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martedì 12 novembre 2013

Tre giorni in Romagna (2). Il Battistero Neoniano e il Mausoleo di Galla Placidia

Due mete a Ravenna sulle tracce di Carl Gustav Jung.

Autore: 
 Giuseppe Muscardini

Nel cinquantesimo della scomparsa di Carl Gustav Jung potrà avere una qualche utilità rievocare un episodio significativo della sua vicenda biografica. A Ravenna ebbe un prodigioso abbaglio che avvalora la concezione da lui teorizzata in diverse pubblicazioni secondo cui nella psiche umana vi sono cose che non sono prodotte dall'Io, ma si producono da sé, e vivono di vita propria.
Si dovrà risalire agli anni Trenta, quando il già affermato psichiatra nativo di Kesswil, autore di numerosi saggi sull'inconscio e all'epoca Presidente della Società internazionale di Psicoterapia, si recò in Italia per dare continuità a quei viaggi e percorsi che erano alla base dei suoi studi sulla psiche umana. A Ravenna, la città cantata da Gabriele d'Annunzio con versi ad alta densità simbolica (glauca notte rutilante d'oro, sepolcro di violenti custoditi da terribili sguardi), gli aspetti misteriosi della nostra mente emersero con inquietante evidenza, e Jung ne registrò personalmente gli effetti.
Affascinato dallo splendore dell'arte musiva che richiama da secoli i viaggiatori di tutto il mondo, lo psichiatra svizzero entrò insieme alla sua compagna di viaggio all'interno del Battistero Neoniano, rivestito di preziosi mosaici. Qui fu attirato dall'immagine di Cristo che allunga la mano a Pietro per salvarlo dalle acque del fiume in cui rischia di annegare, e ne tentò in loco l'interpretazione, disquisendo con la donna sul significato della morte e della rinascita, a suo parere ben manifestato nella raffigurazione. Ma la sorpresa l'ebbe al ritorno dal viaggio, quando a Zurigo decise di approfondire le ricerche richiedendo a Ravenna una riproduzione fotografica di quel particolare del mosaico. Scoprì così che una rappresentazione di Cristo nell’atto di soccorrere Pietro, sulle pareti del Battistero Neoniano in realtà non esisteva. Jung l'aveva solo percepita: si era trattato di un’illusoria parvenza originata in lui dall'incontro fra coscienza e inconscio, in una commistione di impressioni difficili da spiegare sul piano sensoriale.

Il turbamento di Jung a Ravenna non era un fatto nuovo. Già vent’anni prima, nel 1914, aveva avvertito un senso di smarrimento davanti alla tomba di Galla Placidia, l’imperatrice romana figlia di Teodosio I. Mettendo in relazione le due analoghe esperienze, fu naturale per lui richiamare alla mente il leggendario racconto sulla tempesta che nel 424 sorprese Galla Placidia quando da Costantinopoli attraversò il mare per raggiungere l’Occidente. La promessa e il voto di erigere una chiesa a Ravenna e di abbellirla con splendidi mosaici se fosse sopravvissuta ai flutti turbinosi, fu mantenuta dalla raffinata regnante e sorse così la basilica di San Giovanni Evangelista. Ma in epoca successiva un incendio devastò la chiesa e i mosaici andarono distrutti. L’associazione fra la perdita dei mosaici e la mancanza di qualcosa già visibile in precedenza, acquisiva la valenza di una privazione che dovette influenzare la sfera sensoriale di un individuo dotato di conoscenze storico-artistiche. Questa può essere la causa psichica della momentanea percezione visiva di Jung, tanto più credibile se si considera la condivisione dell’esperienza da parte della sua compagna di viaggio, che pure credette di vedere all’interno del Battistero Neoniano lo stesso mosaico. Anche quando una spiegazione fosse stata possibile, lo psichiatra risolse di annoverare il fatto tra i fenomeni e lecose della psiche che emergono spontaneamente dall'inconscio, seppure in assenza di condizioni plausibili per richiamarle. Nel volume autobiografico Ricordi, sogni, riflessioni, si legge testualmente: Il mio caso non è certo l'unico, di questo genere, ma quando ci capitano cose simili, non si può fare a meno di prenderle più sul serio di quando si sono solo sentite dire o si sono lette. In genere, di fronte a racconti di cose simili, si hanno pronte tutte le spiegazioni possibili: io, per parte mia, sono invece giunto alla conclusione che prima che si possa definire qualsiasi teoria nei riguardi dell'inconscio, ci sia ancora bisogno di farne molte, moltissime esperienze.


