aglio e limone, che mi sembra una grande idea. E per rendere colloso il tutto, ci metto le mele.

      Le mele, o perché le mele? 

      Perché nelle mele c'è la pectina, che è un addensante naturale che si usa nelle marmellate. E perché le mele sono buone e neutre. Perché le mele mi sanno di ricetta antica. Perché le mele stanno bene con l'uvetta.

      Uvetta? O di dove viene codesta uvetta?

      Ma dalla Saffron Cornish Cake. Non te l'avevo detto che volevo fare proprio questa, come pane di accompagnamento? E usarlo un po' come si usa il pain d'epices con la carbonnade flamande.

      Calma calma. Che sarebbe questa carbonata con il pain d'epices? Che c'entrano i fiamminghi? E la Cornovaglia? Non ti seguo più!!!!!

      Uno dei piatti tipici delle Fiandre è la carbonnade flammande, uno stufato con la birra, che si usa accompagnare con crostini di pain d'epices.
      La mia mente perversa ha partorito quest'idea: visto che lo stufato speziato alle mele (le cose cominciano a prendere corpo, e pure un nome) è, appunto, speziato, ci starebbe proprio bene un pane di accompagnamento anch'esso un po' speziato, dolce - ma non troppo - e con l'uvetta, che con le mele sta benissimo.
      Guarda te che la Saffron Cornish Cake ha proprio tutte queste caratteristiche.
      Con in più un bel colore giallo, che le viene dato dallo zafferano, che con il bruno scuro dello spezzatino sta divinamente. Perché anche l'occhio vuole la sua parte, a maggior ragione con un piatto così infotografabile come lo spezzatino.

      Le mele in effetti nel nostro stufato non si vedono, ché si sciolgono nel sugo, né si sentono, perché sono neutre. Sono un sottofondo, un retrogusto dolce acidulato, che però si sposerà, e richiamerà perfettamente, l'uvetta e il dolce speziato del pane.

      Per la cronaca, per la ricetta della Saffron Cornish Cake sono partita da Il pane fatto in casa  da cui avevo preso anche i dosas, a suo tempo, che è pieno di ricette di pani da tutto il mondo, alcuni molto interessanti. Tipo questo, per esempio.
      La ricetta di questo pane mi ricorda un po' il Malt Loaf che aveva proposto la Mapi per lo Starbooks, ma qui le divagazioni stanno eccedendo (però la prossima volta che lo faccio la melassa ce la metto eccome, perché ci sta benissimo, secondo me!).

      Sarà bene che vi dia le ricette e rizzati.

      La ricetta è una delle tante ricette che potrete trovare sul mio libro Il pane gluten free.



      Il pane gluten free
      Pubblicato da Giunti Editore


      Vi dico solo che alla fine un piccolo contorno a questo popò di roba ce l'ho messo. Anzi due, perché l'abbiamo mangiato due volte, codesto stufato: la prima volta della verza stufata, che mi sembrava uno splendido accompagnamento, così invernale, così saporita, così rustica.
      La seconda volta il contorno che ho scoperto quest'anno e non lascerò più, meraviglioso, pieno d'inverno, di salute, di colori.
      ....Ma del quale, pur avendolo fatto ormai parecchie volte, non ho le foto, perché lo faccio la sera e la mattina non ne resta nemmeno un po'.
      Speriamo di riuscire a tirare fuori una foto di questa meraviglia, prima o poi...

      E ora, bado alle ciance, e vai con le ricette. Sempre che vadano in porto...

      Era ora! 

      Stufato speziato alle mele

      Stufato speziato alle mele

      Ingredienti
      • 1 kg di carne di manzo da spezzatino (magro di seconda scelta: io campanello)
      • brodo di carne
      • 2 cucchiai di mix di spezie così composto:
        • cannella (1 pezzettino lungo 2 cm)
        • noce moscata (1/2 noce moscata)
        • cumino (1 cucchiaino)
        • coriandolo (1 cucchiaino)
        • pepe nero (tanto)
        • pepe lungo (1 bacca)
        • macis (1 pezzetto)
        • scorza d'arancio dolce (2 pezzetti)
        • cardamomo (3 capsule)
        • 3 chiodi di garofano
      • 3 cm di ginger fresco
      • 1/2 cucchiaino di noce moscata appena grattugiata
      • 2 spicchi d'aglio 
      • la buccia di un limone non trattato grattugiata
      • 2 cipolle rosse medie
      • 2 coste di sedano 
      • 1 carota grossa
      • 2 cucchiai di prezzemolo tritato 
      • 2 bicchieri di Chianti 
      • olio EVO
      • 1 cucchiaio di concentrato di pomodoro
      • 3 mele
      • sale
      • pepe (abbondante)
      Gli ingredienti contrassegnati con il simbolo (¶) sono alimenti a rischio per i celiaci e per essere consumati tranquillamente devono avere presentare sulla confezione la scritta SENZA GLUTINE il simbolo della spiga barrata, oppure essere presenti nel prontuario dell'Associazione Italiana Celiachia, o nell'elenco dei prodotti dietoterapici erogabili.

      Preparazione
      Tagliare la carne a pezzetti di circa 2 cm di lato.

      Preparare un trito con l'aglio, il prezzemolo e la buccia di limone.

      Preparare un battuto con la cipolla, la costa di sedano, la carota.

      Grattugiare lo zenzero.

