Visualizzazione post con etichetta Giuliano Bovo. Mostra tutti i post
Visualizzazione post con etichetta Giuliano Bovo. Mostra tutti i post

sabato 8 novembre 2025

La luna

 

Il cielo era stato nuvoloso per giorni e giorni, forse un mese intero; era perfino nevicato. Da quanti giorni non alzavo gli occhi verso il cielo? Da quanto tempo non vedevo una stella?

La mattina esco di casa, sistemo la giacca a vento, prendo l’ombrello e il cappello. Chiudo bene la porta, scendo le scale, schivo una pozzanghera. Alzo in su la faccia per vedere se piove almeno un po’ o se devo aprire l’ombrello e , oh meraviglia! le nuvole si sono diradate, ha smesso di piovere. Sorpresa delle sorprese, c’è anche la luna piena, seminascosta da una nuvola. M’ero perfino dimenticato che esistesse, la luna piena.

- Ehilà! - le grido - Dove t’eri cacciata?

La nuvola prosegue il suo cammino, spinta da un leggero vento, e libera del tutto la faccia della luna. Il cielo è ormai quasi del tutto sereno, e la luna brilla, piena e bella, grande come non è mai stata. Si possono vedere mari e oceani, le catene montuose, l’intera superficie.

- E’ sempre un piacere rivederti, dopo tanto tempo! - le grido ancora.

La luna non rispose. Forse faceva finta di non vedermi?

- Vieni giù che ci facciamo due chiacchiere! Vorrei tanto conoscerti meglio, ma se tu non vieni qui, io come faccio?

La luna forse sorrise, dentro di sè, ma non rispose niente. Cosa le avevo fatto di male? S’era forse offesa per qualche mia parola? Eppure, aveva sempre gradito la mia compagnia... La facevo ridere, diceva.

- Scusa per le maniere, l’altra volta, ma sai...

 E lì per lì, appena dette quelle parole, mi venne in mente che è sbagliato chiedere scusa, che così facendo non si ottiene niente, e tutte quelle cose che ti dicono gli amici ma non ci credi - eppure, ricordo bene che le piacevano i miei scherzi, e i suoi sorrisi. O è stata solo una mia impressione? Fa niente, vado avanti lo stesso: siamo solo io e lei!

- E’ una bella giornata, vero? Fa freddo, ma non importa: basta coprirsi bene, sento che oggi sarà una bella giornata, il tempo sta cambiando. Ci sarai anche domani sera?

Me l’avevano detto: gelida, fredda, distante... Possibile? Mi fermo, mi siedo sui gradini della chiesa - la grande cattedrale, punto d’incontro di tutti noi; a quest’ora però siamo solo io e il furgone delle pulizie. Tutta questa piazza così vuota!

E, mentre penso che devo andare a lavorare - mica posso stare qui seduto tutta la mattina! - ecco che tornano nuove nuvole, e la luna è di nuovo nascosta, chissà con chi se ne è andata...

Mi rialzo, fa freddo, e la stessa solitudine della piazza, che prima mi era tanto piaciuta, adesso mi gela l’anima. Ho sempre amato l’inverno, che strano: e adesso... Mi rimetto in cammino. Torna in te stesso! mi dico, non chiedere l’impossibile. Vedi, qualcuno sta arrivando: si aprono i primi bar, i fornai mettono fuori il naso. Si accende qualche luce qua e là, qualche insegna, appare per strada qualche altro pendolare infreddolito ...

D’improvviso, una luce, un rumore di passi. Sollevo da terra lo sguardo, di nuovo: ed ecco che la nuvola se ne è andata, il cielo è di nuovo sereno, la luna mi sorride, mi stende le mani, mi parla:

- Stavo scherzando, sai: anche a me piace scherzare. Ma mi avevi proprio fatta arrabbiare, l’ultima volta! Che non si ripeta più, d’accordo? 


Giuliano Bovo



domenica 6 luglio 2025

Un fauno

 Prélude à l'après midi d'un faune è una delle composizioni più note di Debussy. Bruno Bozzetto nel 1977 la correda di animazione in uno degli episodi del suo "Allegro ma non troppo". 


Del film parla Giuliano qui


venerdì 23 maggio 2025

Una cicala in città

 



Fai clic qui

( un post di Giuliano sul suo blog, deladelmur )

sabato 29 marzo 2025

Passavo il mio tempo seduto nel prato

 




Passavo il mio tempo seduto nel prato,

vedevo le cose perdute, pensavo al passato.

Sapevo, dovevo, seduto nel prato,

pensavo, guardavo, sentivo, volevo.

Il buco d'un grillo, là presso un batrace

pian piano li vedo, ne sono capace,

ci vuole pazienza e poi il mondo appare.

E le cavallette, le mille formiche,

le piante ben verdi, le tante lumache,

un'ape che vola e si posa pian piano.

Mi sveglio, mi desto, cos'è che mi chiama?

La voce è lontana ma poi s'avvicina -

che bello, è arrivata, è lei che mi chiama.

Che faccio nel prato, mi chiede e sorride:

anch'io son perplesso, m'abbraccia e mi bacia...

allargo le braccia e insieme a me ride.

(Il sole, là in alto, fa finta ma vede)







( l'immagine è di Maxime-Morin )



domenica 19 gennaio 2025

Un angelo a Milano

 



Ed era alto e dall’aspetto fiero,

candido angelo bello e severo.

Stava seduto in un angolo, a Milano,

tentando e ritentando un suo lavoro,

riempiendo lento, col cavo della mano,

anfore fatte d’un acciaio arcano.

Dopodiché, con evidente pena,

anima e corpo ricucir tentava.


Giuliano Bovo

domenica 22 dicembre 2024

Due John

 



John Renbourn
John Donne

                                                                ... a Song

  ( qui  Giuliano a proposito dei due John e della canzone che li lega  )
 

mercoledì 25 ottobre 2023

Nick Drake



 Giuliano, coautore di questo blog fino a tre anni fa, mi ha fatto conoscere musicisti che sono diventati subito a me cari; li ascolto nei momenti in cui ho bisogno di  trovare un po' di dolcezza, un po' di ristoro. Tra questi, Nick Drake è forse l'autore che mi fa più pensare a Giuliano, alla sua delicatezza e al suo amore per la bellezza. 