Di esperienze Carl Gustav Jung ne ebbe molte, come viaggiatore, come studioso, come individuo dedito ai misteri della mente. Il rifiuto di una visione dogmatica della religione e dei fatti dell’esistenza, il suo graduale allontanamento dalle teorie di Sigmund Freud, su cui peraltro si era formato nel tentativo di interpretare i sogni dei pazienti, non gli consentirono di dare al curioso episodio di Ravenna spiegazioni certe. Restava un mistero dell’anima, uno dei tanti, una visione onirica mai sfuocata in ambiguità, ma ben definita e presente in lui anche a distanza di tempo. Tanto definita da poterne descrivere, come in un sogno di cui si conserva viva memoria, perfino i dettagli, i colori (l’azzurro del mare, riferisce Jung) l’ampiezza della raffigurazione e i cartigli riempiti con le parole di Pietro e di Cristo.

sabato 9 novembre 2013

Tre giorni in Romagna tra Ravenna, Comacchio e Ferrara (prima parte)

Capitolo I. Le biciclette di Ravenna e Ferrara.
Abituato allo strapotere delle auto, mi sono trovato in questi posti di fronte allo strapotere delle biciclette: c'è la stessa quantità di bici che si possono vedere ad Amsterdam , ma senza il rispetto di semplici regole che in Olanda si applicano. Per esempio non è il caso di attraversare in bici un mercato o sfrecciare tenendosi per mano per strade strette e piene di gente che cammina. Così l'andare per strada a piedi diventa assai pericoloso perché le biciclette sono silenziose e ti piombano addosso senza far rumore e vi assicuro che fanno molto male...
Penso non abbiate frainteso questa prima frase come lo sfogo di un inveterato automobilista. Tutt'altro: sono un amante e praticante della bici (chi segue questo blog lo sa), ma a tutto c'è un limite e non ci si può affidare solo alla protezione della Madonna del Ghisallo che dal 1949, grazie a papa Pio XII, è la patrona universale dei ciclisti, perché quella non protegge i pedoni.


Capitolo II. La pesantezza del potere.
Il mausoleo di Teodorico è una tappa obbligata per chi visita Ravenna. Le 230 tonnellate del monolite che costituisce la cupola danno una netta raffigurazione della pesantezza del potere che incombe su tutti compreso chi lo esercita. Il monumento è formato da due "aule" : una superiore con il sarcofago e una inferiore.
Al centro dell’aula superiore si trova il labrum, vasca di porfido rosso danneggiata che potrebbe essere servita da sarcofago per Teodorico re dei Goti, morto a Ravenna il 30 agosto del 526. Non si è mai trovata traccia di una scala d’accesso al piano superiore (quelle esistenti sono ad uso dei turisti): ciò potrebbe essere l’elemento fondamentale a sostegno della teoria della esclusiva destinazione funeraria della cella superiore. Nel 540 Ravenna fu occupata dai Bizantini e il corpo del re estromesso, senza troppi complimenti, dal sepolcro.

Capitolo III . Il battistero degli Ariani.
E' una piccola costruzione anche questa voluta da Teodorico situata nel centro della città di Ravenna alla quale si accede scendendo dal piano della strada con alcuni gradini. La cosa strepitosa è il soffitto della cupola che ricorda San Apollinare nuovo la chiesa capitolare fatta costruire come il Battistero da Teodorico. Effetto davvero impressionante è la trasparenza dell'acqua ottenuto con il mosaico. 


... continua...



I venti di Mario Vargas Llosa

 Il protagonista di questo libretto di Vargas Llosa si reca una mattina con l'amico Osorio ad una manifestazione contro la chiusura di u...