Vedo a TV2000 un documentario su Cesare Pavese e scopro di aver incontrato lo scrittore in Monferrato, diverse volte, senza saperlo. La casa in collina è la casa dove anch'io ho abitato nelle calde estati di fine anni '60, lui c'era stato nei terribili bombardamenti di Torino durante la guerra (novembre-dicembre del 1942 e poi agosto 1943): gli stessi silenzi, gli stessi paesaggi di colline e vigne e boschi e canneti, la stessa solitudine senza amore.
Chi conosce il Monferrato ha presente come le colline si riempiono di nebbie, in tutte le stagioni, lasciando spuntare solo le creste dove sono abbarbicati paesi e castelli e cascine. Sembra una metafora della memoria dalla quale, spesso involontariamente, riemergono ricordi favolosi o spaventosi, teneri o lugubri.
| Foto di Claudio Penna. Aramengo, basso Monferrato. |
Quella solitudine, tremenda, l'ho provata. Non la cercavo. La subivo. Mi pesava. Non aveva il conforto dell'intelligenza, della curiosità, dell'avventura.
Mi trattenevo nel cortile a mangiar frutta o bere un sorso. La vecchia mi offriva il caffè, l'acqua e zucchero. Per poter pagare, domandavo del vino. A quell'ora non venivo lì per Cate, non venivo per nessuno. Se Cate c'era, la guardavo sfaccendare, le chiedevo cosa si diceva a Torino. In realtà mi soffermavo soltanto per il piacere di sentirmi sull'orlo dei boschi, di affacciarmi di lì a poco lassù. Nel sole di luglio, selvatico e immobile, il tavolino familiare, i visi noti, e quell'indugio di commiato, mi appagava il cuore.
(Cesare Pavese, La casa in collina)
Poi scopro che ho incontrato Pavese anche a Casale Monferrato. Infatti, dopo varie peripezie, Cesare Pavese finisce a Casale Monferrato ospite (clandestino) di un convento. Anche Casale la conoscevo molto bene: i suoi freschi portici d'estate, i suoi bar con i tavolini fuori, le sue pasticcerie favolose e quella coltre di polvere grigia sui tetti che da ragazzo pensavo fosse cemento ed era invece qualcosa di tremendo, una specie di maledizione.
| Piazza Mazzini ed i portici di Via Roma. Foto Ian Spackman |
Da Casale Pavese saliva con le nipoti in bicicletta fino al Santuario di Crea, percorrendo in lungo rettifilo che passa da Ozzano ed imbocca la Val Cerrina. Crea è un'altra méta delle mie scorribande: salire su alla Cappella del Paradiso era sempre una esperienza emozionante. Dalla terrazza circolare che domina il Santuario si può spaziare sulla pianura vercellese, fino alle montagne. Le colline qui finiscono e davanti hai il "vuoto" della pianura, le sue infinite risaie, gli ordinati pioppeti, il reticolo minuzioso dei suoi canali di irrigazione.
| Il Paradiso di Crea |
Di ritorno da Crea, Pavese si imbatte in un posto di blocco proprio sulla lunga salita di Ozzano: c'è stato uno scontro a fuoco tra repubblichini e partigiani e ci sono giovani a terra, morti. Non importa molto che abbiano la divisa nera o il fazzoletto rosso al collo: sono giovani accomunati alla morte.
Ecco. Non pensavo di aver incontrato Cesare Pavese sulle colline del Monferrato e invece. Una buona occasione per leggere La casa sulla collina.