Ripropongo di seguito un articolo di Giuliano su Nick Drake, pubblicato anni fa sul suo blog, deladelmur, e poi due  delle canzoni forse più idonee a rappresentare il modo di essere di Drake,  Place to be e Pink moon

Buona lettura!



domenica 22 ottobre 2023

Antiquario

dipinto di Felice Casorati
 








E quel gomitolo di lana rosa,

rosa dal tarlo;

E quello scialle di seta bianca,

roso dal tempo;

E queste scarpe con cui convergo,

lisce le suole;

E questa musica dolce e sensibile,

che mi commuove:

Verrà la luce, luce del sole,

ed in cantina dovrò tornare.







giovedì 12 ottobre 2023

Nemo e la musica

Ci sono personaggi dei romanzi che è difficile dimenticare. Il capitano Nemo è uno di questi. Giuliano, coautore di Il cavallo di Brunilde, ne aveva scritto tempo fa in un altro suo blog, L'opera al cinema, riportando e commentando un passo in cui Nemo lascia trapelare qualcosa di sè e del suo rapporto con la musica.

Ripropongo di seguito l'articolo di Giuliano.

Buona lettura!


Nemo e la musica


 


« ... in altri tempi amavo collezionare queste bellezze create dall'uomo. Ero un avido ricercatore, un segugio instancabile, e ho potuto raccogliere alcune cose eccellenti. Sono gli ultimi ricordi di quella terra che per me è morta. Per i miei occhi i vostri artisti moderni sono già più che degli antichi: hanno due o tremila anni di vita e li confondo nella mia mente. Ma i maestri non hanno età.»

« E i musicisti?» chiesi mostrando gli spartiti di Weber, Rossini e Mozart, di Beethoven, di Haydn, di Meyerbeer e Hérold, di Wagner, Auber, Gounod, e altri, sparsi su un grandioso organo addossato a una delle pareti del salone.

«Questi musicisti - rispose il capitano Nemo - sono contemporanei di Orfeo, poiché le differenze cronologiche si annullano nella memoria dei morti. E io sono morto, signor professore, morto quanto i vostri amici che riposano sei piedi sotto terra. »

(Jules Verne, Ventimila leghe sotto i mari - pagina 96 ed. Oscar Mondadori 2010, traduzione di Enrico Lupinacci)




Il capitano Nemo suona l'organo solo altre due volte, in "Ventimila leghe sotto i mari", ma sempre di passaggio, poche righe per passare ad altro; il finale del libro è però dedicato alla musica e le ultime immagini del capitano Nemo sono legate proprio all'organo.

« in quel punto, ecco arrivarmi da lontano una musica delicatissima e triste, l'espressione musicale di un'anima che voglia invano sciogliersi dai legami terrestri. Non era la prima volta che ero affascinato dalle armonie che il capitano Nemo modulava all'unisono con l'organo del Nautilus. (...) Erano prossime le dieci, il momento per lasciare la mia stanza e raggiungere i compagni. Non esitai, infine, anche se l'uscio dischiuso con la massima cautela parve a me fare un rumore tremendo. Rasentando le pareti, nell'oscuro corridoio, arrivai alla porta angolare del salone e l'aprii piano piano. Nuovamente il buio. Gli accordi dell'organo risuonavano debolmente. Il capitano Nemo era là. Non si accorse del mio entrare. Credo che sarebbe avvenuto lo stesso in piena luce, tanto era assorbito nella musica. »

(Jules Verne, Ventimila leghe sotto i mari - pagina 458 ed. Oscar Mondadori 2010, traduzione di Enrico Lupinacci)


Ho trovato curiose le omissioni nella lista degli spartiti, da Bach a Haendel, e poi Schubert, Schumann, Mendelssohn, Verdi, Brahms, Chopin... E' bello però che ci sia Carl Maria von Weber. E' probabile che il professor Aronnax abbia annotato solo quelli che più si addicevano ai suoi gusti, in quel 1866; visto dal 2020 si può notare che di Hérold non si ricorda più nessuno, di Auber quasi soltanto per Fra Diavolo. Gli altri invece sono ancora saldi in repertorio, anche se Meyerbeer non riscuote più il grande successo che ebbe nella prima metà dell'Ottocento.




Nel film Disney del 1954, regia di Richard Fleischer, il capitano Nemo suona ovviamente la "Toccata e fuga in re minore" di Johann Sebastian Bach, che fa sempre colpo. Si può far notare che davanti alla faccia di James Mason c'è uno specchio e che sopra l'organo c'è una grande N: Nemo, e non Napoleone. L'azione si svolge nel 1866, e quindi Nemo non può aver preso parte alla Rivoluzione Francese. Mi sono chiesto il perchè di questi due dettagli, il narcisismo non fa certo parte del carattere del capitano Nemo.

(la musica che ho scelto viene da "Solaris" di  Andrej Tarkovskij: Johann Sebastian Bach, Preludio corale in fa minore BWV 639.)  (qui)





Giuliano Bovo

domenica 24 settembre 2023

IL FIUME

 



Cosa scorre nelle vene col mio sangue?                                                                                                    Lacrime e paglia, maestoso l'angue,                                                                                                                il corpo d'Adamo immane vi langue,                                                                                                              ed il mio corpo esaurito ed esangue.                                                                                                              Vi dorme il Drago, vi dorme il gran Serpente,                                                                                                vi scorre succo d'orina e di nepente,                                                                                                               vi scorre la Memoria ed anche il niente                                                                                                          vi scorre il sangue d'antenata gente.

Ed io contemplo, io che non son niente,

il grand'andare e il battito del cuore,

il gran venire e ritornare al cuore,

e il cupo e sordo strofinio di miei polmoni

ed il ronzio di fegato e rognoni

ed io li ascolto, io che non son niente.


Giuliano Bovo

 


sabato 26 agosto 2023

Columbidæ



- E’ ago-sto! E’ ago-sto! E’ ago-sto! – mi dice la tortora, insistente.
- Ma no che non è agosto, è vero che ho voltato il foglio del calendario ma non è agosto: è luglio.
Ma lei insiste: è agosto, è agosto, è agosto.
Il giorno dopo, ancora:
- Fa caldo, lo so anch’io, ma non è mica ancora agosto! Anche a luglio fa caldo, non serve mica che sia agosto.
Alla fine, si convince; smette di dire che è agosto e comincia a chiamare Rodolfo. O forse, chissà, Rodolfo è proprio il suo nome:
- Rhodòl-fo! Rhodòl-fo! Rhodol-fo!
Altre volte, il nome è Leopoldo; altre volte ancora, dice una frase di più sillabe, del tipo “lo riconosco”:
- Lo riconòs-co! Lo riconòs-co!
E via per tutto il giorno. Ma, intanto, sono riuscito a farle capire che non è agosto, ed è già qualcosa.



PS: le allucinazioni auditive, se avete a che fare con una tortora per più di un quarto d’ora, sono da considerarsi più che normali. Se proprio non ne potete più, andate fuori a dare un’occhiata: le tortore sono piuttosto belle, e anche decisamente buffe quando si muovono.
La foto della tortora viene da http://cinciamogia.wordpress.com


mercoledì 16 agosto 2023

Friedrich nei film di Wenders e Herzog

Propongo uno scritto di Giuliano di qualche anno fa!

