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lunedì 24 ottobre 2016

Tapas senza glutine, toscane e pure vegane!

Tapas toscane senza glutine, pure vegane

Questo MTChallenge n°60  ci porta in Hispania, guidati dalla Mai del blog Il colore della curcuma.
Chi meglio di lei, che hispanica lo è davvero, ci può condurre per mano in questo gioco del tapeo?
Un dubbio: ma tapeo è della prima o della seconda?
A primo acchito sembrerebbe della seconda: tapeo, tapes, tapet, tapemus, tapetis, tapent. 
Però è tapear, quindi sembrerebbe della prima:
tapeo, tapeas, tapeat, tapeamus, tapeatis, tapeant.
Quindi come si direbbe: heri tapeavi... ????
Ah... Ma è spagnolo? Aaah... Non era latino... Aaaaaaah.....
Non sapendo lo spagnolo (perché invece il latino....) taccio e mi dedico alla cucina. Semmai, come vedremo poi, non è il latino che ci interessa. Qui si viene a risciacquare i panni in Arno,
Tornando a noi, di queste tapas ne avevamo da fare ben tre: una tapa, dei pinchos e un Montadito.
Per spiegarvi le differenze fra le tre tipologie vi rimando direttamente a quanto scritto nel post della sfida, così non sbaglio:
a. le Tapas propriamente dette, che sono quelle che si mangiano seduti, in un piattino. Nella nostra gara vanno intese come piccole porzioni di un piatto intero: non qualcosa che nasce come finger food, quindi, ma qualcosa che lo diventa, per  necessità. Un pezzetto di tortilla è una tapa, un mestolo di zuppa è una tapa, un biscotto salato non lo è.
b. i Pinchos (da non confondere con i Pintxos baschi) sono finger food che si infilzano con uno stuzzicadenti- di ogni foggia e misura-  e si mangiano in piedi, al bancone del bar. Quindi, a differenza delle Tapas, i Pinchos nascono per essere mangiati in un solo boccone, con piena fantasia nella scelta degli ingredienti. L’unico limite è la consistenza, visto che lo stuzzicadenti è essenziale (altrimenti i baristi non sanno fare i conti, visto che al posto del blocchetto delle ordinazioni ci sono gli stuzzicadenti vuoti)
c. i Montadito sono fettine di pane o panini mignon su cui viene assemblato ogni ben di Dio, a seconda della fantasia di chi li prepara. Essenziale, quindi, è il pane.
Bisognava anche trovare un tema che accomunasse le tre tapas.
Per me il tema è il solito ossessivo pallosissimo ripetitivo tema delle radici, che però è piuttosto flessibile avendo io più origini, quindi di volta in volta posso scegliere se andare a nord, al centro, al sud... Questa volta resto a casa, le mie tapas parleranno toscano.

La cucina toscana è rinomata soprattutto per le carni: carni al sangue, in purezza, come il roastbeef o la fiorentina, carni arrosto, come l'arista o i fegatelli di maiale, carni in umido, come il peposo, lo stracotto, lo stufato alla sangiovannese, il cinghiale in umido... Insomma, sembrerebbe una cucina che tutto può essere tranne che vegetariana.
E invece no! Come tutte le cucine in origine contadina, gli ortaggi, gli erbi come si dice qui, se la giocano alla grande.
E se la giocano secondo lo stile tipico della cucina toscana, ovvero poca elaborazione e valorizzazione della qualità degli ingredienti.

Se pensiamo ad alcuni grandi piatti della tradizione toscana, dalla ribollita alla pappa al pomodoro, dagli scacciagatti (o bordatino a Livorno) alla carabaccia di cipolle, e poi i tortelli o tordelli lucchesi o maremmani, i tortini di verdure (ovvero delle belle frittate alte), e la torta coi becchi... Quanti piatti vegetariani, se non addirittura vegani, ci ammannisce la nostra regione!

E così ho voluto provare a declinare il tema della sfida in versione ovviamente senza glutine, ma in questo caso naturalmente senza glutine, toscana e pure vegana.

Tutte ricette molto semplici, dove l'ingrediente la fa da padrone.
Anche tutte ricette che possono essere interpretate anche come cucina degli avanzi, che -non sono esperta- ma mi sembra una possibile motivazione delle tapas: mi è avanzato un po' di questo un po' di quello, non basta a farne una pietanza per tutti, però basta per un assaggino. Un modo saggio per non buttare via il cibo.
In effetti per me sono state anche cucina degli avanzi: dei ceci avanzati dal pranzo di ieri l'altro, la farinata e il cavolo nero avanzati dalla cena di sabato.

Tapas toscane senza glutine, pure vegane

Per la tapa volevo proporre il cacciucco di ceci, un piatto amatissimo, ma l'avevo già pubblicato sul blog e non mi piace proporre per l'MTC cose già viste su questi schermi, quindi sono rimasta fedele all'ispirazione originaria, i ceci, ma in insalata tiepida con giardiniera di verdure, molto simile ad un'insalata di trippa senza la trippa però. Di questa ricetta sono debitrice al ristorante Gli Attortellati, a Principina vicino a Grosseto, che da solo vale il viaggio.

Come pinchos ho sfruttato come dicevo un avanzo, ovvero la farinata con il cavolo nero, e ne ho ricavato delle palline che ho fritto.
Per i montadito propongo un grande classico della cucina toscana, i crostini con cavolo nero e cannellini. Il pane, anche se non era obbligatorio, me lo devo fare da sola per forza, a meno di non proporre crostini toscani con orribile pancarré confezionato, che Dante si rivolta nella tomba, e ieri sera ho impastato un filoncino integrale che mi sembrava perfetto per la bisogna.

Ringrazio Mai per questa sua proposta, che è stata molto divertente da ideare e preparare.

Ma veniamo alle ricette, che sono tante e chissà se riuscirò a finire il post prima della scadenza della gara...

Insalata tiepida di ceci con giardiniera


Insalata tiepida di ceci con giardiniera
Ingredienti
per 8  persone (come tapas, per 4 come antipasto) 

Per i ceci e la giardiniera
250 g di ceci piccoli (io ceci dell'Amiata)
2 carote piccole
1 falda di peperone rosso
1 falda di peperone verde
1 cipolla piccola
2 coste di sedano
1 manciata di pomodori secchi
2 spicchi d'aglio
1 gambi di qualche rametto di prezzemolo (quelli della salsa) 
1 peperoncino
2 bicchieri di vino bianco
2 bicchieri d'acqua
1/2 bicchiere di aceto
sale

Per la salsina
1 mazzetto di prezzemolo
1 limone
1 spicchio d'aglio
1 peperoncino fresco
 sale
pepe
olio extravergine di oliva

Procedimento
Il giorno precedente mettete in ammollo i ceci con un pizzico di bicarbonato, cambiando l'acqua un paio di volte.
La mattina scolateli dell'acqua di ammollo e metteteli a lessare insieme a uno spicchio d'aglio e un pizzico di bicarbonato. Il tempo di cottura dei ceci è molto variabile, questi ci hanno messo un paio d'ore.


 Preparazione della giardiniera

Mentre cuociono i ceci preparate la giardiniera: lavate tutte le verdure, mondatele e tagliatele a piccoli cubetti (tranne l'aglio).  In una pentola mettete l'acqua, il vino bianco, l'aceto, due spicchi d'aglio sbucciati, il peperoncino diviso a metà a cui avrete tolto i semi, e i gambi di prezzemolo. Quando l'aceto leggero (così chiamano questo liquido sul sito degli Attortellati) prende il bollore, rovesciateci dentro le verdure e fatele cuocere per pochi minuti: devo cominciare ad ammorbidirsi ma restare assolutamente al dente, ed essendo in cubetti ci vuole davvero poco. Scolate le verdure e mettetele da parte.

Preparate anche la salsina: Con un rigalimoni togliete la buccia al mezzo limone. Un parte delle zeste le terrete da parte per la decorazione delle tapas, il resto lo triterete insieme agli altri ingredienti. Pulite il prezzemolo (una parte dei gambi li userete, appunto, per l'aceto leggero della giardiniera), sbucciate uno spicchio d'aglio, togliete i semi e le nervature al peperoncino e tritate finemente insieme tutto. Mettete in una ciotolina, salate, versateci il succo del limone e olio extravergine d'oliva in quantità tale da ottenere una salsina abbastanza fluida.

Scolate i ceci, versateli in una terrina e conditeli con parte della salsina. Il resto della salsina lo porterete in tavola come condimento e lo userete per decorare le porzioni di tapas.

