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25 maggio 2018

PHILIP ROTH E LO SVEDESE




"Questa è la vita come la si vede dal di fuori. Al meglio delle sue capacità, lo Svedese la vive come la viveva una volta. Ma ora è accompagnata da una vita interiore, un'orribile vita interiore di ossessioni tiranniche, tendenze soffocate, aspettative superstiziose, fantasie spaventevoli, conversazioni chimeriche, domande senza risposta. Notte dopo notte, insonnia e autolesionismo. Una solitudine immensa. Un rimorso incancellabile, anche per quel bacio quando Merry aveva undici anni e lui ne aveva trentasei  e loro due, nei costumi bagnati, stavano andando a casa in macchina dalla spiaggia di Deal. Che la causa fosse quella? C'era per forza una causa? E se non ci fosse stata nessuna causa?
Baciami  come b-b-baci mummmummamma.

E, nella vita di tutti i giorni, nient'altro da fare che continuare rispettabilmente ad avere l'enorme pretesa di essere se stesso, con tutta l'onta di essere, invece, solo la maschera di uomo ideale".
(PASTORALE AMERICANA)


Ci sono libri e autori che ti cambiano la vita. Ad un certo punto compaiono e non ti lasciano più.
Ci sono libri e autori "folli" che ti chiedi come sia possibile ti piacciano così tanto anche se  sono simpatici come la merda, eh.
Ci sono libri e autori che ti massacrano dentro, ti invitano e ti premono. Ruggiscono.

Ci sono libri e autori che stai a rimpiangere ogni volta leggi qualcosa della quale ti penti subito, alla prima riga e ti dici che è colpa tua, che sei una persona difficile.
Ma il palato si affina  con il cibo buono e allora diventi ingordo e stai sempre lì a chiedere di più a diventare incontentabile.
Tutti gli anni  ridacchiavo ironica alla consegna dei Nobel. Dicevo che lo davano a cani e porci  (come tanti menestrelli inutili e arroganti) ma lui no. Stava troppo sul cazzo ai parrucconi senza arte ne parte che decidevano con boria inconsulta ogni volta.
Poi quest'anno l'hanno dovuto cancellare per sopraggiunto scandalo sessuale.

E lui?
Li saluta. 
Fottetevi tutti.
Ce lo vedo al piano di sopra a prenderli per il culo.
Io sono Philip Roth e voi siete niente.
Amen.

(ps: questa volta la gentilezza e la cortesia le ho mandate in vacanza mentre scrivevo il post)

19 febbraio 2017

LA STRADA DEL RITORNO È SEMPRE PIÙ CORTA.




Da quest'anno si cambia.

Scriverò di libri quando mi va, seguendo l'istinto. Potrebbe capitare più volte al mese o solo una. La vecchia rubrica non va in pensione, seguiterò  a selezionare un libro tra quelli letti, dedicandogli un mese.

Gennaio si è aperto in maniera vorace. Sto continuando ad allargare il mio orizzonte su De Giovanni che mi intriga ogni giorno di più. Trasportata dalle due serie e dai protagonisti, il  commissario Ricciardi e l'ispettore Lo Iacono. Allo stesso tempo sono passata attraverso belle biografie come quella  di Vittorio Sabadin su Elisabetta l'ultima regina,  a libri di autori che sono tra i miei preferiti, come Nessuno come Noi di  Luca Bianchini ,che mi ha trasportato indietro nel tempo fino ai miei odiati/amati anni '80. Mi sono lasciata letteralmente affossare dall'ultimo di Philip Roth, Lasciar perdere.E il suo primo romanzo  e  lo si capisce bene, la lettura è stata lenta e noiosa. Ci sono stati momenti in cui ho riconosciuto il grande autore che amo, ma per la maggior parte del tempo mi sono arenata in una miriade di descrizioni farraginose e complessivamente inutili. In cui i dialoghi tra personaggi erano lunghissimi e onestamente superflui, senza riuscire ad individuare  che rarissimamente, la sua lucida e amara ironia. Un romanzo acerbo, che si fa fatica a finire.

Ho incontrato infine il libro di cui voglio parlarvi oggi, dedicato a Gennaio.L'autrice si chiama Valentina Farinaccio. Giornalista di origini molisane alle prese con il suo primo romanzo: La strada del ritorno è sempre più corta.



"Quando metti al mondo un figlio pensi soltanto ad una cosa, che farai in modo che le pene e le paure e le debolezze non lo tocchino mai. E poi scopri che anche i bambini hanno da portare in spalla la loro parte di sofferenza. Che a ciascuno spetta la sua dose di dolore: a una madre, quella sbagliata di perdere un figlio; a una moglie, quella eterna di veder morire un marito; a una figlia, quella ingiusta di crescere senza un padre. In tutti i casi la certezza, imprevista, di tornare soli.
Smisi di guardare e andai fuori.
Piansi."



