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giovedì 25 marzo 2021

Dantedì

 


Ripropongo un vecchio post Dante incontra Beatrice nel XXX Canto del Paradiso

Io vidi già nel cominciar del giorno
la parte oriental tutta rosata,
e l'altro ciel di bel sereno addorno;
e la faccia del sol nascere ombrata,
sì che per temperanza di vapori
l'occhio la sostenea lunga fiata:
così dentro una nuvola di fiori
che da le mani angeliche saliva
e ricadeva in giù dentro e di fori,
sovra candido vel cinta d'uliva
donna m'apparve, sotto verde manto
vestita di color di fiamma viva.
E lo spirito mio, che già cotanto
tempo era stato ch'a la sua presenza
non era di stupor, tremando, affranto,
sanza de li occhi aver più conoscenza,
per occulta virtù che da lei mosse,
d'antico amor sentì la gran potenza.
Tosto che ne la vista mi percosse
l'alta virtù che già m'avea trafitto
prima ch'io fuor di puerizia fosse,
volsimi a la sinistra col respitto
col quale il fantolin corre a la mamma
quando ha paura o quando elli è afflitto,
per dicere a Virgilio: 'Men che dramma
di sangue m'è rimaso che non tremi:
conosco i segni de l'antica fiamma'.
Ma Virgilio n'avea lasciati scemi
di sé, Virgilio dolcissimo patre,
Virgilio a cui per mia salute die'mi;
né quantunque perdeo l'antica matre,
valse a le guance nette di rugiada,
che, lagrimando, non tornasser atre.


Vittorio Sermonti commenta e recita: QUI .



lunedì 18 marzo 2013

Cred'ïo ch'ei credette ch'io credesse

I balletti della politica sono pochissimo appassionanti tranne per coloro che ci partecipano (e sono molti). Il verso di Dante nel XIII Canto dell'Inferno sintetizza l'aggrovigliarsi dei pensieri, dei sospetti, delle diffidenze, della malafede o almeno delle incomprensioni che finiscono per paralizzare ogni azione per il bene comune. Anche perché è il particulare che interessa agli italiani e non la res publica.
Funzionale a questo modo di intendere la cosa pubblica è il gregarismo dilagante, figlio dell'irresponsabilità personale che conduce inevitabilmente alla rinuncia ad essere Cittadini protagonisti.
Ma niente di nuovo si compie, oggi, come ci ricorda Trilussa...

NUMMERI
di Trilussa
- Conterò poco, è vero:
- diceva l'Uno ar Zero -
ma tu che vali? Gnente: propio gnente.
Sia ne l'azzione come ner pensiero
rimani un coso voto e inconcrudente.
lo, invece, se me metto a capofila
de cinque zeri tale e quale a te,
lo sai quanto divento? Centomila.
È questione de nummeri. A un dipresso
è quello che succede ar dittatore
che cresce de potenza e de valore
più so' li zeri che je vanno appresso.
1944


PS personale. Quando rileggo Trilussa non posso fare a meno di pensare a mio padre Peppino. Le poesie di Trilussa sono state le uniche letture che mi faceva da piccolo. Lui, nato per caso a Roma, aveva messo da parte qualche ricordo di quella infanzia spensierata a rubar fichi all'Acqua Acetosa e tra questi c'era anche la poesia di Trilussa. La leggeva sfogliando l'edizione con la copertina telata celeste e le pagine sottili che ho sempre visto in casa ed io lo stavo ad ascoltare, divertito.

mercoledì 1 febbraio 2012

O Capitano ! mio Capitano perché te ne sei andato ?