Mettete un cucchiaio di insalata in un cucchiaio o in una ciotolina, versateci sopra qualche altra goccia di salsina, un paio di zeste di limone ed è pronto.
Polpettine di farinata di cavolo nero

Polpettine di farinata di cavolo nero
Ingredienti
per 8 persone come tapa, per 4 come antipasto
300 g di farina per polenta di mais ottofile (¶)
1 piccolo cespo di cavolo nero
1 spicchio d'aglio
sale
olio extravergine di oliva

il tutto rigorosamente occhiometrico
Gli ingredienti contrassegnati con il simbolo (¶) sono alimenti a rischio per i celiaci e per essere consumati tranquillamente devono avere il simbolo della spiga barrata, oppure essere presenti nel prontuario dell'Associazione Italiana Celiachia, o nell'elenco dei prodotti dietoterapici erogabili.

Procedimento
Mondate e lavate il cavolo nero con cura, eliminando le coste dure.
Fatelo lessare in abbondante acqua finché si ammorbidisce (ci vorrà un bel po').
Scolatelo, tritatelo grossolanamente e ripassatelo in padella con un po' d'olio e uno spicchio d'aglio vestito.
Nel frattempo mettete su il paiolo, o anche una pentola capiente e dal fondo spesso, con 1,4 l di acqua. Quando bolle salate e versate a pioggia la farina per polenta, rimestando continuamente con una frusta (oppure potete mescolare acqua e farina a freddo, ma poi dovrete continuare a mescolare finché non prende il bollore). Fatela cuocere rimestando spesso per 40 minuti. Dopo una decina di minuti potrete aggiungere il cavolo nero ripassato in padella, avendo cura di eliminare l'aglio.
Quando sarà cotta aggiustate di sale, mescolate bene, togliete dal fuoco, lasciatela riposare qualche minuto e quindi rovesciatela sul tagliere da polenta. Formate delle palline e lasciatele riposare finché sono completamente raffreddate, meglio se fino al giorno dopo.
In realtà io non ho fatto così: ho fatto per cena una farina con il cavolo nero, quella avanzata l'ho messa in frigo in un piatto, il giorno dopo si era completamente rappresa e, con uno scavino di quelli che si usano per fare le palline dal melone, ho ricavato le palline al momento.
In una padella profonda mettete l'olio per friggere, fatelo scaldare e cuocere le palline poche alla volta, finché sono dorate, scolatele e lasciatele riposare cinque minuti prima di infilzarle sugli stuzzicadenti/spiedini piccoli.

Crostini con cannellini e cavolo nero


Crostini con cannellini e cavolo nero
Ingredienti
per 8 persone come tapa, per 4 come antipasto
1 filoncino toscano integrale (¶)
200 g di fagioli cannellini secchi
1 cespo di cavolo nero
olio extravergine di oliva
3 spicchi d'aglio
1 paio di rametti di salvia
sale
pepe

Gli ingredienti contrassegnati con il simbolo (¶) sono alimenti a rischio per i celiaci e per essere consumati tranquillamente devono avere il simbolo della spiga barrata, oppure essere presenti nel prontuario dell'Associazione Italiana Celiachia, o nell'elenco dei prodotti dietoterapici erogabili.

Procedimento

La sera prima mettete in ammollo i fagioli con un pizzico di bicarbonato. Il giorno seguente lessateli in abbondante acqua con uno spicchio d'aglio e i rametti di salvia.
Mondate e lavate il cavolo nero con cura, eliminando le coste dure.
Fatelo lessare in abbondante acqua finché si ammorbidisce (ci vorrà un bel po').
Scolatelo, tritatelo grossolanamente e ripassatelo in padella con un po' d'olio e uno spicchio d'aglio vestito.
In realtà per fare questa ricetta e i pinchos ho preso un bel cespo di cavolo nero e ovviamente ho fatto il tutto in una volta sola, dividendolo poi fra le due  preparazioni.

Quando è il momento di andare in tavola tagliare delle fettine di pane abbastanza sottili, abbrustolitele da ambo i lati, quindi strusciatele con l'aglio, disponeteci sopra il cavolo nero ripassato in padella e una cucchiaiata di fagioli caldi, un po' brodosi. Condite con olio extravergine di oliva a crudo, sale e una generosa spolverata di pepe.

 filoncino integrale senza glutine

Filoncino toscano integrale
Ingredienti
  • 100 g di farina speciale per pane Glutafin Select (¶)
  • 200 g di Mix Brot Schar  (¶)
  • 200 g di preparato per pane Nutrifree (¶)
  • 10 g di lievito di birra fresco
  • 10 g di olio extravergine di oliva
  • 400 ml di acqua 
Gli ingredienti contrassegnati con il simbolo (¶) sono alimenti a rischio per i celiaci e per essere consumati tranquillamente devono avere il simbolo della spiga barrata, oppure essere presenti nel prontuario dell'Associazione Italiana Celiachia, o nell'elenco dei prodotti dietoterapici erogabili, o riportare sulla confezione la scritta SENZA GLUTINE.

Preparazione
In una ciotola sciogliete il lievito nell'acqua a temperatura ambiente, lasciate riposare per qualche minuto quindi unite le farine setacciate e cominciate ad impastare con le mani.
Quando si è abbastanza amalgato, aggiungete l'olio. Mescolate ancora e rovesciate sulla spianatoia infarinata.
Continuate ad impastare, finché è ben amalgamato.
Fate la palla e lasciate lievitare coperto nella ciotola leggermente unta d'olio.
Un paio d'ore, ma dipende dal clima e dall'umidità dell'aria.
Quando è raddoppiato dare qualche piega e avvolgere su se stesso. Fate lievitare coperto nuovamente fino al raddoppio (un'altra oretta abbondante, fra lilleri e lalleri).

Accendete il forno alla massima temperatura, con dentro la refrattaria sul ripiano più basso e sul fondo un pentolino.
Quando il filoncino è giunto a lievitazione, trasferitelo sulla refrattaria, versate dell'acqua nel pentolino per far sprigionare vapore e vaporizzate anche il pane. Fate cuocere i primi dieci minuti al massimo e poi a 200°C, per circa un'ora complessiva.
Io uso la tecnica del battere sul fondo del filone con una nocca: se suona vuoto, ci siamo, se invece suona pieno lo lascio ancora qualche minuto.

Fatelo raffreddare coperto, e aspettate che sia freddo prima di tagliarlo.

Con questa ricetta partecipo alla sfida n° 60 di ottobre 2016 dell' MTC.
La ricetta originale di Mai Esteve del blog Il colore della curcuma

venerdì 15 aprile 2016

Burger ceci e quinoa

burger ceci e quinoa

Ricetta che avevo pubblicato quasi un anno fa per lo Starbooks, tratta da Fresh and light di Donna Hay, un libro che ci era piaciuto molto e a cui non pende un pelo.
Un libro perfetto per la primavera che incalza, pieno di ricette come vanno di moda ora, fresche, leggere, e che vengono alla perfezione.

Io avevo preparato questi burger di quinoa e ceci e mi avevano piacevolmente stupito, infatti li ho rifatti più volte. Erano piaciuti pure alla prole che di solito è molto sospettosa nei confronti di queste demoniache novità che la mamma insiste sempre a preparare. In particolare il pargolo adotta pratica la resistenza passiva e non violenta (anche se a dire il vero i mugugni si sentono eccome...) verso tutte queste diavolerie, che per lui hanno pure l'aggravante di essere senza glutine e quindi confermano a suo dire l'assoluto favoritismo della sottoscritta nei confronti della figlia grande :-)
A questo giro mi sono imposta, e ho preteso che li assaggiasse. Risultato? "Ma non ce ne sono più?"

Bisogna dire che gliel'avevo presentati in modo piuttosto scenografico, convenite?

Io non sono esperta di burger vegetariani, quindi non so come dovrebbero venire, ma devo dire che il sapore era davvero buono, e l'effetto complessivo molto piacevole.

Unico difetto non aver trovato degli avocado degni di questo nome, per cui il sapore dell'avocado non si sentiva per niente. Sarà per la prossima volta, che ci sarà sicuramente.

burger ceci e quinoa

Quinoa and chickpea burgers - Burger di ceci e quinoa 
Tratto dal libro "Fresh and Light" di Donna Hay
Ingredienti
½ tazza (100 g) di quinoa bianca
1 tazza (250 ml) di brodo vegetale
2 piccole fette di pane integrale  (¶)
1 barattolo da 400 g di ceci, scolati e sciacquati
1 uovo
¼ di tazza di coriandolo tritato
1 cucchiaino di cumino in polvere (¶)
1 piccolo peperoncino rosso, tritato
sale marino e pepe di mulinello
olio vegetale per ungere i burger
4 piccole schiacciate  (¶)
insalata, fettine di avocado e di pomodori
maionese al lime e al coriandolo  (¶)
Gli ingredienti contrassegnati con il simbolo (¶) sono alimenti a rischio per i celiaci e per essere consumati tranquillamente devono avere presentare sulla confezione la scritta SENZA GLUTINE il simbolo della spiga barrata, oppure essere presenti nel prontuario dell'Associazione Italiana Celiachia, o nell'elenco dei prodotti dietoterapici erogabili.
 