Il romanzo è ambientato a Campobasso, città di origine dell'autrice. Racconta la vicenda di Vera e della sua famiglia su piani diversi, secondo il punto di vista di tutti i protagonisti. E come succede nel quotidiano, ci si domanda dove sia la verità e quale sia. Non è facile, non lo sarà nella storia e non lo è nella vita reale. A quale voce dare credito?  C'è una forte spinta dovuta alla curiosità di arrivare fino alla fine del romanzo attraverso la parola di tutti per scoprire cosa è successo, mentre il racconto si colora di giallo.

E' stato facile innamorarmi di Vera, dolcissima bambina di cinque anni, con la passione sfacciata per i Beatles e Ringo Starr (così simile alla "bambina yetterdei" della mia infanzia) alle prese con un dolore molto più grande di lei. Lo stesso è successo con Lia, sua madre, che ho visto letteralmente cristallizzarsi attorno alla sua tragedia. Ho amato Giordano, libraio meraviglioso con la passione della scrittura e un libro incompiuto lasciato in eredità.
E tutto intorno il mondo della provincia, così pieno di difetti e pregi da cui fuggire appena possibile per poi ritrovarcisi annegati in un mare d'amore; così grande da poter sopportare tutto: suocere aride ed egoiste, parenti indifferenti, fratelli distanti, sogni irriverenti.Oroscopi e bugie.

La sfida più grande resta la vita. Il quotidiano che ha un senso finché ragione c'è. Poi si comincia a fuggire, senza scrollarsi mai di dosso la felicità fatta di nulla che era lì, raccolta tra quattro mura e forse per questo, invisibile.
La scrittura di Valentina è ironica, luminosa. Ci racconta l'amore con brio a volte inceppandosi in un respiro che respiriamo. Attraverso notti interminabili perse dietro occhi da lasciare aperti perché vedano tutto quello che c'è per non perdersene nemmeno un secondo.
Tra canzoni e tavoli da cucina. Tra perdite e ricongiungimenti. Tra lacrime e rabbia. Tra libri presi uno alla volta e buttati via e altri riconquistati, pagina dopo pagina. 
Un inno all'amore, alla vita e alla letteratura. 
Che sono eterni, molto più di noi.




La strada del ritorno è sempre più corta
Valentina Farinaccio
Editore Mondadori
pagine 216
Euro 18,00


13 ottobre 2016

RECENSIONE: ERRI DEL LUCA - LA NATURA ESPOSTA





Oggi è morto Dario Fo e hanno dato il premio Nobel per la letteratura a Bob Dylan.
Il giullare e il menestrello. Del primo avevo grande stima, il secondo beh... mi ha sempre lasciata indifferente.

A rifletterci sui meriti che determinano la scelta dei premiati io da tempo desidero che uno dei prossimi Nobel sia dato all'autore che amo di più, Erri De Luca.

La motivazione?

Ne ho inventata una da smodata quale sono:
"Per riuscire a rendere  le sue parole  pura poesia, specchio di sentimenti illuminati e illuminanti. Per la musica che vibra tra le salite ripide del suo percorso e le  immagini vivide e immediate come polaroid che riesce a regalare.

Per  i battiti sommessi, per le vesti sdrucite, per la libertà di pensiero, per l'impossibilità  alla resa.  

Per la vita e la morte che sublimemente ci ricorda."

Nel suo ultimo romanzo ci insegna a fidarci del nostro istinto; a compiere "meraviglie" senza aspettarci niente in cambio.  A riscrivere la quotidianità, la normalità, nel senso più alto che possiamo dare a queste parole.
A percorrere strade tendendo la mano con sguardo sicuro. A riconoscere e riconoscerci.
Ad esporci, a metterci a nudo. A mostrare la parte di noi di cui abbiamo più timore e  che forse  è il meglio che abbiamo.


A pensarci bene potrei utilizzare le sue stesse parole per la motivazione:
Esistono libri che fanno provare un amore più intenso di quello conosciuto, un coraggio più scatenato di quello sperimentato. Dev'essere l'effetto che fa l'arte: supera l'esperienza personale, fa raggiungere al corpo, ai nervi, al sangue, traguardi sconosciuti. 

La mia è poca cosa ma la sua sarebbe perfetta.

Bisognerà scrivere ai quei parrucconi dell'Accademia di Stoccolma che quest'anno hanno preferito Dylan a Philip Roth.
Diamine.