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lunedì 25 febbraio 2019

Tiresia accecato da Giunone, riceve da Zeus in risarcimento il dono della preveggenza.

La prima a saggiare l'autenticità delle sue parole
fu l'azzurra Lirìope, che Cefiso un giorno aveva spinto
in un'ansa della sua corrente, imprigionato fra le onde
e violentato. Rimasta incinta, la bellissima ninfa
partorì un bambino che sin dalla nascita suscitava amore,
e lo chiamò Narciso. Interrogato se il piccolo avrebbe visto
i giorni lontani di una tarda vecchiaia, l'indovino
aveva risposto: "Se non conoscerà sé stesso".
A lungo la predizione sembrò priva di senso, ma poi l'esito
delle cose, il tipo di morte e la strana follia la confermarono.
Di un anno aveva ormai superato i quindici il figlio di Cefiso
e poteva sembrare tanto un fanciullo che un giovane:
più di un giovane, più di una fanciulla lo desiderava,
ma in quella tenera bellezza v'era una superbia così ingrata,
che nessun giovane, nessuna fanciulla mai lo toccò.
Mentre spaventava i cervi per spingerli dentro le reti,
lo vide quella ninfa canora, che non sa tacere se parli,
ma nemmeno sa parlare per prima: Eco che ripete i suoni.
Allora aveva un corpo, non era voce soltanto; ma come ora,
benché loquace, non diversamente usava la sua bocca,
non riuscendo a rimandare di molte parole che le ultime.
Questo si doveva a Giunone, perché tutte le volte che avrebbe
potuto sorprendere sui monti le ninfe stese in braccio a Giove,
quella astutamente la tratteneva con lunghi discorsi
per dar modo alle ninfe di fuggire. Quando la dea se ne accorse:
"Di questa lingua che mi ha ingannato", disse, "potrai disporre
solo in parte: ridottissimo sarà l'uso che tu potrai farne".
E coi fatti confermò le minacce: solo a fine di un discorso
Eco duplica i suoni ripetendo le parole che ha udito.
Ora, quando vide Narciso vagare in campagne fuori mano,
Eco se ne infiammò e ne seguì le orme di nascosto;
e quanto più lo segue, tanto più vicino alla fiamma si brucia,
come lo zolfo che, spalmato in cima ad una fiaccola,
in un attimo divampa se si accosta alla fiamma.
Oh quante volte avrebbe voluto affrontarlo con dolci parole
e rivolgergli tenere preghiere! Natura lo vieta,
non le permette di tentare; ma, e questo le è permesso, sta pronta
ad afferrare i suoni, per rimandargli le sue stesse parole.
Per caso il fanciullo, separatosi dai suoi fedeli compagni,
aveva urlato: "C'è qualcuno?" ed Eco: "Qualcuno" risponde.
Stupito, lui cerca con gli occhi in tutti i luoghi,
grida a gran voce: "Vieni!"; e lei chiama chi l'ha chiamata.
Intorno si guarda, ma non mostrandosi nessuno: "Perché", chiede,
"mi sfuggi?", e quante parole dice altrettante ne ottiene in risposta.
Insiste e, ingannato dal rimbalzare della voce:
"Qui riuniamoci!" esclama, ed Eco che a nessun invito
mai risponderebbe più volentieri: "Uniamoci!" ripete.
E decisa a far quel che dice, uscendo dal bosco, gli viene incontro
per gettargli, come sogna, le braccia al collo.
Lui fugge e fuggendo: "Togli queste mani, non abbracciarmi!"
grida. "Possa piuttosto morire che darmi a te!".
E lei nient'altro risponde che: "Darmi a te!".
Respinta, si nasconde Eco nei boschi, coprendosi di foglie
per la vergogna il volto, e da allora vive in antri sperduti.
Ma l'amore è confitto in lei e cresce col dolore del rifiuto:
un tormento incessante le estenua sino alla pietà il corpo,
la magrezza le raggrinza la pelle e tutti gli umori del corpo
si dissolvono nell'aria. Non restano che voce e ossa:
la voce esiste ancora; le ossa, dicono, si mutarono in pietre.
E da allora sta celata nei boschi, mai più è apparsa sui monti;
ma dovunque puoi sentirla: è il suono, che vive in lei.
Così di lei, così d'altre ninfe nate in mezzo alle onde o sui monti
s'era beffato Narciso, come prima d'una folla di giovani.
Finché una vittima del suo disprezzo non levò al cielo le mani:
"Che possa innamorarsi anche lui e non possedere chi ama!".
Così disse, e la dea di Ramnunte assentì a quella giusta preghiera.
C'era una fonte limpida, dalle acque argentee e trasparenti,
che mai pastori, caprette portate al pascolo sui monti
o altro bestiame avevano toccato, che nessun uccello, fiera
o ramo staccatosi da un albero aveva intorbidita.
Intorno c'era un prato, che la linfa vicina nutriva,
e un bosco che mai avrebbe permesso al sole di scaldare il luogo.
Qui il ragazzo, spossato dalle fatiche della caccia e dal caldo,
venne a sdraiarsi, attratto dalla bellezza del posto e dalla fonte,
ma, mentre cerca di calmare la sete, un'altra sete gli nasce:
rapito nel porsi a bere dall'immagine che vede riflessa,
s'innamora d'una chimera: corpo crede ciò che solo è ombra.