Procedimento
Mettere la quinoa e il brodo vegetale in una pentola e far prendere il bollore. Coprire, ridurre la fiamma al minimo e cuocere per 15 minuti o finché tutto il brodo è stato assorbito. Tenere da parte facendo raffreddare un po'.
Mettere il pane in un robot da cucina e sbriciolarlo finemente. Unire i ceci, la quinoa, l'uovo, il coriandolo, il cumino, il peperoncino, sale e pepe e azionare in modalità pulsata finché è tutto tritato finemente. Dividere il composto in quattro parti, formare delle palline e schiacciarle a forma di burger. Spennellare ogni burger di olio e cuocerli in una padella anti-aderente a fiamma medio-alta per 4 minuti per parte, o finché sono dorati da ambo i lati.
Dividere le schiacciatine nei piatti individuali, farcire con insalata, burger, fettine di pomodoro e avocado, e cospargere con la maionese al lime e al coriandolo.

NOTE
- La maionese al lime e coriandolo avrebbe dovuto essere, nelle intenzioni dell'autrice, una maionese vegan fatta con il silk tofu. Il problema è che non sono ancora riuscita a trovare del tofu certificato senza glutine: in prontuario ce n'è uno, che però a Firenze pare introvabile, e tutti i tofu che trovo riportano l'inquietante scritta "Potrebbe contenere tracce di glutine" quindi soprassiedo sempre.
Io ho quindi preso della normalissima maionese, ho aggiunto del prezzemolo tritato e del succo di lime. Il risultato è stato una maionese fresca e aromatica che secondo me ci stava piuttosto bene.
Si può anche usare, anzi sarebbe perfetta, la maionese vegan al lime e prezzemolo di Fabiana che non a caso avevo abbinato a dei burger quasi uguali a questi, ma fatti con le lenticchie.

- Come pane invece delle schiacciate ho usato delle fette di un filoncino che avevo fatto io il giorno prima. Andava benissimo.
- Dimensioni: io ne ho fatta mezza dose, temendo che la prole non gradisse, e mi sono venuti quattro burger piccolini ma non minuscoli. Immagino che con la dose intera vengano dei burger king size.
La ricetta è facile, veloce, e viene con le dosi indicate.


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Con questa ricetta partecipo al 100% Gluten Free (fri)Day
gran bella iniziativa di Gluten Free Travel & Living.

I Love Gluten Free (FRI)DAY – Gluten Free Travel & Living

lunedì 25 gennaio 2016

Pasta e fagioli della nonna Maria, ma senza glutine

Pasta e fagioli senza glutine

Non credevo che sarei riuscita a presentare una seconda zuppa per la 53-esima sfida. Il tempo non c'era, infatti sono davvero sul filo di lana, ma la sfida della  Vitto, era troppo nelle mie corde per non provarci di nuovo.
La prima proposta era una ricetta della regione che mi ha adottato.

Con la seconda andrò alle origini, alla pasta e fagioli di mia nonna Maria, emiliana doc.

Sono contenta che non fosse già sul blog, incredibilmente.

Mia nonna Maria era una donna mite, buona, molto concreta, di poche ciance e molta sostanza.
Una dei suo intercalari preferiti era "Menga fèr dal pugnàt!".

Cucinava benissimo i piatti della sua tradizione, con amore e cura infiniti.
Uno di questi piatti, quello più frequentemente riproposto, era pasta e fagioli.
Amava anzi ripetere che aveva tirato su i suoi figli e nipoti a pasta e fagioli, e in effetti quando andavo a trovarla, che si stesse lì due giorni o una settimana, un piatto di pasta e fagioli ci scappava sempre.
Mia mamma ne andava così matta che la mangiava anche fredda, per merenda!

Mia nonna non c'è più da oramai quasi trent'anni, ma la sua pasta e fagioli mi accompagna ancora adesso, e accompagnerà i miei figli.

Un filo rosso di ricette fatte con amore e pazienza... e poche ciance.


Pasta e fagioli senza glutine



Pasta e fagioli della nonna Maria
Ingredienti
(per otto persone)

Per il passato di fagioli
  • 500 g di fagioli borlotti secchi
  • 4 patate
  • 1 spicchio d'aglio
  • prezzemolo 
  • concentrato di pomodoro
  • strutto o olio extravergine di oliva
  • sale e pepe
  • parmigiano Reggiano 
 Per i maltagliati
  • 200 g di farina per pasta fresca Revolution (¶) 
  • 2 uova
Gli ingredienti contrassegnati con il simbolo (¶) sono alimenti a rischio per i celiaci e per essere consumati tranquillamente devono avere il simbolo della spiga barrata, oppure essere presenti nel prontuario dell'Associazione Italiana Celiachia, o nell'elenco dei prodotti dietoterapici erogabili.

Procedimento
Sciacquate i borlotti e ammollateli per una notte in acqua.
La mattina dopo scolateli e metteteli in una pentola in abbondante acqua. Unite uno spicchio d'aglio, un rametto di salvia, e fate cuocere per un'ora abbondante. A questo punto unite anche tre o quattro patate sbucciate e tagliate a pezzettoni, e continuate la cottura per un'altra oretta.
Togliete un paio di mestoli di fagioli e passate il resto al passaverdure (si può usare anche il minipimer ma il passaverdure è meglio, trattiene un po' di bucce dei fagioli e si ottiene un risultato più cremoso).
Nel frattempo preparate un soffrittino con lo spicchio d'aglio tritato, una manciata abbondante di prezzemolo anch'esso tritato, due o tre cucchiai di concentrato di pomodoro e un paio di cucchiai di strutto (o olio extravergine di oliva).
Fate cuocere qualche minuto in un padellino finché si amalgama bene ed emana un buon profumo di aglio cotto (ma non bruciato!). Unite un mestolo di passato di fagioli, mescolate bene versate il soffrittino nella pentola con il passato di fagioli e patate, aggiustate di sale e di pepe e fate cuocere un'altra oretta. All'ultimo unite i fagioli tenuti da parte.
Pasta e fagioli senza glutine

Nel frattempo preparate i maltagliati: 
fate la fontana sulla spianatoia con la farina, mettete nel mezzo le uova sbattute e cominciate ad amalgamare le uova con la farina prendendola dai bordi. Inizialmente usate una forchetta, poi continuate con le mani, sempre ben infarinate. Impastate fino ad ottenere una palla abbastanza elastica ma dura. Eventualmente fosse troppo morbido unite un po' di farina, fosse troppo sodo un gocciolino di acqua.
Fate riposare la pasta mezz'ora coperta.
Stendetela la pasta non troppo sottile con il mattarello, e ritagliate delle losanghe più lunghe che larghe. 
Mettetele su un vassoio leggermente infarinati, affinché non attacchino.

Maltagliati senza glutine


Quando state per andare in tavola, versate i mantagliati nella pentola con  il passato di fagioli, in leggera ebollizione.
Fate cuocere qualche minuto, dovranno essere cotti a puntino. 
Lasciate riposare qualche minuti, quindi servite, spolverando a piacere con parmigiano reggiano grattugiato al momento. 

Come tutte le minestre, il giorno dopo sono buonissimi.  


Con questa ricetta partecipo alla sfida n° 53 di gennaio 2016 dell' MTC.
La ricetta originale di Vittoria Traversa del blog La cucina piccolina




venerdì 22 gennaio 2016

Minestra con verza, legumi e cereali senza glutine e #SVEGLIATITALIA!






È allucinante che l'Italia non abbia ancora una legge che tuteli i diritti di tutti.

Insegno dal 2008, e nelle scuole, che è dove si vedono crescere le future generazioni, è tutto cambiato.
Non dirò che non c'è più omofobia, sarebbe sbagliato, ma c'è stata una piccola rivoluzione copernicana. Alunni omosessuali che non nascondono la propria identità, e finalmente "Frocio!" non è più primo in classifica come offesa fra i ragazzi.

L'altro giorno stavo parlando con mio figlio, dicendo che una volta non era assolutamente accettato se un ragazzo si presentava con un fidanzato invece che una fidanzata mentre adesso, almeno nella nostra famiglia e per i nostri amici, è la stessa cosa. Al che lui mi interrompe, con grande naturalezza,  "E vorrei vedere mamma! Mica avrò dei genitori omofobi!"

Insomma, i giovani sono un pezzo avanti rispetto a questo paese retrivo e condizionato dalla Chiesa, Chiesa che anche lei nella pratica è molto più avanti di quanto dichiari ufficialmente.

Partiti politici e personaggi politici discutibili sono contro un'equiparazione di diritti in modo del tutto ipocrita, esattamente come successe ai tempi della legge sul divorzio e sull'aborto.

