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02 maggio 2016

DAL PASSATO NON IMPARIAMO NULLA.







AUSCHWITZ 1 - VERSO L'ENTRATA  (FOTO MS)








AUSCHWITZ 1 - IL CANCELLO D'ENTRATA (FOTO MS)



AUSCHWITZ 1 - IL MURO DELLE FUCILAZIONI (FOTO MS)



AUSCHWITZ 2 BIRKENAU - ENTRATA (FOTO MS)

AUSCHWITZ 2 BIRKENAU - I BINARI (FOTO MS)





AUSCHWITZ 2 BIRKENAU - UN CARRO (FOTO FP)


Ho fatto questo viaggio perché era da tutta la vita che volevo andare. Per quello che avevo letto, visto, sentito. Attraverso le parole di altri, i volti di altri, il dolore di altri. Tutti gli altri che sembrano sempre così lontani e distanti da noi. Allora come oggi. Ma da quell'orrore non siamo e non saremo mai affrancati. Pur andando, calpestando quell'erba, toccando quelle mura fatte di mattoncini rossi. Così ordinato, così preciso, così pulito. Quando sei dentro ti sembra tutto così irreale, assurdo. E la domanda resta inevasa, perché la risposta non c'è. Non esiste una risposta. Come non esiste colpa per chi, arrivato in quel luogo,  ci mise solo cinquanta minuti per morire. L'ottanta per cento del milione e mezzo di persone che entrarono da quel cancello. Il venti per cento invece,  ebbe un'aspettativa di vita più alta: qualche mese. Da un mese a tre circa, per morire. Fiaccati dagli stenti, dal lavoro durissimo, dalla perdita del dono più prezioso che l'uomo abbia. La sua dignità.
I pochissimi superstiti, quelli che erano vivi per caso, quando il 27 gennaio del 1945, i russi entrarono nei loro campi di lavoro, sopravvissero solo perché, un giovane medico, comprese quale era l'unica strada per guarire il loro fisico. Dando loro pochissimo cibo e consentendo agli organismi ormai privi di forza di riprendersi lentamente, con il tempo. Ci  misero mesi per recuperare qualche chilo. E non tutti ci riuscirono. Per quel che riguarda la condizione di esseri umani, non è bastata tutta la vita. C'è una foto, tristemente famosa, in una delle stanze del museo. Ci sono alcuni bambini al di là del filo spinato, fotografati dopo qualche mese dalla liberazione. Tra loro una bimba bellissima, con un caschetto di capelli neri. Accanto alla foto c'è una sedia vuota. Un paio di volte l'anno, una signora molto anziana si siede esattamente lì. Non parla, ma guarda ogni persona che attraversa la stanza e rimane con il dito puntato verso quella bambina per ore. E' LEI. Che ci ricorda. DI NON DIMENTICARE. Ma noi uomini non abbiamo mai tenuto in considerazione quello che ci ha insegnato la storia. E siamo sempre pronti a tornare all'inferno. Perché è l'inferno il luogo in cui desideriamo andare.

26 gennaio 2012

SE QUESTO E' UN UOMO: 27 GENNAIO 1945



Il Giorno della Memoria è una ricorrenza istituita con la legge n. 211 del 20 luglio 2000 dal Parlamento italiano che ha in tal modo aderito alla proposta internazionale di dichiarare il 27 gennaio come giornata in commemorazione delle vittime del nazionalsocialismo e del fascismo, dell'Olocausto e in onore di coloro che a rischio della propria vita hanno protetto i perseguitati.

 testo dell'articolo 1 della legge così definisce le finalità del Giorno della Memoria:
« La Repubblica italiana riconosce il giorno 27 gennaio, data dell'abbattimento dei cancelli di Auschwitz, "Giorno della Memoria", al fine di ricordare la Shoah (sterminio del popolo ebraico), le leggi razziali, la persecuzione italiana dei cittadini ebrei, gli italiani che hanno subìto la deportazione, la prigionia, la morte, nonché coloro che, anche in campi e schieramenti diversi, si sono opposti al progetto di sterminio, ed a rischio della propria vita hanno salvato altre vite e protetto i perseguitati. »


Ecco per iniziare a parlarvi di Primo Levi volevo partire da qui.
Da questo cancello e da questo giorno.
Il cancello che varcò come disse lui per sua "fortuna" solo nel 1944  e del giorno 27 gennaio 1945 in cui capì con il resto dei prigionieri sopravvissuti del campo, di essere libero, continuando a lavorare mentre arrivavano i russi perchè "i vivi sono più esigenti, i morti possono attendere. Ci mettemmo al lavoro come ogni giorno."
Non riesco a stare tranquilla e rilassata mentre vi scrivo di lui, perchè le parole vorrebbero scorrere in fretta, più veloci di come mi si formano dentro, ma rallento perchè ho paura di essere poco chiara.