Buona lettura!



Di Caspar David Friedrich (1774-1840) la mia fedele Garzantina dice: «Pittore tedesco. Esponente del Romanticismo.» Due righe scarse, seguite dall’elenco di qualche suo quadro, come “Il viaggiatore sopra il mare di nebbia”, che è del 1818 e rappresenta un uomo, di spalle, che contempla l’abisso in piedi sopra una roccia, sulle Alpi tedesche.
Ho conosciuto Friedrich grazie alle copertine dei dischi, soprattutto Schubert ma anche Beethoven, Weber, Schumann. L’abbinamento tra Friedrich e i grandi romantici di area tedesca è un raro esempio di perfetta coincidenza tra ciò che si vede e ciò che si ascolta.









Il viaggiatore del quadro è “Der Wanderer”: non un viaggiatore qualsiasi o un turista, ma colui che è in cerca: di se stesso, del suo rapporto con gli altri, del significato della vita.

WANDERERS NACHTLIED I
(Canto del viandante notturno, n.1)
(Goethe 1780, musicato da Schubert intorno al 1823)

Der du von dem Himmel bist,
Alles Leid und Schmerzen stillest,
Den, der doppelt elend ist,
Doppelt mit Erquickung füllest,
Ach! ich bin des Treibens müde!
Was soll all der Schmerz und Lust?
Süßer Friede, Komm, ach komm in meine Brust!

(O tu che sei del cielo, e ogni pena e ogni dolori acquieti, e ricolmi di consolazione chi è due volte misero, ah! Io sono stanco di tutto questo affannarsi. A che serve tanto dolore, e tanta gioia? Dolce pace, vieni, ah vieni, nel mio petto...)




WANDERERS NACHTLIED II
(Canto del viandante notturno, n.2)
(Goethe 1776, musicato da Schubert nel 1815)

Über allen Gipfeln ist Ruh,
in allen Wipfeln spürest du kaum einen Hauch;
die Vögelein schweigen im Walde,
warte nur, balde ruhest du auch!

(Su tutte le vette è pace, in tutte le cime degli alberi si ascolta appena un respiro; i piccoli uccelli tacciono nel bosco. Ascolta ancora, aspetta, presto anche per te ci sarà riposo.)





ATLANTE (Der Atlas)
Heinrich Heine, 1797-1856 (musicato da Franz Schubert, "Der Schwanengesang, pubblicato postumo nel 1828)

Ich unglücksel'ger Atlas! Eine Welt,
Die ganze Welt der Schmerzen muß ich tragen.
Ich trage Unerträgliches, und brechen
Will mir das Herz im Leibe.
Du stolzes Herz, du hast es ja gewollt!
Du wolltest glücklich sein, unendlich glücklich,
Oder unendlich elend, stolzes Herz,
Und jetzo bist du elend.

(Io, sventurato Atlante! Un mondo, l’intero mondo del dolore, devo portare sulle mie spalle. Sopporto l’insopportabile, e il cuore mi si vuole spezzare nel petto. Cuore orgoglioso, tu l’hai voluto: volevi essere felice, infinitamente felice; oppure infelice infinitamente. Cuore orgoglioso, eccoti infelice in eterno.)







Venne e sedette al mio fianco,
ma non mi destai.
Che sonno sciagurato fu quello,
me miserabile !
Venne nel silenzio della notte;
teneva in mano la sua arpa
e i miei sogni risuonarono
delle sue melodie.
Ahimè, perché le mie notti
vanno sempre perdute così?
Perché manco sempre la visione di colui
il cui alito sfiora il mio sogno ?

(Rabindranath Tagore, Gitanjali, XXVI )






Se vuoi così, smetterò di cantare.
Se fa sussultare il tuo cuore,
distoglierò i miei occhi dal tuo volto.
Se ti fa trasalire all'improvviso,
mentre passeggi, mi trarrò in disparte
e prenderò un'altra strada.
Se ti confonde mentre intrecci i fiori,
eviterò il tuo giardino solitario.
Se troppo agita l'acqua,
non vogherò vicino alla tua spiaggia.

(Rabindranath Tagore Il Giardiniere, XLVII )




A mezzanotte, colui che voleva essere asceta
annunciò: « Questo è il tempo di lasciare
la mia casa, e andare di Dio in cerca.
Ah, chi tanto a lungo in quest'illusione mi trattenne? »
Dio sussurrò: « Io. » -
ma l'uomo aveva le orecchie turate.
Con un bimbo addormentato al seno
sua moglie dormiva tranquilla
su un lato del letto.
L'uomo disse: « Chi siete voi,
che per tanto tempo m'avete ingannato ? »
Ancora la voce mormorò:
« Essi sono Dio. » -
ma egli non intese.
Il bimbo pianse nel sonno e si strinse
accanto alla madre.
Dio comandò:
« Fermati, sciocco, non abbandonare la tua casa ! » -
ma ancora non udì.
Dio disse tristemente, sospirando:
« Perché il mio servo m'abbandona
per andare a cercarmi ? »

(Rabindranath Tagore Il Giardiniere, LXXV )




Caspar David Friedrich è citato esplicitamente nei primi film di due grandi autori tedeschi, Wim Wenders e Werner Herzog; e anche in molti altri film di altri autori, ma bisogna pur limitarsi. Herzog e Wenders hanno sempre avuto grande attenzione alle immagini, e Friedrich rappresenta solo un momento della loro produzione. Del resto, con le immagini dai film di Herzog e Wenders ho già riempito le pagine di questo sito: sono tutte qui in archivio e il link è qui alla fine del post.




Va detto che non sono particolari che si notano durante la proiezione o la visione del film; oggi con il dvd a casa è possibile guardare il film come si faceva con la moviola, fotogramma per fotogramma; e fermare le immagini che più colpiscono. Magari si sta cercando qualcos'altro, e invece si trovano queste meraviglie.
Non tutti i film si meritano una simile attenzione, alcuni sì: primo fra tutti, “Barry Lyndon” di Stanley Kubrick, dove non esiste un fermo immagine che non sia così perfetto da meritare di essere esposto in un quadro e una cornice. ma non solo. E’ stato così, passando i film di Herzog e di Wenders al computer, che ho pescato queste meraviglie.
I film da cui ho tratto le immagini sono: “Cuore di vetro”, “Kaspar Hauser” e “Woyzeck” di Werner Herzog; “La lettera scarlatta” e “Falso movimento” di Wim Wenders. L'isola del finale di "Cuore di vetro" è Skellig Rock, in Irlanda.






links:

lunedì 1 maggio 2023

La musica in "Arancia Meccanica"

 Riporto uno scritto di Giuliano pubblicato sul suo blog, giulianocinema, Buona lettura!




