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sabato 3 gennaio 2009

Paul Auster, L'invenzione della solitudine

Leggendo di Paul Auster "L'invenzione della solitudine" ho letto -Comprendo che è impossibile entrare nella solitudine altrui. Seppene possiamo arrivare a conoscere molto parzialmente un altro essere umano, questo vale solo entro i limiti da lui stesso imposti. Un uomo dice :ho freddo. Oppure non dice niente, ma lo vediamo rabbrividire. In entrambi i casi, appuriamo che ha freddo. Ma quando un uomo non dice niente e non rabbrividisce? Dove tutto è refrattario, dove tutto è arcigno ed evasivo, non si può far altro che osservare. Quanto poi si riesca a dedurre dall'osservazione, è tutt'altro discorso.-

Mi è venuto alla mente che qualcuno di recente mi ha rimproverato di avere quei tratti "arcigni ed evasivi" che Auster "riconosce" in suo padre. Non nego che questa impressione ci sia sul mio volto, ma forse guardando meglio si potrebbe vedere anche un leggero brivido di freddo. Mi sbaglio?

I venti di Mario Vargas Llosa

 Il protagonista di questo libretto di Vargas Llosa si reca una mattina con l'amico Osorio ad una manifestazione contro la chiusura di u...