Domani 23 gennaio in tutta Italia ci saranno tantissime manifestazioni per sostenere con forza l'uguaglianza dei diritti di fronte alla legge di tutti.

SVEGLIATITALIA!




Minestra con verza, cereali e legumi (senza glutine)

Gennaio è proprio il mese delle zuppe, creme, minestre, vellutate e chi più ne ha più ne metta.
Io poi sarei a dieta, quindi a maggior ragione, più zuppe e meno pasta.
A me questo tipo di preparazioni piace sempre, e la cosa buffa è che piace molto anche ai miei pargoli, che tanto piccoli non sono più, ma devo dire che apprezzano molto lo stesso.
Se chiedo loro cosa vogliono per cena in questa stagione rispondono sempre "Crema di zucca!" (non a caso una delle prime ricette pubblicate sul blog), oppure "Porri e patate!" ed eventualmente "Ribollita!" o "Scacciagatti!". A volte addirittura l'impronunciabile minestrone, preferibilmente sotto forma di passato e con tanti ceci.
No, non sono finti, spesso mi chiedono anche gli hamburger, e tanti, tanti dolci.
Insomma, saranno i geni nordici, sarà che a me piacciono, non ci costa fare questo tipo di piatti.
Il problema è che sono piatti per i quali ci vuole tempo. Non tutti lo stesso tempo, alcune anche veloci (tipo la crema di zucca, che non a caso piace tanto a me da cucinare quanto a loro da mangiare), però le minestre tendono ad essere più buone se cotte a lungo, e fatte riposare almeno un giorno.


Anche questa minestra non è diversa dalle altre. La sera è piaciuta molto, ma il giorno dopo, per poter fare una foto, ho dovuto letteralmente toglierla dalle mani di mia figlia, che se l'era già scaldata per merenda (!!!).

Sarà merito del cavolo? Sì, perché a casa nostra, d'inverno piacciono tantissimo anche i cavoli.

... Secondo me a casa della Gaia Celiaca sono tutti matti....


Minestra con verza, cereali e legumi (senza glutine)


Minestra con verza, legumi e cereali senza glutine

Ingredienti
(per 4 persone)
200 g di mix di legumi  (fagioli con l'occhio, azuki verdi, lenticchie rosse decorticate) e cereali senza glutine (grano saraceno e riso integrale) (Zuppa al grano saraceno senza Glutine)
1/4 di verza
1/2 cipolla
2 carote piccole
2 coste di sedano 
1/2 spicchio d'aglio
prezzemolo
concentrato di pomodoro
1,5 l brodo vegetale fatto con 2 zucchine, 1 cipolla piccola, un paio di pomodorini, una carota e una costa di sedano, prezzemolo
sale

Procedimento
Preparate il brodo vegetale:
lavate le zucchine, i pomodorini, la costa di sedano, il prezzemolo, mondate la la cipolla e la carota. Mettete le verdure a grossi pezzi (il prezzemolo legatelo in un mazzetto) in acqua fredda, e fate cuocere per un'ora almeno. Togliete le verdure, che eventualmente potrete passare per fare una minestra leggera per cena, e tenete il brodo da parte per la zuppa.
Tritate la 1/2 cipolla, una costa di sedano e una carota mondate, prendete una pentola di medie dimensioni dal fondo spesso o, meglio ancora, di coccio, versate olio a coprire il fondo della pentola quindi fateci soffriggere piano piano il trito di verdure, facendo attenzione a che appassisca e sudi senza bruciare né abbrustolire, per almeno un quarto d'ora/venti minuti a fuoco bassissimo. 
Nel frattempo tritate a striscioline sottili la verza, e a dadini piccoli, ma senza tritarli, la restante costa di sedano e la carota.
Unite verza e verdure al soffritto, fare cuocere qualche minuto per far appassire e insaporire, quindi unire il mix di legumi e cereali senza glutine. Far insaporire anche questi, e alla fine versare tanto brodo vegetale da ottenere una minestra spessa ma non troppo. 
Far cuocere a fuoco bassissimo per un'oretta.
Poco prima far soffriggere in un padellino 1/2 spicchio d'aglio tritato finemente con un cucchiaio d'olio, 1 cucchiaio di prezzemolo tritato e 2/3 cucchiai di concentrato di pomodoroi.

Quando il soffritto è insaporito (ci vorranno pochi minuti) incorporarlo alla minestra
Fate cuocere ancora una decina di minuti, quindi spegnete il fuoco e lasciate riposare fino al momento di servire.
Come ogni minestra, il giorno dopo sarà più buona, perché i sapori si saranno amalgamati.

Per fare questa minestra ho usato la Zuppa al grano saraceno senza Glutine, che altro non è che un mix di cereali e legumi secchi, di Nuova Terra.
Questa ricetta partecipa al progetto #siamoGolosiani.

Con questa ricetta partecipo anche al 100% Gluten Free (fri)Day
una gran bella iniziativa di Gluten Free Travel & Living

mercoledì 9 dicembre 2015

Il più bello dei mondi possibili (burger lenticchie e quinoa senza glutine)

Burger lenticchie e quinoa


8 dicembre. Giorno di shopping natalizi. Approfittando dell'assenza di marito e figlio piccolo usciamo stamani con mia figlia.

Lo shopping si è dipanato nei luoghi di culto per una ragazzina di 14 anni: Zara, HM, Mac, Apple Store, Kiko, Tiger, Brandy e Melville. Sono riuscita a trascinarla da Feltrinelli e comprarle un libro, per miracolo. Abbiamo comprato un paio di pantaloni in un negozio che non è una catena, molto carino, Manhattan. L'ho trascinata come un tributo da Old England, rigorosamente vuoto, dove sono riuscita a comprare del Golden Syrup e del té. Avrei voluto comprare una Viyella per mio zio, o un trench di Aquascutum per me, ma erano decisamente fuori budget. Ordini di grandezza fuori budget.

Mentre consumavamo il rito dell'adorazione degli Iphone e degli IMac, illudendoci di potercene permettere uno, osservavo i militari dell'esercito che imbracciavano le loro belle mitragliatrici  in piazza della Repubblica.

Pubblichiamo post sullo stesso social, abbiamo lo stesso provider di posta, indossiamo le stesse scarpe, compriamo nelle stesse catene, abbiamo gli stessi sogni (di merda! Se penso che il sogno di 6 miliardi di essere umani sia un IPhone mi viene da vomitare), praticamente la vita è diventata la realizzazione delle più rosee aspirazioni neo-liberiste, un paradiso consumista (purtroppo non comunista però).
Cos'è andato storto? Perché quei militari? O non era questo il più bello dei mondi possibili, ci stanno raccontando da quasi 30 anni (27 precisamente)?  Non saremmo stati tutti felici di consumare così compulsivamente?

Qualcosa non ha funzionato, si vede. O forse va bene così. Compresa la paura. Dipende dai punti di vista. Li sicuro le signore Le Pen sono contente.

Considerazioni depresse a parte, è stata una mattinata carina, conclusa al Panino vegano, un bel locale tutto vegan e gluten free, dove per la modica cifra di 5€ ci si può mangiare un burger vegan e senza glutine. Nella fattispecie, lei si è mangiata un burger ai ceci con panino a lievitazione naturale, formaggio vegan, cipolle arrostite, insalata, ketchup e maionese. Io ho finito il suo immenso panino, tanto la conosco e sapevo che lei non ce l'avrebbe mai fatta da sola :-)

Così viene naturale proporvi questa ricetta abbastanza salutista. C'è un ovetto, per tenere insieme i burger, ma solo uno.
È la rielaborazione con le lenticchie di una ricetta che avevo fatto l'anno scorso per lo Starbooks, i burger di ceci e quinoa tratti dall'ultima fatica di Donna Hay, Fresh and light. Un bel libro, pieno di spunti interessanti, ricette che vengono e ti viene voglia di rifare.
C'è la maionese ma è vegana. Niente colesterolo, niente schifezze. La ricetta l'ho copiata da Fabiana, alias Fabipasticcio, la nostra vice-presidente di Gluten Free Travel & Living nonché capa dell'area scientifica. Insomma, un'autorità :-)

Questi burger di quinoa e lenticchie ci sono piaciuti.
Erano piaciuti più quelli di ceci, che avevano entusiasmato tutti, compreso il figlio minore che di solito è molto sospettoso nei confronti di queste demoniache novità che la mamma insiste sempre a preparare. Però bisogna dire che il figlio minore ha una smaccata passione per i ceci in ogni salsa, soprattutto in salsa hummus, quindi il risultato era prevedibile. Comunque, tutti contenti anche oggi.


burger lenticchie e quinoa

Burger di lenticchie e quinoa

½ tazza (100 g) di quinoa bianca
1 tazza (250 ml) di brodo vegetale
4 burger bun
250 g di lenticchie di Castelluccio
1 uovo
¼ di tazza di prezzemolo tritato
2 piccole fette di pane (¶)
1 cucchiaino di cumino in polvere (¶)
sale
pepe di mulinello
olio extravergine di oliva per ungere i burger
4 burger bun  (¶)
insalata, fettine di di pomodori
maionese al lime e al coriandolo (vedi sotto)  (¶)

Gli ingredienti contrassegnati con il simbolo (¶) sono alimenti a rischio per i celiaci e per essere consumati tranquillamente devono avere presentare sulla confezione la scritta SENZA GLUTINE il simbolo della spiga barrata, oppure essere presenti nel prontuario dell'Associazione Italiana Celiachia, o nell'elenco dei prodotti dietoterapici erogabili.
 