Ovidio, , Libro III

Pensierino. Impossibile innamorarsi di una eco (parola ambigua) e tanto meno di qualcosa molto simile a sé stessi.

martedì 3 settembre 2013

Giovanni Sollima e Caravaggio



11 gennaio - Sala Grande - Teatro Arena del Sole
Giovanni Sollima
Balletto Teatro di Torino Furno/Levaggi 
CARAVAGGIO
un balletto di Matteo Levaggi
musica originale Giovanni Sollima
spettacolo presentato in collaborazione con ATERDANZA




domenica 1 settembre 2013

La cappella in fondo alla chiesa è buia. Solo un turista straniero azzarda di mettere una moneta per vedere i due quadri del Caravaggio. Azzardo due foto che non rendono la bellezza giustizia a questi due capolavori, ma testimoniano solo la mia ammirazione. E' la prima visita che ho fatto appena arrivato a Roma e l'emozione è sempre intatta.
  


Non avevo mai visitato i Musei Capitolini. A Roma c'è sempre tanto da vedere e questi mi erano sfuggiti. Ci sono opere davvero strepitose e tra le altre La zingara di Caravaggio.
Un tour (anche) virtuale può solo dare un'idea delle tante belle cose da vedere ed assaporare. Un'inico neo il costo dell'ingresso davvero caro (12 €). Vedi qui per il tour.

Alla rinfusa: uno strepitoso (e sensuale) San Sebastiano di Guido Reni, un Giovanni Battista "giovane" di Caravaggio, una delicatissima Madonna col bambino di Garofalo, c'è solo l'imbarazzo della scelta tra il seno di Lucrezia e quello di Cleopatra dipinte (in modo delicatissimo) da Guido Reni, una drammatica Crocefissione di Gabriel Metsu ecc ecc
Mi ha impressionato poi la Statua di Marsia una scultura copia romana da originale greco del II secolo a.C.

Devo aver trascritto da qualche parte delle iscrizioni su lapidi. Forse le troverò...

venerdì 8 febbraio 2013

Tarocchi

Visita annuale alla Pinacoteca di Brera. L'occasione è stata la mostra sul mazzo di tarocchi Sola-Busca. Da chimico sui generis quale sono stato, mi ha sempre appassionato l'alchimia e l'esoterismo. I Tarocchi nascono in quell'ambiente lì e sono fonte inesauribile di simboli che si sovrappongono fino a far perdere le tracce del loro significato originario, ma , nel contempo, acquisendone altri diversi. Italo Calvino ci ha dato uno splendido esempio (anche se pedantemente letterario) di storie costruite sui tarocchi con il suo "Castello dei destini incrociati". Ma non è l'unico esempio di manipolazione della simbologia "tarocchesca".





Pensierino. Inutile dire che una scappata per guardare alcuni capolavori presenti nella Pinacoteca era inevitabile: innanzitutto La pietà di Giovanni Bellini ed il Cristo morto di Andrea Mantegna, poi La crocifissione di Carlo Crivelli e il Cristo alla colonna di Donato Bramante e infine La cena di Emmaus di Caravaggio. Brutalmente dimenticato il '900.













venerdì 17 febbraio 2012

La rosa ammalata


O Rose, thou art sick!
The invisible worm,
That flies in the night,
In the howling storm,
Has found out thy bed
Of crimson joy;
And his dark secret love
Does thy life destroy.

