Così, da anni e anni che abitavano in place des Vosges, il commissario aveva l'abitudine, d'estate, quando cominciava a salire la scala che dava sul cortile, di sciogliere la sua cravatta scura, cosa che gli dava il tempo di raggiungere il primo piano.
La scala dell'edificio che come tutti quelli della piazza era stato un tempo una pomposa palazzina, da quel momento cessava di innalzarsi con maestà (...), diventava stretta e ripida e Maigret, che ansimava un po', raggiungeva il secondo piano col colletto aperto.
Seguiva poi un corridoio male illuminato fino alla sua porta, la terza a sinistra e, quando introduceva la chiave nella serratura, la giacca sul braccio, lanciava un tradizionale: "Sono io!"
E annusava l'aria, indovinando dall'odore quello che c'era a colazione, entrava nella sala da pranzo, la cui finestra era spalancata sullo spettacolo abbagliante della piazza dove cantavano quattro fontane. (...)
Dalla finestra si seguivano macchinalmente gli andirivieni della gente nella piazza che al mattino era piuttosto deserta ma al pomeriggio si popolava di mamme e domestiche che si sedevano nelle panchine sorvegliando i giochi dei bambini.
da "L'innamorato della signora Maigret" di Georges Simenon, ed. Mondadori
A Place des Vosges lego il ricordo forse più bello che ho del mio breve soggiorno parigino di molti anni fa; vi capitai in una tranquilla mattinata estiva e, nel giardino recintato, al centro della piazza il cui perimetro è costituito da palazzi porticati, c'era una luce che rendeva tutto brillante, un fisarmonicista in uno degli angoli con bretellle e casquette, donne con carrozzine e bambini che giocavano.