Lavare accuratamente la quinoa, metterla in una pentola insieme al brodo vegetale e far prendere il bollore. Coprire, ridurre la fiamma al minimo e cuocere per 15 minuti o finché tutto il brodo è stato assorbito. Tenere da parte facendo raffreddare un po'.
Burger lenticchie e quinoa

Lessare le lenticchie finché sono tenere in una pentola di acqua abbondante. Lasciarle raffreddare e scolarle.
Pesare 250 g di lenticchie.
Mettere le due fettine di pane in un robot da cucina e sbriciolarlo finemente. Unire le lenticchie, la quinoa, l'uovo, il prezzemolo, il cumino, sale e pepe e azionare in modalità pulsata finché è tutto tritato finemente. Dividere il composto in quattro parti, formare delle palline e schiacciarle a forma di burger. Spennellare ogni burger di olio e cuocerli in una padella anti-aderente a fiamma medio-alta per 4 minuti per parte, o finché sono dorati da ambo i lati.
Tagliare a metà i burger bun, scaldardi sulla gratella per abbrustolire il pane, metterli in piatti individuali e farcirli con insalata, burger, fettine di pomodoro, e la maionese al lime e al prezzemolo.


Maionenese vegan al lime e prezzeomolo 
(ricetta copiata dal blog Fabipasticcio)

250 g di yogurt di soia bio bianco (¶)
200 g di olio exstravergine di oliva delicato
1/2 lime
1 cucchiaino di prezzemolo tritato
sale fino
Con il miniper emulsionate a lungo lo yogurt di soia e l’olio finché è ben montato. A questo punto unite un paio di cucchiaini di succo di limone e il prezzemolo tritato. Aggiustate di sale, mettete la maionese in un barattolo di vetro e conservatela per qualche giorno in frigorifero.

La ricetta dei burger bun senza glutine l'ho pubblicata a suo tempo, l'unica differenza in questo caso è la sostituzione di parte della farina con farina di quinoa.

È una delle tante ricette che potrete trovare sul mio libro Il pane gluten free.

http://www.giunti.it/libri/cucina/il-pane-gluten-free/

venerdì 6 giugno 2014

Quinoa, roveja e carciofi per il #GFFD

quinoa con carciofi e roveja

Oggi è finita la scuola!

W la sQuola! 

La scuola fatta soprattutto da insegnanti appassionati, animati da spirito di servizio, incuranti dell'orologio, sinceramente dediti all'educazione e alla formazione degli alunni.

Ognuno con il suo stile, ché per fortuna non esiste un unico tipo di insegnante bravo, ne esistono tantissimi, il severo, il distaccato, l'empatico, lo spiritoso, l'ispirato, l'ironico, ma tutti accomunati da un tratto distintivo.
Che ci tengono.

Alla scuola come istituzione, ma soprattutto ai ragazzi.
Proprio quelli lì che ci passano davanti anno per anno. Si ricordano i loro nomi, conoscono i loro punti di forza e i punti deboli, sanno, o cercano, di far loro trovare un motivo per studiare, andare avanti, impegnarsi. Sono i docenti "Non uno di meno", e per fortuna che esistono, e non sono minoranza.

Poi però c'è il collegio.

Il collegio dei docenti.

La mia prima volta è stato un trauma, dal quale non mi sono più ripresa.

Tutti quelli che hanno dei figli, dovrebbero assistere a un collegio dei docenti, una volta nella vita.

Meglio se prima dei colloqui con gli insegnanti dei propri figli.

Quando l'insegnante di italiano parte con le solite geremiadi sul fatto che la classe di vostro figlio, "è ingestibile", e "fanno troppa confusione", "chiacchierano sempre", "non ascoltano", e, soprattutto "NON SONO SCOLARIZZATI!" potreste tirare fuori dal cappello la registrazione audio dell'ultimo collegio, dove tutti -via, su, siamo generosi, quasi tutti- chiacchierano ininterrottamente dall'inizio alla fine, e la preside è costretta a richiamare i docenti più e più volte, finché va avanti incurante del rumore assordante, con l'unico obiettivo di arrivare il prima possibile alla fine.

All'insegnante di inglese che di vostro figlio dice che "parla in continuazione", "manca di rispetto agli insegnanti" "è scorretto", potreste far vedere il video del collega che durante tutto il collegio, dall'inizio alla fine, senza soluzione di continuità, parla.
Discorre dei cavoli propri, discetta delle classi ingestibili, si accalora perché gli alunni parlano sempre, ti racconta i propri problemi, si sdegna (a tono altissimo) per gli alunni maleducati, conciona contro il ministero.
E intanto parla... parla... parla... e neppure a bassa voce!

E poi ci sono quelli che intervengono a sproposito, senza il senso del tempo e dell'opportunità.
Che uno si domanda come facciano ad insegnare, se quando aprono bocca ti vergogni per loro.

La maggior parte è appassionato, ci crede, si spende anima e corpo, ma durante il collegio tutto questo passa inosservato, fagocitato dal brusio di un corpo docente che sembra davvero un unico, rumoreggiante corpo, querulo, corporativo, frivolo, maleducato, irrispettoso, accidioso, demotivato, e, diciamolo, per niente ma per niente scolarizzato.

Io quasi quasi i collegi docenti li abolirei.

Non so mica se ce la meritiamo davvero tutta questa democrazia.

Quinoa con roveja e carciofi
Ingredienti
Per quattro persone
  • 125  g di quinoa bianca
  • 125  g di quinoa rossa
  • 1 cipolla rossa
  • 1 spicchio di aglio vestito
  • 4 carciofi
  • 150 g di roveja
  • 1 pezzetto di alga kombu
  • olio extra-vergine di oliva
  • timo
  • maggiorana
  • sale
  • succo di limone
Piatto senza rischi di contaminazioni da glutine. Lo può fare e mangiare chiunque senza problemi.

Procedimento
La sera prima mettere a bagno la roveja.
Il giorno seguente lessarla in abbondante acqua salata insieme a un pezzetto di alga kombu per circa un'ora.
Quando è cotta, metterla da parte.
Sciacquare la quinoa bianca e rossa, e farla bollire per 15 minuti in abbondante acqua salata.
Scolare e mettere da parte.
Mondare e tagliare a spicchi i carciofi, e metterli in acqua acidulata con un po' di succo di limone.
Mondare e tagliare sottile la cipolla, e farla appassire in una padella con tre cucchiai di olio.
Quando è appassita aggiungere lo spicchio d'aglio schiacciato ma non sbucciato e i carciofi.
Farli rosolare a fuoco vivo finché sono cotti ma croccanti.

Aggiungere la quinoa, la roveja, un altro cucchiaio d'olio, le foglie di due o tre rametti di timo e un cucchiaio di foglioline di maggiorana. Aggiustare di sale.
Far cuocere qualche minuto sempre mescolando per armonizzare i sapori.

Si può servire sia caldo che freddo

NOTE
  • Roveja: la roveja è un legume antico, somiglia a un grosso pisello nero, di sapore è una via di mezzo fra ceci e lenticchie. Mantiene la cottura, non si rompe, è assolutamente da tenere in considerazione
  • Alga kombu: cuocendo i legumi insieme a un pezzetto di alga kombu si ammorbidiscono più facilmente. C'è chi la mangia. Io no.
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Con questa ricetta partecipo al 100% Gluten Free (fri)Day, una gran bella iniziativa di Gluten Free Travel & Living, per condividere la buona cucina senza glutine con tutti, celiaci e non.

Le regole oramai dovreste saperle, ma vi lascio il nostro banner perché è sempre meglio ripetere.

I Love Gluten Free (FRI)DAY – Gluten Free Travel & Living

Semplice, no?

E allora, vi aspettiamo in tanti per il 100% Gluten Free (fri)Day! #GFFD

domenica 13 ottobre 2013

According to Cristoforo Colombo, native indians' breakfast. Naturally gluten free. Dosas senza glutine




Che ci fai già qui oggi che è solo il primo giorno? Ti senti bene?

