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giovedì 13 settembre 2018

Morire di qoheletite

Guido Ceronetti
Morire di qoheletite (o ecclesiale) inveterata, cronica, farei voto, non so, è possibile?. Questo vitale linguaggio di frantumi era una ben acre tentazione per un disintegrato scriba contemporaneo, vittima non rassegnata vittima scontenta di un linguaggio parlato scritto che senza aver vita uccide come un vivo, di un linguaggio che fa tutto , che è "tutto quel che si fa sotto il sole", che è domoniacamente il motore di tutto il male possibile. Se devo pensare un innanzitutto, io credo di aver sentito il richiamo della Scrittura (queste cose sono sempre piuttosto oscure), della Scrittura del canone ebraico, essenzialmente come linguaggio, e proprio perché linguaggio a pezzi e bocconi, tanto più tale quanto più contenga di Presenza di Dio.
...
Se tirassi una memoria accademica, da quel che sto per dire, sarei alla porta, tra i sorrisi dei cattedratici, ma alle porte della scienza non vado a scampanellare, io batto marciapiedi straccioni delle profonde, dimenticate città dell'anima.

(Dalla pre e post fazione di Qohélet o l'Ecclesiaste , Versione e note di Guido Ceronetti, 1988, Einaudi)

venerdì 5 maggio 2017

L'anima parla per enigmi

"Coloro che trascorrono insieme tutta la vita... non saprebbero neppure cosa vogliono ottenere l'uno dall'altro. Nessuno potrà credere che si tratti del contratto dei piaceri amorosi... l'anima di entrambi vuole qualcos'altro che non è capace di esprimere; di ciò che vuole... essa ha una divinazione, e parla per enigmi".
 (Dal Simposio di Platone citato da Giorgio Colli, La nascita della filosofia, Adelchi, prima edizione 1975).

Pensierino. Non c'è nulla da fare. Non c'è rimedio. Un'area molto vasta di noi stessi è preclusa alla conoscenza degli altri. E' un grande mare nel quale noi stessi navighiamo senza bussola. Ogni tanto vediamo di lontano una piccola luce che crediamo subito essere un faro, ma ben presto, avvicinandoci, scopriamo essere tutt'altro, una illusione, un riflesso, un abbaglio. 
Forse è per questo che c'è qualcosa di inconoscibile per gli altri in noi stessi, perché è spesso sconosciuto anche a noi.
Siamo dunque avvolti nel mistero ?


mercoledì 1 febbraio 2017

Quando siamo in esilio

Quando siamo in esilio

Quando siamo in esilio, o abbiamo cambiato casa, o siamo stati sradicati dalla nostra patria, non si modifica solo il tempo interiore, il tempo vissuto, ma anche lo spazio vissuto: il modo di vivere e di sentire lo spazio. Nel paese straniero, ma anche nella nuova casa, il linguaggio delle cose, il linguaggio del paesaggio, si trasformano profondamente. Quelle terre, e quegli orizzonti, che hanno dato un senso ai viaggi e alle vacanze, si fanno estranei ed insignificanti quando abbiano ad essere luoghi di esilio. Spazio e tempo, drasticamente mutati nella loro forma e nelle loro risonanze emozionali, si fanno categorie inquietanti e stranianti: portatrici di solitudine e di silenzio. Il mondo, in cui si è esiliati, o sradicati, è contrassegnato dalla estraneità e dalla inconoscibilità. Non ci riconosciamo più in questo tempo e in questo spazio, in questo silenzio e in questo paesaggio, in questi ghiacciai dell'anima e in questo fiammeggiare dell'angoscia, in queste cifre nascoste e illeggibili di una realtà che è divenuta così estranea; e la perdita della patria, ma anche la perdita della  casa in cui si abitava con la sua storia e le sue memorie, si accompagnano a inquietudini e a smarrimenti che lasciano ferite non sempre rimarginabili.

Eugenio Borgna, Il tempo e la vita, Feltrinelli, 2015, p. 76

Pensierino. Da tempo ho scelto di essere uno "sradicato" e le ferite continuano a sanguinare.



venerdì 30 novembre 2012

Cataratta, roba per vecchi


Eh si, la cataratta è roba per vecchi. C'è da preoccuparsi ? Se non per la vista (rimangono pur sempre altri 4 sensi) c'è incombente il detto popolare (tipico della nostra cultura cattolica) che "l'occhio è specchio dell'anima" e se lo specchio è appannato che succede all'anima ?
Meglio correre ai ripari e dedicare molto meno tempo a maltrattare gli occhi che sennò l'anima si offende...

lunedì 9 luglio 2012

Post scriptum

Goya, Incubi
Gradirei sapere
cosa sogna chi non sogna,
e rendere meno amara
la vita che deve venire...