Il dolore è immenso, tutte le sacrosante volte che riapro quel libro simbolo di una tragedia immane, ne vengo pervasa.


Non riesco a spiegarvi bene cosa mi succede, è un fiume che mi travolge, una piena che mi trasporta con lui, lontano, sul pavimento del suo Block numero 30.
All'inizio del racconto sono  insieme a quelle madri che nella loro ultima sera vegliavano con cura i loro bambini preparando tutto l'occorrente prima di partire verso... chissà?
Perchè se dovessero uccidervi domani con il vostro bambino, voi oggi non gli dareste da mangiare?
Non ho sentito forse la sofferenza cocente  del marchio con in numero 174517 impresso sulla mia pelle con il punteruolo?
Non ho forse bevuto l'acqua putrida credendo che fosse una trappola il cartello che diceva inquinata?
Non ho forse dovuto camminare dritto, e lavorare sempre, raschiarmi tutti i giorni il fango dai miei indumenti, imparato a usare del filo elettrico per chiudere le scarpe, della carta per ripararmi dal freddo, e a proteggere i piedi con degli stracci sporchi?
Ritenermi fortunato se passo dal block al Ka-Be?


CONVIVERE CON UNA FAME ONNIPRESENTE E CONTINUA?
Rubare tutto quello che c'è da rubare per sopravvivere?


Sono anche io un verme vuoto di anima.


Ho passato gli ultimi 10 giorni prima dell'arrivo dei Russi lavorando come prima mentre il rumore dei cannoni si avvicinava sempre più.


Alcune sue parole le lascio qui per voi...


"Ho impiegato tanto tempo poi a tornare a casa."


"Ma non sono riuscito ad odiare.Questo sentimento non mi appartiene."


"Sicuramente non ho perdonato, chi non mi ha dimostrato con i fatti di avere sdradicato dal suo animo e dalla sua coscienza gli orrori del nazismo e del fascismo."


"Io non sono cristiano ma sono disposto a seguire il precetto del perdono al nemico che si pente perchè chi si ravvede cessa di essere un nemico."


Tutto questo, quello che io ho imparato leggendolo e amandolo mi aiuterà a non dimenticare il suo insegnamento, il suo essere uomo per davvero.


Vi suggerisco se ve la sentite, di andare alla Stazione Centrale di Milano e dedicare 5 minuti del vostro tempo visitando il binario 21.
Il binario dal quale partivano le carrozze o dovrei dire i carri bestiame, che portavano gli ebrei italiani alla loro fine, destinazione Auschwitz.


Elie Wiesel nel suo romanzo " La notte" così descrive quei momenti; il suo viaggio così simile a quello di Primo Levi e a quello di tanti altri.
Non era possibile sdraiarsi e neanche sedersi tutti.Decidemmo di sederci a turno. c'era poca aria.
Fortunati coloro che si trovavano vicino a una finestra: vedevano passare il paesaggio in fiore.
Gli oggetti cari che avevamo portato rimasero nel carro e con loro, alla fine, le nostre illusioni.


Questo viaggio dell'orrore  iniziato nel 1943  sarebbero terminato solo nel maggio del 1944.
Venivano chiuse dentro nell'inferno di quei vagoni, circa 600 persone alla volta, che viaggiavano tenute all'oscuro di tutto per 7 giorni.
C'erano adulti, vecchi, bambini, famiglie intere.
Braccati e incarcerati con la sola colpa di essere ebrei.
Arrivati a destinazione la maggior parte di essi venivano immediatamente destinati alle camere a gas o ai forni crematori e uccisi.


E io sento quell'odore e quel fuoco sulla mia pelle.
Colgo l'orrore delle parole che vengono usate per descriverlo da più di 60 anni.


Ad esempio si utilizzano spesso alcuni sostantivi per individuare questo dramma storico che sono inesatti, come nel caso del significato delle parole Olocausto e Shoah che è il seguente:


Olocausto:
dal latino holocaustum, che è il greco holòkauston, da hòlos “tutto” e kaustòs “bruciato”, dal verbo kaìein “bruciare”. Per estensione, Sacrificio, soprattutto della propria vita, ispirato da una dedizione completa al proprio ideale. Questa parola è stata impropriamente adottata per definire lo sterminio degli ebrei europei durante la Seconda guerra mondiale. Come si capisce dall’etimo, infatti, non definisce correttamente l’evento. Implicherebbe cioè una volontà delle vittime nell’offrirsi in sacrificio per un ideale, cosa ovviamente impensabile. Ecco perché si preferisce l’uso della parola ebraica Shoah.


