Visualizzazione post con etichetta Duino. Mostra tutti i post
Visualizzazione post con etichetta Duino. Mostra tutti i post

giovedì 5 novembre 2015

Arrivederci Duino, alla prossima


Che cosa, oggi, ti spinge a tornare
nel giardino che agita il vento inquieto
e appena poco fa scorreva un brivido
do sole ? Vedi come al suo sparire
il verde si fa cupo.
Vieni ! Potessi io come te ignorare
il peso degli alberi.
(Se un albero si abbattesse sul sentiero
dovremmo chiamare uomini per sollevarlo. Cosa è dunque
così pesante al mondo ?)
Scendesti i molti gradini di pietra:
e io udii il rumore dei tuoi passi.
Ora di te neanche più l'eco.
...

Rainer Maria Rilke. Apparizione. Duino, fine gennaio 1912. 

mercoledì 30 giugno 2010

E se la terrestrità ti ha dimenticato

E se la terrestrità ti ha dimenticato,
dì alla terra immota: io scorro.
Alla rapida acqua parla: io sono.

da Elegie duinesi, R.M. Rilke

domenica 26 aprile 2009

La mer di Charles Trenet [se avete un po' di pazienza è la musica di sottofondo]


Qu'on voit danser le long des golfes clairs
A des reflets d'argent
La mer
Des reflets changeants
Sous la pluie
[Il mare
Lo vedo danzare lungo i golfi chiari
Dai riflessi d’argento
Il mare
Dai riflessi cangianti
Sotto la pioggia]

La mer
Au ciel d'été confond
Ses blancs moutons
Avec les anges si purs
La mer bergère d'azur
Infinie
[Il mare
Nel cielo estivo confonde
I suoi bianchi flutti ovini
Con gli angeli così puri
Il mare pastore d’azzurro
Infinito]

Voyez
Près des étangs
Ces grands roseaux mouillés
Voyez
Ces oiseaux blancs
Et ces maisons rouillées
[Guardate
Vicino agli stagni
I grandi canneti bagnati
Guardate
Gli uccelli bianchi
E le case arrugginite]

La mer
Les a bercés
Le long des golfes clairs
Et d'une chanson d'amour
La mer
A bercé mon coeur pour la vie
[Il mare
Li ha cullati
Lungo i golfi chiari
Con una canzone d’amore
Il mare
Che culla il mio cuore
Per tutta la vita]

Pensierino. In questa giornata piovosa, chissà perché, nel bel mezzo della pianura padana, ho pensato a questa piccola e delicata canzone di Charles Trenet e sono andato a cercare una foto del mare di questa estate.

domenica 1 febbraio 2009

Goffredo Parise, Sillabari


«Nella vita gli uomini fanno dei programmi perché sanno che, una volta scomparso l’autore, essi possono essere continuati da altri. In poesia è impossibile, non ci sono eredi. Così è toccato a me con questo libro: dodici anni fa giurai a me stesso, preso dalla mano della poesia, di scrivere tanti racconti sui sentimenti umani, così labili, partendo dalla A e arrivando alla Z. Sono poesie in prosa. Ma alla lettera S, nonostante i programmi, la poesia mi ha abbandonato. E a questa lettera ho dovuto fermarmi. La poesia va e viene, vive e muore quando vuole lei, non quando vogliamo noi e non ha discendenti. Mi dispiace ma è così. Un poco come la vita, soprattutto come l’amore.» (Goffredo Parise, SILLABARI, Avvertenza, Gennaio 1982).

Commento. La poesia va e viene. A volte scompare. A volte la facciamo scomparire. A volte non l'ascoltiamo. E' un percorso, quello della poesia, carsico: sappiamo che c'è un flusso potente sotto terra, ma spesso non lo vediamo. Appoggiamo l'orecchio alla terra e sentiamo qualcosa, come un ribollire d'acqua, ma rimane misterioso il suo percorso. Poi, come è capitato a me , facendo il bagno sotto il Castello di Duino, senti una corrente fredda che s'insinua come una lingua nel mare e scopri che l'acqua di quel fiume sconosciuto finisce sempre lì e tu ci sei dentro. Ti pare di averla ritrovata d'un colpo, ne senti la potenza addosso, è un attimo, due bracciate e tutto è scomparso.
Però che bella sensazione in quell'attimo !