Gradirei sentire
com'è l'anima che vive
senza all'anima sorridere...
Io sognai e niente ottenni.
Sognerò senza riuscirvi.

...

(Fernando Pessoa, Il mondo che non vedo, Bur)


Pensierino. Gli antichi avevano paura del sonno: era preannuncio dello stato di morte. Non solo non volevano sognare, ma non volevano neppure dormire, si mettevano in letti corti, con tanti cuscini per stare seduti a letto e non abbandonarsi a Morfeo.
Quando leggo "Gradirei sentire com'è..." penso ad una persona precisa, la vedo che soffre del suo stato di infermità, non sorride mai alla sua anima. Quando rimane sola, si lamenta, come se fosse insopportabile stare con se stessa. Non vorrei mai arrivare in quello stato, vorrei "sognare senza riuscirvi", ma sognare.  

martedì 8 febbraio 2011

La solitudine dell'anima


"Non lasciarti imprigionare da nessun affetto. Preserva la tua solitudine. Il giorno, se mai verrà, in cui ti fosse dato un vero affetto, non ci sarebbe opposizione fra la solitudine intima e l'amicizia; anzi tu potrai riconoscerla proprio a quel segno infallibile. Gli altri affetti debbono essere severamente disciplinati".
Simone Weil, L'ombra e la grazia, Rusconi

(Citazione trovata però su Eugenio Borgna, La solitudine dell'anima, Feltrinelli)


giovedì 26 marzo 2009

Via Zen


Lo Zen è la derivazione giapponese del Buddhismo Chan, che è la rielaborazione cinese della dottrina indiana dell’illuminazione.

Non si può parlare in modo specifico di religione, filosofia o disciplina mistica, poiché non ha niente a che fare con dogmi, sistemi o contatti con qualche divinità; è una conoscenza intuitiva dell’assoluto che non può essere insegnata per mezzo di libri o discorsi. “Se si ha lo Zen nella propria vita, non si ha più nessuna paura, nessun dubbio, nessun desiderio superfluo, nessuna emozione estrema. Non si è turbati né da atteggiamenti ingenerosi né da azioni egoistiche. Si serve l’umanità umilmente, attuando con misericordia la propria presenza in questo mondo e osservando la propria fine come un petalo che cada da un fiore. Sereni, si gode la vita in beata tranquillità” (101 storie Zen a cura di Nyogen Senzaki e Paul Reps ed. Adelphi , Milano 1973).

Commento. Mi è sempre sembrata lontanissima l'esperienza Zen dalla nostra vita occidentale (europea). Il percorso lungo e complesso dalla primitiva dottrina indiana molto spiritualista, all' "adattamento" del Buddhismo prima alla cultura cinese (più pragmatica) e infine a quella giapponese, credo non abbia un corrispettivo in occidente. Naturalmente mi sbaglio, ma , come dire, il mio non è un punto di vista "scolastico" o da studioso della materia, ma semplicemente da "ravanatore" dell'anima.
Mi colpisce questa ricerca dell'allontanamento dall'Io (dimenticare il sé) che è la premessa alla via spirituale. Parte dal concetto che il centro è vuoto. Di conseguenza (per estensione) anche il mondo è vuoto e non esiste dualismo (mondo-dio, materia-spirito, bene-male) e per questa strada si raggiunge la terza méta che è l'Illuminazione. L'Illuminazione si raggiunge lasciando alla spalle la ragione, le parole perdono valore ed è il risultato di una intuizione involontaria ed inaspettata.
"Per ottenere il satori non occorrono né ragione né volontà: dicono sia come quando, smettendo di pensarci, affiora alla mente qualcosa che avevamo dimenticato ed improvvisamente riusciamo a ricordare".
Guardo la mia foto della lanca del Ticino e mi immergo nella natura (ho già usato due pronomi personali, mannaggia com'è difficile 'sto Zen!), spero di sparire, qui.