Rosa, tu sei malata,
quell'insetto invisibile
che la notte vola
nell'urlo della tempesta
ha scoperto il tuo letto
di gioia color porpora,
e il suo amore oscuro e segreto
la tua vita consuma e distrugge.

(William Blake, La rosa malata)


Pensierino. La Canestra di frutta di Caravaggio ha fatto discutere schiere di critici. La bellissima frutta veniva rappresentata non in una immagine irreale di eterna ed incontaminata bellezza, ma con i segni dell' "invisibile insetto" che la "vita consuma e distrugge". Nulla toglie alla bellezza, le dà solo un limite invalicabile.

Caravaggio, Canestra di fratta, Pinacoteca ambrosiana

mercoledì 28 dicembre 2011

Il Pio Monte della Misericordia di Napoli

Nella parte più antica di Napoli, in una vecchia strada trafficatissima e stretta tra due coltri di case, in Via dei Tribunali, 253 si può visitare una delle istituzioni più importanti di Napoli. Dal sito si può leggere come nasce questa leggenda. Oltre che occuparsi della salute più poveri (l'Ospedale degli incurabili e quello di Casamicciola a Ischia), si occupa anche di carcerati utilizzando solo personale laico (sia donne che uomini (e nel '600 le confraternite erano solo maschili). 
Potete oggi trovare qualcosa di simile in questa Italia disgraziata? Forse solo negli ambulatori di Emergency a Palermo e Bari e qualche oscuro prete nelle stazioni di Milano (Fratel Ettore) e Genova (Don Gallo).
Come nasce l’Istituzione? Sette giovani napoletani, appartenenti ad importanti famiglie nobili, si radunarono nel 1601 allo scopo di praticare le opere di carità; l’Istituzione, in principio, raccoglieva fondi da destinare a beneficio degli infermi ricoverati nell’Ospedale degli Incurabili. I fondatori, Astorgio Agnese, Giovan Battista d’Alessandro, Giovanni Andrea Gambacorta, Girolamo Lagnì, Giovan Battista Manso, Giovan Vincenzo Piscicelli e Cesare Sersale, decisero che a turno si nominava un Mensario, che aveva il compito di raccogliere fondi per la beneficenza, nell’arco di un mese.
Nel 1603 si compilarono le Regole del Monte (Capitolazione), approvate l’anno successivo con assenso del Re Filippo III e riconosciute dal Papa Paolo V nel 1605.
Dopo aver costruito la loro Chiesa e palazzo, fu fondato un Ospedale, ancora oggi esistente ad Ischia in località Casamicciola, ed un Oratorio alle carceri della Vicaria.
Fatto del tutto eccezionale per un’aggregazione di laici, anche le donne furono ammesse come benefattrici nel 1611.
L’Istituzione, a differenza di molte associazioni nate in quei tempi che soccombono o si trasformano, riesce a sopravvivere ad eruzioni, pestilenze, rivoluzioni e cambiamenti politici, arrivando in piena autonomia gestionale fino ad oggi.
Nel corso degli anni il Pio Monte della Misericordia ha accumulato, per donazioni e lasciti vari, un patrimonio (anche) artistico enorme: oltre ad un Caravaggio (Opere di misericordia) , si può ammirare un dipinto di Battistello Caracciolo (Liberazione di San Pietro) e altri quadri di Francesco de Mura, Ribera, Giordano ecc

Dal palco riservato al Mensario ed al Consiglio
davanti all'altare con il quadro di Caravaggio (mia foto)


Il mascherone "scacciademoni" davanti alla porta di ingresso
delle sale del Consiglio (Mia foto)


La piazzetta vista dalla pinacoteca (Mia foto)

lunedì 26 dicembre 2011

Bada, Narciso, caschi nel fiume


NARCISO

Ragazzo,
bada, caschi nel fiume!

Nel fondo c'è una rosa
e nella rosa un altro fiume.

Guarda quell'uccello! Guarda
quell'uccello giallo!

Mi sono caduti gli occhi
dentro l'acqua.

Dio mio!
Cadi! Ragazzo!

... e nella rosa ero io stesso.

Quando perí nell'acqua,
compresi. Però non spiego.