Certo che mi sento bene. È il Monsone che mi fa sentire benissimo!

Il Monsone? E che c'entra il Monsone? Guarda che la sfida di questo mese, le meravigliose uova alla Benedict che ha proposto quella matta della Roberta è sugli Stati Uniti... 

Qualche ora fa, 521 anni fa, Cristoforo Colombo posava il piede sull'isola di San Salvador, nei Caraib.

Sei la solita ignorante. Non era il 12 ottobre, ma il 21, c'entrano di mezzo papi, calendari, e moti solari.  Ma non eri una scienziata tu?

No, io sono un'insegnante.

Ancora peggio!  

Smettila! 
Come tutti sappiamo, il mitico Cristoforo nazionale, che è pure nato a Zena (sicuramente per omaggiare retroattivamente le nostre gentili ospiti) non sapeva di essere finito nelle Americhe, delle quali non sospettava nemmeno l'esistenza, ma era convinto di essere arrivato in Asia: quella che lui cercava infatti, era una via commerciale via mare per le Indie.

Ma che dici? Non è mica un gara di storia, questa! È un sfida culinaria! Che poi... almeno tu la sapessi, la storia... 

Appunto. Cucina. Cucina del luogo dove 521 anni credeva di essere arrivato Colombo.
Insomma, se Colombo voleva andare in India, e credeva di esserci arrivato, chi sono io per smentirlo?
Il vero American Breakfast non può che essere un Native Indians' Breakfast, ovviamente riveduto e corretto per soddisfare le regole imposte da Madame La president, che sono sempre più complicate, come peraltro avevamo ampiamente previsto.

(Ditele di si, assecondatela, potrebbe essere pericolosa)
Si cara, hai ragione cara, è tutto a posto cara

Non lo so mica se è davvero tutto a posto. Ricapitoliamo:
  • uova in camicia: celo
  • una salsa di accompagnamento (preferibilmente a base di uova, e qui casca l'asino): celo
  • un qualche tipo di pane di accompagnamento (e nelle istruzioni c'è scritto a chiare note pancakes, ricordatevelo bene perché è la chiave di volta della mia non cacciata a calci nel sedere): celo
  • una bevanda: celo
Si si ci siamo... È tutto regolare. Secondo Colombo, ovviamente :-)

Ma sai che questo piatto è naturalmente gluten free e senza rischi di contaminazioni? A parte la presenza di un cucchiaino di curcuma, che si può tranquillamente eliminare. Una figata pazzesca che ci evita pure di impelagarci in prontuari, spighe barrate e simili. E pure abbastanza equilibrato dal punto di vista nutrizionale.
Infatti i cereali usati sono senza glutine, ovviamente, ma sono pure usati in chicchi, niente farine.
E ci sono i legumi. Le lenticchie rosse in particolare. Le cui proteine vengono "nobilitate" dall'utilizzo congiunto con i cereali.

Scusa, ma che ti è preso oggi? Sei fuori? Di cosa stai parlando?

Ma dei dosas, ovviamente, le focaccine a base di riso e lenticchie fermentati tipiche dell'India meridionale dove -udite! udite!- vengono spesso proposte a colazione.
Sono note come i pancakes indiani!!! 
I dosas saranno l'accompagnamento delle nostre uova in camicia. E cose ci mettiamo assieme?

Se non lo sai tu...

Una salsa ai peperoni, ovviamente.

Ovviamente?

Uova e peperoni sono uno dei binomi più frequenti nelle cucine di tutto il mondo. C'è la shackshouka tunisina, piccantissima peperonata (te lo credo, c'è l'harissa!) servita con le uova, la piperade provenzale, uova strapazzate e peperoni, le uova alla greca (uova sode stile devil's egg ripiene di peperoni), e gli huevos rancheros, tipica colazione messicana, e della cucina Tex-Mex, dove non ci sono i peperoni, ma i peperoncini, chili.

Davvero? Sai che non lo sapevo che uova e peperoni fossero così diffusi! Questa follia sta diventando interessante... 

Per restare più nelle mie corde, anche alla zia Rossana (quella emiliana della pasta fatta in casa) le uova con la peperonata piacciono un sacco.

Se lo dice la zia Rossana...

E sai cosa si portavano nei campi per le lunghe e faticose mattine d'estate i contadini abruzzesi?

No. Ma ho un sospetto...

Uova e peperoni, naturalmente: me l'ha detto la nonna Linda, che queste cose le ha viste con i suoi occhi, quando era bambina, nelle campagne di Corropoli.

Le uova ce l'hai, l'accompagnamento pure, anche la salsa. Ma come bevanda, cosa prepari? 
È obbligatoria, Madame la President ha detto...

Lasciamo perdere le elucubrazioni di Madame la President, sulle quali avrei parecchio da ridire.
Comunque ho preparato anche quella. Visto che siamo in India...

Aridaje con questa India! Guarda che ti sbattono fuori concorso! 

Tanto fuori o dentro, 'un vinco mai uguale. Almeno così mi diverto!
Tornando a noi, visto che siamo in India, non potevo che fare un lassì.
Alla menta, che si può fare sia dolce che salato, e che completa il piatto con il colore verde.

Bianco delle uova, verde del lassì, arancione dei peperoni. Abbiamo pure la bandiera indiana.

Per la gioia di Cristoforo Colombo e di Madama la Presidenta.

Se lo dici tu... 




Le ricette le metto separate, si possono cucinare indipendentemente

Dosas
(da Il pane fatto in casa, di Christine Ingram e Jennie Shapter)
Ingredienti
(per dieci dosas)
  • 150 g di riso basmati
  • 50 g di lenticchie rosse decorticate
  • 250 ml di acqua calda
  • 1 cucchiaino da caffè di sale
  • 1 cucchiaino da té di curcuma (¶) (opzionale)
  • pepe nero di mulinello
  • olio per friggere.
Gli ingredienti contrassegnati con il simbolo (¶) sono alimenti a rischio per i celiaci e per essere consumati tranquillamente devono avere il simbolo della spiga barrata, oppure essere presenti nel prontuario dell'Associazione Italiana Celiachia, o nell'elenco dei prodotti dietoterapici erogabili, o riportare sulla confezione la scritta SENZA GLUTINE.
 
Preparazione
Due giorni prima
Mettere le lenticchie e il riso in una ciotola, lavarle e versarci sopra 250 ml di acqua calda. Coprire e lasciar riposare 8 ore (io l'ho fatto la sera).
Il giorno prima
Scolare lenticchie e riso dalla loro acqua, tenere l'acqua da parte, e frullarle molto bene nel mixer: deve venire una pastella molto omogenea. Aggiungere l'acqua rimasta, coprire e lasciar riposare 24 ore (io ho preparato la pastella la mattina)
Il giorno stesso
Aggiungere alla pastella di acqua, riso e lenticchie il sale, la curcuma, il pepe nero macinato al momento e mescolare bene. La pastella dovrebbe aver sviluppato qualche bollicina ed emanare un leggero odore di fermentazione.

Mettere una padella sul fuoco, ungerla con un po' d'olio (tipo pancakes, ma con l'olio invece del burro) e quando è ben calda, versarvi un mestolino di impasto. La dimensione deve essere quella di un pancake, e fanno proprio la stessa cosa, ovvero i buchini in superficie.
Quando si sono formati i buchini (un paio di minuti) girare la frittellina e farla cuocere un minuto dall'altro lato.
Metterle impilate coperte da un panno, di modo ché si conservino tiepide mentre si preparano le altre.

Uova in camicia
(secondo le indicazioni della Mapi, in Tip & Tricks su MTChallenge blog)

Ingredienti
(per quattro persone)
  • 4 uova 
  • acqua
  • aceto di vino rosso 
Preparazione
Tirare fuori dal frigo le uova almeno un paio d'ore prima di utilizzarle.

Mettere sul fuoco una pentola capace con circa 2 l di acqua, 20 g di sale e 30 ml di aceto.

Quando l'acqua prende il bollore, creare un vortice nell'acqua con un cucchiaino e versarvi le uova una alla volta: il vortice dovrebbe aiutare l'uovo a rimanere compatto, avvolgendo l'albume sul tuorlo. A me con una ha funzionato, con la seconda no quindi ho abolito il vortice.

Lasciar cuocere un paio di minuti con l'acqua che appena freme, scolarle con il mestolo forato e servirle subito.