P.S. Devo assolutamente andare a vedere cosa combina quel mattacchione di Paolo Poli con i Sillabari di Parise.

venerdì 1 agosto 2008

Rilke e la "potenza" della poesia

Mi ha sempre fatto sorridere, nei commenti all’opera poetica di Rilke, l’interpretazione del suo periodo dal 1895 al 1908 come il “progressivo concentrarsi dell’attenzione di Rilke sul mondo delle cose. Sappiamo che l’evolversi del suo pensiero in questa direzione è dovuto alla volontà di sottrarsi ai pericoli –per la qualità del risultato poetico- insiti nell’esercizio di un talento linguistico e versificatorio troppo potente”.

Poi leggo questi versi delle Elegie duinesi (la seconda)

Ogni angelo è tremendo. E tuttavia, haimè,
io vi canto, uccelli quasi mortali dell’anima,
sapendo di voi.


Mi smarrisco subito. Cerco conforto nella curatrice delle Poesie 1907-1926 Andreina Lavagetto (ed. Einaudi) che mi spiega il contesto nel quale è nata questa seconda elegia.
E’ la fine di Gennaio 1912 e Rilke si trova a Duino. E’ combattuto perché sente come esaurita la sua vena poetica ed è tentato di far ricorso alla psicanalisi per reagire ad uno stato di confusione. Scrive all’amata Lou Salomé “quel che conosco degli scritti di Freud non mi è simpatico, a tratti anzi mi fa rizzare i capelli; ma la cosa che egli porta avanti ha i suoi lati autentici e forti”. E ancora “La psicoanalisi è un rimedio troppo radicale per me, aiuta una volta per tutte, fa piazza pulita, e trovarmi ripulito, un giorno, sarebbe una cosa ancora più disperata, forse, di questo disordine” (p. 647).
Scrive Rilke al suo traduttore polacco Witold von Hulewlewicz “La morte è la faccia della vita che da noi si distoglie, da noi lasciata al buio; dobbiamo tentare di essere massimamente consapevoli della nostra esistenza, che è di casa nei due territori non separati, inestinguibilmente nutrita da entrambi… La vera figura della vita attraversa i due campi, il sangue del circolo estremo li bagna entrambi: non esiste né aldiquà né aldilà, bensì la grande unità in cui sono di casa gli esseri che ci sopravanzano, gli angeli” (p. 644). Naturalmente Rilke è molto lontano da una concezione cristiana ed i suoi angeli sono metafore. Dice dell’angelo: “E’ tutto ciò che l’uomo non sa o non vuole essere: l’assolutezza del sentire e dell’agire, le forze che si rigenerano, l’identità col proprio sé la libertà dal tempo, la trasformazione perenne… Assolve (l’angelo) senza residuo al compito che l’essere ci affida: trasformare il visibile in invisibile…” (p. 642).
“Le Elegie duinesi sono il poema luttuoso dell’insufficienza del sentire umano di fronte ai grandi compiti dell’esistenza. L’esperienza dell’amore, l’esperienza della morte, la felicità e il dolore, l’attenzione alle cose del creato, sono compiti dinanzi ai quali l’uomo fallisce. Fallisce perché il suo corpo e la sua mente (il cuore rilkiano) sono condannati, per destino, alla coscienza del tempo e della fine. Fallisce inoltre perché insiste sulla difesa di sé e rifiuta, per paura della morte, di varcare soglie che potrebbero avvicinarlo all’universo aperto dove vivono tutte le creature, e i morti”. (p. 641)

Ora posso immaginare questa “potenza” poetica (senza più sorridere) e cosa potrà fare.



Nota a margine: Rilke a Duino.
-da una lettera di Rilke a Hedwig Fischer, 25 ottobre 1911-
[…] un castello immensamente arroccato sul mare, che come un promontorio di esistenza umana guarda con alcune finestre […] su una distesa marina smisuratamente aperta, direttamente nel Tutto, verrebbe da dire, e nei suoi spettacoli generosi, che sopravanzano ogni altro spettacolo […] Ma dietro, quando si esce da tutti i portali sicuri, s’innalza, non più accessibile del mare, il Carso deserto; e l’occhio, sgombro da tutte le cose piccole, prova una commozione particolare per il giardinetto della rocca, che si avventura in basso, come la risacca, là dove il castello non occupa tutto il pendio; e acquista rilievo il parco, che copre il successivo promontorio della costa. Su quel parco, sbrecciata e cava, guarda la rocca più antica, che fu costruita prima di questo castello già antichissimo, e sui cui contrafforti, così vuole la tradizione, sostò Dante […]

I venti di Mario Vargas Llosa

 Il protagonista di questo libretto di Vargas Llosa si reca una mattina con l'amico Osorio ad una manifestazione contro la chiusura di u...