Federico Garcia Lorca


Pensierino (per spiegare). La conoscenza viene dopo l'esperienza.

lunedì 19 dicembre 2011

Girovagando per strada (Napoli esiste ? Terza parte)

Girare a piedi per Napoli è la cosa migliore, anche se non manca la metropolitana e un buon servizio di pullman (il biglietto UNICO giornaliero costa 3.20 € per tutti i mezzi, comprese le funicolari).
Scopri che Napoli è come New York. Cosa ti capita quando svolti dietro a Manhattan ? Ti trovi direttamente nel Bronx senza rendertene conto. Quando sulla centralissima Via Toledo ti allontani dalla Galleria Umberto I, dal San Carlo, dal Castel Nuovo e da Piazza Plebiscito e ti muovi verso Piazza Carità e svolti in un qualsiasi stradina sulla sinistra, ti trovi direttamente nei Quartieri spagnoli: le sfavillanti vetrine del centro si perdono in pochi metri nei tetri vicoli sovrastati da panni stesi a tutte le ore del giorno e della notte.
Quartieri spagnoli

Al n. 182 della stessa via trovi il Palazzo Zevallos con dentro (se non sei sfortunato come me) gli estremi autoritratti di Caravaggio (Davide con la testa di Golia e il Martirio di sant'Orsola), ma poco oltre, scendendo a destra per la Via Benedetto Croce, entri prima nella Piazza del Gesù, passi davanti al Monastero di Santa Chiara e poi ti tuffi di nuovo nel centro storico percorrendo la Via San Biagio dei librai che incrocia Via Duomo (San Gennaro) e prosegue con la Via Vicaria Vecchia che ti porta fin quasi dentro il Corso Umberto I ed alla Piazza Garibaldi.

Piazza del Gesù
[Per inciso è imbarazzante dover ammettere che la Galleria Umberto I è meglio tenuta della Galleria di Milano. Ma non è l'unico esempio: la Stazione Centrale di Napoli è curata e pulita al pari di tutte le fermate delle linee metropolitane, delle stazioni delle funicolari e dei mezzi pubblici ed ad un livello molto superiore a quello della capitale meneghina.]

Certo è che quando ci si infila nella Via San Biagio dei librai nelle ore di punta, non si deve soffrire di antropofobia e, vi assicuro, che percorrere queste vie è una esperienza divertente e rilassante a qualsiasi ora del giorno e della notte.
Ballo in Piazza San Bartolomeo



venerdì 9 dicembre 2011

In principio era il Verbo poi leggere divenne un vizio



Caravaggio, San Gerolamo
In principio fu il Verbo, dicono. La parola correva docile dal labbro all’orecchio senza tramiti e sensalie. ll
parlante - prete, sibilla, aedo, fool, favoleggiatore - s’imponeva all’uditorio con l’esuberanza dei suoni e dei gesti, con l’odore carnale della presenza. Dovunque il rito si celebrasse, in una radura o in una spelonca, durante una veglia di pastori erranti o attorno a un fuoco di bivacco guerriero, sempre fra l’uno e i molti, fra la voce e l’attenzione, si stringeva urfamicizia ch’era anche una connivenza e faceva le veci della felicita.
Vennero poi la Scrittura e la Lettura, speculari sorelle. Forse fu un male: la volta che, sotto forma di mela, fu introdotto nell’Eden l’abbecedario, una garanzia d’innocenza s’interruppe, la parola fu imprigionata in un segno l’esorcismo in presa diretta cessb. Quella notte Shahrazad fu decapitata...
Da allora il banditore non passò più fragoroso per le vie del villaggio, ma si ridusse a nascondere le sue notizie dietro la maschera d’un frontespizio. Fra le due solitudini - dell’autore che rumina e incide con stilo, penna d’oca, macchina da scrivere, nel segreto della sua stanza; e del san Girolamo lettore, curvo sulla polvere degli incunaboli, mentre alle sue ciabatte si strofina un vecchio leone - fra questi due silenzi una festa nefasta cominciò a celebrarsi, un velenoso ludibrio dell’immaginario.

Vogliamo dirla tutta? Nell’istante in cui l’appassionato di novità smise di ascoltarle in cordiale assernblea e si segregò a dilettarsene privatamente nel cerchio avaro di una lucerna, in quell’istante egli si condannò a patire le stesse equivoche estasi di chi ama non una donna di carne ma un pensiero di donna nella sua mente.
A questo punto leggere divenne un vizio.