A Clockwork Orange (Arancia meccanica, 1971) Regia di Stanley Kubrick Sceneggiatura: Stanley Kubrick, dall'omonimo romanzo di Anthony Burgess Fotografia: John Alcott Montaggio: Bill Butler Scenografia: John Barry Arredamento: Russell Hagg, Peter Sheilds Costumi: Milena Canonero Musica: Rossini, Beethoven, Purcell, e altri Interpreti: Malcolm McDowell (Alex), Patrick Magee (lo scrittore), Adrienne Corri (moglie dello scrittore), Michael Bates (capo delle guardie), Anthony Sharp (ministro dell'Interno), Godfrey Quigley (cappellano della prigione), Warren Clarke (Dim), Miriam Karlin (la signora dei gatti), Paul Farrell (il vagabondo), Philip Storie (padre di Alex), Sheila Raynor (madre di Alex), Aubrey Morris (signor Deltoid), Carl Duering (dottor Brodsky), Steven Berkoff (poliziotto), David Prowse (Julian), Michael Tarn (Pete) Durata: 137 minuti

Henry Purcell (1659-1695) è il più grande musicista inglese, ed uno dei più grandi in assoluto. E’ sua la musica con la quale si apre “A Clockwork Orange”, il film di Stanley Kubrick girato nel 1972. Il suo nome non compare nei “credits” del film, dove viene invece riportato quello di Walter Carlos che si è limitato ad arrangiare la musica di Purcell. Henry Purcell ci ha lasciato molta musica, per nostra fortuna: musica strumentale e per coro, canzoni bellissime anche per la scelta dei testi (raccomando l’ascolto di “Music for a while”, giusto per nominarne una sola) raccolte alla sua morte sotto il titolo “Orpheus britannicus”. E poi scrisse molto per il teatro, per un genere che non è propriamente l’opera lirica come la intendiamo di solito, ma una via di mezzo tra il teatro recitato, l’opera vera e propria, il balletto, e qualsiasi altra cosa, alternando comico e drammatico, possa fare teatro e divertire il pubblico. E’ la continuazione del “mask”, genere teatrale tipicamente inglese, radicato in varie forme fin dai tempi di Shakespeare: per esempio in “The fairy queen” la Regina delle Fate compare per davvero, ma ha gran parte il Poeta, che appare ubriaco cantando: “I am drunk, boys, I am drunk, as I live, drunk...”. In “King Arthur” ci sono re Artù e i cavalieri, ma l’aria più famosa è l’aria del Gelo, il freddo invernale imitato dall’orchestra e dal canto del basso solista in una scena che è rimasta unica nella storia della musica. E in “Dido and Aeneas”, il suo capolavoro, appare l’eroe troiano e la regina cartaginese ha un’aria meravigliosa, ma streghe e fantasmi rubano la scena.

Henry Purcell ebbe molto a che fare con la famiglia reale inglese: e per la morte della regina Mary, moglie di Guglielmo III, scrive il brano scelto da Kubrick: “Music for the funeral of Queen Mary”, la cui marcia introduttiva è mescolata con l’antico tema del “Dies Irae”, un tema impressionante che Kubrick riprenderà anche in Shining, sempre con l’aiuto di Carlos. Il tema del dies irae è davvero molto antico e risale alla musica sacra liturgica; fu trascritto per la prima volta da Tommaso da Celano, un frate che fu discepolo e biografo di san Francesco d’Assisi. Viene dalla “Messa di Requiem” in latino e il testo si riferisce al giorno del giudizio: ”Dies irae, dies illa, solvet saeclum in favilla, teste David cum Sibylla...”. E’ un tema forte ed impressionante, che percorre tutta la storia della musica e che si può ascoltare, per fare due esempi famosi, in Berlioz (Sinfonia fantastica) e in Liszt (Totentanz).

La marcia funebre di Purcell, fusa con il dies irae e mixata da Walter Carlos, si ascolta in quattro momenti: 1) titoli di testa 2) a 1h35’, nell’incontro di Alex con gli ex drughi ora diventati policemen 3) a 1h21’ con la donna nuda nel “test” per vedere se la cura ha funzionato, cui segue la discussione filosofica tra il Ministro e il Cappellano su libero arbitrio e autodifesa. 4) a 1h57’, senza dies irae e in arrangiamento leggero, con Alex in via di guarigione dopo la caduta dal tetto dello scrittore.

“Le donne di Dublino hanno un aspetto divino”, canta il barbone, quando comincia il film. “Un vecchio sporco e ubriaco che canta le canzonacce care ai suoi padri”, come dice Alex. Si tratta di una famosa canzone irlandese, "Molly Malone": "In Dublin's fair city, where girls are so pretty...".





Walter Carlos è stato uno dei pionieri nell’uso “leggero” del computer in musica. C’erano stati in precedenza anni e anni di sperimentazione, da parte di musicisti importanti come Bruno Maderna e Luigi Nono, nei “laboratori di fonologia”; ma è alla fine degli anni ’60, con l’invenzione del sintetizzatore di suoni, il moog e il mellotron (che imitava gli archi dell’archi dell’orchestra) che nasce il successo di quello che oggi è un banale mezzo casalingo, e che invece quando uscì “Arancia Meccanica” era una novità epocale: il computer in musica. Kubrick era un grande appassionato di musica, e sempre attento alle novità della tecnica: quando si è rivolto a Carlos è facile immaginare che gli abbia fatto delle richieste esplicite, molto mirate: usare la grande musica ma senza usarla. Per questa storia di violenza non ci possono essere Beethoven, Purcell e Rossini in persona, ma dei loro simulacri. Walter Carlos svolge benissimo il suo compito, e – se ci fate caso - durante le scene di violenza non ascoltiamo mai Beethoven, ma il sintetizzatore di Carlos, o una voluta storpiatura della grande musica.



Gioacchino Rossini (1792-1868) non ha bisogno di presentazioni, almeno lo spero; in ogni caso è facile reperirle su qualsiasi enciclopedia. E’ l’autore del “Barbiere di Siviglia”, della “Cenerentola” e di molte altre opere, buffe oppure serie (“Mosè in Egitto”, “Guglielmo Tell”...). Ma “La Gazza Ladra” non è un’opera buffa, è una commedia con risvolti molti drammatici, che riguarda la pena di morte. Al tempo in cui viveva Rossini, prima dell’unità d’Italia, in molti posti vigeva ancora la pena di morte, anche per reati da poco come il furto di argenteria. L’opera racconta quindi un fatto vero, anche se incredibile: una ragazza condannata a morte perché creduta ladra, in balia del terribile Podestà. Ci sarà un lieto fine, quando si scoprirà il nido della Gazza. L’ouverture dalla “Gazza Ladra” è famosissima, e Claudio Abbado sostiene che sarebbe perfetta come inno italiano (se solo avesse un titolo diverso...). Kubrick la usa in diversi momenti del film: all’inizio, dopo il pestaggio del barbone, nella scena dello stupro nel teatro (stupro che non avviene, la ragazza riesce a fuggire perché i suoi aggressori vengono distratti dall’arrivo di Alex e dei suoi: questi maschi preferiscono le scazzottate al sesso). “La Gazza Ladra” continua fino all’arrivo nella villa dello scrittore, dove si interrompe: la scena successiva dello stupro e della violenza è senza musica, fatta eccezione per Alex che canta “Singing in the rain”. Alla ripresa, c’è ancora Carlos con Purcell. Al minuto 31, “La Gazza Ladra” torna nella scena in cui Alex pesta i suoi che gli si stavano ribellando e li getta in acqua, e prosegue nella scena dell’irruzione in casa della donna dei gatti.