domenica 8 marzo 2009

Ci sono parole che non si dicono

Ci sono parole che non si dicono. Non le vogliamo proprio dire. Forse ci spaventa persino pensarle. E allora cerchiamo un sotterfugio per mentirci e non essere scoperti. L'anima è nuda di fronte a se stessi (ci ricorda sempre Emily). Ma solo se si ha il coraggio di guardare. Altrimenti porta improbabili montoni con grandi colbacchi ed ai piedi pesanti stivali di pelle.
Non parliamo poi quando c'è di mezzo l'amore o più semplicemente l'amicizia. Allora scattano meccanismi ancora più complessi. Non si deve urtare o offendere l'amico o l'amante. Non si deve mentire e quello che si dice deve essere vero o almeno spesso ci accontentiamo del verosimile. Allora si cambia bersaglio, si concentra l'attenzione propria e dell'interlocutore su qualcos'altro, maledettamente vicino alla realtà, ma spostato di quel tanto che basta per non far individuare il vero bersaglio. La fiducia dell'interlocutore fa il resto e si continua a parlare di qualcosa che non esiste.
Si pensa così di salvare amore o amicizia ed invece si incrinano irrimediabilmente.

martedì 17 febbraio 2009

Superba, la notte


La cosa più superba è la notte
quando cadono gli ultimi spaventi
e l'anima si getta all'avventura.

(Alda Merini)

martedì 14 ottobre 2008

Emily Dickinson e tre traduttori

1695

There is a solitude of space
A solitude of sea
A solitude of Death, but these
Society shall be
Compared with that profounder site
That polar privacy
A soul admitted to itself -
(L'ultimo verso non c'è nei manoscritti originali. Sembra sia una aggiunta editoriale.)


Ha una sua solitudine lo spazio,
solitudine il mare
e solitudine la morte – eppure
tutte queste son folla
in confronto a quel punto più profondo,
segretezza polare
che è un’anima al cospetto di se stessa –
infinità finita.

(traduzione di Marisa Bulgheroni, Meridiani)


C'è una solitudine di spazio,
una solitudine di mare,
una di morte, ma
faranno lega tutte quante
a paragone con quell'estremo punto,
quella polare ritrosia
di un'anima ammessa a se stessa.
Finita infinità

(traduzione di Mario Luzi, Meridiani)


C’è una solitudine nello spazio
Una solitudine nel mare
Una solitudine nella morte
Luoghi affollati
come le nostre
gelate profondità

(traduzione di Fra', post a questo blog del 14_10_08)

Commento. Inutile dire che la traduzione della poesia è di per sé cosa ardua. Forse aiuta essere poeti. O almeno chi traduce è tentato di ritrovare quella musicalità delle parole che era nelle intenzioni del poeta da tradurre. Gli esiti sono a volte esaltanti...

giovedì 25 settembre 2008

Jolanda Insana, Solo con il pensiero

solo con il pensiero potrebbe disporre lenticchie
nel piatto con l'acqua
e riporle nel chiuso dell'armadio
perché germoglino senza verde
e sarò io per il giovedì santo di questa Pasqua
a fare sepolcro di esili pallidi steli
e apparecchiare il suo altare

venerdì 15 agosto 2008

Odi e ami, Teognide (VI-V secolo a.c.)

Il mio cuore è in difficoltà per il tuo amore:
infatti non ho la forza di odiare nè di amare,
pur sapendo che è difficile odiare,
quando un uomo ha una persona cara,
è difficile anche amare chi non vuole (essere amato).

lunedì 11 agosto 2008

Sto na favola o quasi...


Sto na favola,
peccato che la favola sia finita.
Come in ogni favola c'era un uomo cattivo:
falso, egocentrico ed un po' vigliacco.
La mia vita così libera e gioiosa
era diventata un inferno.
Ma, come ogni favola che si rispetti,
è finita bene, ed ora...
Sto na favola.

sabato 9 agosto 2008

L’ombra dell’anima mia di Garcia Lorca

L’ombra dell’anima mia
fugge in un tramonto di alfabeti,
nebbia di libri
e di parole.

L’ombra dell’anima mia!

Sono giunto alla linea dove cessa
la nostalgia
e la goccia di pianto si trasforma
alabastro di spirito.

(L’ombra dell’anima mia!)

Il fiocco del dolore
finisce,
ma resta la ragione e la sostanza
del mio vecchio mezzogiorno di labbra
del mio vecchio mezzogiorno
di sguardi.

Un torbido labirinto
di stelle affumicate
imprigiona le mie illusioni
quasi appassite.

L’ombra dell’anima mia!

E un’allucinazione
munge gli sguardi.
Vedo la parola amore
sgretolarsi.

Mio usignolo!
Usignolo!
Canti ancora?


Madrid, dicembre 1919.