Gesualdo Bufalino, da Cere perse, Leggere, vizio punito


venerdì 15 aprile 2011

Fulminati

Non c'è scatto nel cielo.
Solo il fulmine ha spigoli e fuoco.
Solo il fulmine viaggia nervoso.
Ma guarda ora - che pace -

A me pare di averlo percorso
tutto a volo - questo azzurro
che si dispiega pacato. Mi pare
un luogo che conosco. Che è stato
di me. E lo è ancora.
Se guardo - entra nella radice
da da bere al mio
alimenta il mio fuoco.

Mariangela Gualtieri, Bestia di gioia, Einaudi


Caravaggio, La conversione di San Paolo (particolare)

Pensierino. Si per cambiare bisogna essere fulminati e per un attimo si rimane accecati da tanta luce. Siamo abituati alle tenebre, malgrado molti insistano a definirsi "solari", la luce , quella interiore, la teniamo ben spenta, meglio non vedere. Ecco dunque la reazione a tanta luce, improvvisa e squarciante: ci si copre il volto, una smorfia si disegna sul nostro volto, 
siamo terrorizzati da quello che scopriamo.
Ma è una occasione da non perdere, forse non ce ne sarà un'altra.
Fuori dunque un grande urlo, liberatorio e poi apriamo gli occhi, piano, piano.
Non c'è altra via. 

martedì 15 febbraio 2011

Roma, come l'ho vista

Lo studio di Caravaggio (ricostruzione in base all'inventario)

Giardino di Villa Borghese

Trastevere

Sovrapposizioni

Portare la croce nella carne

Il riposo del gladiatore

Se hai fretta non ti fermare qui

Caravaggio moderno

Giordano Bruno impassibile

Pantheon con doppio buco

Un cortile semplice semplice

L'abbondanza della Natura

Dietro

Sopra

Una delle tante fontane

Pasquino mutilato (metafora dell'informazione oggi) 

Non bisogna mai aver paura dell'ignoto

Mi ci vorrebbe un angelo

Città reclusa ?




domenica 3 gennaio 2010

Carlo Crivelli e i suoi mondi fantastici. Una visita a Brera.

E' sempre bello tornare a Brera e visitare la sua Pinacoteca. L'occasione la mostra antologica su Carlo Crivelli  (Venezia, 1430/1435 – Ascoli Piceno, 1490/1495). Naturalmente come è possibile entrare a Brera e non guardare le sale con i dipinti più (e meno) importanti? Così ecco il giro:
L'Oratorio di Macchirolo XIV secolo (spostato qui e ricostruito a grandezza naturale con la sua mandorla al centro);
Poi le sale dei Fondi oro dal XII al XV secolo [da ammirare la Crocifissione di Gentile da Fabriano e Madonna con bambino di Ambrogio Lorenzetti];
Nella VI sala ci imbattiamo di colpo  nel Cristo morto e tre dolenti di Andrea Mantegna e nella Pietà di Giovanni Bellini.