Ancora di Gioacchino Rossini è l’ouverture dal “Guglielmo Tell”. E’ un brano molto lungo, dura quasi un quarto d’ora; qui se ne ascoltano due estratti, il famoso “galoppo” e il solo di violoncello che precede il temporale. Si ascolta per la prima volta nella scena con le due ragazze a casa di Alex, minuto 24: ma è molto accelerata e caricaturale, come tutta la scena. Al minuto 44, nel penitenziario, brevemente il solo di violoncello. A 1h28’ ancora il violoncello per Alex respinto dai genitori, prima nell’appartamento poi sul ponte fino all’incontro col mendicante.

Edward Elgar (1857-1934) è uno dei grandi musicisti inglesi del Novecento. L’Inghilterra, dopo Purcell, non ha avuto grandissimi musicisti; hanno adottato Haendel, che di nascita era tedesco e che deve molto all’Italia, ma per avere dei grandi musicisti davvero inglesi abbiamo dovuto aspettare Elgar, Britten, Vaughan Williams...

Di Elgar Kubrick sceglie il brano più famoso, “Pomp and Circumstance”: marcia n.1 e marcia n.4. Al minuto 58, nel carcere, dopo il colloquio con il cappellano, e ancora a 1h05’, il dottor Brodskij e la visita al carcere del Ministro degli Interni. Elgar è di solito un compositore molto sobrio e misurato, enigmatico; ma questo brano è diverso dalla sua solita produzione, ed è diventato quasi un secondo inno nazionale. E’ usato con evidenti fini caricaturali, ed è curioso notare il profluvio di ritratti di Beethoven durante la visita del Ministro nella cella di Alex, proprio mentre scorre la musica (peraltro bellissima) di Elgar.

Al minuto 53, nella scena in cui Alex in carcere si immagina come centurione romano , ascoltiamo brevemente la Sheherazade di Nikolaj Rimskij-Korsakov (solo di violino) . Rimskij-Korsakov (1844-1908) è un compositore fondamentale nella storia della musica, maestro di orchestrazione di un’intera generazione di musicisti, da Stravinskij ad Ottorino Respighi.

Di Ludwig van Beethoven (1770-1827) tutto sommato ascoltiamo poco: quasi sempre c’è di mezzo Walter Carlos, e io direi che è una scelta voluta. Kubrick sceglie di non far ascoltare davvero Beethoven, anche perché sarebbe stato difficile rendere nel film l’idea originale del romanzo di Anthony Burgess (le opinioni di Burgess su questo film e sulla violenza in genere sono qui nell’archivio del blog). Carlos storpia la marcia turca (dal quarto movimento della Nona di Beethoven) per l’incontro con le ragazze al minuto 24, nel negozio di dischi: il testo di Schiller, in origine cantato da un tenore e qui reso inintelligibile, recita: “Froh, wie seine Sonnen fliegen durch des Himmels prächt’gen Plan; Laufet, Brüder, eure Bahn, Freudig, wie ein Held zum Siegen” (“Felici, così come volano i suoi Soli attraverso le magnifiche piane del Cielo: così, fratelli, seguite il vostro cammino, gioiosamente, come un eroe alla vittoria”).

In quello che segue, una parte dell’Ouverture dal Guglielmo Tell di Rossini corre a velocità caricaturale, così come le immagini, in una scena famosissima e molto divertente .

La Nona Sinfonia si sente bene, senza distorsioni o storpiature, solo quando Alex è a casa sua e mette una cassetta (dal minuto 18), che termina quando Alex esce dalla sua stanza, la mattina dopo. Prima, al bar, un soprano aveva cantato “Alle Menschen werden brüder”, “Che tutti gli uomini diventino fratelli” (inizio del quarto movimento della Nona Sinfonia) e Alex aveva pestato duramente il suo compagno che aveva detto “basta, ma che cos’è questa roba”.

Il campanello dello scrittore, nella scena in cui ritorna Alex prima del finale, suona le prime tre note dalla Quinta (che non è la Nona, attenzione!). A 1h53’, Beethoven ancora distorto, questa volta dall’amplificazione esagerata: la Nona usata contro Alex dallo scrittore. Prima dei titoli di coda ascoltiamo il finale della Nona Sinfonia, con il Coro, non distorto.

Ed è Walter Carlos, e non Beethoven, durante il filmato dei nazisti a 1h12’: una finezza di Kubrick, perché due minuti dopo Alex si ribella e grida: “E’ un delitto usare Ludwig van Beethoven a quel modo! Lui non ha mai fatto del male a nessuno!” Purtroppo, è storicamente vero che i nazisti usarono ripetutamente per i loro scopi la musica di Beethoven (il cantore della fratellanza), e anche di Anton Bruckner (l’uomo più mite del mondo). E’ una cosa tristissima, che purtroppo si ripete spesso – e i musicisti non possono più difendersi, così come non può difendersi Giuseppe Verdi dall’uso improprio che si fa oggi, in alcune sedi, del “Va pensiero” (oltretutto scandito e gridato e non cantato con dolcezza, un peccato gravissimo che grida vendetta dal Cielo).

“Singing in the rain”, scritta da Arthur Freed e Nacio Herb Brown, dal film di Stanley Donen (1952) è cantata da Gene Kelly nei titoli di coda, e da Malcolm Mc Dowell in due momenti del film: due momenti molto diversi, ma sempre nella casa dello scrittore.

Al minuto 52, in carcere, ascoltiamo un inno al Redentore.

Terry Tucker (Overture to the sun) ed Erika Eigen (I want to marry a lighthouse keeper) pubblicarono dei dischi nel 1969, dai quali sono tratti i due brani, ma di loro non sapevo niente e ho fatto una breve ricerca su internet. Suppongo che della Tucker sia la musica in stile medievale a 1:18 durante gli insulti ad Alex per vedere se la cura ha funzionato, però potrei sbagliarmi (e poi c’è anche la musica delle scene dei film che Alex è obbligato a vedere). Ho trovato su internet un sito dove il disco di Terry Tucker, un lp del 1969 intitolato “Sounds of Sunforest”, è valutato la bellezza di 140 dollari: per chi fosse interessato...