Shoah:
voce biblica che significa “desolazione, catastrofe, disastro”. Questo vocabolo venne adottato per la prima volta nella comunità ebraica di Palestina, nel 1938, in riferimento al pogrom della cosiddetta “Notte dei Cristalli” (Germania, 9-10 novembre 1938). Da allora definisce nella sua interezza il genocidio della popolazione ebraica d’Europa, perpetrato durante la Seconda guerra mondiale.






Quando quel giorno di aprile del 1987 sentii la notizia che questo uomo immenso era stato trovato morto nella tromba delle scale della sua casa ricordo che, a parte il dolore che provai in quel momento, pensai che la morte sfuggita a lungo, alla fine era stata la compagna di tutta una vita e quel giorno aveva vinto, come avevano vinto i fantasmi del passato mai sconfitti.




Di tutto questo vorrei discutere con voi, confrontarmi con quello che sapete di lui e della Shoah.
Vorrei conoscere il vostro punto di vista sulla questione.


Se vi siete mai posti la domanda che potrebbe succedere ancora e anche a noi visto che nessuno è al riparo da niente.


Se a questo ci pensate mai.






E vorrei consigliarvi alcuni autori israeliani  contemporanei che conosco e apprezzo innanzitutto perchè sono scrittori immensi e poi perchè parlano della loro storia senza inutili pragmatismi, come ad esempio Amos Oz e David Grossman.


Di Amos Oz consiglierei in questo frangente il saggio "Contro il fanatismo" lettura illuminante.
Come dice l'autore "chi sono i buoni chi sono i cattivi?"


Di David Grosmann " La memoria della Shoah"


Poi ancora:
Di Albrecht Goes " Notte inquieta"
racconto di amore e morte nell'Ucraina falciata dalla guerra di Hitler.


Di Maurice Grosman " Una strana fortuna"un ricovero in ospedale  che salva dal suo destino segnato un bambino ebreo.


Di Elie Wiesel "La notte"come Primo Levi ha subito sulla propria pelle le leggi razziali e la deportazione.







Vi lascio in alto sulle pagine il sito del Giorno della Memoria 2012 dove sono riportati tutti gli eventi che verranno proposti in Italia per celebrarlo.



http://www.lager.it/giorno_memoria.html








Tutto questo per Ricordare e soprattutto sperare




                                      CHE NON DEBBA SUCCEDERE MAI PIU'













11 dicembre 2011

PARIGI NON VALE I PARIGINI






Il titolo dice già tutto sulla città che ho visto per la terza volta in questo lungo ponte di Sant’Ambrogio.

Vorrei raccontarvela senza parlare delle persone che è meglio.
Facciamo finta che sia vuota completamente e io vi racconto il viaggio un po’ pazzo di questi due eremiti nella capitale francese.

Il tempo ci spiazza, appena mettiamo piede fuori dalla metropolitana e ci giriamo intorno per cercare la strada che ci porterà all’hotel veniamo investiti da una raffica di vento e pioggia.
Come benvenuto non è male, la città si è adeguata alle persone?

Arriviamo in hotel, ottimo Holiday Inn, diciamo nessun charmant petit hotel visto il periodo siamo in economia, ci sistemiamo ed ecco la prima bella sorpresa.
La vista dalla camera mostra un canale navigabile con un piccolo approdo e un ponticello romantico che si alza quando passano i piccoli scafi che portano in giro i turisti.




Una chiesetta e un piccolo parco dove giocano bambini, immerso in un bel quartiere tutto bianco.
Un senso di pace e di benessere ci prende e torniamo immediatamente a sorridere.

Ci riposiamo e decidiamo di fare una piccola passeggiata dall’Opéra fino al Louvre.

Adoro quella meravigliosa piazza da cui le varie strade ( Rue ) si dividono come dei lunghissimi bracci di bicicletta e ognuno di loro ha in se un pezzettino di meravigliosa storia.

Arriviamo fino a Place Vendome e io mi perdo tra le vetrine delle più grandi gioiellerie del mondo.
Mi gira la testa mentre dall’angolo a sinistra passo accanto a Boucheron ( il mio preferito),
Van Cleef & Arpels, Chanel, Chopard, Cartier  e tra gli italiani, Buccellati, Damiani e Bruni.

Una concentrazione così alta di ricchezza come credo non ci siamo altri esempi al mondo.
Velocemente ci allontaniamo ridendo e commentando tra noi che forse per salvare l’euro basterebbe recuperare fondi direttamente dalle vetrine…

Andiamo verso il Louvre alle spalle gli Champs Elysèes con i suoi viali  illuminati dalle luci di Natale e la Tour Eiffel che ogni ora brilla come se fosse circondata da milioni di lucciole.