Percorso tutto il corridoio si entra nella grande sala VII nella quale campeggia una enorme tela di Gentile e Giovanni Bellini con la Predica di San Marco ad Alessandria d'Egitto un dipinto dove la fantasia dei pittori si esprime in tanti piccoli particolari inventando architetture, costumi ed animali.
Poi passando nelle altre sale troviamo di TIZIANO vercellio un San Gerolamo penitente, un drammatico Ritrovamento del corpo di San Marco del Tintoretto, un San Sebastiano di Vincenzo Foppa, un Crocifisso con i santi di Giovanni Bernardino e Giovanni Stefano Scotti [i due ladroni crocifissi attirano immediatamente l'attenzione con le loro smorfie di dolore].
Si entra nel lungo corridoio X dedicato all'arte moderna e qui si possono ammirare: una bellissima Rissa in galleria di Umberto Boccioni, un Bue squartato e Fiori secchi di Mario Mafai,  le scolture di Marino Marini, una Testa di toro di Picasso, i paesaggi urbani di Mario Sironi [impressionante il Paesaggio urbano con viandante].
Usciti da questa sezione non ci rimane che riprendere il cammino nelle sale arrivando alla strepitosa sala XXIV con la Pala Montefeltro di Piero della Francesca, Lo Sposalizio della Vergine di Raffaello Sanzio (appena restaurato) e il bellissimo Cristo alla colonna di Donato Bramante. Una sala dove rimanere in silenzio per lunghi attimi a contemplare la bellezza pura.
Le altre sale sembrano perdere di valore dopo aver sostato nella XXIV. Ma c'è un ultimo (forse nemmeno...) colpo di coda con l'arrivo nella sala XXIX e dietro alla parte si scopre La cena di Emmaus di Caravaggio. Ho già parlato di questo quadro, ma non resisto a descriverlo un'altra volta. Si tratta dell'episodio raccontato dai Vangeli
35 Essi poi riferirono ciò che era accaduto lungo la via e come l'avevano riconosciuto nello spezzare il pane. 36 Mentre essi parlavano di queste cose, Gesù in persona apparve in mezzo a loro e disse: "Pace a voi!". 37 Stupiti e spaventati credevano di vedere un fantasma. 38 Ma egli disse: "Perché siete turbati, e perché sorgono dubbi nel vostro cuore? 39 Guardate le mie mani e i miei piedi: sono proprio io! Toccatemi e guardate; un fantasma non ha carne e ossa come vedete che io ho". 40 Dicendo questo, mostrò loro le mani e i piedi. 41 Ma poiché per la grande gioia ancora non credevano ed erano stupefatti, disse: "Avete qui qualche cosa da mangiare?". 42 Gli offrirono una porzione di pesce arrostito; 43 egli lo prese e lo mangiò davanti a loro. 44 Poi disse: "Sono queste le parole che vi dicevo quando ero ancora con voi: bisogna che si compiano tutte le cose scritte su di me nella Legge di Mosè, nei Profeti e nei Salmi". 45 Allora aprì loro la mente all'intelligenza delle Scritture e disse: 46 "Così sta scritto: il Cristo dovrà patire e risuscitare dai morti il terzo giorno 47 e nel suo nome saranno predicati a tutte le genti la conversione e il perdono dei peccati, cominciando da Gerusalemme. 48 Di questo voi siete testimoni.
Si conosce un solo nome dei due discepoli: si chiama Cleopa, l'altro rimane sconosciuto nel passo di Luca ( 24,35-48) che ho riportato.
Gesù deve dare la prova di essere il risorto ai discepoli increduli, apre loro la mente e si rivela. Questo è esattamente il momento rappresentato da Caravaggio.

Cleopa si aggrappa al tavolo protendendosi verso il Cristo, l'altro discepolo (nell'ombra) solleva una mano dallo stupore. Ma sono le altre due figure quelle che segnano il quadro e lo completano: l'oste che guarda, sente ma non capisce (la rivelazione non è per lui?), la cameriera che non guarda forse non sente nemmeno, sembra persa in sé stessa nella sua sofferenza (o malattia), il suo volto pallido è vecchio, tirato, non partecipa in nessun modo alla scena, ma questo suo apparente isolamento la pone come alternativa al volto illuminato del Cristo, una alternativa di una umanità chiusa nella sua fatica di vivere.
Chi guarda è posto in questo varco tra i due discepoli e può ugualmente scegliere il suo sentimento di fronte a questa rivelazione: partecipare emotivamente alla scoperta, guardare e non capire, non guardare e rimanere prigioniero nella propria sofferenza.
Si guadagna l'uscita ammirando ancora qualche capolavoro: una Crocifissione di Giuseppe Maria Crespi in cui un Cristo alla croce si staglia in un cielo plumbeo, è il momento della morte; il Portarolo seduto con cesta, uova e pollame di Giacomo Ceruti; il Bacio di Francesco Hayez (per la gioia dei Baci Perugina); un meraviglioso Il carro rosso di Giovanni Fattori ed il delicatissimo Fanciulla nella stanza di Gerolamo Induno.  Naturalmente un grande Quarto stato di Pelizza da Volpedo poi campeggia nell'ultima sala, ma è solo un attimo.
E Carlo Crivelli ? A lui sono dedicate alcune sale che riproducono grandi pale d'altare o quadri e la mostra è completata dalla presentazione di decorazioni di tappeti anatolici coevi per sottolineare la ricerca delle decorazioni finissime fatta dal Crivelli.











lunedì 21 settembre 2009

L'illuminazione

Prima dell'Illuminazione
Taglia la legna e porta l'acqua;
Dopo l'Illuminazione
Taglia la legna e porta l'acqua.