Invece la canzone della Eigen è chiaramente ascoltabile a 1:24, quando Alex torna a casa dopo la cura e trova un inquilino al suo posto. “I want to marry a lighthouse keeper” è una canzone piuttosto semplice (ne ho trovato il testo intero su internet) che parla di una ragazza che vuole sposare un guardiano del faro, e che dopo lo aiuterà a tenere la luce accesa. Una metafora molto chiara, e probabilmente anche un doppio senso da cogliere.

Alla lista della musica, per quanto mi riguarda, aggiungo la voce di Romolo Valli (la più bella voce del cinema italiano), che doppia il Ministro degli Interni e che purtroppo qui si sente poco, mentre in Barry Lyndon è il narratore nella versione italiana.


Ma, soprattutto, “Arancia Meccanica” è il trionfo della forma. Ogni volta che rivedo il film rimango colpito dalla sua simmetria, che immagino cercata e voluta. Non è una simmetria “generica”, ma rispecchia la forma sonata, come fu codificato da Haydn a metà del Settecento:

1)Esposizione: primo tema, nella tonalità principale. Ponte o transizione. Secondo tema, alla dominante o al relativo maggiore. Gruppo cadenzale conclusivo.

2)Parte centrale: sviluppo tematico di elaborazione del primo tema, talvolta del secondo.

3)Ripresa: ritorno del primo tema, nella tonalità principale. Ponte. Ripresa del secondo tema, nella tonalità principale. Gruppo cadenzale, pure nella tonalità principale.

4) Coda (facoltativa)

(da: Breve storia della musica, di Massimo Mila)

E’ abbastanza facile identificare i vari “temi”, nella storia di Alex: temi che verranno ripresi, con variazioni, nella seconda parte del film. In mezzo c’è qualcosa come un Adagio, o un Andante: il carcere e la cura. Le Sonate non hanno queste dimensioni, non durano due ore e passa, e per questo la simmetria può sfuggire; però va detto che sia Burgess che Kubrick erano appassionati di musica, e questa struttura non è certamente casuale.

Aggiungo che questo non è un film che rivedo volentieri. E’ un film violento, del quale si è discusso molto; però basta mettersi dalla parte delle vittime, assumere la visuale dello scrittore quando è a terra, e tutto prende un altro significato. Invece viene spontaneo assumere la visuale di Alex, e anche questa è una bella domanda sulla quale dovremmo meditare.





mercoledì 19 aprile 2023

La linea d'ombra

Ieri ho sfilato dal posticino in cui era stato sistemato almeno 10 anni fa, un cd acquistato in Irlanda e, scorrendo la lista dei brani essenzialmente di tradizione celtica, un titolo mi ha riportato a uno scritto di Giuliano che voglio qui riproporre. Giuliano trovò una relazione tra un passo tratto dall'  Evgenij Onegin di Pushkin, un passo de "La linea d'ombra di Conrad" e infine il testo della canzone che ieri ho ascoltato e che poi ho scoperto essere in realtà una poesia di Yeats, Down by the Salley Gardens.  

Ripropongo di seguito il post di Giuliano, pubblicato sul suo blog, Deladelmur



Ho conosciuto la voce d'altri desideri,

ho conosciuto la nuova tristezza;

per i primi non ho speranze,

e per le vecchie tristezze ho pietà.

O fantasie ! Dov'è la vostra dolcezza?

dov'è la giovinezza, ritmo eterno ?

è proprio vero che dunque, alla fine,

io sono appassito, e appassita è la sua corona?

E' vero, proprio vero,

che senza elegiache illusioni

è fuggita la primavera dei miei giorni

( cosa ch'io ripetevo finora scherzando ) ?

Ed è proprio vero ch'essa non ha ritorno?

Vero proprio che presto avrò trent'anni ?

...

Così è giunto il mezzodì, e debbo

confessarmi, lo vedo io stesso

...

e tu, ispirazione giovanile,

agita la mia immaginazione,

rianima il sonnecchiante cuore,

vieni più spesso al mio cantuccio,

non lasciar raffreddare l'anima del poeta,

fa' che essa non sia crudele, non si irretisca,

non si pietrifichi infine,

nell'incanto distruttore del mondo,

fra i gelidi superbi,

fra gli sciocchi brillanti,

...

fra i figli astuti, pusillanimi,

folli e male avvezzi,

tra i delinquenti e i ridicoli, noiosi,

ottusi e faccendieri giudici,

tra le civette baciapile,

tra i servi volenterosi,

tra le scene quotidiane alla moda,

i tradimenti rispettosi, garbati,

tra i verdetti gelidi

della crudele vanità,

tra la vuotaggine dispettosa

dei calcoli, dei pensieri e delle convenzioni,

in quel vortice, insomma,

dove con voi io nuoto adesso,

amici cari !

...

Beato chi è stato giovane da giovane

beato chi è maturato a tempo,

chi gradualmente il freddo della vita

ha saputo sopportare con gli anni;

chi non s'è abbandonato a sogni strani,

chi non s'è fatto estraneo al volgo mondano ...

(Pushkin, Evgenij Onegin, cap. 6-8,ed. Sansoni, traduzione di Ettore Lo Gatto)


Solo i giovani hanno di questi momenti. Non parlo dei giovanissimi. No. I giovanissimi, per essere esatti, non hanno momenti. E' il privilegio della prima gioventù di vivere in anticipo sui propri giorni, in tutta una bella continuità di speranze che non conosce pause né introspezioni. Uno chiude dietro di sè il piccolo cancello della mera fanciullezza ed entra in un giardino incantato. Là perfino le ombre splendono di promesse. Ogni svolta del sentiero ha una sua seduzione. E non perché sia una terra ignota. Si sa bene che tutta l'umanità ha percorso quella strada. Ma si è attratti dall'incanto dell'esperienza universale da cui ci si attende di trovare una sensazione singolare o personale: un po' di se stessi. Si va avanti, allegri e frementi, riconoscendo le orme di chi ci ha preceduto, accogliendo il bene ed il male insieme - le rose e le spine, come si dice - la variopinta sorte comune che offre tante possibilità a chi le merita o, forse, a chi ha fortuna. Sì. Uno va avanti. E il tempo pure va avanti, finché ci si scorge di fronte una linea d'ombra che ci avverte di dover lasciare alle spalle anche la regione della prima gioventù.