PS (mio)

Si canto, al vento
così gli alfabeti si diradano oltre il tramonto
per raggiungere senza parole l'ora più profonda della notte

Buscate, Ago 2008

mercoledì 16 luglio 2008

Confuso

Mi dicono che sono confuso e meno creativo di prima (c'è sempre un prima che chissà come mai è migliore...). Non stento a crederlo e non cerco scuse aggrappandomi agli effetti della stagione torrida che avanza o ad una presunta stanchezza. D'altra parte non sono forse un amante del caldo e già andato in ferie per rilassarmi e riposare? Eppure tornato sembro peggio di prima...
No la confusione c'è e mi sta bene anche perché è uno stadio benigno della pazzia... Permette di fare stravaganze, di dimenticare le cose importanti per attardarsi sulle irrilevanti, nessuno contesterà al confuso l'incoerenza, l'inaffidabilità, la trascuratezza...
Posso non ricordare momenti bellissimi senza soffrirne la mancanza, posso confondere amicizia ed amore senza turbarmi, posso non credere alle parole che mi dicono e che dico senza trovare rimorso, posso ridere della nostalgia e della poesia, posso...
Sono confuso: posso...

martedì 15 luglio 2008

Tēle ovvero lontano, Trattato sulla lontananza

Leggo sul Trattato della lontananza di Antonio Prete (Bollati Boringhieri ed.) che "tēle" significa in greco "lontano" e così i nostri tre paradigmatici strumenti moderni (televisione, telefono - con la sua variante telefonino- e telecomunicazione -cioè per semplificare internet-) hanno in sé il tarlo della lontananza. E con un paradosso: malgrado siano strumenti moderni che vorrebbero annullare le distanze e permettere una maggiore comunicazione tra le persone, non risolvono i problemi della lontananza che evidentemente ha meccanismi di difesa assai affilati. Così gli effetti negativi della lontananza che sono (per citarne solo alcuni) la solitudine, la sensazione di abbandono, la nostalgia, rimangono inalterati e dispiegano tutti i loro dolorosi esiti.

mercoledì 9 luglio 2008

Aforismi di Arthur Schopenhauer

Vita e sogni sono fogli di uno stesso libro: leggerli in ordine è vivere, sfogliarli a caso è sognare.

La vita di ciascuno trascorre tutta tra il volere e l'ottenere. Il desiderio per sua natura è dolore, la soddisfazione genera ben presto saturazione: la meta era solo apparente. Il possesso toglie ogni interesse: il desiderio, il bisogno ricompare sotto nuova forma; dove non succede, subentrano lo squallore, il vuoto, la noia, che da combattere sono altrettanto tormentosi come il bisogno.

L'amore autentico è sempre compassione; e ogni amore che non sia compassione è egoismo.

Noi sentiamo il dolore, ma non l'assenza del dolore; sentiamo la preoccupazione, ma non l'assenza della preoccupazione; la paura, ma non la sicurezza. Sentiamo il desiderio, così come la fame e la sete; ma non appena è soddisfatto, succede come per il boccone che, nel momento in cui viene inghiottito, cessa di esistere per la nostra sensibilità. Sentiamo amaramente la mancanza di piaceri e di gioie, quando non ci sono; dei dolori invece non sentiamo direttamente la mancanza, anche se non ne proviamo da parecchio tempo, tuttalpiù ce ne ricordiamo per mezzo della riflessione. Solo dolore e mancanza infatti possono venire sentiti positivamente, e dunque si fanno sentire da sé: il benessere invece è solo in negativo. Perciò noi ci rendiamo conto direttamente dei beni più grandi della vita, salute, giovinezza e libertà, solo quando le abbiamo perdute: perché anch'esse sono negazioni. Dei giorni felici della nostra vita ci accorgiamo solo quando hanno ormai lasciato il posto a giorni infelici.

sabato 5 luglio 2008

. . . Sospensione . . .

Rimanere in sospeso
e attendere
L'esito è incerto
ma non è possibile fare altro
Non dipende più da noi
dalla buona volontà
dalla sapienza (se mai ce n'è stata)
nemmeno dalla fortuna
Il caso gira la sua ruota
la giostra gira
non ci resta che aggrapparci
ad un cavallino di legno
e attendere

Vacanza ideale

Non guidare
Piedi nudi
Pantaloncini e canottiera (costume)
Mare
Buone letture

N.B. Neanche un decalogo, bastano 5 cose

Amicizia e amore

- post ritirato, in attesa di ripensamento -

I venti di Mario Vargas Llosa

 Il protagonista di questo libretto di Vargas Llosa si reca una mattina con l'amico Osorio ad una manifestazione contro la chiusura di u...