Pensierino. La vita non cambia prima e dopo l'Illuminazione.



Caravaggio. La conversione di San Paolo

mercoledì 21 gennaio 2009

La cena di Emmaus esplorata da francesca2

Mi è difficile parlare di un quadro come quello, ma provo a raccontare un paio di considerazioni che ho fatto
per prima mi sento di consigliarvi di andare a vederlo da soli, con una seggiolina pieghevole sull'ora di pranzo, sedetevi davanti e guardate senza pensare.Lentamente questo quadro vi, scusate devo dire in un altro modo....lentamente questo quadro ha preso i miei pensieri e i miei sensi, ho cominciato a guardarlo dall'alto, dalla cameriera anziana,il viso segnato, porta in tavola un piatto con della carne (sembra), le pennellate sono quasi trasparenti, come qualcosa da rifinire, poi l'oste, il suo sguardo, la sua posizione, non è un uomo che venera gesù, lo ascolta con il grosso braccio appoggiato su un fianco come qualsiasi oste ascolta un cliente un po' particolare,in basso a destra un uomo sembra sul punto di cominciare a discutere animatamente su qualcosa, si tiene al tavolo e spinge il viso in avanti, in lui c'è tutta la disposizione all'ascolto o forse alla critica, di un altro a sinistra si vede il mantello e si distinguono nel buio i capelli e poi c'è gesu, un viso dolorosamente triste, parla ma è come se fosse solo, forse a guardare bene le labbra si potrebbe leggere un sorriso ma il viso nell'ombra è malinconico, sul tavolo spoglio del pane, un bicchiere che si intravvede appena, tutto in questa tela è dolorosamente vivo, non c'è nessun cedimento alla rappresentazione cristiana, all'abbellimento, spariti anche il cesto di frutta del primo, le immagini ridotte a tracce ma incredibilmente vive, vere, quelle persone sono vere, quello che provano non passa attraverso i filtri della religione o di un credente, forse passa attraverso la vita che stava facendo caravaggio, e se provo a immaginare come venivano accolti i suoi quadri immagino la rabbia, il senso di solitudine,di incomprensione e assieme di fierezza, guardatevi attorno, tutti i quadri nella stessa sala sono morti, sono decorazioni, sono persone pallide con le guancine con il belletto rosa e i vestiti puliti, sono zombie, il suo quadro rappresenta persone vive, la cameriera con la sua stanchezza e il viso segnato, troppo vecchia per quel lavoro...io sentivo un nodo di pianto che saliva, ho sempre pensato che un artista non puo dipingere cose lontane da se, dalla sua vita, ci si rappresenta e lui lo fa in un modo violento, rabbioso, fiero, solitario
ho sempre detestato chi mi descrive i quadri, so vedere da sola, guglielmo tu mi chiedi un commento e io che dipingo posso fare solo questo, raccontare i miei pensieri nella mezzora che ho trascorso seduta davanti a quella tela, non ho voluto vedere nientaltro, sono uscita felice e appagata
e ci torno in febbraio con la mia seggiolina a guardare il precedente
francesca2( la parola da scrivere per pubblicare è inesper, come si fa a non ridere???)

martedì 20 gennaio 2009

La cena di Emmaus

Per tutti quelli che non potranno andare a vedere la Cena di Emmaus di Caravaggio nelle due versioni del 1600 (quella della National Gallery, London) e 1606 (quella di Brera) in mostra a Brera, offro una mini galleria. In un vecchio post mi sono lanciato in una descrizione di questa tela scopiazzando informazioni dal saggio di Longhi sul Caravaggio, a chi interessa può cercare più sotto (se proprio non vuole comprarsi il magnifico saggio di Roberto Longhi).


Tiziano


Rembrandt


Bassano


Caravaggio (Brera)


Caravaggio (National Gallery, London)

Commento. Aspetto quello di Francesca2

I venti di Mario Vargas Llosa

 Il protagonista di questo libretto di Vargas Llosa si reca una mattina con l'amico Osorio ad una manifestazione contro la chiusura di u...