Comprare libri vecchi sulle bancherelle è sempre stata la mia passione, che ora non posso "esercitare" per motivi logistici (non abito più in città e nei paesi non si usa). Comunque, quando mi capita, vado a frugare nei mucchi di libri accatastati in qualche mercatino o in qualche bancherella che conosco (consigliate vivamente quelle davanti al Palazzo di Giustizia di Milano e quella in Piazzale Loreto).
Gli ultimi "ritrovamenti" in questi "pozzi sacri" della cultura sono stati Paesaggi lombardi dall'Olona al Ticino di Alex Visconti ( illustrato da acquarelli di Giannino Grossi) , Strenna  a beneficio dell'Istituto dei Rachitici di Milano 1932-1933 e una Commedia di Dante con discorso di Giuseppe Mazzini edito dall'Istituto Editoria Italiano senza data.
Ma non è di questi ritrovamenti che vi voglio parlare, ma di una di quelle coincidenze che mi fanno sempre pensare.
Giacinta ha scritto un suo bel post sul poeta W. Whitman e non azzardandomi a lanciar sperticati giudizi sulla sua poetica, mi sono semplicemente riproposto di andare a riscoprire la sua raccolta di poesie Foglie d'erba che tengo nella sezione poesia della mia piccola (ma agguerrita) biblioteca per la notte.
Con sorpresa ho constatato che il libro era frutto di una di quelle spedizioni su una bancherella probabilmente di Via Po a Torino (ce n'è una fila sotto i portici vicino a Piazza Castello che consiglio vivamente). La dedica era per un regalo del 4 agosto 1994 ad una tal Rita da Beppe e Monica. Il libro era abbinato, come regalo, ad una cassetta soul non meglio specificata ed avevano uno scopo ben preciso "essere molto utili durante le lunghe notti insonni". Poi c'era una indicazione di lettura precisa "leggi a pagina 423...ti ricorda qualcosa?"
Ora sulle notti insonni di Rita si può molto discettare: potrebbe essere un pensiero carino per un malato d'insonnia o, forse, un presente tenero per una mamma che veglia un neonato o, ancora, il malizioso invito ad una amante infaticabile...
Ma anche l'indicazione di lettura è abbastanza criptica: la poesia che si trova a pag.  423 è quella O Capitano ! mio Capitano dove si parla dell'arrivo in porto, dopo un aspro viaggio, di una nave il cui Capitano giace sul ponte caduto, freddo morto non si sa bene perché. Tutto è festa intorno alla nave: la gente che si sbraccia, salutando, sulla banchina del porto; le campane della chiesa che suonano a distesa; tutti attendono con ansia l'arrivo della nave da un viaggio pericoloso e lui , il Capitano, dopo quest'impresa, giace morto sul ponte della nave senza poter gustare quella festa.
Chissà a cosa si riferivano Beppe e Monica quando davano quella indicazione di lettura all'amica Rita ?
Aveva anche lei (Rita) un Capitano da aspettare ? L'attendeva invano ? O era morto (metaforicamente) per lei dopo un viaggio travagliassimo ?
Certo è che il libro di Whitman l'ho trovato su una bancarella e secondo l'inventario generale dei libri (suona bene, è?) è entrato nella mia libreria nel 2007 e ciò non depone bene sulla fine di quella storia tra Rita ed il suo Capitano. Se non sbaglia la mia conoscenza, un po' arrugginita, della psicologia femminile , questo è un sintomo di una persona che voleva voltare pagina e anche solo un libro che poteva ricordare lontanamente il "suo" (ex) Capitano dava fastidio nella libreria.
Naturalmente, un po' egoisticamente, non posso che ringraziare Beppe, Monica, Rita, il Capitano e Giacinta , naturalmente, per questa opportunità che mi hanno dato di rileggere Foglie d'erba di Walt Whitman


domenica 9 maggio 2010

Posso infine scordare...


Stimolato  da un pensiero di Giulia sull' "abbassare i muri della solitudine", sgomitolo qualche parola ...

C'è qualcosa di "indicibile" in ognuno, sconosciuto a noi stessi. 
E' un limite invalicabile, è la chiave che andiamo cercando di cui parla Borges in una delle sue ultime poesie [citata su questo blog altre volte]:

...
Posso infine scordare. Giungo al centro,
alla chiave, all'algebra,
al mio specchio.
Presto saprò chi sono.
(Elogio dell'ombra)

Significativo che la sua conclusione sia parallela a quella di Dante nel Paradiso: l'immagine dell' Indicibile, del totalmente Altro e del Nulla (come lo chiamerebbe Turoldo) che andiamo cercando, è il riflesso di sé stessi (dopo aver "scordato" tutto)... 

I venti di Mario Vargas Llosa

 Il protagonista di questo libretto di Vargas Llosa si reca una mattina con l'amico Osorio ad una manifestazione contro la chiusura di u...