      In una pentola di coccio, di ghisa, di alluminio o comunque adatta alla lenta cottura (io una normale pentola di acciaio, lo so che non sono adatte, ma quella di ghisa non ce l'ho e le altre che avevo di alluminio e coccio o erano troppo grandi o troppo piccole. Se riuscite a convincere mio marito a regalarmi la pentola di ghisa ne sarò felice) mettere 10 cucchiaio di olio, il battuto di cipolla, sedano e carote, il trito di aglio, prezzemolo e cipolla e la carne. Fate andare a fuoco medio finché la carne è ben rosolata e il fondo abbastanza asciutto.

      A questo punto, aggiungere i due cucchiai di spezie, la noce moscata, lo zenzero tritato. Mescolare bene e sfumare con il Chianti. Aggiungere quindi il concentrato di pomodoro, mescolare e insaporire.
      Sbucciare le mele, togliere il torsolo e tagliarle a fette sottili, e metterle nella pentola quando sia evaporato il vino.

      Stufato speziato alle mele

      Foto orrenda ma ci tenevo a farvi vedere le mele

      Abbassare la fiamma al minimo, e far cuocere lo stufato a fuoco lentissimo, tirandolo con il brodo caldo, da aggiungere via via.

      Cuocere finché le mele saranno disfatte (questo succede in pochissimo tempo) e soprattutto la carne morbida. Ci vorranno 2 o anche 3 ore, dipende dal tipo di carne.

      Quando è cotto, aggiustare di sale e pepe, aggiungere ancora un cucchiaino di noce moscata, e lasciar riposare una notte. Questo riposo non è strettamente necessario, ma io ho notato che gli stufati mangiati il giorno dopo sono troppo più buoni, e non vedo perché non istituzionalizzare questo riposo.

      Il giorno dopo, scaldare sempre a fuoco lento, e nel frattempo tagliare a fette piuttosto spesse il Cornish Saffron Cake, tostarlo sulla griglia del pane o, ancora meglio, nel forno, farlo a quadrotti e servire lo stufato con questi crostini ed eventualmente un contorno semplice di stagione ma scriviamolo piccolo se no mi buttano fuori.

      Cornish Saffron Cake senza glutine
      (da Il pane fatto in casa, di Christine Ingram e Jennie Shapter)


      Cornish Saffron Cake gluten free

      Ingredienti

      • 400 g di mix di farine dietoterapiche per brioche di Un cuore di farina senza glutine (220 g di mix per pane Farmo, 80 g di Glutafin Select, 100 g di Agluten per pane)
      • 50 g di mandorle
      • 1/2 cucchiaio di zafferano in stimmi
      • 1 bustina di zafferano in polvere
      • 1/2 cucchiaino di noce moscata appena grattugiata
      • 1 cucchiaino di cannella in polvere(¶)
      • 40 g di zucchero semolato
      • 10 g di malto di riso (¶)
      • 1/2 cucchiaino di sale
      • 75 di burro ammorbidito
      • 100 g di uva sultanina
      • 400 ml di latte
      • 1 bustina di lievito di birra disidratato
      Per la glassa

      • 2 cucchiai di latte
      • 1 cucchiaio di zucchero semolato
      Gli ingredienti contrassegnati con il simbolo (¶) sono alimenti a rischio per i celiaci e per essere consumati tranquillamente devono avere presentare sulla confezione la scritta SENZA GLUTINE il simbolo della spiga barrata, oppure essere presenti nel prontuario dell'Associazione Italiana Celiachia, o nell'elenco dei prodotti dietoterapici erogabili.

      Preparazione
      In una ciotola mettere gli stimmi di zafferano in infusione nel latte e lasciar riposare almeno un ora. Scaldare il latte (dev'essere tiepiedo, non caldo!)
      Nella ciotola dell'impastatrice sciogliere il lievito di birra nel latte intiepidito insieme a 50 g di mix di farine e al malto di riso. Lasciar riposare finché non fa la schiuma (un quarto d'ora circa).
      Nel frattempo tritare le mandorle nel mixer, in funzione mix per non far tirare fuori l'olio.
      Aggiungere nella ciotola dell'impastatrice le mandorle tritate, le farine setacciate, le spezie, la bustina di zafferano in polvere (ce l'ho messa perché mi sembrava che il latte non si fosse molto colorito con gli stimmi, e ho fatto bene), lo zucchero e il sale.
      Accendere l'impastatrice.
      Quando è amalgamato, sempre con l'impastratrice in funzione, aggiungere il burro a pezzetti, un po' alla volta.

      Lavorare finché non si ha un composto liscio e omogeneo, raccogliere a palla e far lievitare un paio d'ore al caldo, coperto.

      Quando è quasi triplicato scaravoltare sulla spianatoia infarinata e versarvi sopra l'uvetta. Dare qualche piena per distribuire l'uvetta in tutto l'impasto, quindi avvolgere in una forma di filone e mettere a rilievitare al caldo in uno stampo da pane rettangolare imburrato (non è lo stampo da plumcake, è quello più grande da 30 cm).

      Preriscaldare il forno a 220 °C, e infornare lo stampo al livello più basso.

      Dopo un quarto d'ora, abbassare la temperatura a 190° C e far cuocere per 50-55 minuti.

      Lasciar raffreddare il pane nello stampo per una decina di minuti, quindi sformarlo e metterlo a raffreddare su una griglia.

      Nel frattempo preparare la glassa: in un pentolino far sciogliere a fuoco medio lo zucchero nel latte, e appena è sciolto pennellare la superficie del pane con questa glassa per lucidarlo.


      Con questa ricetta partecipo alla sfida di gennaio 2014 dell' MTC.
      La ricetta originale delle sorelle Calugi, de La cucina spontanea

      MTC di novembre 2013

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