Salsa ai peperoni
Ingredienti
(per quattro persone)
  • 1 peperone rosso
  • 1 pomodoro rosso carnoso (io Cuore di Bue)
  • 1 cipolla rossa piccola
  • sale
  • olio 
  • basilico
Preparazione
Lavare il peperone e il pomodoro. Tagliare il peperone a falde e grigliarlo, quindi togliere la pelle e tenerlo da parte.
Mondare la cipolla, tagliarla a fette alta e grigliare pure lei.
Tagliare a metà il pomodoro, e grigliare anche il pomodoro.
Mettere il tutto nel mixer e azionarlo a impulsi, poche volte: si deve ottenere un composto non del tutto omogeneo, ma nel quale si sentono ancora i pezzettini, tipo brunoise ma ancora più piccoli.
Aggiungere l'olio, le foglie di basilico spezzettate, mescolare e aggiustare di sale. Tenere da parte (non in frigo).

Lassì alla menta
Ingredienti
(per quattro persone)
  • 500 g di yogurth greco bianco
  • 60 g di zucchero
  • 12 foglioline medie di menta fresca
  • 150 ml di acqua freschissima 
Preparazione
Mettere il tutto nel bicchiere del frullatore e frullare fino ad ottenere un composto omogeneo e cremoso.


MIE NOTE: 
La cucina non è aristotelica, si sa, quindi non è affatto detto che se A sta bene con B, e B sta bene con C, allora A stia bene con C, né tantomeno che A, B e C stiano bene tutti insieme.
(Ditele di si, ditele di si)
Per onestà intellettuale, e tirandomi parecchio la zappa sui piedi, vi dirò che questo principio si applica un po' a questo piatto:
uova a peperoni, OK (e si sapeva)
dosas e peperoni, OK (anzi, sublime!)
uova, dosas e peperoni... insomma.
Soprattutto sono le uova con i dosas che ci azzeccano poco. Non mi ci sarebbero piaciuti nemmeno i pancakes, tanto per dire. È questione più che di gusti, di consistenze: con le uova preferisco un accompagnamento che assorba il tuorlo d'uovo colante, quindi qualcosa di più panoso. Ci vedrei bene degli scones, ad esempio, dei paninetti al latte, anche una bella fetta di pane casereccio abbrustolito, ma questi aggeggi tipo frittelle non mi sembrano la morte sua.

I dosas invece sono davvero una bella invenzione. Li rifarò presto. Li ho visti anche più sottili, proprio come crepes, e mi sembra un'idea ottima. Hanno un buonissimo sapore, delicato ma ben definito.
Per renderli ancora più fermentanti, la prossima volta proverò ad aggiungere il fieno greco, che dice che aiuta la lievitazione.
Per darvi un'idea, somigliano alla cecina, ma la presenza del riso e la fermentazione rendono il tutto più leggero.

La salsa ai peperoni è buonissima. Anche quella non è farina del mio sacco, ma l'idea viene dalla mechouia tunisina, un contorno appunto a base di peperoni, cipolle e pomodori grigliati (che però sarebbe molto piccante). E con cosa viene servita la mechouia, così per completare il cerchio? Ma con le uova (sode) ovviamente!

Lassì ottimo. Da rifare al più presto. Purtroppo alla prole non è piaciuto, troppo mentoso. Ma a me sì, tanto!

Con questa ricetta partecipo alla sfida di ottobre dell' MTC.
La ricetta originale  Roberta Cornali di La valigia sul letto
MTC di ottobre 2013

mercoledì 27 febbraio 2013

L'ultima puntata di Jerusalem... Ahimé!



Terzo appuntamento con Ottolenghi. Ma non ultimo. Un libro così bello e con ricette così belle, che riescono così bene, non ci si lascia sfuggire facilmente.
Oggi ho addirittura bissato.
Mejadra. Un piatto saporito e molto buono, che può fungere, in un pasto equilibrato, anche da piatto unico, se lo si accompagna con delle verdure: ci sono i legumi, ci sono i cereali, ci sono un sacco di cipolle. Che c'è di più sano di così?
Lui dice che è il tipico piatto da pic-nic dei palestinesi di Jerusalemme. Altro che panini! 

Ma  non sono riuscita a resistere alla tentazione del dolce: la torta mandorle e clementine non poteva non essere mia, vista la mia insana passione per le mandorle.

Questo libro mi sembra che abbia passato l'esame da tutti i punti di vista.
In ogni modo, andate a leggere cosa dicono le altre Starbookers questa settimana:
- Alessandra e Daniela di Menu Turistico: Helbeh
- Laroby di Le chat egoisteChocolate krantz cakes
- Mapi di La Apple Pie di Mary Pie: Budino di riso al cardamomo con pistacchi e acqua di rose
- L'Araba di Arabafelice in cucina!: Polpette di agnello e pinoli con salsa tahine
- Vissi di cucina Vissi d'arte e di cucina: Pollo arrosto con topinambur e limone
- Ale di Ale only kitchen: Polpette porri e limone

- Patty di Andante con gusto: Pollo all'arak e clementine
- Ema di Arricciaspiccia: Basic Hummus


Vi ricordo che mercoledì prossimo, ovvero il 6 marzo, se volete potete partecipare a Starbooks Redone, ovvero potete rifare le ricette dei libri recensiti finora dalle Starbookers. Qualunque ricetta, non necessariamente quelle fatte da noi, basta che ce lo facciate sapere mettendo il banner e lasciando un commento da una qualsiasi di noi otto.


Ed ora veniamo alla nostra super-saporita Mejadra.



Mejadra
Tratto da "Jerusalem" di Sami Tamimi e Yotam Ottolenghi
Ingredienti
  • 250 g di lenticchie verdi o brune (io, Castelluccio)
  • 4 cipolle di medie dimensioni (700 g prima di pelarle)
  • 3 cucchiai di farina di riso (¶)
  • 250 ml circa di olio di semi di girasole 
  • 2 cucchiaini di semi di cumino
  • 1,5 cucchiaini di semi di coriandolo
  • 1/2 cucchiaino di curcuma
  • 1,5 cucchiaini di allspice (spezia che ricorda il pepe e i chiodi di garofano, io ho giustappunto mischiato queste due) (¶)
  • 1,5 cucchiaini di cannella in polvere (¶)
  • 1 cucchiaio di zucchero (io di canna muscovado)
  • 2 cucchiai di olio d'oliva (io di più)
  • 200 g di riso basmati  
  • 350 ml di acqua
  • sale e pepe macinato a mulinello 
Gli ingredienti contrassegnati con il simbolo (¶) sono alimenti a rischio per i celiaci e per essere consumati tranquillamente devono avere il simbolo della spiga barrata, oppure essere presenti nel prontuario dell'Associazione Italiana Celiachia, o nell'elenco dei prodotti dietoterapici erogabili, o presentare la scritta SENZA GLUTINE sulla confezione. 
    Preparazione
    Mette le lenticchie in una piccola pentola, coprirle d'acqua, portare l'acqua al bollore e far cuocere un quarto d'ora, di modo ché le lenticchie siano cotte ma al dente. Scolarle.
    Pelare e tagliare le cipolle a fette sottili (io con la mandolina). Metterle in un piatto largo, spolverare con la farina e un cucchiaino di sale mescolare con le mani.
    Scaldare l'olio di girasole in una padella a fondo pesante di medie dimensioni, a fuoco vivo. Quando l'olio è bollente (verificare mettendoci un pezzo di cipolla: dovrà sfrigolare vigorosamente) abbassare il fuoco e versarvi circa un terzo delle cipolle. Friggerle per 5-7 minuti, mescolando ogni tanto, finché non sono ben dorate e croccanti, ma stando attenti che non brucino. Scolarle su carta da cucina, salarle e cuocere le restanti cipolle, in due mandate. Eventualmente aggiungere un po' d'olio.
    Tenere da parte.
    Tostare i semi di cumino e di coriandolo a fuoco vivo per un paio di minuti in una padella di cui si abbia il coperchio.
    Aggiungere il riso, la curcuma, l'allspice, la cannella, lo zucchero, il riso, l'olio d'oliva, un pizzico di sale e un bel po' di pepe. Mescolare il tutto, aggiungere per ultime le lenticchie, e l'acqua. Far prendere il bollore, incoperchiare e far cuocere a fuoco basso per 15 minuti.
    Togliere dal fuoco, togliere il coperchio e velocemente ricoprire con un panno, rimettere il coperchio e lasciar riposare per dieci minuti.
    Aggiungere circa metà delle cipolle, mescolare delicatamente e servire, ricoperto delle restanti cipolle.

    Questo modo di cuocere il riso, tipo alla creola, ma insieme al condimento, lo adotterò ogni volta che è possibile, perché diventa veramente delizioso.

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    Ed eccoci alla seconda ricetta della settimana, questa torta alle mandorle e clementine.
    Una nota su questa torta: è di una bontà fuori dal comune.
    Malgrado le mandorle, che potrebbero far pensare a un dolce "pancone", è estremamente soffice, e di un profumato che porta via.
    L'ho fatta per una cena che aveva mia madre, al buio, e pare che abbia riscosso un gran successo.
    Una vera delizia, da rifare in ogni modo.