Questo è il periodo della vita che può portare i momenti ai quali ho accennato. Quali momenti? Momenti di tedio, di stanchezza, di scontento. Momenti d'irriflessione. Parlo di quei momenti nei quali i giovani sono propensi a commettere atti inconsulti, come sposarsi all'improvviso o rinunziare ad un'occupazione senza motivo. Questa non è la storia di un matrimonio. Non mi andò così male. Il mio atto, per quanto avventato, ebbe più il carattere di un divorzio, quasi di una diserzione. Senza una ragione plausibile per una persona di buon senso, piantai il mio lavoro - abbandonai il mio posto - lasciai il bastimento del quale non si sarebbe potuto dire altro di peggio che era un bastimento a vapore e che, perciò, non esigeva quella cieca fedeltà che... Ma è inutile voler giustificare quello che io stesso anche allora immaginai che fosse un po' un mio capriccio. (...)

(Joseph Conrad, inizio di “La linea d’ombra”)


Down by the Salley Gardens

(Words: W. B. Yeats, 1889. Tune: Maids of the Mourne Shore, Trad.)

It was down by the Sally Gardens, my love and I did meet.

She crossed the Sally Gardens with little snow-white feet.

She bid me take love easy, as the leaves grow on the tree,

But I was young and foolish, and with her did not agree.

In a field down by the river, my love and I did stand

And on my leaning shoulder, she laid her snow-white hand.

She bid me take life easy , as the grass grows on the weirs

But I was young and foolish, and now am full of tears.

Down by the Sally Gardens, my love and I did meet.

She crossed the Sally Gardens with little snow-white feet.

She bid me take love easy, as the leaves grow on the tree,

But I was young and foolish, and with her did not agree.

(edizione consigliata: innanzitutto Kathleen Ferrier, ( qui )e poi John Mac Cormack)  ( qui ) ( qui la traduzione )


Ascolto l'Eugenio Onieghin di Pushkin, nella versione messa in musica da Ciaikovskij, e non posso non rimanerne ancora colpito. Eppure non è la prima volta che ascolto quest'opera, dovrei essermi abituato; ma è un po' l'effetto che fa la Bohème di Puccini, che credi di sapere già tutto e magari anche di esserne stufo, e invece mi sorprende sempre e mi trovo ad essere commosso. Di che cosa parla l'Eugenio Onieghin? Del tempo che passa, e che non torna più; e delle diverse strade che la vita ci mette davanti. La scelta, il più delle volte, spetta a noi: ma non sempre sappiamo individuare la strada giusta.

Evgenij Onegin è un giovane ufficiale russo, di quelli dei primi dell'Ottocento. Di lui si innamora Tatiana, che è poco più che una bambina; lei gli scrive una lettera, ma lui non le risponde nemmeno, ha ben altro per la testa. Ma passa poco tempo e Tatiana è ormai una giovane donna; per lei Eugenio litiga col suo migliore amico, Lenski. I due si sfidano a duello, e Lenski muore. Nel finale, Tatiana è una donna sposata; ad un ricevimento, Eugenio la incontra dopo molto tempo e scopre di esserne perdutamente innamorato. Ma ormai è tardi.

Credo poi che siano in pochi a conoscere davvero “The shadow line” di Conrad: il titolo di questo libro è stato talmente copiato e inflazionato che ha finito per perdere significato, ed è un peccato gravissimo. “La linea d’ombra” e “The end of the tether”, tradotto spesso con “Al limite estremo”, sono i libri dove Conrad parla del primo lavoro, del primo comando di una nave (il mestiere di Conrad, capitano su una nave mercantile) , delle prime responsabilità. Alle volte ci sono ostacoli incomprensibili sul nostro cammino, non riusciamo a capacitarci di quello che succede, ed è facile sbagliare (come capita in “Lord Jim”) oppure rinunciare e accontentarsi di qualcos’altro.

E infine “Down by the Salley Gardens”, una melodia bellissima sui versi di Yeats, che racconta l’incontro di un giovane con una ragazza; un incontro che non avrà seguito e che lascerà un grande vuoto nel ricordo: ancora l’Eugenio Onieghin.

sabato 25 marzo 2023

Cartoline



1.

Ho perso la mia strada a Donoratico;
perdo del tutto anche il mio senso pratico,
vedo là il mare, penso a Cesenatico.
Ma in tutto questo non c'è nulla di drammatico:
ho solo acceso l'idiota automatico.




2.

Cercando rime tra le brume a Radicondoli
cercando versi e ritmi e non trovandoli
cercando invano ritrovare Radicondoli
per la diritta via che era smarrita
nel mezzo del cammin di nostra vita...







3.

Indeciso fra Maldive e Maldiventre
fra la Sardegna e il mare tropicale
fra la barriera corallina e il caldo mare
che dalla Corsica fin qua mi chiama,
io m'abbandono alla bonaccia reticente.







 

4.

Inerpicato per le vie di Andorra,
l'asino arranca ed io non è che corra.
Il sole tutto quanto intorno indora,
io la mia meta non la vedo ancora,
lungo è il percorso e non v'è chi mi soccorra.






5.

Nella mia stanza di Bogotà
misuro il tempo che se ne va,
e con il metro la profondità
che mi separa dall'eternità:
lo spazio tempo, la lunghezza e vastità.






 

6.

Un cuore freddo come la Siberia;
e nella mente come un vuoto d'aria
a rimarcare che le mie parole
sono svanite come neve al sole:
ed è una nuvola nera che par seria...



 

7.

Di bachi e di bruchi
di Nô e di Kabuki
io qui a Nagasaki
di api e di fuchi
di mele e di cachi
di enigmi e di voci
di cani mordaci
e tigri feroci
di donne senz'ombra
di amori passati
di vecchi valori
di vesti veloci
di sari e di sete
che sento frusciare -
ma è un'ombra, un tramonto,
io qui a Nagasaki...



I testi e i disegni sono di Giuliano Bovo 


sabato 17 dicembre 2022

qual foco a sfera, e qual ruscello a mare

 

Riporto di seguito uno scritto di Giuliano ( pubblicato tempo fa sul suo blog, "deladelmur")  dedicato a Claudio Monteverdi.





A scuola ho avuto un buon insegnante di lettere, ma i programmi delle scuole sono quello che sono, e lo sappiamo tutti. Ti fanno disamorare di Leopardi, per esempio; e tacciono del tutto su poeti straordinari. Per fortuna, dopo il diploma (perito chimico) non ho più avuto obblighi di esami o interrogazioni, ed ho potuto sfogarmi. Il mondo dell'opera, per esempio, mi ha portato a scoperto straordinarie: Lorenzo Da Ponte e i suoi libretti per Mozart, ma anche quello che Ranieri de' Calzabigi scrisse per Gluck.