All’inizio delle Tuileries c’è la bellissima ruota panoramica anch’essa illuminata e ci chiediamo “ Ricordi quando la ruota era all’interno dei giardini?’”
Ricordiamo la prima volta a Parigi esattamente vent’anni fa allora più di adesso ci sembrò una città magica…

Il Louvre con la sua enorme mole sembra voler ingoiarci interi come ha fatto con i tesori (anche italiani) che nasconde al suo interno.
Giriamo a sinistra e entriamo nel Palazzo Reale, lì tra i cortili interni si nascondo splendide boutique di cui non tutti conoscono l’esistenza.
Entriamo nella boutique di Serge Lutens alla ricerca del profumo di mio marito, e subito dopo in quella di Didier Ludot.
La proprietaria di quest’ultimo ha un negozio vintage proprio di fronte dall’altra parte del cortile e non vi dico che tesori possiede.
Poi faccio un giro velocissimo nella boutique di Stella McCartney tra i suoi accessori e i suoi paltò.
Mi incanto davanti ad un piccolo cappottino verde e mio marito deve trascinarmi via quasi a peso.
Ci sono diverse gallerie d’arte e un piccolo negozietto di giocattoli retrò.

Ceniamo sul boulevard Haussmann e io attacco la prima tartare della vacanza.

Il mattimo dopo andiamo a visitare il cimitero di Pere Lachaise.
Vi sembrerà strano visitare un cimitero, ma le altre volte lo avevamo accantonato per dare la precedenza a musei e mostre.
Il Pere Lachaise è un monumento nazionale.
Visitato da milioni di persone ogni anno.
44 ettari e 70.000 tombe nel centro della città.
I più grandi, da Oscar Wilde  a Chopin.
Da Molière a  La Fontaine, Jim Morrison e Edith Piaf, Proust e Honoré de Balzac.
E’ stato un viaggio nella memoria, tra artisti che hanno cambiato il nostro modo di pensare e la nostra vita.
Per non parlare del monumento dedicato ai campi di concentramento e alla Shoah, olocausto non volontario.

I francesi mi piacciono più da morti che da vivi.

Il  pomeriggio lo abbiamo passato nel Marais, il quartiere dove vorrei vivere potendo scegliere in quella città.



Adoro Place des Vosges, i palazzi antichi che la circondano e tutti quei negozi vintage che sono la sua caratteristica.
Mi piace curiosare tra quei piccoli tesori, come ad esempio questo della foto.




Anche qui ci sono delle gallerie d’arte e guardate questo piccolo gioiello.





La sera abbiamo cenato in un piccolo ristorante nella zona del nostro albergo, dava sul  piccolo canale, e ci è sembrato quasi di essere a Venezia.
Nota di cortesia sul proprietario, estremamente cortese e gentile, una rarità.
La cena ottima, il pesce freschissimo, accompagnato da un vino bianco con tante bollicine. 
Ce lo siamo concesso, ma sì.



Il giorno dopo abbiamo fatto le cose classiche dei turisti più la follia di salire sulla ruota panoramica con un tempo da lupi.
Ma Parigi è bellissima anche sotto la pioggia  e la vista era in ogni caso da mozzare il fiato.




Girovagato tra gli chalet natalizi degli Champs Elysèes e poi via nei nostri negozi di dischi preferiti: Virgin e Fnac.
Quando ci troviamo all'estero mio marito cerca delle rarità dei suoi artisti preferiti, mentre io ascolto gli artisti che vanno per la maggiore perlopiù da noi sconosciuti.
Abbiamo portato a casa diversi CD,  ho comprato l'ultimo di Amy Winehouse e quello di un'artista di colore che non conoscevo: Betty Wright.
Ho sentito un duetto con Joss Stone da brividi e ho comprato il disco.
Poi anche due di Nina Simone che non avevo.

Ho ascoltato anche l'ultimo cd di Charlie Winston musicista inglese completamente sconosciuto da noi, ma dai francesi adorato.

Pomeriggio in Rue Saint Honoré, e limitrofi, e che ve lo dico a fare?

La sera cena in un  bistrot nell'arrondissement della Tour Eiffel, poi passeggiata fino a Champ-de- Mars e seduti su di una panchina del parco,  nonostante il freddo e la stanchezza ci siamo goduti la vista della torre bellissima e luccicosa.
Il mattino dopo, l'ultimo, il cielo azzurro e il clima mite ci ha immalinconito.
C'era troppa gente in giro e non potevamo più fare finta che non esistesse.





Abbiamo riso quando ci siamo ritrovati di nuovo in Place dell'Opéra e davanti al teatro un musicista cinese aveva portato un pianoforte a coda e suonava tra la gente che lo applaudiva piacevolmente stupita.









Ci siamo detti anche questo è Parigi!





 Vi lascio il brano di Betty Wright e Joss Stone,  colonna sonora di questo viaggio.