    Clementine and almond syrup cake senza glutine
    Tratto da "Jerusalem" di Sami Tamimi e Yotam Ottolenghi
    Ingredienti
    • 200 g di burro
    • 380 g di zucchero semolato
    • la buccia grattugiata e il succo di 4 clementini non trattati
    • buccia grattugiata e succo di 1 limone
    • 280 g di mandorle senza buccia
    • 5 uova medie
    • 100 g di farina di riso (¶)
    • 1 pizzico di sale
    • zeste di arancia per guarnire
    Gli ingredienti contrassegnati con il simbolo (¶) sono alimenti a rischio per i celiaci e per essere consumati tranquillamente devono avere il simbolo della spiga barrata, oppure essere presenti nel prontuario dell'Associazione Italiana Celiachia, o nell'elenco dei prodotti dietoterapici erogabili, o presentare la scritta SENZA GLUTINE sulla confezione.
     
    Preparazione
    Tritare nel mixer le mandorle per ottenere la farina di mandorle (io ci aggiungo un cucchiaio di zucchero per assorbire l'eventuale olio rilasciato, e uso il mixer in modalità pulsata per ridurre al minimo il rilascio di olio).
    Preriscaldare il forno a 170° C.Imburrare e infarinare, con farina di riso, una teglia di 24 cm di diametro (io 26).
    Mettere il burro a temperatura ambiente insieme a 300 g di zucchero e le zeste dei clementini e del limone in una ciotola (io in planetaria) e mescolare ad ottenere un composto omogeneo e cremoso. Non deve montare.
    Aggiungere metà della farina di mandorle e continuare a mescolare.
    Mentre la planetaria è in funzione, aggiungere a filo le uova sbattute, ripulendo la ciotola con una spatola un paio di volte.
    Aggiungere la farina di mandorle rimanente, il pizzico di sale e la farina. Continuare a mescolare in planetaria finché non è tutto omogeneo.
    Versare il composto nella teglia, livellare e far cuocere in forno per 50/60 minuti, verificando all'ultimo la cottura con uno stecchino, che deve uscire leggermenete umido.

    All'ultimo preparare lo sciroppo facendo cuocere i succhi degli agrumi con lo zucchero rimanente. Si deve ottenere circa 120 ml di sciroppo. Quando raggiunge bollore togliere dal fuoco.

    Quando la torta è pronta, toglierla dal forno e spennellarci sopra lo sciroppo, tutti i 120 ml. Io ho fatto anche qualche buco con lo stecchino per far sì che lo sciroppo colasse un po' anche all'interno.

    Far raffreddare completamente la torta prima di sformarla. Servire decorandola con zeste di arancia.

    Si può conservare, se tenuta in un contenitore a chiusura ermetica, fino a tre giorni.

    Eventualmente si può glassare la torta con una glassa fatta con 90 di burro, 150 g di cioccolato fondente , 1 cucchiaio di miele e 1/2 cucchiaio di cognac. Io non l'ho glassata.




    mercoledì 13 febbraio 2013

    Balilah, ovvero di Gerusalemme, melting pot culinario



    Sono tornata a partecipare allo Starbooks. Con grande gioia, perché questo lavoro critico sui libri mi piace molto, e mi piace molto il modo di lavorare del gruppo, rilassato ma serio: si fa quel che si può, ma quel che si fa si cerca, nei limiti umani ovviamente, di farlo bene.

    E questo libro mi è piaciuto subito moltissimo. A partire dalla copertina. E poi le foto, ma soprattutto il tema. La cucina ebraica. Ebraica? La shakshuka sarebbe ebraica? Ma non era il piatto di cui mi parla sempre il mio babbo, di quando ci si trasferì per due anni in Tunisia? E i falafel? O i falafel non erano un cibo tipicamente mediorientale, arabo mi verrebbe voglia di dire. L'harissa poi, la salsa tipica algerina hot che più hot non si può.
    O non si era detto che il libro parlava di cucina ebraica? Ecco, si, si era detto. Ma ci s'era sbagliati.
    Il libro parla della cucina di Gerusalemme. Che è una città ebraica, ma anche araba, e anche molte altre cose.
    E infatti il libro è scritto a quattro mani, da Ottolenghi, ebreo di origini italo-tedesche, e Tamimi, palestinese.
    Ottolenghi e Tamimi sono entrambi chef, e lavorano insieme. Parecchio bene, si direbbe dal libro.
    Che ci narra di una città meravigliosa, piena di odori, sapori e colori, un vero melting pot culinario.
    C'è un capitolo del libro, dal titolo eloquente: "Finally, a comment about ownership".
    Lo cito paro paro:
    "In the part of the world we are dealing with everybody wants do own everything. Existence feels so uncertain and so fragile that people fight fiercely and with great passion to hold on to things: land, culture, religious symbols, food - everything is in danger of being snatched away or of disappearing. The result is fiery arguments about ownership, about provenance, about who and what came first. 
    As we have seen through our investigations, and will become blatantly apparent to anyone reading and cooking from this book, these arguments are futile."

    Tutto questo per dire che lo spirito del libro mi piace molto. Ma, trattandosi di un libro di cucina, vorrebbe dire poco, se le ricette non fossero interessanti. Invece lo sono, e molto.
    La prima cosa che ho provato è un piatto semplicissimo, la balilah. Ceci. Semplicissimi ceci. Che, conditi con limone, cipolla e cumino, diventano una squisitezza, alla quale si sono dovuti arrendere anche mio marito e mia figlia, solitamente molto diffidenti nei confronti degli esperimenti che porto in tavola.
    Nel libro viene definito uno dei tipici street food palestinesi (leggendo a giro ho scoperto che si tratta di un piatto originariamente libanese), ma nella parte ultra-ortodossa della città si vende, per strada, un piatto, detto arbes, identico alla balilah, tranne che per la sostituzione del cumino con il pepe. Tanto per ribadire il concetto espresso all'inizio. Che fra l'altro era un'idea che mi era già venuta leggendo la Bibbia della "Cucina del Medio Oriente e del Nord Africa" della Roden, che lo ha scritto prendendo le ricette dai suoi amici e parenti, ebrei, sparsi in tutto il mondo.

    Le altre ragazzacce dello Starbooks questa settimana vi ammanniscono altre meraviglie, eccole:
    - Alessandra e Daniela di Menu Turistico: Pollo con cipolle caramellate e riso al cardamomo
    - Laroby di Le chat egoisteSaffron rice with barberries,pistachio& mixed erbs
    - Mapi di La Apple Pie di Mary Pie: Quaglie brasate con albicocche secche e ribes
    - L'Araba di Arabafelice in cucina!: Ghraybeh
    - Vissi di cucina Vissi d'arte e di cucina: Spice cookie
    - Ale di Ale only kitchen: Falafel

    - Patty di Andante con gusto: Semolina, coconut and marmelade cake
    - Ema di Arricciaspiccia: basmati & wild rice with chickpeas, currants & herbs

    Ed ora veniamo alla nostra semplicissima ma super-gustosa ricetta.




    Balilah
    Tratto da "Jerusalem" di Sami Tamimi e Yotam Ottolenghi
    Ingredienti
    • 200 g di ceci secchi
    • 1 cucchiaio di bicarbonato di soda
    • 60 g di prezzemolo a foglia piatta (Petroselinum crispum neapolitanum, il nostro normale prezzemolo, diverso dal Petroselinum crispum crispum, quello che in Francia chiamano persil arabe)
    • 2 cipollotti freschi
    • 1 cucchiaio grosso limone
    • 3 cucchiai di olio d'oliva (io di più)
    • 2 cucchiai di cumino in polvere (io in semi)
    • sale e pepe macinato a mulinello 
    Preparazione
    Il giorno prima mettere a bagno i ceci in abbondante acqua, in cui si sia sciolto il bicarbonato. Lasciarli a bagno tutta la notte (io di più). 
    Scolare i ceci e trasferirli in una pentola, coprire con abbondante acqua, far prendere il bollore e quindi abbassare il fuoco e far cuocere a fuoco basso per un'ora/un'ora e mezza (anche due, dico io).

    Nel frattempo, mondare e tritare  il prezzemolo e i cipollotti, e metterli in una larga ciotola. 
    Pelare al vivo il limone, eliminando tutte le parti bianche, e tagliarlo grossolanamente a pezzi. Versare i pezzi di limone e il succo che è colato nella ciotola insieme a prezzemolo e cipollotti. 

    Quando i ceci sono cotti, morbidi ma ancora interi, scolarli dall'acqua di cottura e versarli nella ciotola ancora bollenti. Aggiungere l'olio EVO, il cumino, 3/4 di cucchiaio di sale e una generosa spolverata di pepe. 
    Mescolare bene, attendere che i ceci si siano raffreddati fino a  diventare tiepidi, aggiustare di sale e servire.
     

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