Andando ancora più indietro nel tempo, Monteverdi. Nei madrigali di Monteverdi ho trovato Tasso e Petrarca, ma anche tanti altri dei quali ignoravo l'esistenza, come quell'Alessandro Striggio che scrisse per lui l'Orfeo. Ma, per esempio, e per citare un poeta che ben difficilmente troverete nei libri scolastici, cosa può dire un innamorato sotto il balcone dell'amata che lo ha abbandonato per un uomo ricco e potente ? Se è in un'opera di Monteverdi, questo:                       ( qui per l'ascolto )


E pure io torno qui, qual linea al centro,

qual foco a sfera, e qual ruscello al mare,

e se ben luce alcuna non appare

ah, so ben io che sta il mio sol qui dentro.

Caro tetto amoroso,

albergo di mia vita e del mio bene,

il passo e 'l cor ad inchinarti viene.

Apri, apri un balcon, Poppea,

col bel viso in cui son le sorti mie,

previeni, anima mia, precorri il die.

Sorgi, e disgombra homai

da questo ciel caligini e tenebre

con il beato aprir di tue palpebre.

Sogni, portate a volo

su l'ali vostre in dolce fantasia

questi sospir alla diletta mia.

(aria di Ottone, da L'incoronazione di Poppea ) (versi di Francesco Busenello )


Purtroppo, è ancora molto diffuso il vizio di affidare quest’aria a falsettisti più o meno intonati, rendendo così poco più che una curiosità questa musica meravigliosa. Si ascolta “l’uomo che canta con la voce da donna” e si perde del tutto il senso del discorso: si finisce per considerare tutta l’opera lirica come un’inutile bizzarria, per non dire altro. Ricordo invece bellissime esecuzioni di questa melodia ad opera di voci femminili (per esempio Bernadette Manca di Nissa, che la cantò alla Scala negli anni ’90), purtroppo introvabili. Il vero rimpianto, però, è Tito Schipa: che l’avrebbe cantata magnificamente, come nessun altro al mondo, con voce di tenore.


PS: i concetti esposti all’inizio, “qual foco a sfera, e qual ruscello al mare”, sono di origine matematica e alchemica. Monteverdi era figlio di un medico e farmacista, e nel ‘500 il confine tra alchimia, chimica, medicina e farmacia era ancora molto labile. Si tratta comunque di immagini rare e affascinanti, anche solo ad una semplice lettura: la ricchezza della poesia e della letteratura di quel tempo (si pensi all’Ippogrifo dell’Ariosto) oggi ci sembra strana ed esagerata, e io direi che succede perché il nostro immaginario, svilito prima dalla tv commerciale e poi dal 3D e dai videogames, è ormai ridotto a ben poca cosa.

Giuliano Bovo

domenica 27 novembre 2022

Un volto stanco

 

Riporto oggi il primo di quattro scritti di Giuliano su un noto film di Federico Fellini, "Roma". Rileggendolo su giulianocinema, ho trovato  delineato con cura  un dettaglio, mi riferisco all'espressione assunta dall'ingegnere che guida i lavori di scavo della metropolitana romana e che rivela il modo di essere e di sentire del capocantiere, un modo apprezzato da Giuliano.




Roma di Fellini ( I )

Roma (1972) Regia: Federico Fellini - Soggetto e sceneggiatura: Federico Fellini, Bernardino Zapponi - Fotografia: Giuseppe Rotunno. Musica: Nino Rota, diretta da Carlo Savina - Ideazione scenografica: Federico Fellini - Scenografia e costumi: Danilo Donati . Coreografia: Gino Landi - Affreschi e ritratti: Rinaldo Antonello, Giuliano Geleng . Con: Peter Gonzales (Fellini a 18 anni), Fiona Florence (Dolores), Marne Maitland (guida alle catacombe “underground guide”), Britta Barnes, Pia De Doses (la principessa), Renato Giovannoli (card. Ottaviani), Elisa Mainardi, Paule Rout, Paola Natale, Marcelle Ginette Bron, Mario Del Vago, Alfredo Adami, Stefano Mayore, Gudrun Mardou Khiess, Giovanni Serboli, Angela De Leo, Libero Frissi, Dante Cleri, Mimmo Poli, Galliano Sbarra (presentatore avanspettacolo), Alvaro Vitali (si esibisce al Teatro Jovinelli), Norma Giacchero, Federico Fellini. Sono stati intervistati: Marcello Mastroianni, Anna Magnani, Gore Vidal, John Francis Lane, Alberto Sordi. Durata: 119



La troupe che sta girando il film sta per scendere nel sottosuolo, negli scavi per la metropolitana che era allora in costruzione. A fare da guida c’è un uomo, che di solito viene presentato come “guida alle catacombe”, e che su Imdb è indicato come “underground guide”: a tutti gli effetti, lo si direbbe piuttosto un ingegnere capocantiere, e così lo chiamerò d’ora in avanti. D’altra parte, il suo rapporto con gli operai parla chiaro; e che sia lui a fare da guida alla troupe è più che naturale. L’ingegnere è piccolo di statura, vestito con eleganza ma poco appariscente, gentile e distaccato, competente e disponibile; si vede subito che gli operai lo trattano con rispetto e anche con affetto, ma il suo è un volto senza entusiasmo.

sabato 17 settembre 2022

Amorevoli rime

Diversi anni fa, Giuliano ha pubblicato alcune delle sue rime su Golem l'indispensabile, la rivista online ( adesso non più visibile in rete  ) fondata da Umberto Eco.  Ripropongo qui brevi composizioni apparse sulla rivista n.36, gennaio 2004. A me sembrano deliziose :-)










LIMERICK

Un sogno quieto che mi porta a Brescia;
trovo il mio amore che subito mi lascia,
dolce il sorriso il portamento dell'amica,
tra tulipani e mulini a vento, è storia antica:
che tutto è bello ma gira alla rovescia.




SILENZIO

Gli innamorati silenziosi tacciono
ad ogni istante col silenzio accrescono
del vivere il disagio e del conoscere.
Tacciono fragorosi
o ridono ma senza parere;
anch'io con loro taccio
ed in silenzio sorrido
ma sempre senza far rumore.




L'ALTRO

Tu vorresti ch'io fossi diverso
tu vorresti colui ch'io non sono;
mi sorprendo a sognarmi diverso
mi sorprendo a sognarmi un altr'uomo -
ma il me stesso che più ti sorprende
ciò che cerchi in me stesso è quest'uomo
che severo ti s'erge davanti
che sorride col bavero in mano
a nasconder se stesso a celarsi
ma soltanto per ben rivelarsi -
è me stesso che cerchi o un altr'uomo?




MIELE

Come ape industriosa
io ti posseggo
Nettare d'un bel fiore
aspiro annuso e assaggio
il nettare del mio amore.




Giuliano Bovo








domenica 21 agosto 2022

Major Tom to ground control


Giuliano, coautore di questo blog, ha pubblicato in "Deladelmur" scritti che mi mi piace  rileggere.  Ne ho trovato uno stamattina che vorrei condividere.

Per leggerlo un clic qui