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lunedì 1 maggio 2017

diavolo d'un cane

Sul cavallo di Brunilde può salire anche Faust. Tanti sono gli animali o gli elementi naturali menzionati nella tragedia, sin dalle prime battute. Nella II scena della I parte dell'opera, Mefistofele assume le sembianze di un cane che, il giorno di Pasqua, segue Faust. 


La notte  precedente Faust aveva attraversato un momento di profondo sconforto che lo aveva portato a desiderare la morte.  Pur avendo fama di dotto, pur essendo considerato un maestro,  aveva avvertito che, tutto sommato, il suo sapere era  inutile, insufficiente. 

(…) Come? Ancora qui io carcerato? / Cerchiato da questo cumulo di libri /che ti rodono i tarli, la polvere copre,/ che carte annerite circondano (…)

Già, quel che si chiama sapere. Ma chi /Si rischia a dire pane al pane?/ I pochi che ne hanno saputo qualcosa, /Che hanno dato corso, pazzi, alla piena dell’anima /E fatte palesi alle plebi le proprie passioni e i pensieri,/ Li hanno sempre messi in croce o sul rogo. (…)


Mentre sta per portare alla bocca un calice in cui aveva versato del veleno,  un suono di campane a festa gli ricorda l’infanzia, l’età dell’innocenza e lo trattiene dal compiere il gesto estremo. 

Nella serena atmosfera della domenica di Pasqua, Faust,  rinfrancato, esce e passeggia per le strade in compagnia del suo discepolo Wagner, ricevendo il saluto di chi lo incontra. Il dottore è considerato un sapiente, un uomo generoso ma Faust sente di non meritare niente.

Il dottore torna quindi nel suo studio seguito da un cane: è Mefistofele che subito si trasforma, sbarazzandosi  della forma provvisoria assunta.

giovedì 6 aprile 2017

La violetta

Il testo è di Goethe, la musica è di Mozart; composto nel 1785, tratto dal singspiel giovanile di Goethe "Erwin und Elmire". Mozart, probabilmente commosso dal testo o forse già pensando alla musica, aggiunse due versi alla poesia: "povera violetta, era una violetta dal gran cuore". Nell'ottobre dello stesso anno, andrà in scena "Le nozze di Figaro".
(notizie da "Mozart, il catalogo è questo" di Poggi e Vallora, ed. Einaudi)

Das Veilchen (La violetta), K 476
Lied in sol maggiore per soprano e pianoforte
Musica: Wolfgang Amadeus Mozart
Testo: Johann Wolfgang von Goethe
Vienna, 8 giugno 1785

Una violetta stava sul prato
il capo reclinato, ignota;
una così graziosa violetta!
Giunse una pastorella
con passo lieve ed anima serena, per la sua strada
e quindi, e quindi, è già nel prato, e canta.
«Ah, - pensa la violetta, - vorrei tanto
essere il fiore più bello della natura,
ah, anche solo per un istante,
fino a quando mi avrà colto il mio amore
e mi avrà stretto languida sul cuore!
Ah, soltanto, soltanto, per un breve quarto d'ora!»
Ma, ahimè, venne la pastorella
e non si cura della violetta,
calpesta l'infelice.
Essa moriva, rimanendo felice:
«...muoio dunque, ma è per lei che muoio,
ai piedi di lei!»

https://www.youtube.com/watch?v=a2grRV8T95M
un clic qui per l'ascolto


mercoledì 21 dicembre 2016

Una pulce gentile



Viviamo in un'epoca fortunata: non abbiamo frequentazioni con le pulci. Nei secoli passati, invece, le pulci erano compagnia quotidiana dei nostri avi. Compagnia non certo gradita, ma ci si poteva anche scherzare sopra: come fa Goethe nel Faust, che ci costruisce sopra una canzone da osteria. Volendo, si può ascoltare come l'ha messa in musica Héctor Berlioz (in francese, però)


Hector Berlioz, Méphistophélès's aria from La Damnation de Faust ( clic qui per l'ascolto )

Une puce gentille
Chez un prince logeait.
Comme sa propre fille,
Le brave homme l'aimait,
Et, l'histoire assure,
À son tailleur un jour
Lui fit prendre mesure
Pour un habit de cour.
L'insecte, plein de joie
Dès qu'il se vit paré
D'or, de velours, de soie,
Et de crois décoré.
Fit venir de province
Ses frères et ses sœurs
Qui, par ordre du prince,
Devinrent grands seigneurs.
Mais ce qui fut bien pire,
C'est que les gens de cour,
Sans en oser rien dire,
Se grattaient tout le jour.
Cruelle politique!
Ah! plaignons leur destin,
Et, dès qu'une nous pique,
Ecrasons-la soudain!

Ballata della pulce, dal Faust di Goethe
C'era una volta un re che aveva una gran pulce che egli amava non poco, come se fosse stata suo figlio. Chiamò il suo sarto e il sarto venne: « Misura i vestiti al signore, misuragli i calzoni!»
Venne vestita di velluto e di seta, ebbe nastri e decorazioni, fu persino ministro e portava una grande stella sul petto; allora i suoi fratelli e le sue sorelle diventarono importanti a corte; e dame e signori a corte vennero assai tormentati, la regina e le ancelle pizzicate e morsicate. Ma non era permesso di schiacciare la grande pulce e di cacciarla via grattandosi; noi però le schiacciamo e le affoghiamo subito, quando una ci pinza.

(traduzione di Giovanni Amoretti, dal Faust di Goethe, scena della cantina di Auerbach a Lipsia)

(il dipinto è di Giuseppe Maria Crespi; il disegno è di Ray Caesar)